Ettore Zapparoli (original) (raw)
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Ettore Zapparoli
Ettore ZapparoliLiber Liber2023-03-15T11:50:44+01:00
Ettore Zapparoli nacque a Mantova, in via Cavour il 21 novembre 1899; il padre Luigi era un medico e la madre si chiamava Anita Nuvolari. L’infanzia trascorse nell’ambiente cittadino di inizio novecento, socialmente e culturalmente stimolante, e le estati la famiglia si recava sulle colline di Custoza, nelle proprietà della famiglia Nuvolari sovrastate sullo sfondo dal monte Baldo; in questo ambiente maturò certamente il suo gusto per le escursioni, tra la campagna e i canali che convogliano l’acqua della fertile collina e della adiacente pianura.
Certamente il quadro socio-politico – tramonto del massimalismo socialista, guerre balcaniche e valutazione da parte di Giolitti dell’annessione di Libia e Cirenaica e subito dopo inizio della prima guerra mondiale – e culturale del periodo, tra l’estetismo dannunziano e le vibranti innovazioni di Marinetti, furono punti di riferimento importanti per il giovane Ettore che nel 1916 decise di partire volontario per il fronte, senza tuttavia mai combattere.
Trascorse l’estate del 1917 nuovamente sulle colline di Custoza e, tra il 27 giugno e il 9 settembre scrisse Saga, un poemetto in versi, nel quale tuttavia non si trova traccia delle sue esperienze precedenti se non trasfuse in una dimensione arcadica e mitologica. Saga è il nome della protagonista, vergine votata ad un culto imprecisato la quale sente il richiamo dell’amore per il giovane pastore Niso, appena intravisto, ma forse soprattutto per la natura che viene identificata nella montagna spersa tra nevi e nuvole. Una sua fuga notturna viene scoperta dal Gran Sacerdote che la condanna ad essere sepolta viva; Niso la salva e le consente di vivere nell’idillio pastorale. Ecco i versi di apertura del poemetto:
…e cantava al mattino un pastore mentre il cielo avéa deciso ogni suo colore: Chissà s’è nube o neve là quel bianco sul montuoso fianco?
Nel decennio tra il 1920 e il 1930 studiò per laurearsi in Economia e Commercio e conseguì la laurea alla Cà Foscari a Venezia. È in questo decennio che si avvicinò all’alpinismo solitario tramite la frequentazione delle Dolomiti. Nel 1926 si arrampicò in solitaria sulla Bettega alla Sud della Marmolada. Sul piano della scrittura di questi anni abbiamo un gruppo di Liriche che Dante Colli definisce “senza regola”, a causa delle anomalie sintattiche nelle quali però si intravede anche l’influenza della poesia crepuscolare, ma anche l’attenzione per le istanze del futurismo che troveremo, anche più marcatamente nel romanzo del 1936 Blu Nord.
Alla fine degli anni ’20 si trasferì con la famiglia a Milano, dove risiederà per il resto della sua vita. Il padre era diventato primario ad Arona e aveva aperto un ambulatorio di otorino ad Omegna. Trascorse l’estate del ’29 a Macugnaga nella baita della famiglia Marone a Pecetto. Certamente l’influenza della madre non fu estranea per la passione alpinistica di Ettore. Il padre sembra invece che non amasse la montagna. Questi mesi a Macugnaga determinarono con forza l’attrazione di Ettore Zapparoli per il Monte Rosa e per la sua parete Est. A Milano aveva stretto amicizia con due alpinisti, Gabriele Boccalatte – con la consorte Ninì Pietrasanta – e Guido Rey. Il primo morì nel 1938 durante la scalata all’Aguille de Triolet su Monte Bianco e con il Boccalatte Zapparoli condivise anche la passione per la musica. Con Guido Rey condivise invece l’attenzione per la scrittura. Il fascino del Rosa scrutato da Macugnaga e dalla Valle Anzasca è percepito – e mirabilmente descritto – dall’abate Stoppani in Il bel Paese.
La parete Est del Rosa ha una lunga storia di ascensioni e di vittime. Ferdinando Imseng che la vinse la prima volta il 22 luglio 1872 vi morì poi nel 1881 insieme a Damiano Marinelli. Una descrizione eccellente si trova in Nel divino sorriso del Monte Rosa di Julis Kugy. Zapparoli ripercorse in solitaria il 24 e 25 agosto 1929 la via seguita da questi illustri alpinisti e descrisse poi questa ascesa nell’articolo Direttissima della Parete Est del Monte Rosa. Tramite questi testi citati gli appassionati di alpinismo possono ricostruire i percorsi delle ascensioni e le varianti seguite.
