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E come tra pi� cerchi concentrici rotanti intorno ad una medesima orbita, il pi� interno si accosta alla semplicit� del punto centrale . . . mentre il cerchio pi� esterno, rotando in un pi� ampio circuito, allarga la sua orbita negli spazi tanto quanto pi� si allontana dall�indivisibile punto centrale. Se poi a questo centro si connette qualcosa anch�essa diviene semplicit� non pi� tendendo a disperdersi nello spazio. In modo analogo, ci� che maggiormente si allontana dalla prima mente pi� si avviluppa ai lacci del Fato; viceversa, ciascuna cosa � pi� libera dal Fato quanto pi� si avvicina al centro di tutte le cose. E se essa si attacca con saldezza alla mente suprema, � immune dal moto trapassando la necessit� del Fato. Dunque, come il mutevole corso del Fato sta alla stabile semplicit� della Provvidenza . . . il tempo sta all�eternit�, il cerchio al suo centro.14

Dante prima dell�esilio si serve di questa immagine del cerchio e del centro nella Vita Nuova, a lui appare qui Amore che gli dice queste parole: �Io sono come il centro del cerchio, in rapporto al quale stanno in modo identico i punti della circonferenza; tu invece no�. Nella Commedia l�immagine del cerchio e del centro � somma. Amo in particolare un esempio, che Dante riprende da un verso di Virgilio, intorno ai riflessi di luce dell�acqua in un vaso d�oro paragonabili al fluttuare dei pensieri che affollano la mente. Ma qui egli parla della relazione tra l�uomo e Dio come di una comunicazione a due sensi, dal centro al cerchio e dal cerchio al centro, in un mutuo rapporto di vicinanza. In Paradiso XIV, Dante dice:

Sapevo dei cerchi concentrici sulla superficie di uno stagno increspato, ma non dell�altro moto che dal cerchio si espande al centro. Studiando Dante per il mio dottorato e incontrando questo verso chiedo ai miei figli e presa la nostra grande ciotola per fare il pane verifichiamo. Si, Dante ha ragione quando la parte esterna della ciotola � colpita i cerchi concentrici dell�increspatura dell�acqua si incontrano al centro.

Non creda donna Berta e ser Martino
per vedere un furare, altro offerere,
vederli dentro al consiglio divino;

ch� quel pu� surgere, e quel pu� cadere.

Queste nel poema le parole pronunciate da Tommaso d�Aquino. L�immagine del vaso di Dante, in parte ripresa da Boezio, � il pensiero che gli corre in mente nel cercare di capire la paradossale affermazione del teologo, che senso non sembrava avere. Il testo di Dante parla del buon ladrone e del filantropo ipocrita. Uno � Dismas (il Buon Ladrone), l�altro Epulone che froda gli esattori delle tasse.

Molti aspetti della Commedia sono un riflesso del pensiero di Boezio nella Consolation. Nella struttura stessa della Commedia, l�Inferno � la regione del Fato, la Ruota della Fortuna, una labirintica prigione eterna, il Purgatorio � una locanda a met� strada, il Paradiso la libert�. Dante, come Boezio, accusato di una colpa non commessa, in Inferno XII raffigura un personaggio, sotto il nome di Pier delle Vigne, che ugualmente accusato di una colpa non commessa muore suicida vinto dalla disperazione. Incontriamo Pier delle Vigne trasformato in albero spinoso. Spezzandone un ramoscello l�albero sanguina e parla in modo angoscioso. Dante stesso sarebbe amaramente potuto morire suicida come Pier delle Vigne se per superare la disperazione non avesse ascoltato le parole della Consolation di Boezio. In Paradiso VI Dante, entro la gemma del cielo di Mercurio, incontra un altro personaggio, anch�egli accusato di una colpa non commessa. Romeo dice a Dante che quando questo accadde egli semplicemente chiese il suo bordone e il suo mulo proseguendo quel pellegrinaggio che l�aveva condotto alla corte di Berengario. Anche Dante scrivendo la_Commedia_ non sceglie il suicidio ma il pellegrinaggio. Ambedue apertamente asseriscono di scrivere la loro Consolation e la loro Commedia affinch� �i posteri conoscano la verit� ed abbiano un resoconto degli eventi�. Similmente, Dante alle anime di Pier delle Vigne e Romeo offre l�opportunit� di parlare delle false accuse mosse a loro danno cos� replicando alla sopportazione di quelle calunnie.

