Luigi D'Errico | Università degli Studi di Foggia (original) (raw)
Papers by Luigi D'Errico
Globalizzazione e post-modernità sono solamente due tra i tanti fattori delle trasformazioni di i... more Globalizzazione e post-modernità sono solamente due tra i tanti fattori delle trasformazioni di interazione sociale nel mondo. La medicina aziendale si pone come nuova frontiera dei rapporti "medico-malato", rapporto trasformatosi in "medico-malattia" seguendo le varie teorie di bioetica medica. Che l'interazione sociale abbia subito delle modifiche valoriali, non ci sono dubbi; il problema arriva quando ci si sente in bisogno di capire come e perchè queste interazioni sociali siano cambiate. Il centro del dibattito è il tema della crisi della medicina occidentale, una medicina che punta sempre più sulla tecnologia, sulla perfezione della diagnosi, e sempre meno sul rapporto tra medico e paziente. In nome dell'economia e dell'efficienza, si esige una maggiore produttività. La medicina, però, prima di essere un sapere ed una serie di perfetti tecnicismi, è prima di tutto un "rapporto" che si instaura tra due persone: colui che cura e colui che è curato. La medicina è un dialogo, una reciprocità che non può staibilirsi che nel colloquio singolare della relazione tra due soggetti. Dunque, il rapporto dovrebbe sempre essere tra medico (o infermiere)-e malato, inteso come interazione sociale, emozionale e di continuità. Dunque, secondo l'approccio bioetico, il vero e proprio rapporto "umano" serve non solo come cura, ma come risoluzione emotiva al percorso di cura e di lotta alla malattia. Le emozioni servono; bisogna solamente stabilirle. A livello etimologico la parola "medicus" deriva da "mederi" che significa "prendersi cura". Dunque, la sfida della bioetica medica è quella di riuscire a mantenere un difficile rapporto di cura reciproca, di emozioni vere, e non una semplice mercificazione della medicina,. A tal proposito, però, una seria testimonianza etnografica potrebbe svelare verità e situazioni particolari.
Thesis Chapters by Luigi D'Errico
Il lavoro di ricerca intitolato "Formazione, resistenza e identità in Palestina" nasce da un pers... more Il lavoro di ricerca intitolato "Formazione, resistenza e identità in Palestina" nasce da un personale interesse, ormai quasi decennale, per la situazione politica e sociale del Medio Oriente, con particolare attenzione alle vicende legate a Israele e al popolo dello Stato della Palestina. Quest’ultimo comprende la Striscia di Gaza, Gerusalemme Est e la Cisgiordania, conosciuta anche come “Territori Occupati” militarmente dall’esercito israeliano. Dopo gli ultimi avvenimenti, tra cui l’annuncio dello spostamento dell'Ambasciata statunitense in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, la “Marcia del Ritorno” dei palestinesi di Gaza e la lotta per impedire la distruzione di vari villaggi palestinesi nei Territori Occupati, sono nati non pochi interrogativi sulla "causa", sulla "sopravvivenza" e sull’effettiva “esistenza” della Palestina e dei palestinesi.
Un popolo che ha subito una diaspora, quella palestinese, che ha coinvolto milioni di persone, costrette a rifugiarsi in campi profughi negli stati confinanti , o costretti a emigrare in tutto il mondo a causa dell’occupazione militare israeliana.
Un popolo che, dopo il mandato britannico , ha dovuto subire non solo la creazione di uno stato, quello di Israele, che ha impoverito l’economia palestinese a causa dell’occupazione militare, ma anche una vera e propria violenza sulla società palestinese, sul popolo, sul quotidiano.
La Palestina ha dovuto subire, sia nel 1948 che nel 1967 , un drastico crollo demografico, una difficoltà economica e sociale di grande importanza che ha avuto come conseguenze le migrazioni di massa di qualsiasi genere di persone.
Da allora le cose non sono cambiate; gli abitanti dei territori della Cisgiordania, palestinesi, sono ancora vittime non solo dell’occupazione militare israeliana, che incide fortemente sulla vita quotidiana, ma anche dei problemi interni , sorti anche come conseguenza della forte pressione che lo Stato di Israele esercita all’interno della Palestina.
Come può un popolo che è stato “spezzato”, che è emigrato in tutto il mondo, che da decenni vive anche nei campi profughi, avere ancora un’identità propria? Come possiamo definire il palestinese? Come si può parlare ancora di un popolo palestinese compatto, dopo le divisioni geografiche, politiche e generazionali?