Il primo settembre del 1930 compì invece un’ascensione sul Monte Bianco sulla punta Nord-Est della Fourche de la Brenva. Conobbe in questa occasione Giorgio Brunner con il quale compì subito dopo alcune scalate. Lo stesso Brunner ci offre una descrizione di Zapparoli nel suo libro Un uomo va su monti. Sempre nel 1930 Zapparoli conseguì anche il diploma in composizione al Conservatorio di Parma.
Negli anni caratterizzati da imprese di famosi alpinisti come Gervasutti, Cassin, i francesi Devies e Lagard, anche Zapparoli appare nelle cronache alpinistiche. Purtroppo anche in quelle degli infortuni, come racconta Pesci: si ruppe una gamba sul Gran Filiar e un braccio sulla Cresta di Santa Caterina. Appena ripresosi salì sulla Punta Gnifetti per la cresta Signal e subito dopo scalò il Canalone Marinelli, dove aveva perso la vita appunto Damiano Marinelli. Il 18 e 19 agosto 1934 aprì in solitaria una via diretta per la parete Nord-Est al Colle Gnifetti. Con un articolo sulla “Rivista mensile” del CAI descrisse questa impresa coronata da successo.
Nel 1936 scrisse il suo primo romanzo Blu Notte. Nella narrazione fortemente autobiografica riscontriamo una fusione tra alpinismo e musica che si uniscono per dar vita a un unico sentimento. Certamente troviamo il dolore per la morte dell’amico Guido Rey ma traspare in ogni pagina una amarezza struggente oltre che un profondo disagio per l’ambiente del tempo che non manca di sfumarsi in aperta critica sociale. Ledo Stefanini infatti afferma:
«Risulta incomprensibile come mai una pubblicazione così poco in linea con l’ideologia imperante sia passata tra le maglie della censura di regime del ’36. L’Italia che Zapparoli descrive è nettamente divisa in due: i poveri e i ricchi. I poveri non sono, tuttavia, gli umili ma sani e felici descritti dalla propaganda; somigliano piuttosto ai poveri rassegnati del neorealismo del primo dopoguerra, ricchi solo di dignità. I ricchi di Zapparoli, sono degli arricchiti, caratterizzati da conformismo e grossolanità del sentire.»
Per varie circostanze il protagonista, Alpico Neri, vive da povero nel mondo dei nuovi ricchi. Come anche per il successivo romanzo, Il silenzio ha le mani aperte, il successo editoriale è scarsissimo.
Nell’agosto del 1937 scalò la Cresta del Poeta dedicandola a Guido Rey.
Tornato a Milano iniziò a comporre il balletto Enrosadira e progettò l’Ideo-Video-Concerto. Ogni sua attività viene però vista e giudicata attraverso l’immagine di alpinista con la quale si era guadagnata la notorietà.
Il dieci giugno del 1940 l’Italia entrò in guerra e Zapparoli venne subito richiamato al fronte con il grado di capitano, inviato sui monti sopra Bardonecchia. Si incrinò una vertebra e rientrò a Milano dove riprese a dedicarsi alla composizione musicale. Ma la guerra non consentì la rappresentazione della sua opera Enrosadira che avrebbe dovuto tenersi alla Scala nella stagione 1942-43 se l’edificio non fosse stato bombardato. Nel bombardamento andarono distrutti gli spartiti e resta quindi il solo libretto dell’azione coreografica. Questo balletto era posto al termine di un ciclo di quattro balletti dei quali i primi tre furono rappresentati nel 1927, nel 1935 e nel 1937. Il titolo deriva da una parola ladina usata per descrivere il fenomeno luminoso che al crepuscolo infiamma il versante occidentale delle crode.
Dopo l’8 settembre 1943 Zapparoli aderì alla Resistenza sulle montagne ossolane, sempre rifiutando l’uso delle armi. Alla fine della guerra rientrò a Milano, sempre attivo con le collaborazioni giornalistiche. Fu in questo periodo che conobbe Massimo Mila e Dino Buzzati, il quale nonostante l’amicizia che sembra si sia instaurata gli rifiutò un articolo per il “Corriere della Sera”, allineandosi nei fatti sulla generica mancanza di apprezzamento e sui giudizi severi ai quali Zapparoli era sottoposto; l’amicizia con Buzzati non aiutò di certo Zapparoli nella realizzazione dei suoi progetti. Ospitato a Brolo di Nonio sul lago d’Orta si innamorò della contessina Francesca Tarsis. Pesci racconta anche della testimonianza materna di come Ettore fosse disperato per lo svolgimento negativo di questa relazione. La vita sentimentale di Zapparoli rimane comunque avvolta da una discrezione impenetrabile. A meno che non si voglia prendere alcuni episodi di Blu Nord come autenticamente autobiografici.
