Jacopo Lorenzini | Università di Bologna (original) (raw)
Books by Jacopo Lorenzini
Salerno Editrice, 2020
Questo libro è il racconto corale dei sogni, delle illusioni, delle contraddizioni di coloro che ... more Questo libro è il racconto corale dei sogni, delle illusioni, delle contraddizioni di coloro che parteciparono al Risorgimento indossando un'uniforme. Una storia culturale e politica della professione di ufficiale nell'Ottocento italiano, raccontata attraverso le vite di tre uomini eccezionali. Salvatore, Enrico, Cesare.
Tre figli del Secolo, tre borghesi, tre provinciali che attraverso la carriera delle armi arrivarono a diventare piú potenti dei duchi e dei principi che quella carriera avevano sempre trattato come cosa propria. Tre percorsi simili eppure profondamente diversi, che si incontrano, si separano e si intrecciano, ma che approdano tutti e tre alla realizzazione dell'ideale borghese e liberale della promozione sociale attraverso l'esercizio di una professione. Nel loro caso, il mestiere delle armi.
Attorno alle loro biografie si affollano quelle di tanti altri attori di quella straordinaria vicenda politica, culturale e militare che fu il Risorgimento italiano. Amici e nemici, sognatori e grigi esecutori, geni e macellai. Da Giuseppe Garibaldi ai decrepiti generali borbonici che persero un regno per incapacità e fanatismo. Dai nobili e tetragoni cavalieri della tavola rotonda sabauda che fanno di malavoglia il Grande Piemonte, ai figli dei piccoli borghesi che fanno l'Italia, o almeno ci provano.
Frutto di tre anni di ricerche in archivi privati e di famiglia in massima parte inediti e sconos... more Frutto di tre anni di ricerche in archivi privati e di famiglia in massima parte inediti e sconosciuti alla storiografia, il volume prende le mosse da una solida base statistica e quantitativa per tracciare per la prima volta il ritratto unitario, ma incredibilmente sfaccettato, del corpo ufficiali italiano di età liberale in quanto gruppo socio-professionale ed élite di potere nazionale. Gli ufficiali dell'esercito, e in particolare i golden boys dello stato maggiore generale, si rivelano essere lo specchio di un paese giovane e diviso, e delle sue élites combattute tra idealismo, realismo e gretto interesse personale e di classe.
Dal percorso educativo agli affetti, dalle scelte professionali ai racconti di viaggio, dalla materialità degli oggetti di uso quotidiano all'impegno pubblico e alla politica, il volume consente al lettore di tuffarsi nelle vite degli uomini che furono capaci di costruire dal nulla un esercito, e di perdere la sfida della memoria.
Papers by Jacopo Lorenzini
Nuova Rivista Storica, 2021
The paper deals with one of the most controversial moments of contemporary Italian history: the d... more The paper deals with one of the most controversial moments of contemporary Italian history: the downfall of the Kingdom of the Two Sicilies in 1860, and the partial co-optation of its élites by the new Italian state. The issue is addressed through the prism of the Neapolitan military institution. Overcoming the traditional representation of the Neapolitan officer corps, the author outlines the social, professional and ideological features of the men who fought Garibaldi during the crucial months of 1860. The analysis of a huge prosopographic database allowed to retrace the choices and the strategies carried out by the Neapolitan officers during and after the collapse of their state. In the end, the author proposes a fresh interpretation of the engagement of the Neapolitan officers in the subsequent phase of Italian nation-building.
Meridiana, 2020
After the revolutionary phase of 1848-49, among all the Italian states Piedmont alone maintained ... more After the revolutionary phase of 1848-49, among all the Italian states Piedmont alone maintained its liberal constitution. The choice was to be crucial to the future of Italian unification, giving to the House of Savoy the opportunity to take the lead of the entire geopolitical process. However, diplomacy and politics needed a military institution deeply different than the one which fought half-heartedly the late war against the Austrian Empire. As a consequence, between 1849 and 1859, a new military élite took the head of the Piedmontese Army. Alongside the new liberal political élite which ruled the Kingdom of Sardinian, a group of constitutional generals and staff officers led by Alfonso Lamarmora shaped the Piedmontese officer corps after the pan-Italian and liberal features of Cavour’s politics. Their work mutated the vastly plethoric and strictly conservative Piedmontese Army of King Charles-Albert into a French-style institution commanded by a new kind of professional officer, respectful of the liberties sanctioned by the Statuto Albertino.
Mondo Contemporaneo, 2017
Partendo dall’assunto che l’élite militare fosse una tra le molte élites di potere che partecipav... more Partendo dall’assunto che l’élite militare fosse una tra le molte élites di potere che partecipavano al governo dello stato italiano di età liberale, l’autore propone un’analisi delle strategie messe in campo da alcuni ufficiali in occasione delle campagne elettorali per la conquista di un seggio alla Camera dei Deputati. Attraverso i documenti contenuti in alcuni archivi privati e di famiglia (specie quello del conte Luigi Majnoni d’Intignano), vengono fatti emergere da un lato le reti di relazioni che sostengono la candidatura, dall’altro l’ impegno, l’autonomia e l’esposizione personale messi in campo dall’ufficiale-candidato. Su queste basi è possibile proporre una ridefinizione del ruolo e dell’autopercezione dell’élite militare italiana in età liberale nel suo rapporto con la politica locale e nazionale.
militari, politica, élite, Italia liberale, campagna elettorale, Parlamento
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Considering the military as an élite among the others that ruled the Italian liberal state, the author proposes an analysis of some election campaigns in which high-ranking army officers were involved as candidates. The social networks and the personal strategies implemented by the officers are shown through their private and family archives, in particular the one related to count Luigi Majnoni d’Intignano, a Lombard aristocrat who ran for a seat twice, and under very different conditions. In the end, the research allows a deep rethinking about the role and the representation of the relationship between Italian military élite and politics before the Great War.
Contrariamente a quel che si sarebbe portati a pensare di un’epoca caratterizzata dalla crescente... more Contrariamente a quel che si sarebbe portati a pensare di un’epoca caratterizzata dalla crescente burocratizzazione delle istituzioni militari, l’esperienza del viaggio era frequente nelle carriere e nelle vite degli ufficiali europei del secondo Ottocento. Viaggio che non si riduceva ad un’attività routinaria e monodimensionale, o esclusivamente dovuta a ragioni di dovere professionale o rappresentanza diplomatica, bensì ad un tassello quasi obbligato nel bagaglio esperienziale dei giovani ufficiali di stato maggiore, e ad un piacere e ad uno svago per i loro colleghi già affermati.
Le corrispondenze private di alcuni ufficiali del Regio Esercito Italiano ci consentono di esplorare la dimensione del viaggio all’estero, e in particolare nelle grandi città europee, nelle sue diverse sfaccettature ma con un denominatore comune: l’esigenza (o la convenienza) del viaggiare in incognito. Dalla missione segreta e sotto copertura a Londra, al viaggio di piacere nella Parigi dell’Esposizione Universale; dall’incarico semipermanente degli addetti militari d’ambasciata, al vero e proprio grand tour che nel corso di più mesi conduce Enrico Cialdini e due giovani ufficiali da Berlino a Varsavia, a Mosca e Pietroburgo, a Stoccolma, Copenhagen e Amsterdam; vedremo le diverse identità di funzionario, turista e spia di volta in volta combinarsi e avvicendarsi in virtù della relativa invisibilità del viaggiatore.
