Giuseppe De Luca | Università degli Studi di Firenze (University of Florence) (original) (raw)

Papers by Giuseppe De Luca

Research paper thumbnail of Fonti, criteri e modalità per l’individuazione del perimetro urbano ai sensi della 65/2014

Italiano La Regione Toscana con la L.R. 65/2014 rende necessario, per i comuni, di specificare ne... more Italiano La Regione Toscana con la L.R. 65/2014 rende necessario, per i comuni, di specificare nei propri atti di programmazione e di sviluppo del territorio il perimetro del territorio urbanizzato. Il piano di indirizzo territoriale (PIT) con valenza di piano paesaggistico approvato nel 2015 si appoggia a questa distinzione per l'individuazione sia dei morfotipi urbani che delle invarianti. Ma tecnicamente quali fonti, quali criteri e quali modalità possono aiutare l'individuazione di questo perimetro? Partendo dai dati cartografici messi a disposizione dalla Regione Toscana e dal PIT con valenza di Piano Paesaggistico, opportunamente interpolati con la cartografia dei piani comunali, ci si accorge come i diversi perimetri di partenza siano diversi tra loro e spesso in contraddizione. In occasione di una ricerca sperimentale riguardante la variante al Piano Strutturale del Comune di Roccastrada, come DidaLab di Regional Design, è stata messa a punto una metodologia utile per la perimentrazione del territorio urbanizzato. Quest'ultima è sia coerente a quanto previsto ai sensi della L.R. 65/2014, che innovativa negli strumenti usati, infatti ci si è avvalsi di una piattaforma collaborativa, Giscake, messa a pinto dallo SpinOff accademico dell'Università di Firenze chiamato Artù.

Research paper thumbnail of Pianificazione regionale cooperativa

Introduzione 9 GOVERNANCE COOPERATIVA: UNA DEFINIZIONE DEL CAMPO 15 1.1 La governance tra interaz... more Introduzione 9 GOVERNANCE COOPERATIVA: UNA DEFINIZIONE DEL CAMPO 15 1.1 La governance tra interazione, coordinamento e cooperazione 15 1.2 Teorie di piano e approccio cooperativo: genesi di un connubio 19 1.3 Il ruolo dell'attore pubblico 24 1.4 Gli impulsi alla cooperazione territoriale provenienti dall'Unione Europea 29 1.5 Crisi e cooperazione: forme istituzionali e cambiamenti in atto 39 GOVERNANCE E PIANIFICAZIONE REGIONALE 45 2.1 Quale regione? Il territorio istituzionale e il suo governo 45 2.2 Il sistema della cooperazione interistituzionale francese e il ruolo delle regioni 48 2.3 Alti e bassi della pianificazione regionale in Gran Bretagna 64 2.4 Pianificazione regionale e cooperazione in un sistema federale: il caso tedesco 73 2.5 Quale governance a livello regionale? Uno sguardo al contesto europeo 80 GOVERNO DEL TERRITORIO E COOPERAZIONE IN ITALIA 87 3.1 Forme di interazione nella pianificazione di sistema 87 3.2 Rapporti istituzionali gerarchici in seno al piano tradizionale 92 3.3 Forme di interazione istituzionale allargata, dai comprensori alla pianificazione operativa 96 3.4 Governo del territorio e pianificazione consensuale 101 3.5 Stato ed enti locali tra cooperazione e liberismo 108 8 INTERAZIONE E INTEGRAZIONE TERRITORIALE IN PIEMONTE 8.1 Vecchie e nuove forme di interazione nella pianificazione regionale piemontese 8.2 Il nuovo PTR: natura, forma, rapporti di cooperazione orizzontale e verticale 8.3 La pianificazione interregionale: quale dialogo con il PTR? 8.4 Il livello intermedio: dalla pianificazione comprensoriale agli Ambiti di Integrazione Territoriale 8.5 Spazi cooperativi di area vasta: una sfida per la pianificazione regionale 9 VERSO IL PIANO REGIONALE COOPERATIVO 9.1 Il piano territoriale regionale come processo cooperativo 9.2 Chi coopera? Gli interessi a scala regionale 9.3 L'ambito territoriale di riferimento 9.4 Come cooperare? Tra uguaglianza e gerarchia 9.5 Gli esiti della cooperazione: responsabilità e stabilità del piano regionale 9.6 Prospettive Bibliografia Ringraziamenti Il libro è frutto di un lavoro molto lungo che ha preso avvio durate il programma di ricerca Forme plurime della pianificazione regionale, ammesso a finanziamento dal Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica nel dicembre 2005, sotto il coordinamento del prof.