Riprese quindi le scalate e nel settembre 1948 scalò il canalone tra la Cresta di Santa Caterina e la Cresta del Poeta, itinerario che gli era stato suggerito da Rey. Nel 1949 uscì il suo secondo romanzo Il silenzio ha le mani aperte. Il protagonista Luca di estrazione alto-borghese è a contatto sia con persone di elevata sensibilità che con profittatori di regime. Ha qualche problema per un suo scritto ostile al regime e incautamente pubblicato. Nel romanzo l’alpinismo non ha molto spazio, ma vi è la descrizione di una solitaria sulla Est del Rosa che però si esaurisce con una rinuncia. Vi è poi l’entrata in guerra e, nella seconda parte, gli orrori della guerriglia partigiana e le sanguinose e crudeli rappresaglie. Il romanzo si inserisce quindi a pieno titolo in quella corrente letteraria che viene definita “della Resistenza” e non a caso i critici che ne parlarono lo accostarono all’opera di Calvino, Fenoglio, Pavese. Rimane anche in questo romanzo una grande amarezza che si riassume nelle frasi che compongono l’epilogo nell’ultima pagina:
«Nel cielo colorato della città non si è levato alcun aereo a riversare sulle brigate il suo frastuono augurale. Non vi è margine per esibizione alcuna dopo tanto sciupìo. Solo povertà e lavoro.»
Il romanzo fu presentato all’Università Popolare di Milano dal grande dicitore Riccardo Picozzi che poi scrisse in proposito:
«Il racconto mi aggrediva, impossibile prendere fiato. Non dico poi della rivoluzionaria collaborazione delle parole, l’arditismo, la bizzarria della forma. Eppure continuando la lettura mi accorsi che la sensazione di caos svaniva. Da quelle asperità si profilava una tecnica, uno stile, una lingua interamente domata, lirica, immaginosa, da musico estroso come è l’autore in una successione di combinazioni d’arte e di tecnica tali da riconoscergli nuove acquisizioni poetiche».
Se nello stile di Blu Nord era stato ravvisato un certo richiamo a Gadda, qui Zapparoli dà veramente vita a un linguaggio innovativo e sorprendentemente dirompente, fin dal titolo che di nuovo Picozzi definisce «strano ed ermetico»
Nel 1950 in autunno interpreta al Grand Hotel Milan l’Ideo-Foto-Concerto che assume l’aspetto di una contaminazione tra diversi generi – la recitazione delle sue avventure alpine è accompagnata da musica e proiezioni – che appare incredibilmente innovativa. Molto bello l’articolo di Eugenio Fasana:
«Siamo certo sull’orlo della dodecafonia; ma l’emozione è autentica, il che quasi ci riconcilia con certo discusso avanguardismo musicale. Dove Zapparoli vuol parlare, commuove; dolcissimi accenti, teneri accordi fioriscono, come nel richiamo alle parole di Guido Rey che vengono a sollevare la gioventù dalle angosce esistenziali: accordi che poi diventano colonne di cristallo, incrostate di dissonanze come “incrostata di luce è la montagna di ghiaccio, chiara medusa, ecc…”, la cui apparizione sullo schermo sembra davvero resa secondo le espressioni del dicitore, ansiose di fulgori e di spazi.»
Nell’agosto del 1951 fece ritorno a Macugnaga. Si dedicò anche a impartire lezioni private di pianoforte. Il 18 agosto affrontò ancora una volta la parete Est del Monte Rosa, pare con una certa improvvisazione. Scomparve e non fece ritorno. Solo nel 2007 il ghiacciaio restituì i suoi resti.
Chi volesse ascoltare l’interessante punto di vista di Enrico Camanni, che dialoga anche con uno dei biografi più importanti di Zapparoli, Eugenio Pesci, può accedere a questo link: https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/il-mistero-di-ettore-zapparoli/
che riporta soprattutto suggestive testimonianze sulle ore che precedettero la scomparsa dell’alpinista solitario e sul ritrovamento, dopo 56 anni, dei suoi resti.
Fonti:
- A. Giorgetta, D. Colli [a cura di]: Alpinismo solitario: vita imprese inediti di Ettore Zapparoli. Milano, 2011
- E. Pesci: Solitudine sulla Est: Ettore Zapparoli e il Monte Rosa romantico. Torino, 1997.
Note biografiche a cura di Paolo Alberti
Elenco opere (click sul titolo per il download gratuito)
- Il silenzio ha le mani aperte
Romanzo
Un libro sulla Resistenza ma soprattutto una presa di coscienza della situazione politica e della necessità di schierarsi, di fare una scelta. L'opera non ebbe lo stesso successo di altre sullo stesso tema, ma che oggi si può riscoprire con interesse.