De Episcoporum Muneribus - Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio con la quale vengono impartite ai vescovi alcune norme riguardanti la facoltà di dispensare (15 giugno 1966) (original) (raw)
PAOLO VI
LETTERA APOSTOLICA MOTU PROPRIO
DE EPISCOPORUM MUNERIBUS
Vengono impartite ai vescovi alcune norme riguardanti la facoltà di dispensare
Quella dottrina che a Noi felicemente è toccato di promulgare con solenne rito nel Concilio Ecumenico Vaticano II, nitidamente afferma che le Chiese particolari sono rette dall'autorità e dalla sacra potestà dei Vescovi, ai quali sono affidate come a legati di Cristo; e che agli stessi Vescovi pienamente si confida l'ufficio pastorale - ossia la cura costante e quotidiana delle pecorelle - con potestà propria, ordinaria e immediata, per cui hanno il sacro diritto e, davanti al Signore, il dovere di dare leggi ai loro sudditi, di giudicare e di regolare tutto quanto appartiene al culto e all'apostolato (Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, n. 27). Questa potestà - come insegna lo stesso Concilio Vaticano II - comporta certi compiti da esercitarsi dai molti Vescovi che operano unanimemente per volontà di Cristo nel suo Corpo Mistico, secondo l'ordine della sacra Gerarchia; uffici che si attuano quando accede la determinazione canonica, ossia giuridica, per opera dell'autorità gerarchica, che viene concessa secondo le norme approvate dalla suprema autorità della Chiesa (Cf Nota esplicativa previa, 2).
Il Concilio afferma questi principi nel Decreto Christus Dominus, il quale mentre afferma che ai Vescovi per sé compete ogni potestà all'interno delle diocesi loro affidate, per quanto riguarda l'esercizio del loro ufficio pastorale, afferma pure al tempo stesso la Nostra immediata potestà su ogni singola Chiesa di riservare alcune cause per il bene di tutto il gregge del Signore, potestà che compete per diritto nativo al successore di Pietro (CONC. VAT. II, Decr. sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus, n. 8, a.).
Fu a Noi sommamente gradito di poter dichiarare esplicitamente la dignità dei Vescovi, celebrarne le funzioni, riconoscerne i poteri: tutte queste cose vanno ritenute come altrettanti vincoli della vicendevole sollecitudine che unisce Noi coi Nostri venerabili Fratelli.
Inoltre, se si pongono nella loro luce questi principi, la Chiesa splende più fulgida, stretta nella compattezza della concordia, per una salda unità dell'intero corpo. Infatti i Vescovi, uniti col Sommo Pontefice, sono gli esecutori del pensiero divino, e da questo divino pensiero ricevono forza e misura per custodire e presentare, in modo più efficace, il sacro deposito della dottrina cristiana.
Poiché al più presto devono pubblicarsi le norme di applicazione dei Decreti Conciliari, tenendo presente con impegno tutto particolare la dottrina appena esposta, ma soprattutto i diritti e i doveri dei Vescovi, crediamo essere Nostro dovere completare le norme sancite nel Decreto Christus Dominus, là dov'esse avevano bisogno di essere perfezionate; oppure chiarirle, dove esigano di essere interpretate; così che si possa facilmente raccoglierne tutti quei frutti che se ne attendono.
Com'è noto, al fine di offrire un più facile conforto religioso agli uomini, che oggi sono in una situazione di nuova singolare accelerazione, il Concilio Ecumenico tra le altre dà ai Vescovi diocesani questa facoltà: di dispensare per un caso particolare dalla legge generale della Chiesa i fedeli sui quali, a norma del diritto, esercitano la loro autorità, ogni qual volta ritengano che ciò giovi al loro bene spirituale; purché dalla suprema Autorità della Chiesa non sia stata fatta qualche speciale riserva in proposito (Ibid., n. 8, b.).
Ponendo in esecuzione questo prescritto conciliare, affinché in tutta la Chiesa Latina vi sia una sola norma d'azione, abbiamo giudicato opportuno stabilire un indice delle leggi generali, delle quali l'onere della dispensa sia a Noi riservato; vale a dire di quelle leggi dalla cui dispensa la Sede Apostolica si è sempre astenuta, oppure da quelle che fu solita dispensare solo rarissimamente, per questioni che nella società umana incidono con particolare influenza.
