Elisabetta Todisco | Università degli Studi di Bari (original) (raw)
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Books by Elisabetta Todisco
In this book we examine the form and the structure of rural vici in the organization of the roman... more In this book we examine the form and the structure of rural vici in the organization of the roman countryside; literary, epigraphic, juridical sources are useful to reconstruct what vici looked like; what were their administrative and juridical organization; the relationship with the other rural forms; the life within them; the mechanism of village community’s identity. A picture which reveals that municipia and coloniae were not the only forms that Rome used to organized territory.
Papers by Elisabetta Todisco
Abstract: On first becoming consul in 70 bc, Pompey asked his friend Varro to provide him with a ... more Abstract: On first becoming consul in 70 bc, Pompey asked his friend Varro to provide him with a manual on how to conduct a session of the senate. The manual was later lost. Varro returned to the subject decades later in one or more letters to Oppianus. Aulus Gellius reports on both stages of Varro’s composition, political assistance and literary composition, summarizing the contents of the letter to Oppianus. Here I will attempt to reconstruct the work, putting it in its context and discussing its implications.
Gellius in his Noctes Atticae 14.7.1-8 reports a summary of a varronian writing on the Senate. Po... more Gellius in his Noctes Atticae 14.7.1-8 reports a summary of a varronian writing on the Senate. Pompeius, consul for the first time (70 B.C.), asked Varro to write him a small book of instructions on how to convene and consult the Senate. This commentarius εἰσαγωγικός, as Varro himself called it, was lost. Varro revisited the subject in one epistula to Oppianus. It is this rewriting that Gellius can read. In this article we discuss the date in which Varro wrote this second version of the book on the Senate and the consequences of this newly proposed date; we reflect also on the role of Varro’s “antiquarian” knowledge on the roman political and institutional life.
This paper focus on a passage from M. Terentius Varro’ s de vita populi Romani, specifically the ... more This paper focus on a passage from M. Terentius Varro’ s de vita populi Romani, specifically the one dedicated to the etimology of curia from cura. Varro proposes the same etimology in his de lingua Latina, but the explanation of the link curia/cura in the fragment of the de vita populi Romani is different from that of the de lingua Latina. In these pages the meaning of this definition and the reason of the choice of Varro in the de vita populi Romani are discussed also from a political perspective.
Prompted by the recent appearance of a book on the subject, this article discusses the birth and ... more Prompted by the recent appearance of a book on the subject, this article discusses the birth and the development of the imperial govermental and administrative culture in the republican period. Starting with the Romans' self awareness as an imperial republic in the second half of the second century B.C, we explore, through the first century B.C., the evidence of, and the elements (cultural, political, administrative) contributing to, the constructions of the imperial know how.
L'ultimo secolo dell'età repubblicana vede in campo vari modelli di reclutamento: l'esercito rego... more L'ultimo secolo dell'età repubblicana vede in campo vari modelli di reclutamento: l'esercito regolare (gli arma publka nella definizione di Tacito, Ann. 1.2.2), in cui militavano cives Romani, arruolati o tramite coscrizione obbligatoria o volontari secondo la procedura introdotta da Gaio Mario; gli eserciti personali dei dinasti (usando la denominazione adoperata da Appiano e Plutarco per i leader tardorepubblicani), da questi a proprie spese arruolati, facendo leva anche su rapporti clientelari consolidati e ricorrendo, non di rado, al reclutamento di schiavi1: nel 37 a.C. Ottaviano stesso li inserì nella sua flotta contro Sesto Pompeo (Svet., Aug. 