CHIARA LASAGNI | Università di Bologna (original) (raw)
Papers by CHIARA LASAGNI
INTRODUZIONE -Il pregiudizio non consiste in un giudizio avventato o sbagliato, né in un giudizio... more INTRODUZIONE -Il pregiudizio non consiste in un giudizio avventato o sbagliato, né in un giudizio irrazionale perché inquinato dalla incapacità di percepire correttamente un oggetto, esprime una presa di posizione squalificante originata da processi socio cognitivi di gruppo e rivolti ai membri di un gruppo sociale per la loro sola appartenenza a quest'ultimo. Il principio generatore delle prese di posizione pregiudiziali = un nucleo di credenze sfavorevoli + l'espressione di sentimenti negativi + l a messa in atto di comportamenti ostili-discriminatori nei confronti del gruppo preso di mira e di ogni singolo individuo che ne fa parte. Il pregiudizio deve dunque essere studiato come fenomeno di gruppo, perché: -rappresenta un orientamento nei confronti di categorie di persone ancor più che di individui isolati, e se riguarda un individuo è perché questi è componente di un gruppo o categoria sociale; -è un orientamento socialmente condiviso; -è funzione del rapporto che esiste fra il gruppo che lo esprime attraverso i propri membri e l'outgroup cui appartiene la vittima che ne è colpita. Non è possibile verificare sul piano fattuale la veridicità o falsità delle affermazioni dettate dai pregiudizi (es. i "negri" sono sporchi ecc.) perchè queste sono fondate su giudizi di valore e non su giudizi contestuali di merito. Ma quali aspetti della teoria intergruppi possono dar conto della formazione e del mantenimento dei pregiudizi? Effetti della categorizzazione sociale sulle relazioni fra gruppi: la classificazione di soggetti in categorie diverse facilita il nascere di un sentimento di interdipendenza fra i membri di una stessa categoria che in questo modo si trasforma in gruppo: ciò porta a privilegiare i membri dell'ingroup rispetto a quelli dell'outgroup (Rabbie e Horwitz) Esperimento di Tajfel realizzato utilizzando il paradigma dei gruppi minimi sembrò andare al di là dei risultati di Rabbie dimostrando che il fatto di sapere di appartenere ad uno dei due gruppi, privi di obiettivi, portava i soggetti a privilegiare i membri del proprio gruppo a discapito dei membri dell'"altro" gruppo. Le origini del pregiudizio, dunque, si possono trovare in uno dei processi cognitivi maggiormente impiegati nella vita quotidiana. Tajfel e Turner introdussero nella teoria intergruppi una componente motivazionale attraverso la nozione di identità sociale (cioè "quella parte dell'immagine di sé che un individuo si fa di se stesso, che deriva dalla consapevolezza di appartenere ad un gruppo sociale, unita la valore e la significato emozionale associati a tale appartenenza). Poiché gli attori sociali sono motivati a considerare se stessi in termini positivi, piuttosto che negativi, e poiché l'immagine che hanno di se stessi deriva dal gruppo cui appartengono, essi tendono ad attribuire al proprio gruppo una specificità positiva che li differenzia dagli altri gruppi. L'acquisizione e il mantenimento di una identità sociale gratificante richiede l'impegno a trovare nel proprio gruppo, rispetto agli outgroup, caratteristiche differenziali positive. Nel 1976 Doise sosteneva che non è detto che all'effetto di omogeneizzazione dei componenti dell'outgroup corrisponda, come esito di una categorizzazione, una simmetrica omogeneizzazione dell'ingroup. Al momento attuale sembra chiarito che sulla percezione di omogeneità dei gruppi a confronto incida in modo determinante il tipo di rapporto esistente fra i gruppi stessi: chi è dominante percepisce indifferenziato l'outgroup e fortemente differenziato al proprio interno l'ingroup ("loro sono tutti uguali, noi siamo tutti differenti), i dominati sentono fortemente l'esigenza di compattezza del proprio gruppo sino a percepirlo più omogeneo dell'outgroup dominante. Gli stereotipi riguardanti i gruppi umani sono sempre associati ad un pregiudizio vero e proprio o, per lo meno, favoriscono l'elaborazione di atteggiamenti pregiudiziali verso i gruppi o le persone definiti in modo stereotipato. Per quanto riguarda i pregiudizi nell'infanzia, Brown, prende le distanze dalle teorie di tipo psicodinamico, secondo cui i pregiudizi sarebbero il risultato di disturbi di personalità, dovuti a conflitti interni non risolti. L'autore sostiene che il pregiudizio si sviluppa tramite un processo dinamico in cui i bambini e le bambine, proprio come il loro genitori, cercano in maniera autonoma e attiva di capire, valutare e controllare il mondo sociale, sulla base delle loro risorse cognitive. Gli stereotipi e i pregiudizi etnici e di genere osservati nell'infanzia devono essere considerati come il naturale sviluppo di una interazione tra l'attività cognitiva dei bambini/e, la risonanza emotiva di essa e l'ambiente socioculturale in cui si realizza il loro sviluppo. Di rilevante attualità è il capitolo relativo alle "vecchie" e "nuove" forme di pregiudizio. Mentre il pregiudizio "vecchia maniera" si caratterizzava per il sentimento di minaccia percepito da un gruppo in rapporto alla presenza di un outgroup e per il conseguente rifiuto di ogni contatto con esso, il "nuovo" pregiudizio è connotato da tre caratteristiche: difesa dei valori tradizionali del proprio gruppo, percezione esagerata delle differenze culturali, rifiuto di provare emozioni positive nei confronti dell'outgroup e dei membri di esso.