Così, dopo aver consultato gli Uffici della Curia Romana, le Commissioni Post-conciliari, e i Segretariati, e dopo aver valutato ponderatamente i loro pareri, con ferma cognizione, di Nostra Suprema e Apostolica autorità, dichiariamo e stabiliamo per tutta la Chiesa Latina quanto segue, valevole fino a che il nuovo Codice di Diritto Canonico non sarà promulgato.
I. Quelle leggi che la provvidentissima Madre Chiesa ha sancito nel CIC, oppure ha stabilito con altri ulteriori documenti senza revocarle, dichiariamo integre e obbligatorie, a meno che il Concilio Vaticano II non le abbia chiaramente abolite, o non le abbia parzialmente sostituite o le abbia derogate.
II. Il can. 81 del CIC viene solo derogato da quanto prescrive il n. 8, b) del Decreto Conciliare Christus Dominus (Ibid., n. 21).
III. Per Vescovi diocesani si intendono non solo i Vescovi residenziali, ma anche coloro che nel diritto sono ad essi equiparati. Questo richiede la parità di diritti di cui godono i Vescovi diocesani e non diocesani, nonché la motivazione identica, di quegli stessi diritti, e l'obbligo di provvedere al bene spirituale dei fedeli. Per questo, godono di questa facoltà di dispensare anche i Vicari e i Prefetti Apostolici (Cf can. 294 § 1), gli Amministratori Apostolici costituiti in carica permanente (Cf can. 315 § 1), i Prelati e gli Abati nullius (Cf can. 323 § 1).
IV. A norma del can. 80, per dispensa si intende lo scioglimento della legge per un caso speciale. La facoltà di dispensare si potrà esercitare nei confronti delle leggi precipienti o proibenti, non però di quelle costitutive. Nella nozione di dispensa non è affatto inclusa la concessione di licenza, di facoltà, di indulto e di assoluzione. Le leggi processuali, dato che sono stabilite a difesa dei diritti, tenuto conto inoltre che la loro dispensa non riguarda il bene spirituale dei fedeli, non sono oggetto della facoltà di cui si tratta nel Decreto Christus Dominus, n. 8 b).
V. Per leggi generali della Chiesa s'intendono quelle leggi meramente disciplinari, sancite dalla Suprema Autorità ecclesiastica, alle quali sono ovunque tenuti tutti quelli per cui sono state emanate, a norma del can. 13 § 1; ma non s'intendono quelle leggi divine, sia naturali che positive, dalle quali il solo Sommo Pontefice - nei casi in cui gode della potestà vicaria - può dispensare; come accade nella dispensa dal matrimonio rato e non consumato, in ciò che riguarda il privilegium fidei, ecc.
VI. Il caso particolare non riguarda soltanto i fedeli singoli, ma anche più persone fisiche che costituiscono in senso stretto una comunità.
VII. I fedeli nei confronti dei quali si può esercitare l'autorità di dispensare a norma di diritto, sono tutti quelli che per ragione di domicilio (Cf can. 94) o per altro titolo sono sudditi del vescovo.
VIII. A norma del can. 84 § 1, per concedere la dispensa si richiede un motivo giusto e ragionevole, fatta debita attenzione anche alla gravità della legge da cui si dispensa. Motivo legittimo della dispensa è il bene spirituale dei fedeli (CONC.VAT. II, Decr. sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus, n. 8, b).
IX. Salve le facoltà speciali concesse ai Legati del Pontefice Romano e agli Ordinari, espressamente Ci riserviamo le seguenti dispense:
Dall'obbligo del celibato ossia dalla proibizione di contrarre matrimonio, cui sono vincolati i diaconi e i sacerdoti, anche se siano stati ridotti legalmente allo stato laicale oppure vi siano ritornati (Cf can. 213 § 2).
Dalla proibizione di esercitare l'ordine del presbiterato imposta ai coniugati che abbiano ricevuto l'ordine sacro senza la dispensa della Sede Apostolica.
Dalla proibizione, che riguarda i chierici costituiti nell'Ordine sacro:
a) di esercitare la medicina e la chirurgia;
b) di assumere uffici pubblici che comportino l'esercizio di giurisdizione laicale o di amministrazione;
c) di cercare o di assumere l'incarico di senatore o di deputato, in quei luoghi dove ne sia intercorsa la proibizione pontificia;
d) di esercitare direttamente o per interposta persona il commercio, sia per propria che per altrui utilità.Dalle leggi generali che riguardano i religiosi in quanto tali, non però in quanto sono soggetti all'Ordinario del luogo a norma del diritto comune e in particolare del Decreto Conciliare Christus Dominus (nn. 33-35); ferma restando la disciplina religiosa e salvo il diritto del proprio Superiore.