RUHM - Revista Universitaria de Historia Militar, 2017
According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instrum... more According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instruments used by the Italian social and political élite of the 19th century to secure the national unifica- tion (and the monarchy as the leading institution of the newborn state) was the army. What few of them has noted, however, is that the army and the military who controlled it were more than an in- strument: they were an essential part of the Italian national élite, capable of influencing the nation- building process itself. The Italian army officers, and specifically the general staff ones, attended univer- sity-level military academies where social sciences were taught along with general history, human geog- raphy and foreign languages. They travelled the world and confronted themselves with fellow officers from different social, political and cultural contexts. They took part in politics and local administration, as well as in economical enterprises. Above all, they were well aware of the role the army was supposed to hold in the institutional and symbolic panorama of unified Italy and pre-war Europe. And they wrote about all of this.
The research project is grounded on two main sources. On one hand, the quantitative analysis of the careers and the biographies of 250 general staff officers who attained specific roles of great responsibility and relative autonomy from 1882 to 1915. On the other hand, correspondence, diaries, unpublished memoirs found in several private and family archives – in other words, those unofficial, unseen writings that we think could be more telling than the formal ones in revealing the military personal beliefs and cultural affiliations and influences. Crossing the quantitative and qualitative outputs, we can explore in depth the influence of military in the conception of politics, education, nationalization processes or social relationships in a case study, the Italian one, that is either peculiar and well integrated in the wider belle époque European context.
"Le Carte e la Storia" 2/2013, pp. 106-123, doi: 10.1411/75476, Dec 2013
Il contributo proposto è incentrato sulla figura e sul ruolo degli addetti militari d'ambasciata,... more Il contributo proposto è incentrato sulla figura e sul ruolo degli addetti militari d'ambasciata, e
sull'importanza della documentazione da essi prodotta per lo studio delle istituzioni politiche e
militari europee nel periodo che va dal 1870 al 1914. La base documentaria utilizzata è costituita
dagli oltre 6000 rapporti redatti, durante il periodo indicato, dagli attachés militaires francesi in
Italia (consultati presso il Service Historique de la Défense, a Vincennes). Attraverso tale
documentazione è possibile ricostruire l'ambiente nel quale questi ufficiali vivevano e lavoravano,
oltre al reseau delle loro conoscenze e fonti di informazione. Per quanto in gran parte di argomento
squisitamente tecnico (armamenti, brevetti, uniformi, costruzioni militari), i rapporti degli attachés
trattano diffusamente di politica, equilibri istituzionali, aspetti sociali, ritraendo da un punto di vista
inedito il paese ospite. Il contributo si muove quindi su due binari: mettere in luce e definire la
figura dell'addetto militare, sulla quale non esistono studi specifici; valorizzare la documentazione
da tale figura prodotta, descrivendone forme e contenuti.
The proposed contribution focuses on the role of military attachés at embassies, and on the
importance of the documentation they produced for the study of the political and military institution
in Europe between 1870 and 1914. The study relies on over 6000 reports redacted during the
aforementioned period by French attachés militaires in Italy. These documents allow us to
reconstruct the environment in which these officers lived and worked, as well as the resèau of their
knowledge and information sources. While being mostly concerned with technical matters (arms,
patents, uniforms, military structures), the attaches' reports also deal broadly with politics,
institutional scenarios, social aspects, depicting the host country in unique ways. The proposed
contribution operates on two levels: highlighting and defining the role of these military attachés, as
well as valorizing the documentation they produced, describing its form and content.
G. Zanibelli (cur.), La Grande Guerra in provincia, Nuova Immagine, Siena 2017, May 2017
Rappresentato di volta in volta come il canto del cigno delle classi dirigenti aristocratiche, gi... more Rappresentato di volta in volta come il canto del cigno delle classi dirigenti aristocratiche, già mutilate nel loro potere dalle rivoluzioni borghesi, o come l'inizio (o il punto d'arrivo) della crisi dello stessa democrazia liberale, il primo conflitto mondiale è senza dubbio un momento di profonda trasformazione delle élites socio-economiche del continente europeo. La dialettica continuità-discontinuità ha del resto sempre appassionato gli storici della Grande Guerra, specialmente quelli che si sono occupati dei riflessi dell'esperienza bellica sul fronte interno. Quali stravolgimenti subisce la proprietà, cardine dell'identità aristocratica, notabilare e borghese, nella tempesta del conflitto? Come cambiano, in dimensioni e qualità, i patrimoni delle famiglie che esprimono le classi dirigenti a livello locale? Quali differenze nella struttura della famiglia stessa e nelle dinamiche di genere sono individuabili fra il “prima” e il “dopo”? Cogliendo le suggestioni dell'Ottocento di Paolo Macry, proveremo a porre queste domande ad una fonte particolare: le dichiarazioni di successione registrate presso l'ufficio del registro di Faenza a cavallo del conflitto.
Laddove il lavoro di Macry insisteva però su una grande città (Napoli) e sulla natura del tutto particolare delle sue élites, noi indagheremo una realtà di provincia e una classe – nobiliare e notabilare – la quale, pur con le sue particolarità, è abbastanza simile a quella di tanti altri centri della pianura padana. 39.000 abitanti nel 1911, 42.000 nel 1921, Faenza è un centro agricolo e artigianale di rilievo (l'Esposizione Torricelliana del 1908 ne consacra l'identificazione – anche semantica: faience – con la produzione della ceramica). Inoltre, se Macry intendeva mettere alla prova le tesi di Arno Mayer sul medio periodo del secondo ottocento, noi proveremo piuttosto a verificare se e come l'evento-guerra introduca modificazioni nelle basi materiali del potere locale – con tutto ciò che ne consegue a livello socio-culturale. Cittadina allo stesso tempo economicamente vitale e socialmente statica (la più importante fabbrica ceramica è di proprietà di un nobile, non di un borghese), Faenza ci sembra in definitiva un punto di osservazione interessante delle ricadute della Grande Guerra sulle élites provinciali dell'Italia centro-settentrionale.
Percorsi Storici, 2014
La valutazione storica del primo conflitto mondiale in Italia ha spesso visto una netta differenz... more La valutazione storica del primo conflitto mondiale in Italia ha spesso visto una netta differenza tra una gestione Cadorna caratterizzata da una cieca applicazione delle norme disciplinari militari nelle unità al fronte e nella Zona di Guerra, e da una marcata tendenza da parte dei militare ad ampliare la propria sfera d'azione nei territori ad essi sottoposti, ed una gestione Diaz molto più attenta al benessere del soldato ed ai rapporti con le autorità civili. Differenza che si sarebbe concretizzata in una sorta di pacificazione tra comandi militari e soldati nel corso dell'ultimo anno di guerra, ponendo fine agli episodi di rivolta (ancorché limitati) registratisi alla vigilia di Caporetto. Sulla base della corrispondenza del comando della 2a (poi 5a) Armata italiana col comando supremo e con le unità e uffici dipendenti tra novembre 1917 e novembre 1918 (conservata presso l'archivio storico dell'esercito), il contributo si propone di problematizzare tale visione. I documenti d'archivio esaminati delineano infatti un quadro nel quale alle iniziative di welfare e propaganda rivolte ai militari si affianca una costante applicazione di strumenti repressivi e polizieschi che coinvolgono anche la popolazione civile e mirano a colpire tutte le espressioni di dissenso rispetto alla continuazione del conflitto. Non solo: viene alla luce una costante preoccupazione dei comandi militari per quanto accade all'interno del paese, specialmente per le attività disfattiste attribuite a socialisti e cattolici, in una identificazione tra nemico esterno ed interno che richiama le invettive cadorniane e arriva a prefigurare la comunità nazionale esclusiva del fascismo.
