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I testi statutari dell’Arcadia non sono un corpus coeso. Al contrario, si tratta di testi eteroge... more I testi statutari dell’Arcadia non sono un corpus coeso. Al contrario, si tratta di testi eterogenei, sedimentati, accidentati, ostici nella forma e nel contenuto, non leggibili e meno ancora comprensibili senza un’edizione critica che metta insieme l’intero corpus. Non sorprende che non siano mai stati pubblicati, se non per minimi spezzoni, né siano mai entrati nell’orizzonte degli studi di chi si occupa di letteratura italiana. Le quattordici sezioni in cui si articola la presente edizione restituiscono finalmente nella loro interezza le fondamenta giuridiche e filosofiche dell’Arcadia, confermandone l’unicità nel panorama storico culturale in cui nacque e si sviluppò; non a caso questi testi appaiono come un crocevia di discipline, in cui si incontrano e trascorrono filologia, storia, diritto, filosofia, ma anche geografia storica, musica, arti figurative, astronomia, storia del libro. Eterogeneo nella forma, il corpus è tuttavia concorde nel raffigurare l’Arcadia come un Commune, ovvero un territorio liberamente offerto alla convivenza e cooperazione di discipline diverse e talora apparentemente lontane. È la viva immagine di una codisciplinarità sempre più si riflessa negli odierni studi sull’Arcadia, che ricalcano i confini intellettuali dell’antico Commune. È a questo moderno Coetus di studiosi che si offre la presente edizione, nata da una corso universitario di letteratura neolatina, progettata nell’estate del 2017 e realizzata tra la seconda metà del 2017 e l’estate del 2019 da un gruppo di studenti prima, studiosi poi, con lunghe giornate di lavoro sui manoscritti di difficile lettura e spesso malconci, conservati nell’archivio dell’Arcadia presso la Biblioteca Angelica. A questo gruppo di giovani, che sono oggi divisi in vari ambiti del mondo del lavoro e della ricerca, va la gratitudine di chi li ha inizialmente guidati Arcadiae in silvis.
Quattordici testi, dieci poeti, un arco temporale che va dalla fine del Seicento ai primi anni ’6... more Quattordici testi, dieci poeti, un arco temporale che va dalla fine del Seicento ai primi anni ’60 del Settecento: le satire raccolte nei tre volumi di Arcadum carmina (1721, 1756, 1768) ci mettono di fronte ad una straordinaria galleria di temi, vicende, personaggi. Una miriade di quadri che raffigurano novanta anni di cultura italiana, ma rivelano anche, nel dimenticato recesso (tale solo per noi oggi) del latino, un’Arcadia vitale e multiforme, quanto mai lontana da ogni manualistico stereotipo. Ma soprattutto testi belli da leggere, e non di rado divertenti.
A mio pa dre Ro meo For si tan haec etiam sen tiat ip sa ci nis PREFAZIONE Scri ve re un in te ro... more A mio pa dre Ro meo For si tan haec etiam sen tiat ip sa ci nis PREFAZIONE Scri ve re un in te ro li bro sul la fi lo lo gia e le po le mi che di uo mi ni del XV se co lo è una scom mes sa con la sor te, de gli stu di e non so lo, del cui esi to la scio giu di ci, né po treb be es se re al tri men ti, quel li che un tem po in se di co me que sta si gra ti fi ca va no dell'e pi te to di can di di lec to res.