Prima, Cicerone scrive un�opera intitolata il Sogno di Scipione.15 Opera conosciuta e amata sia da Boezio sia da Dante. Boezio cita da quest�opera quando parla della piccolezza della terra in contrasto con il resto del cosmo: Come sai dalle dimostrazioni degli astrologi l�intera sfera della terra ha ragione verso lo spazio del cielo di un punto; cosicch� se la si confronta con la grandezza del globo celeste non pu� essere considerata avere spazio alcuno�. 16 Dante conosceva questo asserto circa la �piccolezza della terra inghirlandata dall�Oceano� in Cicerone e in Boezio. Eppure nella cosmologia e astronomia classica e medievale, questa terra di piccole dimensioni � pensata al centro dell�universo. Galileo avrebbe incontrato gravi difficolt� con la Chiesa per aver osservato che la terra, non immobile al centro del cosmo, girasse come uno dei pianeti attorno al sole. Ma Dante vive prima di Galileo. In Paradiso XXII egli guarda in gi� dal cielo e � questo quello che vede:

Col viso ritornai per tutte quante

Le sette spere, e vidi questo globo

Tal, ch�io sorrisi del suo vil sembiante;

Questo � quasi, seppur non esattamente del tutto, ci� che vedevano gli astronauti. Mai credo abbiamo realizzato quanto bella fosse la terra, quanto fragile, quanto delicata, fino alla pubblicazione di quelle foto dallo spazio. 17 Il classico Cicerone, Boezio, erede della patristica, il medioevale Dante, tutti pensano alla terra come oggetto di dispregio, come oggetto di imperfezione e peccaminosit�, non come oggetto di mirabile bellezza. Per loro la terra � caduta, � peccaminosa, � materia, al centro del loro universo, ma l�esatto opposto del divino centro di Boezio rispetto al cerchio del sempre crescente non essere.

Dante rivolta ogni cosa in Paradiso XXIII. Beatrice lo richiama perch� si rivolga a mirare Dio e Maria entro la Rosa, attorno alla quale tutti cantano l�antifona �Regina Coeli� (si ricorda che questo era anche il nome del Carcere romano visitato da Papa Giovanni XXIII ). Il cosmo, sottintende Dante, prima rovesciato, � ora nel giusto ordine, con Dio posto al centro, la �vil terra� e l�uomo peccatore nella parte pi� esterna del cerchio. Non proprio cos� tuttavia, l�uomo peccatore, rappresentato dalla figura di Dante, � ora al centro. La Regina Coeli,la Regina del Cielo, ha redento l�uomo e la terra**.** � come essere catturati nel Teorema di G�del, nell�Infinito dell�otto orizzontale, con raddrizzata ogni cosa ch�� sviata.

Ma prima che questo accada, e prima di incontrare Boezio - che Dante colloca in Paradiso X - dobbiamo ancora viaggiare in quella prigione che � l�Inferno e in quella casa di correzione che � il Purgatorio. L�Inferno � nel regno delle tenebre, nel regno di quei terribili tre giorni dal Venerd� Santo alla Domenica di Pasqua. Alle similitudini dell�Inferno fa da sfondo la stagione invernale, che per Shakespeare � �l�inverno del nostro scontento�, l�inverno della disperazione. In opposizione al mortale Inferno il Purgatorio ci riporta alla �dolce stagione� dell�apertura del poema, ci riporta alla Primavera, alla Pasqua, alla Resurrezione dalla morte. Entrambe le stagioni sono pietrose, ma sulle pareti di roccia del Purgatorio il sole brilla come una benedizione. I due luoghi si specchiano l�un l�altro. Entrambi sono gironi labirintici, il primo versione rovesciata del secondo. Entrambi con le loro porte. Vivamente ricordiamo l�orrore, l�inesorabilit� della prima porta, l�iscrizione �LASCIATE OGNI SPERANZA, VOI CH�INTRATE� incisa sul granito come su una pietra tombale, come la legge di Mos� sulle tavole di pietra, o come su un Arco di trionfo romano.