Biagini, Motta (cur.), The First World War: Analysis and Interpretation, Volume 1, 2015
Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 16, 4|2013, Dec 2013
Le forze armate, e in particolare l’esercito a coscrizione obbligatoria, furono un potente strume... more Le forze armate, e in particolare l’esercito a coscrizione obbligatoria, furono un potente strumento di nazionalizzazione delle masse. Nel caso italiano, la monarchia sabauda comprese rapidamente di dover cambiare il proprio paradigma da dinastico a nazionale, per mantenere l’egemonia sul processo unitario e battere l’opzione democratica rappresentata da Garibaldi e dai suoi volontari. D’altra parte, il corpo ufficiali necessitava di un punto di riferimento in grado di mettere in rilievo l’importanza dell’esercito durante la fase che condusse l’Armata Sarda a divenire Esercito italiano. Si venne così a creare un rapporto di reciproca legittimazione tra monarchia ed esercito nell’ambito della costruzione di un’identità italiana unitaria e nazionale.
Armed Forces, especially conscription army, have been a powerful tool for the nationalization of the masses. In Italy, the House of Savoy quickly understood that it had to change its orientation from dynastic to national, in order to keep its hegemony over the unification process and defeat the democratic option, represented by Garibaldi and his volunteers. In addition to that, the officers of the Piedmontese army needed a reference for their self-justifying ideology during the hard times of mutation from the Armata Sarda to the Italian Army. This resulted in a mutual legitimacy relation between the king and the army, in order to build a national and unitary Italian identity.
Scartabellati, Ermacora, Ratti (cur.), Fronti Interni. Esperienze di guerra lontano dalla guerra 1914-1918., 2014
Fronti interni s’interroga sull’impatto delle molteplici modernità attivate dalla guerra, intende... more Fronti interni s’interroga sull’impatto delle molteplici modernità attivate dalla guerra, intendendo approfondire la dimensione locale ma non localistica del primo conflitto mondiale. Sviluppa la riflessione storiografica su temi come: le condizioni materiali e sanitarie, i dati strutturali ed economici, l’impatto degli assetti militari di retrovia sulle vicende di vita quotidiane, le politiche amministrative di gestione del territorio e delle popolazioni, le interrelazioni e gli attriti sorti tra le aree urbane e gli hinterland di riferimento economico e culturale. Le realtà prese in esame sono: Montepulciano, il Montefeltro, Viareggio, Padova, Ribolla e Valdarno, Aosta, Pavia, Udine, Trieste, Milano, Colorno, Bologna, Traunstein (Baviera) e Buenos Aires. Mediante l’investigazione e la comparazione dei singoli casi-studio e ponendo attenzione alla periodizzazione e alle tappe della mobilitazione bellica, la pubblicazione si propone di rintracciare le tipicità e gli elementi comuni degli oggetti indagati sullo sfondo unitario dominato dal contesto bellico.
Talks by Jacopo Lorenzini
According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instrum... more According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instruments used by the Italian social and political élite of the 19th century to secure the national unification (and the monarchy as the leading institution of the newborn state) was the army. What few of them has noted, however, is that the army and the military who controlled it were more than an instrument: they were an essential part of the Italian national élite, capable of influencing the nation-building process itself. The Italian army officers, and specifically the general staff ones, attended university-level military academies where social sciences were taught along with general history, human geography and foreign languages. They traveled the world and confronted themselves with fellow officers from different social, political and cultural contexts. They took part in politics and local administration, as well as in economical enterprises. Above all, they were well aware of the role the army was supposed to hold in the institutional and symbolic panorama of unified Italy and pre-war Europe.
A military élite well integrated in the wider national “notables” oligarchy meant to minimize the risk of bold contrasts between military and civilian leaders, eventually leading to a coup d'état – the French and the Spanish cases were well-known to both Italian officers and politicians. This last possibility was more theoretical than practical, because the Piedmontese army had always been fully loyal to the king. However, the House of Savoy had also a long-lasting tradition of parallel, undercover diplomacy both outside and inside the country, and for the civilian rulers, to integrate their military colleagues in their power and social networks was also a means to limit the crown's independence.
The integration of the military professionals in the social, cultural and political life of Liberal Italy was necessary also because of the new mission assigned to the army: to merge the countless local communities that constituted the newborn reign into a national unicum. This topic engaged many military and civilian writers during the 1860s and 1870s, and is still present in nowadays historiography as well. We can talk of a double object of integration: the mass of subjects that were to be turned into soldiers by conscription; and the officers that were supposed to turn soldiers into citizens. Both had to be integrated in a wider context, obviously in different ways and for different purposes. If the first aim was not achieved, as recent historiography affirms, the second we think it was. We decided to explore this process through the biographies of 247 high level officers: truly the Italian military élite of the time.
Nei mesi immediatamente successivi al termine del primo conflitto mondiale, gli ufficiali dell'es... more Nei mesi immediatamente successivi al termine del primo conflitto mondiale, gli ufficiali dell'esercito italiano che man mano rientravano dai campi di prigionia furono obbligati, prima di poter rientrare alle loro case ed eventualmente (se di carriera) nei ranghi, a scrivere su fogli protocollo un resoconto accurato delle circostanze della propria cattura. L'imponente massa di documentazione così prodotta (migliaia di fascicoli nominativi, classificati per unità d'appartenenza dello scrivente) venne vagliata da una commissione costituita allo scopo di individuare eventuali ufficiali felloni, i lavori della quale furono però interrotti dall'entrata in vigore dell'amnistia voluta da Francesco Saverio Nitti. Le migliaia di testimonianze non andarono però disperse, e anzi furono archiviate assieme al resto dei documenti militari relativi alla Grande Guerra nei corridoi dell'AUSSME (Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito). Dove sono rimaste fino ad oggi, quasi completamente ignorate dalla storiografia.
La proposta di intervento si basa sul fatto che tali testimonianze, pur nate per una ragione contingente ed eminentemente difensiva, costituiscono di fatto uno dei più ampi e omogenei fra i complessi memorialistici della Grande Guerra esistenti in Italia, e meritano di essere portate all'attenzione della comunità scientifica in maniera non episodica. Non solo. Buona parte dei testi (di lunghezza variabile da una a oltre quaranta pagine) contiene, oltre al mero resoconto della cattura dell'autore da parte del nemico, la descrizione sia degli ultimi giorni della vita di trincea precedente all'evento, quanto dell'esperienza di prigionia vera e propria – esperienza nel corso della quale il nemico stesso acquista un volto dopo mesi o anni di invisibilità.
La proposta di contributo intende quindi sistematizzare i dati personali e le testimonianze degli ufficiali appartenenti ad alcune unità travolte e prese prigioniere pressoché al completo durante i primi giorni della battaglia di Caporetto e durante le prime 48 ore della battaglia del Montello, evidenziando differenze e continuità tanto nei modi della scrittura quanto nella percezione dell'esperienza bellica da parte degli ufficiali-scrittori.
Il concetto di apoliticità delle forze armate applicato all'esercito italiano è stato spesso alla... more Il concetto di apoliticità delle forze armate applicato all'esercito italiano è stato spesso allargato a volerne significare l'auto-esclusione oltre che dalla sfera politica propriamente detta, da tutti gli altri ambiti (culturale in primis) della società italiana di età liberale. Questo tipo di impostazione ha generato giocoforza ulteriori generalizzazioni: l'élite militare come monolitico “partito di corte”, o casta professionale chiusa in un ambito puramente tecnicistico. Nel nostro intervento ci proponiamo di esplorare invece i diversi aspetti di questo attore storico. Chi sono questi ufficiali, in quali ambienti si muovono, quali percorsi di promozione sociale e professionale intraprendono? Quali sono le idee (e le ideologie) che muovono questa élite professionale e dirigenziale? Come cambiano nel tempo? Come queste idee e ideologie si inseriscono nel quadro culturale dell'epoca? Il loro cambiamento è frutto di dibattiti puramente interni, o è invece legato a dinamiche più generali che attraversano la società? Per rispondere a queste domande è necessario portare in primo piano gli elementi morbidi del percorso professionale e dell'universo relazionale degli alti ufficiali: percorsi formativi, letture, conoscenze, convinzioni, livello di coinvolgimento nella vita sociale, politica e culturale italiana dell'epoca. Attraverso questi elementi proveremo a tracciare un ritratto dei responsabili militari del Regno d'Italia alla vigilia del conflitto mondiale.
