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Domenico Zavattero
Domenico ZavatteroUtente Stage2018-05-23T13:32:41+02:00
Domenico Zavattero nacque a Sanremo il 29 luglio 1875 da Giovanni e Antonia Bruno.
Compie gli studi elementari e inizia giovanissimo a lavorare, formandosi tuttavia una vasta cultura da autodidatta. Trasferitosi a Torino con la famiglia lavora come commesso presso un libraio e aderisce al socialismo. A 19 anni emigra e parte per la Turchia dove esercita il mestiere di terrazziere nell’ambito delle costruzioni ferroviarie.
Al suo ritorno in Italia, ad aprile 1897, la sua adesione alle posizioni libertarie e anarchiche, alle quali già si era avvicinato fin dal 1894, diventa più attiva e militante. Inizia fin dal mese successivo la lunga serie di arresti e la sua indefessa attività pubblicistica che lo porta a fondare decine di periodici, a stampare opuscoli in grande quantità, nonché ad affrontare trasferimenti frequentissimi di residenza. Nel maggio 1898 si trova a Losanna e viene arrestato ed espulso. Ma rimane a Neuchâtel e insieme ad altri esuli (Ciancabilla, Boffino, Vezzani, Donini) dà vita a «L’agitatore», periodico comunista anarchico. Fu espulso nuovamente per avere «L’Agitatore», con un articolo di Ciancabilla, espresso posizione favorevole all’attentato di Luccheni nei confronti della Principessa Sissi (Elisabetta d’Austria).
Costretto a continue e logoranti peregrinazioni tra 1898 e il 1900, tra Francia, Londra, Svizzera, quando rientra in Italia sembra allontanarsi dalle posizioni “antiorganizzatrici” e nell’articolo L’autonomia nella federazione, (in «L’Agitazione», 29 mar. 1900) scrive “mi sono persuaso essere indispensabile l’organizzazione delle forze anarchiche in partito”.
Nel 1903, dopo nuovi periodi di detenzione a Pesaro e Torino, si trasferisce a Genova dove fonda «L’Allarme» e la sua propaganda ottiene significativi successi soprattutto nell’ambito della lotta contro il caro affitti.
Nell’aprile del 1904 si sposta a Ravenna per dirigere «L’Aurora». Viene nuovamente arrestato e detenuto a Torino ma torna a Ravenna nel 1905. In questo periodo rivede le proprie posizioni “organizzative”, ritenendo che non è il partito l’embrione della società futura, ma intravede la possibilità di costruire ambienti “liberi” gradualmente e tramite le organizzazioni professionali.
Al Convegno sindacalista di Bologna, promosso da Ottavio Dinale, al fianco di Borghi, Fabbri, Gori, Felicioli, Sartini, propone il “suo” sindacalismo: “il sindacato deve essere il nucleo cosciente, libero da gerarchie, scevro di formalismi e di discipline, il quale […] nei momenti di agitazione […] chiami a sé tutto quell’elemento proletario che naviga nella corrente rivoluzionaria e lo diriga nella lotta, lo guidi nell’azione”.
Si trasferisce a Rimini con la sua compagna Aglae, sorella di A. Masetti. Avrà da lei un figlio, Vezio. Il dissidio con la parte “individualista” del movimento anarchico inizia ad approfondirsi e si acuirà ulteriormente dopo il suo trasferimento a Sampierdarena, dove, fondando «La pietra infernale» cerca di porre un freno a quella che lui chiama la “degenerazione dell’anarchismo”. Si crea quindi una larga serie di inimicizie, con Ettore Molinari e Nella Giacomelli («La Protesta umana»), con Paolo Schicchi ed Edmondo Mazzuccato.
Dopo un nuovo periodo detentivo si stabilisce a Carrara. Nel novembre 1910 si trasferisce a Bologna, dove diventa a più riprese redattore responsabile de «L’Agitatore» e acquista una tipografia che prende il nome de “La Scuola moderna”, come la rivista che pubblica in collaborazione con Luigi Fabbri. Questa iniziativa gli attira nuove accuse, questa volta da Massimo Rocca. Anche la vicenda di Augusto Masetti (il soldato anarchico che sparò a un colonnello per manifestare il proprio dissenso nei riguardi della guerra di Libia) finì per provocare forte dissidio con Maria Ryger, che dopo la detenzione alla quale fu sottoposta prese la direzione de «L’Agitatore». Dai rispettivi giornali (Zavattero era passato a «La barricata» e pubblicò come supplemento a tale giornale sette numeri di «Canaglie Rosse») la polemica finì per degenerare in pettegolezzo, tanto che Malatesta scrivendone a Fabbri definì la vicenda un “indecente puttanajo”. Malatesta continua a polemizzare pacatamente con Zavattero esortandolo tra l’altro a desistere dal «discutere persone, e provocare scandali e perseverare nella sua pretesa di “epurare” il movimento di tutti coloro che non piacciono a lui».
