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Giacomo Zanella

Giacomo ZanellaLiber Liber2017-11-23T14🔞43+01:00

Giacomo ZanellaGiacomo Zanella (Chiampo, 9 settembre 1820 – Cavazzale di Monticello Conte Otto, 17 maggio 1888) è stato un presbitero, poeta e traduttore italiano.

Il poeta nacque a Chiampo il 9 settembre 1820, da famiglia di modeste condizioni. Il padre, Adriano, possedeva un negozio di generi vari; la madre, Laura Beretta, era imparentata con alcune notabili famiglie del luogo. Nel villaggio natio il poeta trascorse i primi otto anni della sua vita.

A Vicenza frequentò le prime due classi del Ginnasio comunale e fu poi iscritto, come convittore, alle scuole del Seminario vescovile della stessa città. Quel soggiorno nel Seminario vicentino, secondo il Fogazzaro, spiega come Giacomo Zanella “acquistasse tardi quella libertà intellettuale in cui trovò la sua vita” e parlerà di quel “piccolo mondo vicentino, fra il 1830 e il 1840”, come di un mondo “cinto da un altro (…) quasi sconosciuto”.

Era infatti quello un ambiente ancorato alla tradizione umanistica, dove non era lecito esprimere attitudini proprie, né accogliere esperienze letterarie più recenti. Zanella fu però sempre legato da riconoscenza e affetto ai suoi maestri che, pur essendo ancora legati alla scuola classica, si dimostrarono aperti alle idee più moderne. Dalla Valle leggeva ai suoi scolari gli inni di Terenzio Mamiani e, come ricorda Lampertico, fu egli stesso ad avvicinarlo alle poesie di Leopardi.

Fu la lettura di Leopardi certo importante per la sua formazione culturale; egli amò in modo particolare questo poeta, del quale accolse, nelle sue poesie, i temi e le cadenze. Gli autori italiani più coltivati nel Seminario vicentino e che Zanella cominciò a conoscere e amare furono Alfieri, Monti, Foscolo e Giuseppe Parini

Fattosi chierico nel 1837, entrò negli ordini maggiori il 1841 e il 16 agosto del 1843 fu ordinato sacerdote, per essere subito dopo nominato professore nel seminario, ove stette fino al 1853. Nel 1847 si era laureato in filosofia presso l’Università di Padova e nel 1850, essendo stato chiuso dall’Austria per ragioni politiche il Liceo di Vicenza, fu abilitato ad insegnare senza dover sostenere le prove comunali.

Intanto con gli avvenimenti di Pio IX era entrato più che mai nel Seminario il soffio dei nuovi tempi. Nel 1843 era uscito il libro di Vincenzo Gioberti sul primato morale e civile degli italiani, accolto subito con immenso entusiasmo. Il 1848 fu giobertiano.

Le riforme di Leopoldo II, l’insurrezione in Sicilia, lo statuto a Torino, a Firenze e finalmente a Roma; tutta l’Italia, in pochi mesi, si trovò ad essere costituzionale, ad eccezione dei territori austriaci e dei ducati veneti, anch’essi in potere austriaco.

Questo precipitare degli eventi parve conferma del disegno di Gioberti: la condotta antipatriottica di Pio IX attuava di quel disegno una metà; l’altra metà era negata dalla fermezza antiliberale dell’Austria. Ma il 25 aprile, anche l’Imperatore d’Austria promulgava una costituzione e in seguito, da Venezia a Milano fu tutto un incendio di valore popolare. La guerra degli stati italiani contro l’Austria, erompeva quasi spontanea e più che guerra era un soccorso portato dagli eserciti ai popoli della Lombardia e della Venezia, “intrepidi difensori dei propri diritti”.

Zanella seguì i fatti del 1848 con ansia e con profonda, convinta fede patriottica. Il 10 giugno, Vicenza cadde e la polizia, messa in sospetto da qualche voce, diffidando dei sentimenti patriottici di Zanella, il 4 marzo del 1850, fece una perquisizione in casa del professore. La polizia trovò dei manoscritti e una copia dell’opera Le mie prigioni di Pellico, che sequestrò.

Da Padova, ben sedici anni dopo, scrivendo a Lampertico, felicitandosi per la sua elezione a Deputato al Parlamento Nazionale, ricordava di aver scritto per lui, nel 1849, delle quartine dove nominava Roma e il Campidoglio. Ciò nonostante, i sospetti continuarono, e Zanella fu costretto a rinunciare alla cattedra. Lasciare l’insegnamento causò al poeta un grande dolore e per distrarsi egli si diede, con maggior intensità e ardore, agli studi dell’antichità classica, specialmente allo studio del greco.

Dopo l’unificazione del Veneto all’Italia, quale poeta e patriota stimato, venne incaricato dal prof. Ferdinando Coletti nel 1879 di scrivere una dedica per un album da donare a Teresa Cibele Legnazzi, per attestare a questa patriota il riconoscimento per l’attività clandestina svolta nei Comitati segreti. L’album è preziosa testimonianza del periodo risorgimentale in quanto contiene le fotografie e le lettere di adesione di duecentoventun patrioti, il fior fiore dell’intelligenza e del patriottismo veneto.