Quella medesima porta, tuttavia, parla di se come costruita dalla Giustizia (dell�alto Fattore), dalla Divina Potestate, dal Primo Amore, dalla Somma Sapienza. Come pu� l�Amore, ci si chiede, creare tale artificio, come pu� costruire un monumento alla disperazione, alla negazione , all�ateismo? Una identica porta, tuttavia, si apre in Purgatorio IX, entrando per la quale Dante � marchiato con le sette P incise sulla fronte. Un affresco in Santa Maria del Fiore di Domenico di Michelino, raffigura Dante che spiega la Commedia alla citt� di Firenze. La porta di Firenze � riflessa in quella dell�Inferno. Ed entrambe sono le stesse porte delle cornici e terrazze del Purgatorio. La porta � la medesima: la prima volta vi si entra sopraffatti dalla disperazione, la seconda volta � la Porta d�oro della speranza. Dante non fa che presentare la porta due volte, prima come vista da un Boezio che sguazza nella disperazione, dopo come vista da un Boezio permeato di speranza dopo l�incontro con la Filosofia. � la medesima porta percepita da una diversa prospettiva mentale. Questa volta pi� giustamente � la porta della Giustizia, della Divina Potestate, del Primo Amore, della Somma Sapienza. Non � la porta che conduce alla prigione, ma la porta da cui uscirne.

La mia sentita propensione � di lasciarmi alle spalle l�Inferno. Ma devo ritornarci per parlare di due altri episodi. In Inferno V Dante e Virgilio incontrano Paolo e Francesca. Francesca racconta la sua storia di dolore, anche affermando al congiuntivo che fosse stato Dio loro amico ella avrebbe pregato per Dante. In realt� non � che Dio sia loro nemico, semplicemente la loro percezione di Dio � che egli si sia ritratto da loro. In termini boeziani, sono loro, in realt�, ad aver scelto di separarsi da Dio e, dunque, di lui parlare usando il congiuntivo. Facendo cos� corrispondere il distorcimento della lingua con il travisamento della verit�. Sono loro a non perdonarsi, in realt�, non Dio. Pi� avanti nell�Inferno le anime sempre pi� parlano di Dio in termini spregiativi, come di potenza nemica, nimica potesta, Dio tiranno, e sono loro a volere (verbo che denota la scelta) sempre pi� allontanarsi dalla sua presenza, volontariamente ponendosi in eterno esilio da lui.

L�altro racconto � quello di Ugolino da Pisa in Inferno XXXIII. Gettato in prigione con i suoi figlioletti accusato di tradimento della sua citt�, affamato ne divora i cadaveri. Un terribile atto di cannibalismo che per vendetta ora compie sul gelido ghiaccio sul capo dell�Arcivescovo Ruggieri che con la sua progenie lo imprigion�. Pi� avanti, sul ghiaccio, in questo regno di totale disperazione, ecco Satana, il pi� imprigionato prigioniero nella prigione dell�Inferno, che riflettendo il gesto di Ugolino divora uno ad uno i suoi tre figli, Giuda, Cassio, Bruto, traditori delle citt� sante di Gerusalemme e Roma. Il divoramento della propria progenie, l�annichilimento di se e dei propri cari, � quella boeziana definizione del male, quell�annichilimento del se, quel tendere al non essere, che la disperazione produce. Teologicamente parlando � la disperazione il pi� grave peccato. Peccato contro Dio, peccato contro se stessi ad immagine di Dio.