La vicenda si conclude con il trasferimento di Zavattero a Marsiglia all’inizio del 1914. Qui cerca di vivere dapprima con attività agricole e zootecniche e poi si impiega, sotto diverse forme, presso il Commissariato Generale per l’Emigrazione e nello studio di un architetto, finché torna al lavoro agricolo nel 1927.
Nel 1929 collabora a «Il Martello» di Carlo Tresca firmando articoli con lo pseudonimo di “L’Olmo” o “Lolmo” e tenendo la rubrica (anonima) Cronache d’Europa.
Allo scoppio del conflitto si rifugia presso una figlia naturale e nel gennaio del 1943 rientra in Italia, dove è arrestato e trattenuto nelle carceri di Oneglia. Viene poi tradotto a Carunchio al campo di concentramento fascista e viene liberato dopo l’8 settembre 1943.
Tornato a Ravenna, dopo la liberazione della città (4 dicembre 1944) entra come rappresentante del Movimento Comunista Libertario nel CLN. Nel luglio ’45 – sempre in rappresentanza del MCL – partecipa al Comitato sindacale interpartitico della CdL, primo embrione della segreteria camerale. Sorta nel settembre 1945 la Federazione Anarchica Romagnola, Zavattero ne è uno dei membri più attivi. Delegato provinciale dell’Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo esprime una volontà “epuratoria” che non aveva nulla da invidiare a quella dei tempi de «La Pietra infernale».
Nell’ottobre assume la direzione del periodico «La Lente», settimanale dell’Unione Studenti Italiani. Violentemente attaccato dai repubblicani, Z. viene anche espulso dalla Federazione anarchica romagnola (D. Zavattero, L’epuratore Zavattero epurato dal suo Partito, «La Lente», 21 novembre 1945) per la sua posizione favorevole alla partecipazione degli anarchici alla costituente.
L’ultimo suo tentativo di farsi sentire è costituito da «Il Rogo», un foglio battuto a macchina e semiclandestino.
Muore a Ravenna il 3 aprile 1947.
Fonti:
- Andreucci/Detti, Il movimento operaio italiano, Dizionario biografico 1853-1943, Editori Riuniti, 1978
- Biblioteca Franco Serantini, Collezioni Digitali
http://bfscollezionidigitali.org/index.php/Detail/Object/Show/object_id/2307 - Liberazione internati (provincia di Chieti)
http://www.campifascisti.it/scheda_documento.php?id_campo=1135&id_doc=3275
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- L'analisi dell'ideale
L'autore prende in esame il principio di solidarietà, che vede innato nella nostra specie, e si sforza di seguirne, molto sinteticamente e schematicamente, l'evoluzione fin dai tempi preistorici e attraverso ogni epoca caratterizzata da specifiche sopraffazioni (schiavitù, servaggio, lavoro salariato). - Gli anarchici nel movimento sociale in Italia
Al momento di dare alle stampe questo breve testo (è il 1905), Zavattero era “uscito” dalla sua fase anarchico-organizzativista per delineare invece un percorso verso la maggiore concretezza dei propri ideali anarchici che prevedesse la possibilità di costruire “ambienti liberi” anche tramite l'azione dei militanti anarchici nelle organizzazioni professionali e nelle “Leghe”. - La bancarotta di un atteggiamento
Questo opuscolo fu scritto poco prima che l’autore fosse in pratica costretto, travolto dalle polemiche, a trasferirsi a Marsiglia. La sua posizione dapprima “organizzativista” e poi “gradualista” lo aveva messo in dissidio, oltre che con l’ex sua collaboratrice in varie attività editoriali Maria Ryger, anche con Malatesta e Molinari. - De monarchia. Casa Savoia... giù!
Alla vigilia del voto referendario che avrebbe deciso la scelta repubblicana in Italia, Zavattero scrisse questo opuscolo, oggi introvabile e neppure censito dall’Opac. - Eroe davvero
Due soldati schierati su avversi fronti si incontrano, uno incidentalmente caduto e rimasto fuori dalla mischia, ma già istintivamente avverso alle dinamiche della guerra, e l’altro volontariamente allontanatosi dal combattimento. - Vent'anni sfioriti
Forse il testo di critica più organico che l'autore, agitatore pamphlettista e conferenziere anarchico, abbia pubblicato. Lo scritto del 1912 e pubblicato nel 1913, segue le polemiche, soprattutto con Maria Rygier, e vengono estese a tutto il movimento anarchico, indicando soprattutto nel progressivo distacco dalla realtà la causa della poca influenza che l'anarchismo ha nel movimento proletario.