PREMESSA VIII 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina VIII Questo lavoro è comin... more PREMESSA VIII 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina VIII Questo lavoro è cominciato vari anni fa con il progetto di un'edizione digitale degli Opera ficiniani, che includerà i commenti, le traduzioni dal greco e i volgarizzamenti. L'edizione digitale farà parte di una collana intitolata Classici del pensiero europeo. Banche dati testuali su cd-rom, avviata dall'editore Nino Aragno di Torino, in cui sono già apparse le opere di Giordano Bruno e di Giovanni Pico della Mirandola. L'edizione digitale sarà realizzata in maniera tale da rendere possibile qualsiasi tipo di ricerca testuale, particolarmente utile per l'esplorazione di un corpus di così ampie dimensioni. Sin dall'origine l'intento è stato quello di fornire agli studiosi del Ficino, e più in generale della filosofia rinascimentale e moderna, una silloge di testi mai prima riuniti in un'unica sede, che raccoglierà sia le opere pubblicate nelle edizioni antiche, sia gli scritti che il Ficino lasciò inediti e che non sono mai stati pubblicati a stampa. La possibilità di indagare e interrogare tali testi dovrebbe senz'altro incoraggiare anche ricerche di carattere linguistico e grammaticale in campi ancora molto carenti di strumenti di studio, come quelli del latino tardomedievale e umanistico e del lessico filosofico della prima età moderna. All'edizione digitale, che era, e resta ancora oggi, il nostro primo obiettivo, si affiancano dunque, a partire dal presente volume, edizioni di tipo tradizionale, basate su tutti i testimoni noti, provviste di introduzione filologica, di fasce di apparato per le varianti e per le fonti, e di indici. Il Pimander, l'opera con cui Ficino diede inizio alla sua luminosa carriera di traduttore, inaugura la serie, ma in contemporanea escono anche la traduzione e il commento degli scritti dello pseudo Dionigi, a cura di Pietro Podolak. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l'invito iniziale di Nuccio Ordine a varare il progetto digitale e senza l'aiuto e il supporto dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, e in particolare del suo Presidente, l'avvocato Gerardo Marotta, che ha messo a disposizione dell'impresa alcune borse di studio destinate alla preparazione dei testi per il cd-rom. All'impresa hanno giovato inizialmente anche due finanziamenti ministeriali, un FIRB (2001) e un PRIN (2005) al quale purtroppo non è stata concessa la necessaria prosecuzione. Ma soprattutto questo progetto è potuto restare in PREMESSA IX 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina IX piedi e crescere nel tempo grazie all'entusiasmo, alla generosità e alla lungimiranza -nate da una vera quanto rara passione per la cultura -di un editore d'altri tempi quale Nino Aragno, che nell'arco di un decennio non solo ha finanziato la vasta opera di digitalizzazione che sta dietro all'intero progetto, ma ha assunto su di sé interamente l'onere della pubblicazione dei volumi cartacei. Sebastiano Gentile In un pomeriggio della primavera del 2002 mi ritrovai a casa di Sebastiano Gentile, seduto intorno ad un tavolo con altri appassionati di Ficino, o almeno di cose umanistiche. Sul piatto c'era una lista di opere ficiniane per le quali non si disponeva di edizioni moderne. Il testo di queste opere, come lo si leggeva nelle editiones principes, era stato digitato da un gruppo di giovani di buone speranze e di scarse sostanze, nell'ambito del progetto di edizione digitale illustrato nelle pagine precedenti. L' iter del lavoro prevedeva che qualcuno, per forza di cose diverso dai digitatori, rileggesse i testi, giusto per eliminare gli errori di battitura e sistemare l'interpunzione. Dividersi le opere da revisionare era il fine dell'incontro di quel pomeriggio. Nella lista c'era anche il Pimander, un testo abbastanza breve, che non avevo mai letto, in cui convergevano la fama un po' intrigante dell'originale e il ruolo di primum movens dell'ermetismo moderno da sempre riconosciuto alla versione ficiniana. Tuttavia il Pimander rimase piuttosto inosservato, e così finii per sceglierlo io. Qualche giorno dopo cominciai a leggerlo. Fu un'esperienza frustrante: i passi di cui non riuscivo realmente a comprendere il significato si susseguivano ad un ritmo inquietante, considerando che già non ero più un giovane alle prime armi. Non essendo certo questa la migliore base di partenza per rivedere il testo, chiamai Sebastiano e lo misi a parte del problema, cercando di trincerarmi dietro le mie scarse, per non dir nulle, attitudini di lettore di testi filosofici. Sebastiano dapprima tentò di rassicurarmi con l'argomento -che anch'io avrei usato al suo posto -secondo il quale un testo ermetico che si rispetti non può risultare del tutto comprensibile ad una prima lettu-PREMESSA X 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina X ra, ma contestualmente mi offrì la sua copia dell'edizione di Nock, per far qualche riscontro col testo greco. Non potei far altro che accettare. Il primo confronto col testo greco non risolse le perplessità, ma semplicemente ne mutò l'oggetto: non più la mia perizia di lettore, ma quella del Ficino traduttore. Infatti il testo greco, per ermetico che fosse, risultava quasi sempre comprensibile e, quel che più contava, spesso abbastanza distante dal latino ficiniano. Ma dubitare del Ficino traduttore, sia pur agli esordi della sua attività, non era cosa che potessi fare io. Tornai da Sebastiano, che a quel punto provò a recuperare, sotto cataste di carte, una riproduzione di un manoscritto di Bologna, corretto e sottoscritto dal Ficino nel 1466. Il recupero ebbe finalmente fortuna: la riproduzione era stata fatta in epoche pionieristiche, e perciò risultava assai logora, ma leggibile quanto bastava per una prima collazione. Il cerchio si chiuse immediatamente, fin dalla prima pagina: alterazioni, banalizzazioni, errori della pur blasonata editio princeps del 1471, dalla quale il testo era stato digitato, non avevano riscontro nel manoscritto, la cui corrispondenza al testo greco appariva pressoché perfetta. Al sollievo, condiviso con Sebastiano, subentrò un interrogativo, anch'esso condiviso, sul da farsi. In realtà decidemmo lì per lì di mettere in cantiere una vera edizione del Pimander, sedotti dalla prospettiva di presentare un testo nuovo, quasi inedito, e quindi accesi da quella certa dose d'entusiasmo che è indispensabile anche in filologia, nella misura in cui chiude gli occhi del futuro editore sulle difficoltà, la lunghezza, le inamenità del lavoro, abbandonandolo solo nel momento in cui è ormai troppo tardi per tornare indietro. Esauritosi l'entusiasmo iniziale, il lavoro di edizione è proceduto negli anni tra alti e bassi, dovuti in parte a difficoltà oggettive, in parte a vicende personali. Quello che non ha mai conosciuto curve discendenti negli anni è stato il decisivo sostegno, morale, materiale e scientifico, di Sebastiano Gentile e di Agata Pincelli, dal momento in cui nacque l'idea di fare una nuova edizione fino a quello in cui sto scrivendo queste righe. In realtà il grosso del lavoro di edizione è stato fatto tra il 2004 e il 2005, durante un anno trascorso come fellow presso il Center for Italian Renaissance Studies di Villa I Tatti: senza quell'anno, questa edizione non sarebbe mai giunta a compimento. PREMESSA XI 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina XI PREMESSA XII
Papers by Maurizio Campanelli
Hoc tu videris, o bone Custos": un autoritratto di Casti in Arcadia
Canoni d’Arcadia. Il custodiato di Crescimbeni
Studi sulla fondazione dell'Arcadia e sul custodiato di Crescimbeni
Rileggendo le lezioni pariniane di Belle Lettere (e alcune fonti già note)
Primizie antiquarie e teorie filologiche nella Roma del Settecento: qualche spunto dall’editio princeps dei Fasti Prenestini
Autografia e filologia alle origini della stampa
Filologi per decoro della patria : due dalmati illustri e un caso letterario del secolo XVII
Pietro Bembo, Roma e la filologia del tardo Quattrocento: per una lettura del dialogo De Virgilii Culice et Terentii fabulis
“Ut doctorum ingenia excitaremus ad bene de hoc fragmento merendum”. Erste Anmerkungen zu den Supplementa des Fulvio Orsini zum Festus Farnesianus
Il latino allo specchio. Cultura e scuola in alcune satire italiane del Settecento
Il diritto di cittadinanza che il mondo della scuola ha nella satira è probabilmente tanto antico... more Il diritto di cittadinanza che il mondo della scuola ha nella satira è probabilmente tanto antico quanto la satira. Essendo la scuola del tardo Seicento e del Settecento quasi interamente basata sul latino, ed essendo la satira di questo periodo un genere ancora significativamente latino, non stupisce che la satira diventi a più riprese uno spazio in cui il latino sembra riflettere su se stesso, ovvero sui fondamenti del proprio impero linguistico e culturale. Comincerò dalla fine, chiamando in causa un personaggio che ha quattro quarti di nobiltà scientifica e didattica. Essendo nato nel e morto nel , Stefano Antonio Morcelli è uno dei non molti gesuiti che riuscirono a vivere la soppressione dell’ordine nel e la rifondazione nel . Nella prima metà degli anni ottanta pubblicò le sue grandi opere epigrafiche, ovvero i tre libri De stilo inscriptionum Latinarum () e le Inscriptiones commentariis subiectis (). Nel proemio della prima, indirizzato cultoribus antiquitatis, si era detto ...