INTRODUZIONE -Il pregiudizio non consiste in un giudizio avventato o sbagliato, né in un giudizio... more INTRODUZIONE -Il pregiudizio non consiste in un giudizio avventato o sbagliato, né in un giudizio irrazionale perché inquinato dalla incapacità di percepire correttamente un oggetto, esprime una presa di posizione squalificante originata da processi socio cognitivi di gruppo e rivolti ai membri di un gruppo sociale per la loro sola appartenenza a quest'ultimo. Il principio generatore delle prese di posizione pregiudiziali = un nucleo di credenze sfavorevoli + l'espressione di sentimenti negativi + l a messa in atto di comportamenti ostili-discriminatori nei confronti del gruppo preso di mira e di ogni singolo individuo che ne fa parte. Il pregiudizio deve dunque essere studiato come fenomeno di gruppo, perché: -rappresenta un orientamento nei confronti di categorie di persone ancor più che di individui isolati, e se riguarda un individuo è perché questi è componente di un gruppo o categoria sociale; -è un orientamento socialmente condiviso; -è funzione del rapporto che esiste fra il gruppo che lo esprime attraverso i propri membri e l'outgroup cui appartiene la vittima che ne è colpita. Non è possibile verificare sul piano fattuale la veridicità o falsità delle affermazioni dettate dai pregiudizi (es. i "negri" sono sporchi ecc.) perchè queste sono fondate su giudizi di valore e non su giudizi contestuali di merito. Ma quali aspetti della teoria intergruppi possono dar conto della formazione e del mantenimento dei pregiudizi? Effetti della categorizzazione sociale sulle relazioni fra gruppi: la classificazione di soggetti in categorie diverse facilita il nascere di un sentimento di interdipendenza fra i membri di una stessa categoria che in questo modo si trasforma in gruppo: ciò porta a privilegiare i membri dell'ingroup rispetto a quelli dell'outgroup (Rabbie e Horwitz) Esperimento di Tajfel realizzato utilizzando il paradigma dei gruppi minimi sembrò andare al di là dei risultati di Rabbie dimostrando che il fatto di sapere di appartenere ad uno dei due gruppi, privi di obiettivi, portava i soggetti a privilegiare i membri del proprio gruppo a discapito dei membri dell'"altro" gruppo. Le origini del pregiudizio, dunque, si possono trovare in uno dei processi cognitivi maggiormente impiegati nella vita quotidiana. Tajfel e Turner introdussero nella teoria intergruppi una componente motivazionale attraverso la nozione di identità sociale (cioè "quella parte dell'immagine di sé che un individuo si fa di se stesso, che deriva dalla consapevolezza di appartenere ad un gruppo sociale, unita la valore e la significato emozionale associati a tale appartenenza). Poiché gli attori sociali sono motivati a considerare se stessi in termini positivi, piuttosto che negativi, e poiché l'immagine che hanno di se stessi deriva dal gruppo cui appartengono, essi tendono ad attribuire al proprio gruppo una specificità positiva che li differenzia dagli altri gruppi. L'acquisizione e il mantenimento di una identità sociale gratificante richiede l'impegno a trovare nel proprio gruppo, rispetto agli outgroup, caratteristiche differenziali positive. Nel 1976 Doise sosteneva che non è detto che all'effetto di omogeneizzazione dei componenti dell'outgroup corrisponda, come esito di una categorizzazione, una simmetrica omogeneizzazione dell'ingroup. Al momento attuale sembra chiarito che sulla percezione di omogeneità dei gruppi a confronto incida in modo determinante il tipo di rapporto esistente fra i gruppi stessi: chi è dominante percepisce indifferenziato l'outgroup e fortemente differenziato al proprio interno l'ingroup ("loro sono tutti uguali, noi siamo tutti differenti), i dominati sentono fortemente l'esigenza di compattezza del proprio gruppo sino a percepirlo più omogeneo dell'outgroup dominante. Gli stereotipi riguardanti i gruppi umani sono sempre associati ad un pregiudizio vero e proprio o, per lo meno, favoriscono l'elaborazione di atteggiamenti pregiudiziali verso i gruppi o le persone definiti in modo stereotipato. Per quanto riguarda i pregiudizi nell'infanzia, Brown, prende le distanze dalle teorie di tipo psicodinamico, secondo cui i pregiudizi sarebbero il risultato di disturbi di personalità, dovuti a conflitti interni non risolti. L'autore sostiene che il pregiudizio si sviluppa tramite un processo dinamico in cui i bambini e le bambine, proprio come il loro genitori, cercano in maniera autonoma e attiva di capire, valutare e controllare il mondo sociale, sulla base delle loro risorse cognitive. Gli stereotipi e i pregiudizi etnici e di genere osservati nell'infanzia devono essere considerati come il naturale sviluppo di una interazione tra l'attività cognitiva dei bambini/e, la risonanza emotiva di essa e l'ambiente socioculturale in cui si realizza il loro sviluppo. Di rilevante attualità è il capitolo relativo alle "vecchie" e "nuove" forme di pregiudizio. Mentre il pregiudizio "vecchia maniera" si caratterizzava per il sentimento di minaccia percepito da un gruppo in rapporto alla presenza di un outgroup e per il conseguente rifiuto di ogni contatto con esso, il "nuovo" pregiudizio è connotato da tre caratteristiche: difesa dei valori tradizionali del proprio gruppo, percezione esagerata delle differenze culturali, rifiuto di provare emozioni positive nei confronti dell'outgroup e dei membri di esso.