Research paper thumbnail of L’approccio italiano alla pianificazione regionale cooperativa: il Tavolo Interregionale per l’Area Padano-Alpino-Marittima

L'evoluzione del concetto di cooperazione nel sistema della pianificazione regionale italiana, le... more L'evoluzione del concetto di cooperazione nel sistema della pianificazione regionale italiana, letta attraverso i cambiamenti delle modalità di interazione tra i soggetti che intervengono nel processo di pianificazione, nonché la loro esplicitazione nelle pratiche di pianificazione territoriale regionale, è una delle più interessanti innovazioni che si possono osservare nelle pratiche regionali nell'ultimo decennio. Tra queste sperimentazioni, una è particolarmente innovativa, perché non si esplicita all'interno dei confini regionali istituzionali, ma all'esterno. Infatti, il Tavolo Interregionale della macro area padano-alpino-marittima rappresenta il primo tentativo in Italia di pianificazione cooperativa di livello interregionale, con una doppia finalità: la redazione congiunta di una vision condivisa che impronti i piani territoriali di tutte le regioni coinvolte; e la formazione di strategie di cooperazione comuni tali da fare "massa critica" nel sistema della competitività europea. Il contributo, ripercorrendo il percorso del Tavolo, analizza il concetto di cooperazione in un ambito specifico, quello regionale, e in relazione alle pratiche di pianificazione territoriale (regional spatial planning), con focus su un particolare tipo di cooperazione, quella di tipo orizzontale, interregionale.

Research paper thumbnail of L’uso del Bes nella pianificazione strategica. Prove di sperimentazione nel Piano Strategico Metropolitano di Firenze

Research paper thumbnail of Pianificazione regionale cooperativa: i nodi dell’approccio italiano alle macro-regioni - Cooperative regional planning: the Italian approach to Macro-regional issues

The paper focuses on the process of collaborative governance affecting the development of the Pad... more The paper focuses on the process of collaborative governance affecting the development of the Padano-Alpine-Maritime Macro Region in Northern Italy and on its potential of exploitation in the wider European panorama of territorial cooperation practices. The North Italy macro-region was created in 2007 as a technical working community, firstly aimed to build a shared cognitive framework within developing strategies for sustainable development of the so called "Adria Po Valley". The cooperative table has progressively grown up with the adhesion of other regions and has conveyed to the recent Patto interregionale per lo sviluppo sostenibile (Interregional Agreement for sustainable development). The authors propose a critical reflection on the concept of macro region applied to this experience and on its consequences in terms of multilevel governance and strengthen of competitiveness. In order to achieve better coordination in dealing with spatial development across Italian regions, the current focus on cognitive territorial dynamics in the Northern Italy area might not be the right solution to the current situation, if not supported by a reflection on territorial governance and organizational structures. Firstly, it seems quite evident that, in this case, the "macro region" concept has been used as a category of interpretation that does not correspond neither to the profile of the Macro regions as applied at the EU level (see the Baltic Sea Region and the Danube Strategy), nor to the Global City Region, in which urban policy expands to a territorial dimension (see the Dutch Randstad or the Catalonia). Instead, it seems to represents an intermediate level, in which interregional dynamics require a supra-local shared vision closer to the concept of Euroregion, even if only involving Italian actors. Nevertheless, the rhetoric of a Northern Italy macro-region is clearly oriented to achieve a critical mass in the framework of the next European Cohesion Policy (2014-2020), where macro-regions should become a means of delivering significant EU funding. However, the progressive enlargement of the partnership, as well as the changes of its name, from Adria-Po Valley (2007) to Padano-Alpine Macro Region (2009) to the recent addiction of the term Maritime (2010), are indicators of a feeble identity and of a cooperative attitude that is still not clear in its presupposes and in its territorialisation. Moreover, it intersects with stronger partnerships of scope as the Alpine Region or the Adriatic-Ionic Euroregion.