The army, and the military who controlled it, were an essential part of the Italian national élit... more The army, and the military who controlled it, were an essential part of the Italian national élite during the second half of the XIX century. Military, the Italian ones, that came from different experiences, and afforded a deep change in their self-representation, social origin and, above all, in their professional nature.
Starting from 1867, the Italian army officers, and specifically the general staff ones, attended university-level military academies where social sciences were taught along with general history, human geography and foreign languages. They traveled the world and confronted themselves with fellow officers from different social, political and cultural contexts. They took part in politics and local administration, as well as in economical enterprises. They were well aware of the role the army was supposed to hold in the institutional and symbolic panorama of unified Italy and pre-war Europe. And they wrote about all of this.
The research project is grounded on two main sources. On one hand, the quantitative analysis of the careers and the biographies of more than 300 general staff officers who attained specific roles of great responsibility and relative autonomy from 1861 to 1915. On the other hand, correspondence, diaries, unpublished memoirs found in several private and family archives – in other words, those unofficial, unseen writings that we think could be more telling than the formal ones in revealing the military personal beliefs and cultural affiliations and influences. Crossing the quantitative and qualitative outputs, we can explore in depth the transformation of the officer corp from an amateurish and part-time occupation into an highly professionalized group of laborers, in a case study, the Italian one, that is either peculiar and well integrated in the wider European context.
Dans le cadre de mon projet de thèse doctorale, L'élite militaire dans la nation. Le cas italien ... more Dans le cadre de mon projet de thèse doctorale, L'élite militaire dans la nation. Le cas italien en perspective comparée 1861-1915, l'expérience de la guerre moderne constitue un élément tout a fait centrale.
La recherche est centré sur les écritures privées des officiers (correspondances, mémoires, journaux intimes), au fin de délinéer le rôle de l'élite militaire dans la culture, la politique et la société de l'époque libérale et à travers la Grande Guerre, par rapport aux autres élites dirigeantes italiennes et européennes. Quels sont les idées (et les idéologies) qui mouvent cette élite professionnelle et
dirigeante, comment elles changent dans le temps, comment elles s'inscrivent dans le débat politique et culturel de la fin du XIXe et du début XXe siècle, ce sont les questions autour desquelles je vais construire ma thèse.
L'implication des officiers dans les guerres coloniales et dans la Grande Guerre c'est un des thèmes clés que j'ai identifié par rapport à l'auto-représentation des officiers, et à la place qu'ils considèrent de recouvrir parmi les pouvoirs de l'état. La possibilité qu'est leur donnée, pendant une guerre, d'administrer la loi sur leurs hommes et sur les populations civiles sans être soumis à aucune contrôle par le pouvoir civil, modifie profondément leur conception d’eux-mêmes, et par contre la considération des forces armées (et au bout, de l'état tout entier) parmi les citoyens. Le tout en considérant les théories élitistes et scientistes (massime le darwinisme social) qui imprègnent l’idéologie des officiers italiens. Dans l'espace coloniale les officiers expérimentent un pouvoir et une autonomie jamais connus dans
le territoire métropolitaine, que vont entraîner des évolutions dans le regard qu'ils jettent sur la société d'appartenance. Pendant la guerre mondiale par contre, les troupes italiennes (et leurs
officiers) sont responsables de nombreuses violations des droits des populations qui résident dans la « zone de guerre », et la discipline militaire imposée aux civils devient pendant le conflit de plus en plus stricte et arbitraire. Le fait que les violations les plus étonnantes (exécutions sans procès et véritable massacres d'entière villages) se produisent pendant les premières semaines de la guerre italienne (mai-june 1915) et s'effacent dans la suite du conflit (substituées par un régime prévoyant des peines lourdes, mais réglées), sollicite une interrogation autour du « pouvoir du commencement » évoqué par l'appel à contribution sur la mentalité des officiers italiens.
Salerno Editrice, 2020
Questo libro è il racconto corale dei sogni, delle illusioni, delle contraddizioni di coloro che ... more Questo libro è il racconto corale dei sogni, delle illusioni, delle contraddizioni di coloro che parteciparono al Risorgimento indossando un'uniforme. Una storia culturale e politica della professione di ufficiale nell'Ottocento italiano, raccontata attraverso le vite di tre uomini eccezionali. Salvatore, Enrico, Cesare.
Tre figli del Secolo, tre borghesi, tre provinciali che attraverso la carriera delle armi arrivarono a diventare piú potenti dei duchi e dei principi che quella carriera avevano sempre trattato come cosa propria. Tre percorsi simili eppure profondamente diversi, che si incontrano, si separano e si intrecciano, ma che approdano tutti e tre alla realizzazione dell'ideale borghese e liberale della promozione sociale attraverso l'esercizio di una professione. Nel loro caso, il mestiere delle armi.
Attorno alle loro biografie si affollano quelle di tanti altri attori di quella straordinaria vicenda politica, culturale e militare che fu il Risorgimento italiano. Amici e nemici, sognatori e grigi esecutori, geni e macellai. Da Giuseppe Garibaldi ai decrepiti generali borbonici che persero un regno per incapacità e fanatismo. Dai nobili e tetragoni cavalieri della tavola rotonda sabauda che fanno di malavoglia il Grande Piemonte, ai figli dei piccoli borghesi che fanno l'Italia, o almeno ci provano.
Frutto di tre anni di ricerche in archivi privati e di famiglia in massima parte inediti e sconos... more Frutto di tre anni di ricerche in archivi privati e di famiglia in massima parte inediti e sconosciuti alla storiografia, il volume prende le mosse da una solida base statistica e quantitativa per tracciare per la prima volta il ritratto unitario, ma incredibilmente sfaccettato, del corpo ufficiali italiano di età liberale in quanto gruppo socio-professionale ed élite di potere nazionale. Gli ufficiali dell'esercito, e in particolare i golden boys dello stato maggiore generale, si rivelano essere lo specchio di un paese giovane e diviso, e delle sue élites combattute tra idealismo, realismo e gretto interesse personale e di classe.
Dal percorso educativo agli affetti, dalle scelte professionali ai racconti di viaggio, dalla materialità degli oggetti di uso quotidiano all'impegno pubblico e alla politica, il volume consente al lettore di tuffarsi nelle vite degli uomini che furono capaci di costruire dal nulla un esercito, e di perdere la sfida della memoria.
Nuova Rivista Storica, 2021
The paper deals with one of the most controversial moments of contemporary Italian history: the d... more The paper deals with one of the most controversial moments of contemporary Italian history: the downfall of the Kingdom of the Two Sicilies in 1860, and the partial co-optation of its élites by the new Italian state. The issue is addressed through the prism of the Neapolitan military institution. Overcoming the traditional representation of the Neapolitan officer corps, the author outlines the social, professional and ideological features of the men who fought Garibaldi during the crucial months of 1860. The analysis of a huge prosopographic database allowed to retrace the choices and the strategies carried out by the Neapolitan officers during and after the collapse of their state. In the end, the author proposes a fresh interpretation of the engagement of the Neapolitan officers in the subsequent phase of Italian nation-building.