Una satira scritta nel 1735 da più famoso antiquario di metà Settecento, indirizzata a Michele Mo... more Una satira scritta nel 1735 da più famoso antiquario di metà Settecento, indirizzata a Michele Morei, custode dell'Arcadia, in cui si propone di istituire una sorta di tribunale per giudicare il valore della poesia italiana contemporanea in tutti i generi in cui essa si esercita. Il testo si inserisce come un contributo di prima qualità nel dibattitto sul ruolo dell'Arcadia nella prima metà del Settecento e in quello più generale sulla funzione sociale della poesia
Settecento latino IV. Due frammenti della preistoria poetica di G.B. Casti
Andrea Brenta, Discorso sulle discipline per l’inaugurazione dell’anno accademico nello Studium Urbis
Arcadizzare Sergardi. Un’epistola latina di Euristene Aleate ad Alfesibeo Cario
Il primo volume degli Arcadum Carmina (1721) contiene un’epistola in esametri di Niccolò Avanzini... more Il primo volume degli Arcadum Carmina (1721) contiene un’epistola in esametri di Niccolò Avanzini a Crescimbeni. Il testo mostra fin dall’esordio il carattere di una satira nello stile di Giovenale, cosa che rappresenta un unicum non solo negli Arcadum carmina, ma forse in tutta la produzione ufficiale dell’Arcadia degli anni di Crescimbeni. Nell’epistola dialogano l’autore e il Custode, attaccando, in maniera talora violenta, Cacula, un arrampicatore sociale che millanta una cultura che non ha. In realtà la satira è scritta nello stile di Sergardi, che nelle sue satire aveva spesso fatto riferimento all’Arcadia e ne aveva cercato il consenso, senza trovarlo. Il testo dell’Avanzini, che si conclude a sorpresa, si rivela dunque per un esperimento, ovvero il tentativo di mostrare come sarebbe dovuto essere Sergardi, se avesse voluto far accettare il suo Settano in Arcadia
In errorum fovea languentes. Esportare la filologia nell’età degli incunaboli
Le edizioni dei classici latini costituiscono un luogo privilegiato per le riflessioni sui pregi ... more Le edizioni dei classici latini costituiscono un luogo privilegiato per le riflessioni sui pregi e i difetti della neonata arte tipografica da parte degli umanisti: tra grandi entusiasmi e feroci critiche, si fanno spazio confronti con il mondo del libro manoscritto e considerazioni sull’approccio ai testi consentito dal nuovo strumento, un approccio non solo quantitativamente ma anche qualitativamente diverso rispetto al passato, fino a proporre la mancata scoperta della stampa come il motivo che aveva provocato la rovina della cultura antica. Tipografi ed editori si servono inizialmente dei colofoni per veicolare le loro riflessioni sul nuovo tipo di libro, quasi sempre con scoperti intenti pubblicitari, nel segno di una continuità formale e di una discontinuità sostanziale con il libro manoscritto; ma ai colofoni rapidamente si affiancano le epistole prefatorie, che mettono a disposizione un più disteso spazio di riflessione, quasi sempre appannaggio degli umanisti. Questi ultimi...
I testi statutari dell’Arcadia non sono un corpus coeso. Al contrario, si tratta di testi eteroge... more I testi statutari dell’Arcadia non sono un corpus coeso. Al contrario, si tratta di testi eterogenei, sedimentati, accidentati, ostici nella forma e nel contenuto, non leggibili e meno ancora comprensibili senza un’edizione critica che metta insieme l’intero corpus. Non sorprende che non siano mai stati pubblicati, se non per minimi spezzoni, né siano mai entrati nell’orizzonte degli studi di chi si occupa di letteratura italiana. Le quattordici sezioni in cui si articola la presente edizione restituiscono finalmente nella loro interezza le fondamenta giuridiche e filosofiche dell’Arcadia, confermandone l’unicità nel panorama storico culturale in cui nacque e si sviluppò; non a caso questi testi appaiono come un crocevia di discipline, in cui si incontrano e trascorrono filologia, storia, diritto, filosofia, ma anche geografia storica, musica, arti figurative, astronomia, storia del libro. Eterogeneo nella forma, il corpus è tuttavia concorde nel raffigurare l’Arcadia come un Commune, ovvero un territorio liberamente offerto alla convivenza e cooperazione di discipline diverse e talora apparentemente lontane. È la viva immagine di una codisciplinarità sempre più si riflessa negli odierni studi sull’Arcadia, che ricalcano i confini intellettuali dell’antico Commune. È a questo moderno Coetus di studiosi che si offre la presente edizione, nata da una corso universitario di letteratura neolatina, progettata nell’estate del 2017 e realizzata tra la seconda metà del 2017 e l’estate del 2019 da un gruppo di studenti prima, studiosi poi, con lunghe giornate di lavoro sui manoscritti di difficile lettura e spesso malconci, conservati nell’archivio dell’Arcadia presso la Biblioteca Angelica. A questo gruppo di giovani, che sono oggi divisi in vari ambiti del mondo del lavoro e della ricerca, va la gratitudine di chi li ha inizialmente guidati Arcadiae in silvis.