16.1)2. Tuttavia, la presenza di schiavi e di liberti nell'esercito di Roma (in tutte le sue articolazioni) non è una novità degli eserciti personali di fine Repubblica, ma costituisce, sebbene eccezionalmente3, una fonte di reclutamento già nella Roma mediorepubblicana, indotta da condizioni di assoluta emergenza, aggravate dalla penuria di soldati4. La prima notizia della coscrizione di liberti (insieme ai seniores) è del 296 a.C: siamo nel pieno della terza guerra sannitica, quando viene indetta, insieme al iustitium, una vera e propria leva di massa (Liv. 10.21.4)5, un'ulteriore modalità di reclutamento, dunque, quest'ultima, certamente connessa, almeno talvolta, alla proclamazione del tutnultus6. E durante la II guerra punica, però, che lo stato 1 Per gli schiavi negli eserciti privati, J. Vendrand-Voyer (1983: p. 72 nt. 145); N. Lenski (2009: p. 149), il quale ritiene che denunciare la presenza di schiavi nell'esercito avversario servisse a sminuirlo, considerato il valore denigratorio della militanza schiavile. 2 Anche in questa occasione, come vedremo farà anche in seguito, egli provvide a manometterli (Svet., Aug. 16.1), vd. S. Panciera (2006a: p. 1284 e nt. 15). 3 La tradizione letteraria riferisce casi di reclutamento di schiavi e liberti come eccezionali, confermando la prassi romana della milizia come pratica riservata ai cittadini, vd. G. Crifò (1964: p. 388 nt. 5); J. Vendrand-Voyer (1983: p. 70), ritiene che la prerogativa alla milizia dei cittadini sarebbe da connettersi con la sacralità legata alla milizia. G. Forni (1953: p. 115-117), pone in evidenza la contraddizione esistente riguardo alla presenza di liberti nelle legioni: a fronte della considerazione che essa fosse ammessa nei soli corpi speciali, egli propone tre testimonianze epigrafiche di libertini legionari ai quali era stata concessa la restituito natalium; giunge pertanto a ritenere che a titolo individuale i liberti, proprio come i peregrini, recuperati all'ingenuità tramite una fiato, fossero ammessi nelle legioni. 4 Per i reclutamenti di liberti, G. Fabre (1981: p. 52 nt. 95); di schiavi, G. Fabre (1981: p. 51-52).
La lettura e l'esegesi delle fonti letterarie, epigrafi che e normative di età romana relative al... more La lettura e l'esegesi delle fonti letterarie, epigrafi che e normative di età romana relative al vicus hanno permesso di disegnare un profi lo dei vici che si discosta in qualche misura dall'immagine topica del villaggio di campagna sospeso in un'atmosfera lenta e bucolica, suggerendone piuttosto l'idea di agglomerato dinamico e in dialogo con le altre realtà costitutive del paesaggio rurale, per le quali costituisce, non di rado, un punto di riferimento per il disbrigo di funzioni legate alla vita quotidiana. Si tratta, com'è ovvio, di conclusioni e giudizi che non riguardano ogni villaggio rurale: è evidente che non tutti i vici rurali, già distinti nella glossa festina (Festo, s.v. vicus, 502L; 508L) in ragione di un diverso statuto giuridico-istituzionale in vici con res publica e ius dicitur e vici privi dell'una e dell'altro, conobbero il medesimo sviluppo, ebbero la medesima vocazione, furono caratterizzati dalla medesima vivacità 2 .
In questo lavoro ci si propone una riconsiderazione sull'atteggiamento della società romana nei c... more In questo lavoro ci si propone una riconsiderazione sull'atteggiamento della società romana nei confronti dell'immigrazione che coinvolgeva individui all'interno dell'impero e sui processi di integrazione. Si cercherà quindi di tracciare alcune linee di confronto con i rapporti relativi a queste tematiche nella realtà moderna, attraverso alcuni indirizzi culturali di continuità o di rottura rispetto all'eredità del passato. Qui in particolare, considerata la coesistenza per il cittadino nel mondo romano dell'appartenenza a due patrie, Roma e la propria città di origine, si concentrerà l'attenzione sulle dinamiche di integrazione nella piccola patria, cioè all'interno delle comunità locali che rappresentano dal punto di vista istituzionale come anche sociale e comunitario il concreto spazio di integrazione dell'individuo.