Meridiana, 2020
After the revolutionary phase of 1848-49, among all the Italian states Piedmont alone maintained ... more After the revolutionary phase of 1848-49, among all the Italian states Piedmont alone maintained its liberal constitution. The choice was to be crucial to the future of Italian unification, giving to the House of Savoy the opportunity to take the lead of the entire geopolitical process. However, diplomacy and politics needed a military institution deeply different than the one which fought half-heartedly the late war against the Austrian Empire. As a consequence, between 1849 and 1859, a new military élite took the head of the Piedmontese Army. Alongside the new liberal political élite which ruled the Kingdom of Sardinian, a group of constitutional generals and staff officers led by Alfonso Lamarmora shaped the Piedmontese officer corps after the pan-Italian and liberal features of Cavour’s politics. Their work mutated the vastly plethoric and strictly conservative Piedmontese Army of King Charles-Albert into a French-style institution commanded by a new kind of professional officer, respectful of the liberties sanctioned by the Statuto Albertino.
Mondo Contemporaneo, 2017
Partendo dall’assunto che l’élite militare fosse una tra le molte élites di potere che partecipav... more Partendo dall’assunto che l’élite militare fosse una tra le molte élites di potere che partecipavano al governo dello stato italiano di età liberale, l’autore propone un’analisi delle strategie messe in campo da alcuni ufficiali in occasione delle campagne elettorali per la conquista di un seggio alla Camera dei Deputati. Attraverso i documenti contenuti in alcuni archivi privati e di famiglia (specie quello del conte Luigi Majnoni d’Intignano), vengono fatti emergere da un lato le reti di relazioni che sostengono la candidatura, dall’altro l’ impegno, l’autonomia e l’esposizione personale messi in campo dall’ufficiale-candidato. Su queste basi è possibile proporre una ridefinizione del ruolo e dell’autopercezione dell’élite militare italiana in età liberale nel suo rapporto con la politica locale e nazionale.
militari, politica, élite, Italia liberale, campagna elettorale, Parlamento
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Considering the military as an élite among the others that ruled the Italian liberal state, the author proposes an analysis of some election campaigns in which high-ranking army officers were involved as candidates. The social networks and the personal strategies implemented by the officers are shown through their private and family archives, in particular the one related to count Luigi Majnoni d’Intignano, a Lombard aristocrat who ran for a seat twice, and under very different conditions. In the end, the research allows a deep rethinking about the role and the representation of the relationship between Italian military élite and politics before the Great War.
Contrariamente a quel che si sarebbe portati a pensare di un’epoca caratterizzata dalla crescente... more Contrariamente a quel che si sarebbe portati a pensare di un’epoca caratterizzata dalla crescente burocratizzazione delle istituzioni militari, l’esperienza del viaggio era frequente nelle carriere e nelle vite degli ufficiali europei del secondo Ottocento. Viaggio che non si riduceva ad un’attività routinaria e monodimensionale, o esclusivamente dovuta a ragioni di dovere professionale o rappresentanza diplomatica, bensì ad un tassello quasi obbligato nel bagaglio esperienziale dei giovani ufficiali di stato maggiore, e ad un piacere e ad uno svago per i loro colleghi già affermati.
Le corrispondenze private di alcuni ufficiali del Regio Esercito Italiano ci consentono di esplorare la dimensione del viaggio all’estero, e in particolare nelle grandi città europee, nelle sue diverse sfaccettature ma con un denominatore comune: l’esigenza (o la convenienza) del viaggiare in incognito. Dalla missione segreta e sotto copertura a Londra, al viaggio di piacere nella Parigi dell’Esposizione Universale; dall’incarico semipermanente degli addetti militari d’ambasciata, al vero e proprio grand tour che nel corso di più mesi conduce Enrico Cialdini e due giovani ufficiali da Berlino a Varsavia, a Mosca e Pietroburgo, a Stoccolma, Copenhagen e Amsterdam; vedremo le diverse identità di funzionario, turista e spia di volta in volta combinarsi e avvicendarsi in virtù della relativa invisibilità del viaggiatore.
RUHM - Revista Universitaria de Historia Militar, 2017
According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instrum... more According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instruments used by the Italian social and political élite of the 19th century to secure the national unifica- tion (and the monarchy as the leading institution of the newborn state) was the army. What few of them has noted, however, is that the army and the military who controlled it were more than an in- strument: they were an essential part of the Italian national élite, capable of influencing the nation- building process itself. The Italian army officers, and specifically the general staff ones, attended univer- sity-level military academies where social sciences were taught along with general history, human geog- raphy and foreign languages. They travelled the world and confronted themselves with fellow officers from different social, political and cultural contexts. They took part in politics and local administration, as well as in economical enterprises. Above all, they were well aware of the role the army was supposed to hold in the institutional and symbolic panorama of unified Italy and pre-war Europe. And they wrote about all of this.
The research project is grounded on two main sources. On one hand, the quantitative analysis of the careers and the biographies of 250 general staff officers who attained specific roles of great responsibility and relative autonomy from 1882 to 1915. On the other hand, correspondence, diaries, unpublished memoirs found in several private and family archives – in other words, those unofficial, unseen writings that we think could be more telling than the formal ones in revealing the military personal beliefs and cultural affiliations and influences. Crossing the quantitative and qualitative outputs, we can explore in depth the influence of military in the conception of politics, education, nationalization processes or social relationships in a case study, the Italian one, that is either peculiar and well integrated in the wider belle époque European context.
"Le Carte e la Storia" 2/2013, pp. 106-123, doi: 10.1411/75476, Dec 2013
Il contributo proposto è incentrato sulla figura e sul ruolo degli addetti militari d'ambasciata,... more Il contributo proposto è incentrato sulla figura e sul ruolo degli addetti militari d'ambasciata, e
sull'importanza della documentazione da essi prodotta per lo studio delle istituzioni politiche e
militari europee nel periodo che va dal 1870 al 1914. La base documentaria utilizzata è costituita
dagli oltre 6000 rapporti redatti, durante il periodo indicato, dagli attachés militaires francesi in
Italia (consultati presso il Service Historique de la Défense, a Vincennes). Attraverso tale
documentazione è possibile ricostruire l'ambiente nel quale questi ufficiali vivevano e lavoravano,
oltre al reseau delle loro conoscenze e fonti di informazione. Per quanto in gran parte di argomento
squisitamente tecnico (armamenti, brevetti, uniformi, costruzioni militari), i rapporti degli attachés
trattano diffusamente di politica, equilibri istituzionali, aspetti sociali, ritraendo da un punto di vista
inedito il paese ospite. Il contributo si muove quindi su due binari: mettere in luce e definire la
figura dell'addetto militare, sulla quale non esistono studi specifici; valorizzare la documentazione
da tale figura prodotta, descrivendone forme e contenuti.
The proposed contribution focuses on the role of military attachés at embassies, and on the
importance of the documentation they produced for the study of the political and military institution
in Europe between 1870 and 1914. The study relies on over 6000 reports redacted during the
aforementioned period by French attachés militaires in Italy. These documents allow us to
reconstruct the environment in which these officers lived and worked, as well as the resèau of their
knowledge and information sources. While being mostly concerned with technical matters (arms,
patents, uniforms, military structures), the attaches' reports also deal broadly with politics,
institutional scenarios, social aspects, depicting the host country in unique ways. The proposed
contribution operates on two levels: highlighting and defining the role of these military attachés, as
well as valorizing the documentation they produced, describing its form and content.