Quattordici testi, dieci poeti, un arco temporale che va dalla fine del Seicento ai primi anni ’6... more Quattordici testi, dieci poeti, un arco temporale che va dalla fine del Seicento ai primi anni ’60 del Settecento: le satire raccolte nei tre volumi di Arcadum carmina (1721, 1756, 1768) ci mettono di fronte ad una straordinaria galleria di temi, vicende, personaggi. Una miriade di quadri che raffigurano novanta anni di cultura italiana, ma rivelano anche, nel dimenticato recesso (tale solo per noi oggi) del latino, un’Arcadia vitale e multiforme, quanto mai lontana da ogni manualistico stereotipo. Ma soprattutto testi belli da leggere, e non di rado divertenti.
A mio pa dre Ro meo For si tan haec etiam sen tiat ip sa ci nis PREFAZIONE Scri ve re un in te ro... more A mio pa dre Ro meo For si tan haec etiam sen tiat ip sa ci nis PREFAZIONE Scri ve re un in te ro li bro sul la fi lo lo gia e le po le mi che di uo mi ni del XV se co lo è una scom mes sa con la sor te, de gli stu di e non so lo, del cui esi to la scio giu di ci, né po treb be es se re al tri men ti, quel li che un tem po in se di co me que sta si gra ti fi ca va no dell'e pi te to di can di di lec to res.
PREMESSA VIII 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina VIII Questo lavoro è comin... more PREMESSA VIII 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina VIII Questo lavoro è cominciato vari anni fa con il progetto di un'edizione digitale degli Opera ficiniani, che includerà i commenti, le traduzioni dal greco e i volgarizzamenti. L'edizione digitale farà parte di una collana intitolata Classici del pensiero europeo. Banche dati testuali su cd-rom, avviata dall'editore Nino Aragno di Torino, in cui sono già apparse le opere di Giordano Bruno e di Giovanni Pico della Mirandola. L'edizione digitale sarà realizzata in maniera tale da rendere possibile qualsiasi tipo di ricerca testuale, particolarmente utile per l'esplorazione di un corpus di così ampie dimensioni. Sin dall'origine l'intento è stato quello di fornire agli studiosi del Ficino, e più in generale della filosofia rinascimentale e moderna, una silloge di testi mai prima riuniti in un'unica sede, che raccoglierà sia le opere pubblicate nelle edizioni antiche, sia gli scritti che il Ficino lasciò inediti e che non sono mai stati pubblicati a stampa. La possibilità di indagare e interrogare tali testi dovrebbe senz'altro incoraggiare anche ricerche di carattere linguistico e grammaticale in campi ancora molto carenti di strumenti di studio, come quelli del latino tardomedievale e umanistico e del lessico filosofico della prima età moderna. All'edizione digitale, che era, e resta ancora oggi, il nostro primo obiettivo, si affiancano dunque, a partire dal presente volume, edizioni di tipo tradizionale, basate su tutti i testimoni noti, provviste di introduzione filologica, di fasce di apparato per le varianti e per le fonti, e di indici. Il Pimander, l'opera con cui Ficino diede inizio alla sua luminosa carriera di traduttore, inaugura la serie, ma in contemporanea escono anche la traduzione e il commento degli scritti dello pseudo Dionigi, a cura di Pietro Podolak. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l'invito iniziale di Nuccio Ordine a varare il progetto digitale e senza l'aiuto e il supporto dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, e in particolare del suo Presidente, l'avvocato Gerardo Marotta, che ha messo a disposizione dell'impresa alcune borse di studio destinate alla preparazione dei testi per il cd-rom. All'impresa hanno giovato inizialmente anche due finanziamenti ministeriali, un FIRB (2001) e un PRIN (2005) al quale purtroppo non è stata concessa la necessaria prosecuzione. Ma soprattutto questo progetto è potuto restare in PREMESSA IX 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina IX piedi e crescere nel tempo grazie all'entusiasmo, alla generosità e alla lungimiranza -nate da una vera quanto rara passione per la cultura -di un editore d'altri tempi quale Nino Aragno, che nell'arco di un decennio non solo ha finanziato la vasta opera di digitalizzazione che sta dietro