In this book we examine the form and the structure of rural vici in the organization of the roman... more In this book we examine the form and the structure of rural vici in the organization of the roman countryside; literary, epigraphic, juridical sources are useful to reconstruct what vici looked like; what were their administrative and juridical organization; the relationship with the other rural forms; the life within them; the mechanism of village community’s identity. A picture which reveals that municipia and coloniae were not the only forms that Rome used to organized territory.
Abstract: On first becoming consul in 70 bc, Pompey asked his friend Varro to provide him with a ... more Abstract: On first becoming consul in 70 bc, Pompey asked his friend Varro to provide him with a manual on how to conduct a session of the senate. The manual was later lost. Varro returned to the subject decades later in one or more letters to Oppianus. Aulus Gellius reports on both stages of Varro’s composition, political assistance and literary composition, summarizing the contents of the letter to Oppianus. Here I will attempt to reconstruct the work, putting it in its context and discussing its implications.
Gellius in his Noctes Atticae 14.7.1-8 reports a summary of a varronian writing on the Senate. Po... more Gellius in his Noctes Atticae 14.7.1-8 reports a summary of a varronian writing on the Senate. Pompeius, consul for the first time (70 B.C.), asked Varro to write him a small book of instructions on how to convene and consult the Senate. This commentarius εἰσαγωγικός, as Varro himself called it, was lost. Varro revisited the subject in one epistula to Oppianus. It is this rewriting that Gellius can read. In this article we discuss the date in which Varro wrote this second version of the book on the Senate and the consequences of this newly proposed date; we reflect also on the role of Varro’s “antiquarian” knowledge on the roman political and institutional life.
This paper focus on a passage from M. Terentius Varro’ s de vita populi Romani, specifically the ... more This paper focus on a passage from M. Terentius Varro’ s de vita populi Romani, specifically the one dedicated to the etimology of curia from cura. Varro proposes the same etimology in his de lingua Latina, but the explanation of the link curia/cura in the fragment of the de vita populi Romani is different from that of the de lingua Latina. In these pages the meaning of this definition and the reason of the choice of Varro in the de vita populi Romani are discussed also from a political perspective.
Prompted by the recent appearance of a book on the subject, this article discusses the birth and ... more Prompted by the recent appearance of a book on the subject, this article discusses the birth and the development of the imperial govermental and administrative culture in the republican period. Starting with the Romans' self awareness as an imperial republic in the second half of the second century B.C, we explore, through the first century B.C., the evidence of, and the elements (cultural, political, administrative) contributing to, the constructions of the imperial know how.
L'ultimo secolo dell'età repubblicana vede in campo vari modelli di reclutamento: l'esercito rego... more L'ultimo secolo dell'età repubblicana vede in campo vari modelli di reclutamento: l'esercito regolare (gli arma publka nella definizione di Tacito, Ann. 1.2.2), in cui militavano cives Romani, arruolati o tramite coscrizione obbligatoria o volontari secondo la procedura introdotta da Gaio Mario; gli eserciti personali dei dinasti (usando la denominazione adoperata da Appiano e Plutarco per i leader tardorepubblicani), da questi a proprie spese arruolati, facendo leva anche su rapporti clientelari consolidati e ricorrendo, non di rado, al reclutamento di schiavi1: nel 37 a.C. Ottaviano stesso li inserì nella sua flotta contro Sesto Pompeo (Svet., Aug. 16.1)2. Tuttavia, la presenza di schiavi e di liberti nell'esercito di Roma (in tutte le sue articolazioni) non è una novità degli eserciti personali di fine Repubblica, ma costituisce, sebbene eccezionalmente3, una fonte di reclutamento già nella Roma mediorepubblicana, indotta da