I soggetti sotto stress - a causa della prigionia o della perdita d�identit� che l�esilio porta con se - in alcuni casi compensano questo loro stato creando opere che restituiscano significato alla loro vita. Carl Jung ha osservato come alcuni pazienti riuscissero, creando mandala e labirinti, a ristabilire l�ordine nella psiche. 18 Thomas Usk, amico di Chaucer, in attesa dell�esecuzione compone in prigione un boeziano Testamento di amore che forma in acrostici una preghiera per una Margaret, una Perla che simboleggia la sua anima. 19 Re James di Scozia, catturato dagli inglesi, compone un poema alla maniera di Chaucer e basato sulla Consolazione della Filosofia di Boezio, conosciuto come il Kingis Quair, il Libro del Re. 20 Sir Thomas More, prigioniero nella Torre di Londra compone il Dialogo del Conforto contro la Tribolazione con cui due cristiani ungheresi, zio e nipote, cercano consolazione per l�invasione turca degli infedeli 21 Sir Walter Ralegh e Jawarlal Nehru, padre di Indira Gandhi, in prigione scrive le storie del mondo. 22 Gli Indiani Navaho nei rituali di guarigione eseguono dipinti con la sabbia mentre ripetono la narrazione della creazione del mondo come il nome dell�individuo per cui i riti sono eseguiti. 23 In tutti questi tentativi di ristabilire l�ordine nella vita umana, tali resoconti, sulla carta o nella sabbia, narrati con la parola o dipinti, si incentrano su quel particolare individuo, quella persona includendo nella totalit� dell�opera, perch� sia al centro del disegno o dell�ordine, della ricreazione del significato, del senso, della forma. Boezio e Dante egualmente pongono e nominano se stessi entro i loro labirinti, entro le loro opere simili a mandala in cui essi peregrinano dall�esterno del cerchio - che manca di significato e di senso a causa di un�erronea prospettiva � al suo centro, cos� giungendo al significato, alla verit�, alla libert�, alla consolazione.

Siamo qui di fronte ad un paradosso, poich� quello stesso disegno, quello stesso ordine che essi creano � come una prigione. Del perch� l�uomo sempre abbia amato disegni e forme rigorose, progettando citt� divise in isolati, l�inferno disegnando in bolge, in cornici il purgatorio, prigioni e monasteri in celle, non so. So che mentre avrei un certo senso di soddisfazione nel creare un Utopia, nel costruire una comunit� ordinata, non sceglierei di abitarne una disegnata da altri ed in cui non ho avuto scelta alcuna. Il post strutturalista francese, Michel Foucault, studiando questi aspetti delle prigioni, scopre che questa visione origina dal desiderio di aiutare e dal voler far ravvedere i carcerati, piuttosto che non dal volerne annientare l�anima.24 Diciamo che per alcuni il concetto di ordine � visto come un paradiso. Un monastero medievale � un paradiso, la Citt� di Dio sulla terra. Le celle attorno ad un chiostro, il giardino con al centro il pozzo. 25 Per altri, invece, tale ordine � la materia di cui son fatti gli incubi. L�Inferno di Dante � certo questo, in parte modellato, interessante osservare, sulla leggenda medievale del Purgatorio di San Patrizio come visto nella Visione del Cavaliere Owain. Addormentatosi nel Pozzo di San Patrizio, posto su un�isola al centro di un lago in Irlanda, egli fa un terribile sogno di abissi, ponti, bolge, passerelle, da cui quasi non ne emerge vivo. 26 Nell�Ottocento il saggista inglese, Thomas de Quincey, descrive Coleridge che gli mostra Le Carceri, stampe rinascimentali dell�italiano Piranesi - incise dopo i postumi di un delirio febbrile - delle orribili celle a volta di una prigione in pietra, con terribili strumenti di tortura sul pavimento, grandi cavalletti e ruote, con balaustre e terrazze che conducono da un piano all�altro, e sulle quali si vede la figura in miniatura dello stesso Piranesi, che sforzandosi di fuggire da una sezione della prigione non fa che ritrovarsi in un�altra. 27 Ho sempre pensato che avrei voluto allestire l�Amleto di Shakespeare con queste scene che come tele e fondali rappresentassero la sua Danimarca come una prigione.