all'intero progetto, ma ha assunto su di sé interamente l'onere della pubblicazione dei volumi cartacei. Sebastiano Gentile In un pomeriggio della primavera del 2002 mi ritrovai a casa di Sebastiano Gentile, seduto intorno ad un tavolo con altri appassionati di Ficino, o almeno di cose umanistiche. Sul piatto c'era una lista di opere ficiniane per le quali non si disponeva di edizioni moderne. Il testo di queste opere, come lo si leggeva nelle editiones principes, era stato digitato da un gruppo di giovani di buone speranze e di scarse sostanze, nell'ambito del progetto di edizione digitale illustrato nelle pagine precedenti. L' iter del lavoro prevedeva che qualcuno, per forza di cose diverso dai digitatori, rileggesse i testi, giusto per eliminare gli errori di battitura e sistemare l'interpunzione. Dividersi le opere da revisionare era il fine dell'incontro di quel pomeriggio. Nella lista c'era anche il Pimander, un testo abbastanza breve, che non avevo mai letto, in cui convergevano la fama un po' intrigante dell'originale e il ruolo di primum movens dell'ermetismo moderno da sempre riconosciuto alla versione ficiniana. Tuttavia il Pimander rimase piuttosto inosservato, e così finii per sceglierlo io. Qualche giorno dopo cominciai a leggerlo. Fu un'esperienza frustrante: i passi di cui non riuscivo realmente a comprendere il significato si susseguivano ad un ritmo inquietante, considerando che già non ero più un giovane alle prime armi. Non essendo certo questa la migliore base di partenza per rivedere il testo, chiamai Sebastiano e lo misi a parte del problema, cercando di trincerarmi dietro le mie scarse, per non dir nulle, attitudini di lettore di testi filosofici. Sebastiano dapprima tentò di rassicurarmi con l'argomento -che anch'io avrei usato al suo posto -secondo il quale un testo ermetico che si rispetti non può risultare del tutto comprensibile ad una prima lettu-PREMESSA X 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina X ra, ma contestualmente mi offrì la sua copia dell'edizione di Nock, per far qualche riscontro col testo greco. Non potei far altro che accettare. Il primo confronto col testo greco non risolse le perplessità, ma semplicemente ne mutò l'oggetto: non più la mia perizia di lettore, ma quella del Ficino traduttore. Infatti il testo greco, per ermetico che fosse, risultava quasi sempre comprensibile e, quel che più contava, spesso abbastanza distante dal latino ficiniano. Ma dubitare del Ficino traduttore, sia pur agli esordi della sua attività, non era cosa che potessi fare io. Tornai da Sebastiano, che a quel punto provò a recuperare, sotto cataste di carte, una riproduzione di un manoscritto di Bologna, corretto e sottoscritto dal Ficino nel 1466. Il recupero ebbe finalmente fortuna: la riproduzione era stata fatta in epoche pionieristiche, e perciò risultava assai logora, ma leggibile quanto bastava per una prima collazione. Il cerchio si chiuse immediatamente, fin dalla prima pagina: alterazioni, banalizzazioni, errori della pur blasonata editio princeps del 1471, dalla quale il testo era stato digitato, non avevano riscontro nel manoscritto, la cui corrispondenza al testo greco appariva pressoché perfetta. Al sollievo, condiviso con Sebastiano, subentrò un interrogativo, anch'esso condiviso, sul da farsi. In realtà decidemmo lì per lì di mettere in cantiere una vera edizione del Pimander, sedotti dalla prospettiva di presentare un testo nuovo, quasi inedito, e quindi accesi da quella certa dose d'entusiasmo che è indispensabile anche in filologia, nella misura in cui chiude gli occhi del futuro editore sulle difficoltà, la lunghezza, le inamenità del lavoro, abbandonandolo solo nel momento in cui è ormai troppo tardi per tornare indietro. Esauritosi l'entusiasmo iniziale, il lavoro di edizione è proceduto negli anni tra alti e bassi, dovuti in parte a difficoltà oggettive, in parte a vicende personali. Quello che non ha mai conosciuto curve discendenti negli anni è stato il decisivo sostegno, morale, materiale e scientifico, di Sebastiano Gentile e di Agata Pincelli, dal momento in cui nacque l'idea di fare una nuova edizione fino a quello in cui sto scrivendo queste righe. In realtà il grosso del lavoro di edizione è stato fatto tra il 2004 e il 2005, durante un anno trascorso come fellow presso il Center for Italian Renaissance Studies di Villa I Tatti: senza quell'anno, questa edizione non sarebbe mai giunta a compimento. PREMESSA XI 01_Frontes130_200 senza fili.qxp 20/02/2011 11.45 Pagina XI PREMESSA XII
