Biagio Zagarrio (original) (raw)
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Biagio Zagarrio
Biagio ZagarrioLiber Liber2022-02-10T10:51:38+01:00
Biagio Zagarrio nacque il 3 febbraio 1898 a Ravanusa, in provincia di Agrigento, ultimo di undici figli. Il padre si chiamava Giuseppe e la madre Luigia Galatioto. Frequentò il ginnasio a Catania, insieme al fratello Dante mentre iniziava e imperversava la prima guerra mondiale.
Già nel 1916 si impiegò come insegnante in una scuola serale a Ravanusa, la cui aula si svuota progressivamente via via che le vicende belliche chiamano gli allievi alle armi. Nell’estate del 1917 viene chiamato lui stesso alle armi e destinato in Tripolitania. Traccia di questa esperienza si trova in alcune sue poesie.
Finita la guerra si ristabilì a Catania presso il fratello maggiore Andrea che aveva lì famiglia e insieme nuovamente al fratello Dante. A Catania si laureò in giurisprudenza. Alla morte del padre, nel 1924 intraprese la carriera di avvocato sempre a Catania, mentre il fratello Dante si trasferì a Milano. La madre era già morta nel 1919. Nel 1929 vinse un concorso per ispettore delle imposte dirette e si trasferì a Carrara. Dal 1932 al 1942 diresse l’Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Chiavari. Nel 1942 diresse l’ufficio imposte di Viareggio e venne trasferito a Genova nel 1949.
Ma questo non gli impedì di coltivare interessi in campo artistico: nel corso di vent’anni scrisse due libri di racconti e tre di poesie, oltre a numerosi articoli, novelle e liriche pubblicati su vari giornali. Si era dedicato anche alla pittura. Il debutto letterario avvenne nel 1934 con la raccolta di poesie Gli uomini della piana; nel 1938 uscì la raccolta di novelle È già una signorina la bimba. Il secondo volume di poesie Il Turno è del 1939. Dopo dieci anni, nel 1949 ottenne il premio Versilia di poesia con il volume Sereno. Subito dopo la sua prematura morte uscì la raccolta di novelle Il nostro paradiso perduto. Nel 1947 fu tra i vincitori a Genova della seconda edizione del Premio Letterario de “L’Unità” attribuitogli da una giuria della quale facevano parte tra gli altri Massimo Bontempelli e Alfonso Gatto. Nei suoi scritti troviamo l’amore per la sua terra d’origine, la Sicilia, dove aveva trascorso l’infanzia e la prima giovinezza, e per quella di adozione, la Liguria, per la quale traspare dalle sue opere una profonda passione.
Morì a Genova il 4 maggio 1951 ed è sepolto al cimitero di Staglieno. Sulla sua tomba sono riportati i versi di una sua poesia:
Un uomo agli altri uguale…
molto vicino al cielo.
La sua città natale gli ha dedicato una via.
I suoi libri non vennero più ristampati e non sono molte le tracce nelle raccolte e antologie di letteratura. La nipote Ginetta, figlia del fratello Dante, ha curato la riedizione di tutta l’opera dello zio in un volume fuori commercio negli anni ’90 dello scorso secolo.
Il poeta e critico letterario Giuseppe Zagarrio è suo nipote.
Fonti:
- G. Scala: Biagio Zagarrio. Canicattì, 2014
- Introduzione a Biagio Zagarrio. Poesie e racconti. s.d.; s.l.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Altri racconti
In questi brevi bozzetti ritornano affetti e luoghi familiari come sfondo alle esperienze dirette di Zagarrio: la casa paterna, il paese natìo e i personaggi della sua infanzia, ma anche le Alpi Apuane e le sue cave di marmo, Camogli e le sue strette strade e le caratteristiche case. - È già una signorina la bimba
Poesia e umanità sono presenti anche in questa raccolta di novelle: Zagarrio riesce a portare alla lettrice e al lettore le voci e i comportamenti della sua gente, riducendo il solco quasi incolmabile tra arte letteraria e popolo. - Il nostro paradiso perduto
Senza i confini di racconti autobiografici, l'autore, con la sincerità e la spontaneità frutto di un’ispirazione autenticamente genuina, rende a lettrici e lettori immagini vivissime del passato, degli uomini, dei miti che sono stati lo sfondo della sua Sicilia. - Poesie e liriche
Questa raccolta di poesie rappresenta i temi cari a Zagarrio: il mondo del lavoro, dei sacrifici, della miseria, talvolta della fame. Temi certamente in controtendenza in un periodo, quello fascista, molto attento alle tematiche culturali e che prediligeva una retorica tesa piuttosto a celebrare i fasti dell’impero.