G. Zanibelli (cur.), La Grande Guerra in provincia, Nuova Immagine, Siena 2017, May 2017
Rappresentato di volta in volta come il canto del cigno delle classi dirigenti aristocratiche, gi... more Rappresentato di volta in volta come il canto del cigno delle classi dirigenti aristocratiche, già mutilate nel loro potere dalle rivoluzioni borghesi, o come l'inizio (o il punto d'arrivo) della crisi dello stessa democrazia liberale, il primo conflitto mondiale è senza dubbio un momento di profonda trasformazione delle élites socio-economiche del continente europeo. La dialettica continuità-discontinuità ha del resto sempre appassionato gli storici della Grande Guerra, specialmente quelli che si sono occupati dei riflessi dell'esperienza bellica sul fronte interno. Quali stravolgimenti subisce la proprietà, cardine dell'identità aristocratica, notabilare e borghese, nella tempesta del conflitto? Come cambiano, in dimensioni e qualità, i patrimoni delle famiglie che esprimono le classi dirigenti a livello locale? Quali differenze nella struttura della famiglia stessa e nelle dinamiche di genere sono individuabili fra il “prima” e il “dopo”? Cogliendo le suggestioni dell'Ottocento di Paolo Macry, proveremo a porre queste domande ad una fonte particolare: le dichiarazioni di successione registrate presso l'ufficio del registro di Faenza a cavallo del conflitto.
Laddove il lavoro di Macry insisteva però su una grande città (Napoli) e sulla natura del tutto particolare delle sue élites, noi indagheremo una realtà di provincia e una classe – nobiliare e notabilare – la quale, pur con le sue particolarità, è abbastanza simile a quella di tanti altri centri della pianura padana. 39.000 abitanti nel 1911, 42.000 nel 1921, Faenza è un centro agricolo e artigianale di rilievo (l'Esposizione Torricelliana del 1908 ne consacra l'identificazione – anche semantica: faience – con la produzione della ceramica). Inoltre, se Macry intendeva mettere alla prova le tesi di Arno Mayer sul medio periodo del secondo ottocento, noi proveremo piuttosto a verificare se e come l'evento-guerra introduca modificazioni nelle basi materiali del potere locale – con tutto ciò che ne consegue a livello socio-culturale. Cittadina allo stesso tempo economicamente vitale e socialmente statica (la più importante fabbrica ceramica è di proprietà di un nobile, non di un borghese), Faenza ci sembra in definitiva un punto di osservazione interessante delle ricadute della Grande Guerra sulle élites provinciali dell'Italia centro-settentrionale.
Percorsi Storici, 2014
La valutazione storica del primo conflitto mondiale in Italia ha spesso visto una netta differenz... more La valutazione storica del primo conflitto mondiale in Italia ha spesso visto una netta differenza tra una gestione Cadorna caratterizzata da una cieca applicazione delle norme disciplinari militari nelle unità al fronte e nella Zona di Guerra, e da una marcata tendenza da parte dei militare ad ampliare la propria sfera d'azione nei territori ad essi sottoposti, ed una gestione Diaz molto più attenta al benessere del soldato ed ai rapporti con le autorità civili. Differenza che si sarebbe concretizzata in una sorta di pacificazione tra comandi militari e soldati nel corso dell'ultimo anno di guerra, ponendo fine agli episodi di rivolta (ancorché limitati) registratisi alla vigilia di Caporetto. Sulla base della corrispondenza del comando della 2a (poi 5a) Armata italiana col comando supremo e con le unità e uffici dipendenti tra novembre 1917 e novembre 1918 (conservata presso l'archivio storico dell'esercito), il contributo si propone di problematizzare tale visione. I documenti d'archivio esaminati delineano infatti un quadro nel quale alle iniziative di welfare e propaganda rivolte ai militari si affianca una costante applicazione di strumenti repressivi e polizieschi che coinvolgono anche la popolazione civile e mirano a colpire tutte le espressioni di dissenso rispetto alla continuazione del conflitto. Non solo: viene alla luce una costante preoccupazione dei comandi militari per quanto accade all'interno del paese, specialmente per le attività disfattiste attribuite a socialisti e cattolici, in una identificazione tra nemico esterno ed interno che richiama le invettive cadorniane e arriva a prefigurare la comunità nazionale esclusiva del fascismo.
Biagini, Motta (cur.), The First World War: Analysis and Interpretation, Volume 1, 2015
Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, N. 16, 4|2013, Dec 2013
Le forze armate, e in particolare l’esercito a coscrizione obbligatoria, furono un potente strume... more Le forze armate, e in particolare l’esercito a coscrizione obbligatoria, furono un potente strumento di nazionalizzazione delle masse. Nel caso italiano, la monarchia sabauda comprese rapidamente di dover cambiare il proprio paradigma da dinastico a nazionale, per mantenere l’egemonia sul processo unitario e battere l’opzione democratica rappresentata da Garibaldi e dai suoi volontari. D’altra parte, il corpo ufficiali necessitava di un punto di riferimento in grado di mettere in rilievo l’importanza dell’esercito durante la fase che condusse l’Armata Sarda a divenire Esercito italiano. Si venne così a creare un rapporto di reciproca legittimazione tra monarchia ed esercito nell’ambito della costruzione di un’identità italiana unitaria e nazionale.
Armed Forces, especially conscription army, have been a powerful tool for the nationalization of the masses. In Italy, the House of Savoy quickly understood that it had to change its orientation from dynastic to national, in order to keep its hegemony over the unification process and defeat the democratic option, represented by Garibaldi and his volunteers. In addition to that, the officers of the Piedmontese army needed a reference for their self-justifying ideology during the hard times of mutation from the Armata Sarda to the Italian Army. This resulted in a mutual legitimacy relation between the king and the army, in order to build a national and unitary Italian identity.
Scartabellati, Ermacora, Ratti (cur.), Fronti Interni. Esperienze di guerra lontano dalla guerra 1914-1918., 2014
Fronti interni s’interroga sull’impatto delle molteplici modernità attivate dalla guerra, intende... more Fronti interni s’interroga sull’impatto delle molteplici modernità attivate dalla guerra, intendendo approfondire la dimensione locale ma non localistica del primo conflitto mondiale. Sviluppa la riflessione storiografica su temi come: le condizioni materiali e sanitarie, i dati strutturali ed economici, l’impatto degli assetti militari di retrovia sulle vicende di vita quotidiane, le politiche amministrative di gestione del territorio e delle popolazioni, le interrelazioni e gli attriti sorti tra le aree urbane e gli hinterland di riferimento economico e culturale. Le realtà prese in esame sono: Montepulciano, il Montefeltro, Viareggio, Padova, Ribolla e Valdarno, Aosta, Pavia, Udine, Trieste, Milano, Colorno, Bologna, Traunstein (Baviera) e Buenos Aires. Mediante l’investigazione e la comparazione dei singoli casi-studio e ponendo attenzione alla periodizzazione e alle tappe della mobilitazione bellica, la pubblicazione si propone di rintracciare le tipicità e gli elementi comuni degli oggetti indagati sullo sfondo unitario dominato dal contesto bellico.
According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instrum... more According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instruments used by the Italian social and political élite of the 19th century to secure the national unification (and the monarchy as the leading institution of the newborn state) was the army. What few of them has noted, however, is that the army and the military who controlled it were more than an instrument: they were an essential part of the Italian national élite, capable of influencing the nation-building process itself. The Italian army officers, and specifically the general staff ones, attended university-level military academies where social sciences were taught along with general history, human geography and foreign languages. They traveled the world and confronted themselves with fellow officers from different social, political and cultural contexts. They took part in politics and local administration, as well as in economical enterprises. Above all, they were well aware of the role the army was supposed to hold in the institutional and symbolic panorama of unified Italy and pre-war Europe.
A military élite well integrated in the wider national “notables” oligarchy meant to minimize the risk of bold contrasts between military and civilian leaders, eventually leading to a coup d'état – the French and the Spanish cases were well-known to both Italian officers and politicians. This last possibility was more theoretical than practical, because the Piedmontese army had always been fully loyal to the king. However, the House of Savoy had also a long-lasting tradition of parallel, undercover diplomacy both outside and inside the country, and for the civilian rulers, to integrate their military colleagues in their power and social networks was also a means to limit the crown's independence.