Research paper thumbnail of Arcipelago mediterraneo. Strategie di riqualificazione e sviluppo nelle città-porto delle isole

Strategie di riqualificazione e sviluppo nelle città-porto delle isole Le nuove sfide competitive... more Strategie di riqualificazione e sviluppo nelle città-porto delle isole Le nuove sfide competitive del mercato globalizzato da un lato rendono pressante l'esigenza di modernizzazione dei porti, dall'altro tendono a comprime le esigenze urbane e acuire il conflitto tra tessuto insediativo e area portuale. Il tema, generalmente declinato come rigenerazione del waterfront, negli ultimi anni è stato elevato a rappresentare uno dei campi più stimolanti per la sperimentazione di nuove politiche di sviluppo urbano, in un contesto che volge sempre più verso dinamiche competitive globali. La Cooperazione al cuore del Mediterraneo La Coopération au coer de la Méditerranée territorio, pianificazione, ambiente / 4 © copyright alinea editrice s.r.l.-firenze 2012 50144 firenze, via pierluigi da palestrina, 17/19 rosso tel.

Research paper thumbnail of Progettualità patchwork nel Piano territoriale metropolitano fiorentino: l’effetto “pendolo” tra strategie locali e strategie metropolitane

La pubblicazione è resa disponibile sotto le norme e i termini della licenza di deposito, secondo... more La pubblicazione è resa disponibile sotto le norme e i termini della licenza di deposito, secondo quanto stabilito dalla Policy per l'accesso aperto dell'Università degli Studi di Firenze (https://www.sba.unifi.it/upload/policy-oa-2016-1.pdf)

Research paper thumbnail of Raccontare il futuro. L’uso dei concepts spaziali e delle metafore nella rappresentazione delle vision strategiche

Le rappresentazioni cartografiche costituiscono un elemento integrante nei processi di pianificaz... more Le rappresentazioni cartografiche costituiscono un elemento integrante nei processi di pianificazione spaziale per comunicare e supportare politiche e progetti. In particolare nell'ambito della pianificazione strategica, declinata secondo l'approccio del regional design, le rappresentazioni sono impiegate esaltandone la versatilità dinamica e polisemica: le immagini, oltre a essere presentate come risultato finale di un processo decisionale, sono adoperate come strumenti interattivi attraverso cui condividere, discutere e definire nuove narrazioni progettuali. Ogni singolo segno rappresentato su carta (e quindi rappresentativo del territorio) ha qualità sia denotative sia connotative che possono a seconda del lettore produrre consenso o conflitti, le rappresentazioni spaziali assumono un'importanza rilevante per la capacità di rendere il futuro visibile e oggetto di discussione. Le rappresentazioni divengono visioni: immagini dalla natura metaforica, racconto disegnato (complesso e sintetico) entro cui delineare strategie e azioni di lungo periodo esito di un accordo fondato sulla convergenza tra gli attori coinvolti. L'elaborazione di immagini di futuro (vision) richiede l'uso di tecniche di rappresentazione e linguaggi che si muovono tra figurativo e astratto, andando a sollecitare strati di senso differenti. Dato che queste devono essere diagrammatiche e comunicative è privilegiato un linguaggio sintetico facendo ricorso a dispositivi di narrazione quali concepts spaziali e metafore, trasposizioni simboliche dal forte potere evocativo. Il campo applicativo della ricerca è stato il tavolo tecnico che ha portato alla proposta del Piano Strategico della Città Metropolitana di Firenze-approvato definitivamente ad aprile 2017-che presenta visioni di lungo periodo verbo/disegnate, e che ben si presta a spiegare il ruolo dei concepts spaziali e delle metafore quali elementi di lettura, narrazione e progetto per i territori della contemporaneità.