Il progetto parte dalle seguenti ipotesi:
1- Che cosa si intende per “identità” nella situazione palestinese e quali sono gli elementi fondanti di questa identità? Al contrario, quali elementi possono anche non essere “oggetto” di identità in Palestina?
2- Cosa si intende per “resistenza” e quanto essa influisce sull’identità individuale e del popolo palestinese?
3- I luoghi di formazione hanno un ruolo importante per la resistenza e l'identità palestinese? Se si, quali sono gli aspetti teorici e gli interventi quotidiani che mettono in pratica resistenza e identità?
4- Che collegamento c’è tra i problemi sociali interni (integralismo religioso, patriarcato, terrorismo ecc), quelli esterni (occupazione militare, costruzione di muri di separazione e di colonie, ecc) e l’identità del popolo palestinese?
L’intento di questa ricerca non è quello di creare un dibattito politico e nemmeno quello di fare ordine sulla questione geo-politica dello Stato della Palestina. Con questo elaborato scritto si vuole sperimentare e descrivere un modello di identità di un popolo, quello oppresso, che faccia affidamento sulla Formazione come strumento di coscienza individuale e collettiva.
Considerata la consapevolezza della difficoltà e della delicatezza dello studio in questione, il progetto ha come obiettivo quello di proporre (senza cadere in nessuna forma di “orientalismo”) un modello sperimentale di identità concentrato sulla formazione e sulla resistenza collegata ad essa. L’obiettivo è quello di mettere in luce non solo l'importanza dei luoghi della formazione, prima su tutte le scuole e le università, ma anche quella di trovare una risposta identitaria concreta e attuale nelle tradizioni popolari e nella vita sociale quotidiana.
Per l’elaborazione del lavoro di ricerca, è stato necessario uno studio intenso della letteratura non solo storica-politica, ma anche legata alle vicende quotidiane del popolo palestinese. Durante il percorso di studi è stato intrapreso un viaggio nei Territori occupati, dal 11 Aprile 2017 al 21 Aprile 2017, durante il quale è stata condotta una “ricerca sul campo”nei luoghi di formazione e tra le strade delle città e dei villaggi palestinesi.
Il progetto partirà da una personale definizione di identità, arrivando ad analizzare le varie componenti sociali, culturali, artistiche e intellettuali della Palestina.
Globalizzazione e post-modernità sono solamente due tra i tanti fattori delle trasformazioni di i... more Globalizzazione e post-modernità sono solamente due tra i tanti fattori delle trasformazioni di interazione sociale nel mondo. La medicina aziendale si pone come nuova frontiera dei rapporti "medico-malato", rapporto trasformatosi in "medico-malattia" seguendo le varie teorie di bioetica medica. Che l'interazione sociale abbia subito delle modifiche valoriali, non ci sono dubbi; il problema arriva quando ci si sente in bisogno di capire come e perchè queste interazioni sociali siano cambiate. Il centro del dibattito è il tema della crisi della medicina occidentale, una medicina che punta sempre più sulla tecnologia, sulla perfezione della diagnosi, e sempre meno sul rapporto tra medico e paziente. In nome dell'economia e dell'efficienza, si esige una maggiore produttività. La medicina, però, prima di essere un sapere ed una serie di perfetti tecnicismi, è prima di tutto un "rapporto" che si instaura tra due persone: colui che cura e colui che è curato. La medicina è un dialogo, una reciprocità che non può staibilirsi che nel colloquio singolare della relazione tra due soggetti. Dunque, il rapporto dovrebbe sempre essere tra medico (o infermiere)-e malato, inteso come interazione sociale, emozionale e di continuità. Dunque, secondo l'approccio bioetico, il vero e proprio rapporto "umano" serve non solo come cura, ma come risoluzione emotiva al percorso di cura e di lotta alla malattia. Le emozioni servono; bisogna solamente stabilirle. A livello etimologico la parola "medicus" deriva da "mederi" che significa "prendersi cura". Dunque, la sfida della bioetica medica è quella di riuscire a mantenere un difficile rapporto di cura reciproca, di emozioni vere, e non una semplice mercificazione della medicina,. A tal proposito, però, una seria testimonianza etnografica potrebbe svelare verità e situazioni particolari.