The integration of the military professionals in the social, cultural and political life of Liberal Italy was necessary also because of the new mission assigned to the army: to merge the countless local communities that constituted the newborn reign into a national unicum. This topic engaged many military and civilian writers during the 1860s and 1870s, and is still present in nowadays historiography as well. We can talk of a double object of integration: the mass of subjects that were to be turned into soldiers by conscription; and the officers that were supposed to turn soldiers into citizens. Both had to be integrated in a wider context, obviously in different ways and for different purposes. If the first aim was not achieved, as recent historiography affirms, the second we think it was. We decided to explore this process through the biographies of 247 high level officers: truly the Italian military élite of the time.
Nei mesi immediatamente successivi al termine del primo conflitto mondiale, gli ufficiali dell'es... more Nei mesi immediatamente successivi al termine del primo conflitto mondiale, gli ufficiali dell'esercito italiano che man mano rientravano dai campi di prigionia furono obbligati, prima di poter rientrare alle loro case ed eventualmente (se di carriera) nei ranghi, a scrivere su fogli protocollo un resoconto accurato delle circostanze della propria cattura. L'imponente massa di documentazione così prodotta (migliaia di fascicoli nominativi, classificati per unità d'appartenenza dello scrivente) venne vagliata da una commissione costituita allo scopo di individuare eventuali ufficiali felloni, i lavori della quale furono però interrotti dall'entrata in vigore dell'amnistia voluta da Francesco Saverio Nitti. Le migliaia di testimonianze non andarono però disperse, e anzi furono archiviate assieme al resto dei documenti militari relativi alla Grande Guerra nei corridoi dell'AUSSME (Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito). Dove sono rimaste fino ad oggi, quasi completamente ignorate dalla storiografia.
La proposta di intervento si basa sul fatto che tali testimonianze, pur nate per una ragione contingente ed eminentemente difensiva, costituiscono di fatto uno dei più ampi e omogenei fra i complessi memorialistici della Grande Guerra esistenti in Italia, e meritano di essere portate all'attenzione della comunità scientifica in maniera non episodica. Non solo. Buona parte dei testi (di lunghezza variabile da una a oltre quaranta pagine) contiene, oltre al mero resoconto della cattura dell'autore da parte del nemico, la descrizione sia degli ultimi giorni della vita di trincea precedente all'evento, quanto dell'esperienza di prigionia vera e propria – esperienza nel corso della quale il nemico stesso acquista un volto dopo mesi o anni di invisibilità.
La proposta di contributo intende quindi sistematizzare i dati personali e le testimonianze degli ufficiali appartenenti ad alcune unità travolte e prese prigioniere pressoché al completo durante i primi giorni della battaglia di Caporetto e durante le prime 48 ore della battaglia del Montello, evidenziando differenze e continuità tanto nei modi della scrittura quanto nella percezione dell'esperienza bellica da parte degli ufficiali-scrittori.
Il concetto di apoliticità delle forze armate applicato all'esercito italiano è stato spesso alla... more Il concetto di apoliticità delle forze armate applicato all'esercito italiano è stato spesso allargato a volerne significare l'auto-esclusione oltre che dalla sfera politica propriamente detta, da tutti gli altri ambiti (culturale in primis) della società italiana di età liberale. Questo tipo di impostazione ha generato giocoforza ulteriori generalizzazioni: l'élite militare come monolitico “partito di corte”, o casta professionale chiusa in un ambito puramente tecnicistico. Nel nostro intervento ci proponiamo di esplorare invece i diversi aspetti di questo attore storico. Chi sono questi ufficiali, in quali ambienti si muovono, quali percorsi di promozione sociale e professionale intraprendono? Quali sono le idee (e le ideologie) che muovono questa élite professionale e dirigenziale? Come cambiano nel tempo? Come queste idee e ideologie si inseriscono nel quadro culturale dell'epoca? Il loro cambiamento è frutto di dibattiti puramente interni, o è invece legato a dinamiche più generali che attraversano la società? Per rispondere a queste domande è necessario portare in primo piano gli elementi morbidi del percorso professionale e dell'universo relazionale degli alti ufficiali: percorsi formativi, letture, conoscenze, convinzioni, livello di coinvolgimento nella vita sociale, politica e culturale italiana dell'epoca. Attraverso questi elementi proveremo a tracciare un ritratto dei responsabili militari del Regno d'Italia alla vigilia del conflitto mondiale.
The army, and the military who controlled it, were an essential part of the Italian national élit... more The army, and the military who controlled it, were an essential part of the Italian national élite during the second half of the XIX century. Military, the Italian ones, that came from different experiences, and afforded a deep change in their self-representation, social origin and, above all, in their professional nature.
Starting from 1867, the Italian army officers, and specifically the general staff ones, attended university-level military academies where social sciences were taught along with general history, human geography and foreign languages. They traveled the world and confronted themselves with fellow officers from different social, political and cultural contexts. They took part in politics and local administration, as well as in economical enterprises. They were well aware of the role the army was supposed to hold in the institutional and symbolic panorama of unified Italy and pre-war Europe. And they wrote about all of this.
The research project is grounded on two main sources. On one hand, the quantitative analysis of the careers and the biographies of more than 300 general staff officers who attained specific roles of great responsibility and relative autonomy from 1861 to 1915. On the other hand, correspondence, diaries, unpublished memoirs found in several private and family archives – in other words, those unofficial, unseen writings that we think could be more telling than the formal ones in revealing the military personal beliefs and cultural affiliations and influences. Crossing the quantitative and qualitative outputs, we can explore in depth the transformation of the officer corp from an amateurish and part-time occupation into an highly professionalized group of laborers, in a case study, the Italian one, that is either peculiar and well integrated in the wider European context.
Dans le cadre de mon projet de thèse doctorale, L'élite militaire dans la nation. Le cas italien ... more Dans le cadre de mon projet de thèse doctorale, L'élite militaire dans la nation. Le cas italien en perspective comparée 1861-1915, l'expérience de la guerre moderne constitue un élément tout a fait centrale.
La recherche est centré sur les écritures privées des officiers (correspondances, mémoires, journaux intimes), au fin de délinéer le rôle de l'élite militaire dans la culture, la politique et la société de l'époque libérale et à travers la Grande Guerre, par rapport aux autres élites dirigeantes italiennes et européennes. Quels sont les idées (et les idéologies) qui mouvent cette élite professionnelle et
dirigeante, comment elles changent dans le temps, comment elles s'inscrivent dans le débat politique et culturel de la fin du XIXe et du début XXe siècle, ce sont les questions autour desquelles je vais construire ma thèse.
L'implication des officiers dans les guerres coloniales et dans la Grande Guerre c'est un des thèmes clés que j'ai identifié par rapport à l'auto-représentation des officiers, et à la place qu'ils considèrent de recouvrir parmi les pouvoirs de l'état. La possibilité qu'est leur donnée, pendant une guerre, d'administrer la loi sur leurs hommes et sur les populations civiles sans être soumis à aucune contrôle par le pouvoir civil, modifie profondément leur conception d’eux-mêmes, et par contre la considération des forces armées (et au bout, de l'état tout entier) parmi les citoyens. Le tout en considérant les théories élitistes et scientistes (massime le darwinisme social) qui imprègnent l’idéologie des officiers italiens. Dans l'espace coloniale les officiers expérimentent un pouvoir et une autonomie jamais connus dans
le territoire métropolitaine, que vont entraîner des évolutions dans le regard qu'ils jettent sur la société d'appartenance. Pendant la guerre mondiale par contre, les troupes italiennes (et leurs
officiers) sont responsables de nombreuses violations des droits des populations qui résident dans la « zone de guerre », et la discipline militaire imposée aux civils devient pendant le conflit de plus en plus stricte et arbitraire. Le fait que les violations les plus étonnantes (exécutions sans procès et véritable massacres d'entière villages) se produisent pendant les premières semaines de la guerre italienne (mai-june 1915) et s'effacent dans la suite du conflit (substituées par un régime prévoyant des peines lourdes, mais réglées), sollicite une interrogation autour du « pouvoir du commencement » évoqué par l'appel à contribution sur la mentalité des officiers italiens.