Research paper thumbnail of EVOLUTION IN REGIONAL PLANNING: The ITALIAN PATH

Iconarp International Journal of Architecture and Planning, Feb 8, 2015

Focus of the paper are the models and practices of regional spatial planning activated in Italy i... more Focus of the paper are the models and practices of regional spatial planning activated in Italy in the most recent years, in order to evidence the innovation occurred and the challenges that regional planning institutions are facing. Compared to a theoretical and legislative framework that tends to separate the different types of regional planning (spatial, landscape, development planning), the experimental framework is characterized by pluralistic approaches in which a balance between a normative and a strategic nature of the territorial plan is searched, in order to introduce perspectives of economic and social development. In a continuous process of institutional reflexivity and learning, the regional institutions have now achieved that the notion of 'region' has become more about social interaction than geographical location. For that, interesting experiences of intraregional and interregional

Research paper thumbnail of Le eredità di Giovanni Astengo

sto sul "prestigio del progettista". Con il piano di Assisi (1958) e lo sviluppo più maturo del p... more sto sul "prestigio del progettista". Con il piano di Assisi (1958) e lo sviluppo più maturo del piano di Bergamo (1969) sperimenta, in modo quasi isolato nel panorama italiano, una ipotesi di lavoro secondo cui l'immagine della società futura poteva essere interpretata attraverso il passaggio delle fasi del "conoscere", del "comprendere", del "giudicare" e del "intervenire". Il piano di Assisi, ed in particolare il suo apparato di analisi, che ha stupito allora, come in molti casi anche oggi, non può essere letto semplicemente come la conseguenza di una cultura razionalista forse un po' naif, ma piuttosto si deve leggere nel tentativo di introdurre il tema della sostenibilità dello sviluppo locale; si pensi solo allo sforzo interpretativo del sistema agrario e dell'indagine sociale. L'interpretazione che vede nel lavoro di Astengo l'affermazione dell'autonomia dell'analisi, e a sopravvalutare il ruolo dell'urbanista, sembra oggi superata e legata a lontani dibattiti accademici interni allo Iuav conseguenti l'istituzione del corso di laurea in Urbanistica. Lo stretto rapporto fra analisi e piano è stata una componente inscindibile della sua opera: la certezza che la realtà possa e debba essere studiata con attenzione, utilizzando i mezzi più nuovi e più sofisticati che gli studi e le tecnologie mettono a disposizione dei professionisti e degli amministratori non è fondamento solo nella ricerca di precisi punti di riferimento all'interpretazione, ma anche nella sollecitazione di immagini e suggestioni nello sviluppo delle capacità di dare forma al cambiamento e di proporre soluzioni per il futuro. Lo stretto rapporto con i metodi e le tecniche della conoscenza può essere letto anche come la volontà di Astengo di imporre l'uso di strumenti capaci di promuovere la partecipazione e la trasparenza nel governo del territorio. Questa tensione ha connotato un risvolto importante del suo essere amministratore oltre che urbanista: «produrre, con l'aiuto di strumenti idonei, elementi conoscitivi quantificati, comunicabili, verificabili e metterli a disposizione di tutti aveva nella sua logica lo scopo di mettere amministratori, tecnici, politici, associazioni, singoli cittadini nelle condizioni di valutare quanto viene proposto e quanto viene fatto, di confrontare l'efficacia dei risultati con l'ambizione delle promesse» 5. Il rapporto progettista-amministrazione Per Astengo il mandato della formazione del piano regolatore comunale non si configura come un puro e semplice mandato professionale in quanto «il piano regolatore non è un rapporto soltanto tra professionista e il committente Comune, ma è un accordo che coinvolge responsabilità più vaste» 6. Queste convinzioni emergono chiaramente anche dalla posizione assunta nel dibattito sul riconoscimento delle competenze professionali dei laureati in urbanistica. In queste occasioni ribadisce, infatti, che «l'urbanista ha il compito delicato di consulente e interprete, sia pure con autonomia e responsabilità proprie, del mandato pubblico ricevuto». La regolazione dei rapporti tra pubblico e privato è cruciale per Astengo, in una disciplina che si giustifica con l'obiettivo di comporre l'interesse generale con quello individuale. È questo il presupposto per attribuire carattere etico e di necessità all'urbanistica e ai suoi strumenti: «La fondamentale moralità della disciplina si esprime anche in questo processo (...) che si confronta con una dimensione decisionale, progettuale e normativa» 7. «Scopo della pianificazione è di concordare la creazione e la distribuzione di quei beni di consumo collettivo (...) attrezzature e servizi, strade e parchi, che la civiltà moderna pone in quantità sempre maggiore a disposizione dei consumatori, e di coordinare di conseguenza, ai fini del benessere collettivo, quanto in questo campo viene sottratto alla libera azione dei singoli (...). Il piano urbanistico appare in definitiva come l'elemento equilibratore delle due sfere di attività pubblica e privata per quanto riguarda l'occupazione e l'uso del terreno, e, come tale, lungi dall'essere impossibile, inutile e dannoso, diventa lo strumento indispensabile per le amministrazioni centrali e locali» 8. Astengo ribadisce quindi la natura essenzialmente pubblica del lavoro dell'urbanista. Il piano è l'unica sede nella quale può essere