Hoc tu videris, o bone Custos": un autoritratto di Casti in Arcadia
Canoni d’Arcadia. Il custodiato di Crescimbeni
Studi sulla fondazione dell'Arcadia e sul custodiato di Crescimbeni
Rileggendo le lezioni pariniane di Belle Lettere (e alcune fonti già note)
Primizie antiquarie e teorie filologiche nella Roma del Settecento: qualche spunto dall’editio princeps dei Fasti Prenestini
Autografia e filologia alle origini della stampa
Filologi per decoro della patria : due dalmati illustri e un caso letterario del secolo XVII
Pietro Bembo, Roma e la filologia del tardo Quattrocento: per una lettura del dialogo De Virgilii Culice et Terentii fabulis
“Ut doctorum ingenia excitaremus ad bene de hoc fragmento merendum”. Erste Anmerkungen zu den Supplementa des Fulvio Orsini zum Festus Farnesianus
Il latino allo specchio. Cultura e scuola in alcune satire italiane del Settecento
Il diritto di cittadinanza che il mondo della scuola ha nella satira è probabilmente tanto antico... more Il diritto di cittadinanza che il mondo della scuola ha nella satira è probabilmente tanto antico quanto la satira. Essendo la scuola del tardo Seicento e del Settecento quasi interamente basata sul latino, ed essendo la satira di questo periodo un genere ancora significativamente latino, non stupisce che la satira diventi a più riprese uno spazio in cui il latino sembra riflettere su se stesso, ovvero sui fondamenti del proprio impero linguistico e culturale. Comincerò dalla fine, chiamando in causa un personaggio che ha quattro quarti di nobiltà scientifica e didattica. Essendo nato nel e morto nel , Stefano Antonio Morcelli è uno dei non molti gesuiti che riuscirono a vivere la soppressione dell’ordine nel e la rifondazione nel . Nella prima metà degli anni ottanta pubblicò le sue grandi opere epigrafiche, ovvero i tre libri De stilo inscriptionum Latinarum () e le Inscriptiones commentariis subiectis (). Nel proemio della prima, indirizzato cultoribus antiquitatis, si era detto ...
Una satira scritta nel 1735 da più famoso antiquario di metà Settecento, indirizzata a Michele Mo... more Una satira scritta nel 1735 da più famoso antiquario di metà Settecento, indirizzata a Michele Morei, custode dell'Arcadia, in cui si propone di istituire una sorta di tribunale per giudicare il valore della poesia italiana contemporanea in tutti i generi in cui essa si esercita. Il testo si inserisce come un contributo di prima qualità nel dibattitto sul ruolo dell'Arcadia nella prima metà del Settecento e in quello più generale sulla funzione sociale della poesia
Settecento latino IV. Due frammenti della preistoria poetica di G.B. Casti
Andrea Brenta, Discorso sulle discipline per l’inaugurazione dell’anno accademico nello Studium Urbis
Arcadizzare Sergardi. Un’epistola latina di Euristene Aleate ad Alfesibeo Cario
Il primo volume degli Arcadum Carmina (1721) contiene un’epistola in esametri di Niccolò Avanzini... more Il primo volume degli Arcadum Carmina (1721) contiene un’epistola in esametri di Niccolò Avanzini a Crescimbeni. Il testo mostra fin dall’esordio il carattere di una satira nello stile di Giovenale, cosa che rappresenta un unicum non solo negli Arcadum carmina, ma forse in tutta la produzione ufficiale dell’Arcadia degli anni di Crescimbeni. Nell’epistola dialogano l’autore e il Custode, attaccando, in maniera talora violenta, Cacula, un arrampicatore sociale che millanta una cultura che non ha. In realtà la satira è scritta nello stile di Sergardi, che nelle sue satire aveva spesso fatto riferimento all’Arcadia e ne aveva cercato il consenso, senza trovarlo. Il testo dell’Avanzini, che si conclude a sorpresa, si rivela dunque per un esperimento, ovvero il tentativo di mostrare come sarebbe dovuto essere Sergardi, se avesse voluto far accettare il suo Settano in Arcadia