condizioni di assoluta emergenza, aggravate dalla penuria di soldati4. La prima notizia della coscrizione di liberti (insieme ai seniores) è del 296 a.C: siamo nel pieno della terza guerra sannitica, quando viene indetta, insieme al iustitium, una vera e propria leva di massa (Liv. 10.21.4)5, un'ulteriore modalità di reclutamento, dunque, quest'ultima, certamente connessa, almeno talvolta, alla proclamazione del tutnultus6. E durante la II guerra punica, però, che lo stato 1 Per gli schiavi negli eserciti privati, J. Vendrand-Voyer (1983: p. 72 nt. 145); N. Lenski (2009: p. 149), il quale ritiene che denunciare la presenza di schiavi nell'esercito avversario servisse a sminuirlo, considerato il valore denigratorio della militanza schiavile. 2 Anche in questa occasione, come vedremo farà anche in seguito, egli provvide a manometterli (Svet., Aug. 16.1), vd. S. Panciera (2006a: p. 1284 e nt. 15). 3 La tradizione letteraria riferisce casi di reclutamento di schiavi e liberti come eccezionali, confermando la prassi romana della milizia come pratica riservata ai cittadini, vd. G. Crifò (1964: p. 388 nt. 5); J. Vendrand-Voyer (1983: p. 70), ritiene che la prerogativa alla milizia dei cittadini sarebbe da connettersi con la sacralità legata alla milizia. G. Forni (1953: p. 115-117), pone in evidenza la contraddizione esistente riguardo alla presenza di liberti nelle legioni: a fronte della considerazione che essa fosse ammessa nei soli corpi speciali, egli propone tre testimonianze epigrafiche di libertini legionari ai quali era stata concessa la restituito natalium; giunge pertanto a ritenere che a titolo individuale i liberti, proprio come i peregrini, recuperati all'ingenuità tramite una fiato, fossero ammessi nelle legioni. 4 Per i reclutamenti di liberti, G. Fabre (1981: p. 52 nt. 95); di schiavi, G. Fabre (1981: p. 51-52).
La lettura e l'esegesi delle fonti letterarie, epigrafi che e normative di età romana relative al... more La lettura e l'esegesi delle fonti letterarie, epigrafi che e normative di età romana relative al vicus hanno permesso di disegnare un profi lo dei vici che si discosta in qualche misura dall'immagine topica del villaggio di campagna sospeso in un'atmosfera lenta e bucolica, suggerendone piuttosto l'idea di agglomerato dinamico e in dialogo con le altre realtà costitutive del paesaggio rurale, per le quali costituisce, non di rado, un punto di riferimento per il disbrigo di funzioni legate alla vita quotidiana. Si tratta, com'è ovvio, di conclusioni e giudizi che non riguardano ogni villaggio rurale: è evidente che non tutti i vici rurali, già distinti nella glossa festina (Festo, s.v. vicus, 502L; 508L) in ragione di un diverso statuto giuridico-istituzionale in vici con res publica e ius dicitur e vici privi dell'una e dell'altro, conobbero il medesimo sviluppo, ebbero la medesima vocazione, furono caratterizzati dalla medesima vivacità 2 .
In questo lavoro ci si propone una riconsiderazione sull'atteggiamento della società romana nei c... more In questo lavoro ci si propone una riconsiderazione sull'atteggiamento della società romana nei confronti dell'immigrazione che coinvolgeva individui all'interno dell'impero e sui processi di integrazione. Si cercherà quindi di tracciare alcune linee di confronto con i rapporti relativi a queste tematiche nella realtà moderna, attraverso alcuni indirizzi culturali di continuità o di rottura rispetto all'eredità del passato. Qui in particolare, considerata la coesistenza per il cittadino nel mondo romano dell'appartenenza a due patrie, Roma e la propria città di origine, si concentrerà l'attenzione sulle dinamiche di integrazione nella piccola patria, cioè all'interno delle comunità locali che rappresentano dal punto di vista istituzionale come anche sociale e comunitario il concreto spazio di integrazione dell'individuo.
Il riferimento all'attività giusdicente in una tipologia di vicus nell'apposita glossa del lessic... more Il riferimento all'attività giusdicente in una tipologia di vicus nell'apposita glossa del lessico di Festo induce ad una riconsiderazione dell'assetto giurisdizionale delle aree rurali in Italia da parte di Roma e di alcune sue dinamiche. Rifacciamoci preliminarmente al quadro generale.