esercitato il controllo democratico sulle scelte che determinano i destini della città. Per avviare il piano di una città, afferma al V Congresso Inu del 1954, ci vuole una premessa sola ma indispensabile, ed è la volontà di fare il piano e questa volontà non deve essere solo degli urbanisti, ma deve essere accettata e sentita da tutta l'amministrazione comunale. L'eredità di Astengo, sotto questo profilo, va intesa come capacità e determinazione nel cercare, affinare, adattare o meglio ancora produrre mezzi capaci di rispondere efficacemente alle esigenze dell'azione amministrativa del momento e praticarle dentro le istituzioni modificandole: «Ogni piano urbanistico esprime un progetto e una volontà. Il progetto può contenere maggiore o minore inventiva, lungimiranza e coerenza per le trasformazioni proposte e su queste caratteristiche si misura la capacità progettuale dell'urbanista nell'intuire le soluzioni più adatte, svilupparle tecnicamente e renderle tra loro coerenti e fattibili, senza perdere la carica inventiva che le deve sorreggere. La volontà è quella politica dell'Amministrazione committente, il cui compito è non solo quello di indicare prioritariamente gli obbiettivi generali di indirizzo per le trasformazioni da tradurre in progetto, ma anche certamente quello di seguire passo passo il processo analitico e progettuale, sempre laborioso, con facoltà di accoglierne i risultati, purché in un confronto aperto fra obbiettivi e scelte» 9. L'evoluzione disciplinare e la necessità della riforma urbanistica Minore attenzione è stata posta al lavoro degli ultimi anni di Astengo: la sua attività in Toscana, che lo vede impegnato nella seconda metà degli anni '80 nel piano di coordinamento dell'area metropolitana Firenze, Prato, Pistoia e nella revisione del Prg del Comune di Pisa, in quello di Firenze, e nella collaborazione al quello di Pistoia. È in queste esperienze che matura la lezione tenuta all'università di Reggio Calabria in occasione del conferimento della laurea ad Honorem "Cambiare le regole per innovare". Questo periodo pone infatti in evidenza uno spostamento di accento nel suo percorso di innovazione. Sostanzialmente conclusa l'esperienza universitaria e quella dell'impegno politico diretto, il suo lavoro si concentra verso una svolta di natura progettuale piuttosto che politico-gestionale. L'elaborazione di Astengo si concretizza verso due questioni, che sono ancora oggi al centro del dibattito urbanistico, e precisamente: la forma del piano e non solo le regole del piano (il dibattito sui due livelli del Prg che in qualche misura delinea e anticipa la legge Toscana); l'introduzione di specifici progetti urbani, partendo da "aree chiave" all'interno del piano regolatore superando così la suddivisione del territorio in zone omogenee. Astengo individua, forse per la prima volta, la necessità di provvedere ad innovare regole e metodi di progettazione prima ancora che di gestione: «l'origine di molti mali dei nostri insediamenti urbani va ricercata a monte della gestione e cioè proprio nei contenuti progettuali dei piani e dei programmi formati in questi ultimi trent'anni in ossequio ad una letterale interpretazione della legge urbanistica 1150 del '42 e soprattutto della circolare ministeriale 1444 del 1968. (...) Ricordiamo, per memoria storica, che questa circolare segue la frana di Agrigento, erano norme atte a far fronte alle aberrazioni dei piani e soprattutto dei programmi di fabbricazione allora vigenti. Che le norme dettate dall'emergenza dopo più di vent'anni si siano consolidate fino ad essere acriticamente assunte come norma corrente in quasi tutte le regioni, questo è del tutto inaccettabile» 10. «Che cosa sia in realtà successo (...) con la suddivisione del territorio in-zone omogenee-A, B, C, D e così via, è noto, ma vale la pena di ricordarlo brevemente. I centri storici, zone A, sono stati congelati dalla norma con effetti deleteri. Le zone B, cosiddette di completamente, si sono sempre più dilatate sul territorio, sfuggendo con le semplici norme regolamentari ad ogni assetto più razionale, diventando comode aree di franchigia. Le zone C, di espansione, si sono via via quantitativamente ridotte, a causa della rallentata dinamica espansiva, diventando spesso ininfluenti. Per le zone D, industriali, ci si è accontentati di una nominale blanda classificazione in sottozone. Risultato: la conferma, nella maggior parte dei casi, dello stato di fatto delle consuetudini ante piano, salvo una maggior attenzione per gli standards. Questo è l'unico effetto positivo della 765, ma anche questo, come è ben noto, solo con l'entrata in vigore dei nuovi piani e, quindi, con effetti paurosamente ritardati. (…). Chi dunque ancora si attarda, in sede legislativa e operativa, a mantenere in vita una normativa d'emergenza di oltre vent'anni fa, compie opera vana, antistorica e dannosa per il futuro» 11. Ancora una volta Astengo non si limita ad una diagnosi e denuncia dei mali dell'urbanistica, ma indica la strada per superarli, e così come nel 1977 scrive la legge del Piemonte, alla fine degli anni '80 definisce la necessità di una attenzione progettuale nella direzione del riordino del tessuto disaggregato, andando ad individuare nei vuoti e negli aggregati più deboli gli ambiti di trasformazione. «È possibile oggi, anzi doveroso, operare nel profondo degli insediamenti, con operazioni localizzate, anche complesse, formate da interventi multipli tra loro coordinati, atti a trasformare, innovare e irrobustire il tessuto insediativo, innervandolo su chiari e semplici telai infrastrutturali portanti. Queste le operazioni più urgenti e sensate per...