In errorum fovea languentes. Esportare la filologia nell’età degli incunaboli
Le edizioni dei classici latini costituiscono un luogo privilegiato per le riflessioni sui pregi ... more Le edizioni dei classici latini costituiscono un luogo privilegiato per le riflessioni sui pregi e i difetti della neonata arte tipografica da parte degli umanisti: tra grandi entusiasmi e feroci critiche, si fanno spazio confronti con il mondo del libro manoscritto e considerazioni sull’approccio ai testi consentito dal nuovo strumento, un approccio non solo quantitativamente ma anche qualitativamente diverso rispetto al passato, fino a proporre la mancata scoperta della stampa come il motivo che aveva provocato la rovina della cultura antica. Tipografi ed editori si servono inizialmente dei colofoni per veicolare le loro riflessioni sul nuovo tipo di libro, quasi sempre con scoperti intenti pubblicitari, nel segno di una continuità formale e di una discontinuità sostanziale con il libro manoscritto; ma ai colofoni rapidamente si affiancano le epistole prefatorie, che mettono a disposizione un più disteso spazio di riflessione, quasi sempre appannaggio degli umanisti. Questi ultimi...
“Benché io l’aia ià fatta per lettera”: gli inserti latini nella Cronica dell'Anonimo Romano
A partire da una rilettura del brano del prologo della Cronica in cui l’Anonimo parla dell’origin... more A partire da una rilettura del brano del prologo della Cronica in cui l’Anonimo parla dell’originaria redazione latina del testo, l'articolo avanza una proposta di integrazione per una lacuna e procede all’analisi delle formule, citazioni, espressioni solenni latine che punteggiano il testo volgare. Lo studio si concentra poi su quattro luoghi che aprono uno spiraglio, sia pur minimo, sul modo di lavorare dell’Anonimo e formula alcune ipotesi sul rapporto tra la versione volgare e l’originaria redazione latina alla luce del brano sulla battaglia di Poitiers, che costituisce il termine ante quem della composizione della Cronica. L'articolo formula infine un’ipotesi interpretativa dell’origine e delle funzioni dei brani latini inseriti nell’opera e un'ipotesi filologica sulla tradizione della Cronica nella fase che andò dall’originale all’archetipo
Settano in Arcadia
Quando nel 1721 Crescimbeni finalmente si decise a far pubblicare il primo volume delle poesie la... more Quando nel 1721 Crescimbeni finalmente si decise a far pubblicare il primo volume delle poesie latine degli Arcadi, non vi fece inserire neppure un verso di quello che era, con ogni evidenza, il maggior poeta latino circolante nel Bosco Parrasio, ovvero Ludovico Sergardi. La cosa non avrà stupito nessuno, a partire da Sergardi stesso. La sua fama di poeta latino era infatti pressoché interamente affidata alle Satyrae, gran parte delle quali in Phylodemum, testi che per il fatto di appartenere al genere satirico e per la loro specifica violenza verbale erano banditi per legge dalla comunità degli Arcadi, e quindi dalle loro pubblicazioni. Inoltre, sia nelle edizioni a stampa che nei manoscritti delle Satyrae allestiti vivente l’autore, il nome di Sergardi non comparve mai: tutti quei lunghi testi latini circolarono sempre sotto lo pseudonimo di Quinto Settano
Il ritorno alla natura nella prima epoca dell'Arcadia
L'Arcadia fu fondata in forma di repubblica democratica e popolare. In un contesto così innov... more L'Arcadia fu fondata in forma di repubblica democratica e popolare. In un contesto così innovativo, anche il rapporto dell'uomo con la natura fu sottoposto a una profonda revisione. Uno studio di alcuni testi pubblicati nella raccolta delle poesie latine degli Arcadi, apparsa a Roma nel 1721, ne offre ampie testimonianze
Poesia latina in Arcadia
Presupposti, genesi, funzioni e forme della poesia latina dell'Arcadia delle origini. Edizion... more Presupposti, genesi, funzioni e forme della poesia latina dell'Arcadia delle origini. Edizione di un testo recitato al Bosco Parrasio da Leone Strozzi nei primi anni '90 del Seicento
Settecento Latino V: L’Io Scettico e L’Io Satirico Del Giovane Casti