Questo � in un certo senso ci� che Dante compie nel creare il suo Inferno dall�Eneide VI di Virgilio. Se stesso e Virgilio collocando entro questa costruzione, se stesso nominando nel testo, a se stesso dando significato. Egli vede l�Inferno come un carcere eterno, un incubo, dal quale non c�� liberazione se non per se stesso, ed il lettore riflesso in lui. Questi prigionieri sono ergastolani. Mai neppure augurano a se la libert� provvisoria. Ma il Purgatorio � una prigionia del tutto diversa. � voluta e scelta, cos� come chi vive in un monastero sceglie per se una vita di ordine. Chi abita il Purgatorio non � un esule immobile nel non essere, pu� scegliere di ascendere da una cornice all�altra, come pellegrino muoversi verso il centro ogniqualvolta egli stesso ritiene di essere pronto a farlo. Chi � nel Purgatorio si � macchiato degli stessi peccati di chi si trova nell�Inferno. Diversa � solo la loro attitudine. Essi sono morti nella speranza della redenzione, e non disperatamente persuasi di essere dannati. La montagna del Purgatorio �, dunque, secondo l�originario significato della parola, un penitenziario, dove i pellegrini possono riconciliarsi ed espiare le proprie colpe. La fedina penale � cos� pulita, il ricordo della colpa rimosso, pagato il debito verso l�uomo e verso Dio. Il Paradiso � il regno della libert� assoluta, dove le anime al centro, e ovunque scelgano di essere, con se portano la compiuta visione della libert� del centro persino quando discendono verso la terra, come Beatrice che su incitamento di Maria e Lucia, giunge da Virgilio nell�Inferno. Tre donne queste che sono le tre Grazie piuttosto che non le tre Parche e le Furie.

Nel testo di Dante a rivestire particolare importanza � il fatto che gli abitanti delle bolge e dei cerchi dell�Inferno, in realt�, hanno scelto liberamente, pervertendo la verit� e la realt� della loro esistenza, accusando qualcun altro di quello di cui essi sono colpevoli. Liberamente hanno scelto di credere di essere condannati, castigati, e dannati. Questo hanno fatto a se stessi e non qualcun altro lo ha fatto loro. Dio, che nell�iscrizione sulla Porta dell�Inferno � Divina Potestate, Primo Amore, Somma Sapienza (in alcune traduzioni in inglese, Onnipotenza, Amore e Intelletto) ha creato questi esseri a sua immagine, ed essi ne condividono la potestate, il suo Amore e la sua Sapienza, se scelgono di farlo. Oppure altrettanto liberamente essi possono scegliere di abbandonare quella potestate, quell�amore e quella sapienza, divenendo impotenti, odiosi e pazzi, separandosi da Dio; che � poi quello che realmente hanno fatto. Dante nel creare queste anime, dure, orgogliose, caparbie, le ha plasmate come se stesso, a immagine dello stolto Boezio nella Consolazione. E attraverso le pagine della Commedia, si allontana dallo stolto �se� peregrinando verso la sapienza della Filosofia e di Beatrice, letteralmente viaggiando dalla tragedia della pagana Eneide di Virgilio ad una commedia Cristiana di salvezza scegliendo di conoscere se stesso, di perdonare se stesso. Scegliendo di purificarsi mediante i riti medievali della confessione, della contrizione, della soddisfazione, unitamente alla riparazione verso la vittima e la societ�.

Qualit� condivisa di tutte queste opere � l�autore che cerca o incontra l�altro. E l�altro � una figura femminile, non maschile. Vediamo questo nella Consolation di Boezio, nella Commedia di Dante, nel _Testament_di Usk, nella Bibbia di Re Giacomo (King James Bible) o in Quaire. La figura femminile rappresenta l�anima dell�autore, da cui, grazie alla conquista della sapienza, non pi� � alienato. (Analogamente, Cordelia � l�anima di Lear, Miranda di Prospero, Perdita di Leonte). Il suo amore � al centro. Al centro egualmente � il suo potere e la sua sapienza. Per Boezio, incarcerato a Pavia, la sua anima � la Filosofia. Per Dante in esilio da Firenze � la fiorentina Beatrice. Per Thomas Usk � Margaret, per il Re di Scozia la donna che intravede attraverso le sbarre e che diverr� sua sposa e Regina. Per Eldridge Cleaver, che scrive Soul on Ice nella prigione di San Quentin, � la Regina Nera del Cantico di Salomone nella Bibbia. Per questi scrittori, questi sono i modi, a livello mentale, per cancellare l�orrore della prigionia e dell�esilio.

Concludo questa conversazione prigioniera osservando che Dante incontrando l�anima di Boezio in Paradiso X parla di lui come di colui che � giunto a questa pace . . . da martirio e da essilio venne a questa pace (128-129).

Con queste parole Dante riflette il suo viaggio dalla disperazione alla speranza, dal fato alla libert�, dall�amarezza dell�esilio alla �visione di pace�, il significato della parola �Gerusalemme�, che cos� gioiosamente celebra nel Paradiso.