Zanella fu buon traduttore dal greco e dal latino, molto prima di iniziare le traduzioni degli scrittori stranieri. Appartengono al periodo antecedente al 1850 alcune traduzioni di versioni bibliche; dal 1850 in poi egli traduce con passione dai classici latini e greci, specialmente da Tibullo, Ovidio, Catullo e Anacreonte.

Oltre allo studio approfondito delle lingue classiche sappiamo che Zanella, in questi anni, si dedicò allo studio della lingua tedesca e approfondì quello della lingua inglese, già iniziato in Seminario. Questo studio non fu senza effetti sulla sua poesia dove si possono cogliere più di un’eco o di una reminiscenza di quei poeti tanto amorevolmente letti e più tardi tradotti.

Nel 1850 si ammalò gravemente la madre e Zanella, rimasto profondamente addolorato e turbato, cadde in quella malinconia che, molti anni più tardi, in forma tanto più grave, lo allontanerà da tutti. Nel 1857 fu nominato supplente per la Filosofia e per la Letteratura Italiana, a Venezia, e il 29 luglio professore effettivo nel Ginnasio-Liceo di Santa Caterina.

Il 14 settembre 1858, venne destinato definitivamente presso il Ginnasio-Liceo di Vicenza, dove rimase per sei anni.

Il 30 gennaio 1862 fu nominato direttore provvisorio e il 22 dicembre 1863 direttore effettivo del Ginnasio liceale di Padova e in questa città il poeta, che era tanto legato nell’affetto alla sua Vicenza, si trasferì non senza dispiacere.

Nel 1864 gli era stato chiesto di pubblicare i suoi versi, ma il poeta è restio e solamente nel 1867 si lascerà finalmente convincere e, dopo intenso lavoro di riordino, anche aiutato e sorretto dagli amici, finalmente il volume è pronto. Il libro venne stampato presso l’editore Barbèra nel 1868 con il titolo di Versi e ottenne presto un grande successo soprattutto nell’ambiente veneto, dove Zanella aveva molti amici fedeli e affezionati.

La poesia di Zanella cominciava ad affermarsi quando più debole si faceva sentire quella di Prati e di Aleardi con le sue forme stucchevoli e lacrimevoli, e si può collocare tra il periodo che intercorre tra la poesia di Leopardi e quella di Carducci.

Pertanto la voce poetica di Zanella s’impone in quel periodo della seconda generazione romantica che darà poi inizio al moto di reazione, con la Scapigliatura da una parte e la poesia realistica dall’altra, per giungere sino al neoclassicismo di Carducci, mentre all’influsso del parnassianesimo francese si mescolava quello del sorgente scientismo e del positivismo.

Zanella, inserito in questo complesso di esperienze, riesce, forse più di altri poeti e scrittori dell’epoca, a distinguersi per certe caratteristiche proprie, tanto da apparire quasi una figura isolata.

Nel 1870 scrive l’ode Gli Ossari di S. Martino e Solferino che fu oggetto d’interpretazioni inesatte e tendenziose. In questa ode vi sono due versi particolarmente fieri contro i repubblicani, allora capeggiati da Felice Cavallotti.

Nel 1871 fu eletto Rettore dell’Università di Padova per l’anno accademico 1871-1872, anno in cui si ammala gravemente la madre, alla quale il poeta era legato da profondo affetto. In quello stesso anno, 1872, la madre muore lasciando Zanella in un grande stato di malinconia, dal quale non seppe reagire né il corpo né lo spirito per molti anni.

Nel 1875 Zanella chiese e ottenne dal ministro Bonghi di essere collocato a riposo. Gli fu conferito il titolo di professore emerito della facoltà di Lettere e filosofia nell’Università di Padova. Più tardi l’Università di Napoli gli propose la cattedra di Letteratura Italiana nella Facoltà di Lettere, ma egli declinò l’offerta.

Nel 1876 il poeta sembra riprendersi ma sente, dopo quegli anni di “fiera malinconia”, il desiderio della solitudine e della pace campestre per poter dimenticare, a contatto con la natura tanto amata, i travagli del “secol faccendiere”.

Nel 1878, si fece costruire una villetta a Cavazzale, sulle rive del fiume Astichello, e lì trascorse i suoi ultimi anni, recandosi ogni tanto in città a trovare gli amici.

In questi anni Zanella seppe dare il meglio del suo spirito e della sua arte, perché seppe trascrivere con semplicità le sensazioni che le cose minute della natura gli risvegliavano e i sonetti, raccolti sotto il nome di l’Astichello, sono senza dubbio tra le sue cose migliori.

Nel dicembre del 1887 si reca a Firenze, per leggere all’Accademia della Crusca la commemorazione di Giuseppe Barbieri.

Sarà questa una delle ultime volte in cui si recherà in città.

Il 14 febbraio 1888, il poeta fu colto da grave malore in casa del suo amico Fedele Lampertico. Si riebbe e ritornò nella sua villetta in campagna, ma lì non ebbe grande miglioramento e la malinconia si faceva ogni giorno maggiore. Chiuso nella sua villetta presso l’Astichello, Zanella accoglieva gli amici, ma dinanzi a loro rimaneva muto e lontano. La fine non tardò a venire. La notte del 17 maggio di quell’anno 1888 egli spirava.

Fonti

Note biografiche a cura di Pier Filippo Flores

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