Il lavoro di ricerca intitolato "Formazione, resistenza e identità in Palestina" nasce da un pers... more Il lavoro di ricerca intitolato "Formazione, resistenza e identità in Palestina" nasce da un personale interesse, ormai quasi decennale, per la situazione politica e sociale del Medio Oriente, con particolare attenzione alle vicende legate a Israele e al popolo dello Stato della Palestina. Quest’ultimo comprende la Striscia di Gaza, Gerusalemme Est e la Cisgiordania, conosciuta anche come “Territori Occupati” militarmente dall’esercito israeliano. Dopo gli ultimi avvenimenti, tra cui l’annuncio dello spostamento dell'Ambasciata statunitense in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, la “Marcia del Ritorno” dei palestinesi di Gaza e la lotta per impedire la distruzione di vari villaggi palestinesi nei Territori Occupati, sono nati non pochi interrogativi sulla "causa", sulla "sopravvivenza" e sull’effettiva “esistenza” della Palestina e dei palestinesi.
Un popolo che ha subito una diaspora, quella palestinese, che ha coinvolto milioni di persone, costrette a rifugiarsi in campi profughi negli stati confinanti , o costretti a emigrare in tutto il mondo a causa dell’occupazione militare israeliana.
Un popolo che, dopo il mandato britannico , ha dovuto subire non solo la creazione di uno stato, quello di Israele, che ha impoverito l’economia palestinese a causa dell’occupazione militare, ma anche una vera e propria violenza sulla società palestinese, sul popolo, sul quotidiano.
La Palestina ha dovuto subire, sia nel 1948 che nel 1967 , un drastico crollo demografico, una difficoltà economica e sociale di grande importanza che ha avuto come conseguenze le migrazioni di massa di qualsiasi genere di persone.
Da allora le cose non sono cambiate; gli abitanti dei territori della Cisgiordania, palestinesi, sono ancora vittime non solo dell’occupazione militare israeliana, che incide fortemente sulla vita quotidiana, ma anche dei problemi interni , sorti anche come conseguenza della forte pressione che lo Stato di Israele esercita all’interno della Palestina.
Come può un popolo che è stato “spezzato”, che è emigrato in tutto il mondo, che da decenni vive anche nei campi profughi, avere ancora un’identità propria? Come possiamo definire il palestinese? Come si può parlare ancora di un popolo palestinese compatto, dopo le divisioni geografiche, politiche e generazionali?
Il progetto parte dalle seguenti ipotesi:
1- Che cosa si intende per “identità” nella situazione palestinese e quali sono gli elementi fondanti di questa identità? Al contrario, quali elementi possono anche non essere “oggetto” di identità in Palestina?
2- Cosa si intende per “resistenza” e quanto essa influisce sull’identità individuale e del popolo palestinese?
3- I luoghi di formazione hanno un ruolo importante per la resistenza e l'identità palestinese? Se si, quali sono gli aspetti teorici e gli interventi quotidiani che mettono in pratica resistenza e identità?
4- Che collegamento c’è tra i problemi sociali interni (integralismo religioso, patriarcato, terrorismo ecc), quelli esterni (occupazione militare, costruzione di muri di separazione e di colonie, ecc) e l’identità del popolo palestinese?
L’intento di questa ricerca non è quello di creare un dibattito politico e nemmeno quello di fare ordine sulla questione geo-politica dello Stato della Palestina. Con questo elaborato scritto si vuole sperimentare e descrivere un modello di identità di un popolo, quello oppresso, che faccia affidamento sulla Formazione come strumento di coscienza individuale e collettiva.
Considerata la consapevolezza della difficoltà e della delicatezza dello studio in questione, il progetto ha come obiettivo quello di proporre (senza cadere in nessuna forma di “orientalismo”) un modello sperimentale di identità concentrato sulla formazione e sulla resistenza collegata ad essa. L’obiettivo è quello di mettere in luce non solo l'importanza dei luoghi della formazione, prima su tutte le scuole e le università, ma anche quella di trovare una risposta identitaria concreta e attuale nelle tradizioni popolari e nella vita sociale quotidiana.
Per l’elaborazione del lavoro di ricerca, è stato necessario uno studio intenso della letteratura non solo storica-politica, ma anche legata alle vicende quotidiane del popolo palestinese. Durante il percorso di studi è stato intrapreso un viaggio nei Territori occupati, dal 11 Aprile 2017 al 21 Aprile 2017, durante il quale è stata condotta una “ricerca sul campo”nei luoghi di formazione e tra le strade delle città e dei villaggi palestinesi.
Il progetto partirà da una personale definizione di identità, arrivando ad analizzare le varie componenti sociali, culturali, artistiche e intellettuali della Palestina.