Dalle altre leggi generali, solo quando si tratti di membri di una Religione clericale esente.Dall'obbligo di denunziare il sacerdote reo del delitto di sollecitazione in confessione, di cui al can. 904.
Dal difetto d'età superiore all'anno, negli ordinandi (I Vescovi abbiano presente, nel trattare le cause in base alle quali dispensare gli ordinandi dal difetto di età, la gravità di ciò che è stabilito nel Decreto Conciliare sulla formazione sacerdotale Optatam totius, 12).
Dal corso degli studi di filosofia e di teologia sia per quanto riguarda la durata, sia per quanto riguarda lo svolgimento delle materie principali (Cf CONC. VAT. II, Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius, 12).
Da tutte le irregolarità che siano deferite al foro giudiziale.
Dalle irregolarità e dagli impedimenti per il ricevimento degli ordini:
a) dall'irregolarità per difetto, quando si tratti di figli adulterini o nati da sacrilegio, di deformi, di epilettici o di malati di mente;
b) dall'irregolarità per delitto pubblico, di quelli che abbiano perpetrata l'apostasia dalla fede, o siano passati all'eresia o allo scisma;
c) dall'irregolarità per delitto pubblico di quanti abbiano tentato di contrarre il matrimonio o anche di farne solamente l'atto civile, siano essi stessi vincolati dal vincolo matrimoniale o dall'ordine sacro o dai voti religiosi anche semplici o temporanei, siano complici di una donna legata agli stessi voti o da un matrimonio valido (Can. 985, 3);
d) dall'irregolarità per delitto pubblico od occulto di quanti avessero perpetrato un omicidio volontario, o avessero procurato un aborto, effectu secuto, nonché di tutti i cooperatori (Can. 985, 4);
e) dall'impedimento che interdice a quanti siano sposati di ricevere il sacro ordine del presbiterato.Per quanto riguarda l'esercizio dell'ordine già ricevuto, dalle irregolarità di cui al can. 985, 3, solo per i casi pubblici; e 4, anche nei casi occulti, a meno che risulti impossibile il ricorso alla Sacra Penitenzieria, fermo restando l'obbligo per lo stesso dispensato di ricorrere al più presto a quella Sacra Penitenzieria.
Dall'impedimento di età per contrarre un valido matrimonio, quando il difetto di età superi l'anno.
Dall'impedimento al matrimonio sorto dal diaconato, o dal sacro ordine del presbiterato, oppure dalla professione religiosa solenne.
Dall'impedimento di crimini, di cui al can. 1075, 2 e 3.
Dall'impedimento di consanguineità in linea retta o in linea collaterale fino al secondo grado coi primo.
Dall'impedimento sorto per affinità in linea retta.
Da tutti gli impedimenti matrimoniali, se si tratta di matrimoni misti, ogni qualvolta non si possono osservare le condizioni richieste nel n. 1 dell'Istruzione Matrimonii Sacramentum, pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della fede, il giorno 18 marzo 1966 (Cf AAS 58 (1966), p. 237).
Dalla forma canonica prescritta per contrarre validamente il matrimonio.
Dalla legge di rinnovare il consenso matrimoniale per la sanazione in radice, ogni volta che:
a) si richieda la dispensa di un impedimento riservato alla Sede Apostolica;
b) sia in causa un impedimento di diritto naturale o divino, già però estinto;
c) si tratti di matrimoni misti, allorché non siano state adempiute le condizioni richieste nella già citata Istruzione della Congregazione per la Dottrina della fede, n. I.Dalla pena vendicativa sancita dal diritto comune, che sia stata dichiarata o inflitta direttamente dalla Sede Apostolica.
Dal tempo stabilito per il digiuno eucaristico.
Le norme per le facoltà di dispensare attribuite ai Vescovi ai sensi del Decreto Conciliare Christus Dominus, cominceranno a valere dal giorno 15 agosto di quest'anno.
Quanto viene da Noi sancito con questa Lettera data in forma di motu proprio, vogliamo sia stabile ed efficace, nonostante qualsiasi altra disposizione contraria.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 15 giugno dell'anno 1966, terzo del Nostro Pontificato.
PAOLO PP. VI