La ricerca nasce dall'esigenza di problematizzare la visione secondo la quale l'esercito italiano... more La ricerca nasce dall'esigenza di problematizzare la visione secondo la quale l'esercito italiano e il suo corpo ufficiali siano in età liberale organismi essenzialmente apolitici, soprattutto perché il concetto di apoliticità è stato spesso allargato a volerne significare l'ininfluenza (e l'auto-esclusione) oltre che nella sfera politica propriamente detta, in tutti gli altri ambiti (culturale in primis) della società italiana di età liberale. Al concetto di apoliticità si affiancano tutta una serie di generalizzazioni (élite militare come monolitico “partito di corte” o aristocrazia professionale chiusa in un ambito puramente tecnicistico), anche perché gli studi italiani sull'istituzione militare non hanno mai trattato il suo gruppo dirigenziale come parte a pieno titolo delle élites nazionali di età liberale. Ci proponiamo di esplorare i diversi aspetti di questo attore storico, con speciale riferimento a quelli sociali e culturali. Chi sono questi ufficiali, in quali ambienti si muovono, quali percorsi di promozione sociale intraprendono? Quali sono le idee (e le ideologie) che muovono questa élite professionale e dirigenziale? Come cambiano nel tempo? Come queste idee e ideologie si inseriscono nel quadro culturale dell'epoca? Il loro cambiamento è frutto di dibattiti puramente
interni, o è invece legato (come crediamo) alle dinamiche più generali che attraversano la società? Per rispondere a queste domande è necessario portare in primo piano gli elementi morbidi del percorso professionale e dell'universo relazionale degli alti ufficiali: letture, conoscenze, convinzioni, ampiezza o ristrettezza di interessi extra-militari, livello di coinvolgimento nella vita sociale, politica e culturale italiana dell'epoca.
Il nostro obiettivo è mostrare le complesse relazioni che legano (e separano) le varie componenti... more Il nostro obiettivo è mostrare le complesse relazioni che legano (e separano) le varie componenti della professione militare, e come queste relazioni influenzino l'elaborazione della strategia, della
tattica e dei piani di mobilitazione dell'esercito italiano nell'età liberale. Intendiamo sottolineare come la realtà della guerra di massa (e di materiali) sconvolga tali elaborazioni teoriche e induca a rivederle durante il primo anno di guerra, nella convinzione che l'analisi di questo contrasto aiuti a comprendere alcune scelte e fenomeni che caratterizzano la guerra italiana. Il tema sarà sviluppato tenendo ben presente un piano di comparazione con le esperienze delle altre potenze belligeranti.
Jacopo Lorenzini tratterà del vertice gerarchico dell'istituzione militare e degli ufficiali di stato maggiore, ovvero di coloro in grado di influire fattivamente l'indirizzo dell'istituzione stessa. Al di là della figura di Luigi Cadorna, Lorenzini mostrerà come i duri colpi subiti nel 1915 dalla cultura e dall'ideologia dell'élite militare italiana d'anteguerra infliggano ai suoi membri altrettanti shocks,
innescando profonde modificazioni o radicalizzando tendenze già in atto.
Marco Cristante, al contrario, si concentrerà sugli ufficiali inferiori e sui sottufficiali, evidenziando la mancanza di una pianificazione di lungo periodo e la marginalizzazione dei gradi inferiori nell'esercito italiano di età liberale. La tesi di Cristante è che, una volta scoppiato il conflitto, la crescita numerica esponenziale e una modalità di accesso ai ranghi da un lato indiscriminata, dall'altro fondata unicamente sull'aderenza alla norma disciplinare, distrugga l'impianto cooptativo su cui si basa la pianificazione italiana fino al 1915 senza favorire la nascita di un sistema di inclusione positivo.
Per una storia culturale delle élites militari europee: i casi italiano e francese, 1870-1915. ... more Per una storia culturale delle élites militari europee: i casi italiano e francese, 1870-1915.
In primo luogo si affronterà la questione della possibilità di una storia culturale delle élites militari, considerato che al momento lo studio di tali attori storici si è svolto soprattutto sul piano della storia politica e di quella sociale. [...] Si entrerà quindi nel merito del caso di studio, rilevando punti di contatto e di distacco fra le due realtà nazionali (anche alla luce di studi pregressi sugli attachés militaires francesi di stanza a Roma tra il 1871 e il 1914) e tracciando le possibili linee di sviluppo di un lavoro complessivo.
According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instrum... more According to several contemporary witnesses, and many nowadays historians, one of the key instruments used by the European social and political élites of the 19th century to secure the national unity (and the institutions of the newborn states) was the army. What few of them has noted, however, is that the army and the military who controlled it were more than an instrument: they were an essential part of the national élites, capable of influencing the nation- building process itself. Some European army officers, the Italians for instance, attended university-level military academies where social sciences were taught along with general history, human geography and foreign languages. They travelled the world and confronted themselves with fellow officers from different social, political and cultural contexts. They took part in politics and local administration, as well as in economical enterprises. Above all, they were well aware of the role the army was supposed to hold in the institutional and symbolic panorama of the Belle Epoque. And they wrote about all of this.
The research project is grounded on two main sources. On one hand, the quantitative analysis of the careers and the biographies of 250 Italian general staff officers who attained specific roles of great responsibility and relative autonomy from 1882 to 1915. On the other hand, correspondence, diaries, unpublished memoirs found in several private and family archives – in other words, those unofficial, unseen writings that we think could be more telling than the formal ones in revealing the military personal beliefs and cultural affiliations and influences. Crossing the quantitative and qualitative outputs, we can explore in depth the influence of military in the conception of politics, education, nationalization processes or social relationships in a case study, the Italian one, which is both peculiar and well integrated in the wider European and global context.
Revista Universitaria de Historia Militar, 2016
El próximo año 2018 se cumplirán dos décadas desde la publicación de Guerre et concurrence entre ... more El próximo año 2018 se cumplirán dos décadas desde la publicación de Guerre et concurrence entre les États européens du xiv siècle au xviiie siècle, un trabajo colectivo coordinado por Philippe Contamine y editado por Presses Universitaires de France como parte de una gran colección dedicada a los orígenes del Estado moderno (siglos xiv-xviii). Durante todo este tiempo, la historiografía no ha dejado de profundizar en las cuestiones planteadas en aquella obra, de modo que actualmente la cantidad de publicaciones dedicadas a la organización de los ejércitos terrestres, la logística o la diplomacia –por citar tan sólo tres cuestiones clave– se ha multiplicado significativamente. El objetivo de este dossier consiste en reunir una serie de estudios originales dedicados a analizar el papel de la guerra en la evolución de los Estados feudales durante los dos últimos siglos de la Edad Media, a la luz, precisamente, del cuestionario planteado en aquella obra y de su desarrollo por parte de la historiografía más reciente. El contexto escogido para ello es el mundo mediterráneo, concretamente la Corona de Aragón y una selección representativa de los Estados surgidos en la Península Itálica, que incluye el reino de Nápoles, la república de Génova y los dominios de las Casas de Este (Ducado de Ferrara) y Visconti (Señorío de Milán).