Research paper thumbnail of La figura del "regionale" e la "questione" urbanistica in Italia

Luci e ombre della pianificazione regionale. Narrazioni e riflessioni di alcune esperienze, 2019

Il testo intende ragionare intorno ad una figura chiave per la politica urbanistica dell’Italia r... more Il testo intende ragionare intorno ad una figura chiave per la politica urbanistica dell’Italia repubblicana: “il regionale”, una delle principali innovazioni contenute nella Carta Costituzionale italiana del 1948 che, tuttavia, per motivi squisitamente di scontro politico tra i due grandi partiti popolari usciti vincenti dal conflitto mondiale ha di fatto molto rallentato la nascita di questa figura nell’apparato amministrativo italiano. Rallentamento cui non è stato estraneo il continuo rimando dell’aggiornamento delle disposizioni nazionali sul controllo e governo delle trasformazioni urbane, tanto da tramutare la materia urbanistica, da modalità ordinata di governo pubblico, a “questione” .
E' interessante questa prospettiva di lettura, perché chiude una serie di riflessione che il libro tratta: il percorso amministrativo di sei Regioni (Emilia-Romagna; Friuli Venezia-Giulia; Lazio; Liguria; Piemonte; e Veneto), raccontata da sette dirigenti regionali che, seppur con ritmi e modalità diverse tra loro, ripercorrono la storia dei profili dell’azione regionale nel suo costruirsi, dal quale emergere seppur in forma implicita il ruolo che “il regionale” ha avuto nell’indirizzare le politiche regionali, del contribuito che ogni singola Regione ha tentato di giocare regionalizzando alcune disposizioni nazionali, e di come questa azione non coordinata ha finito per determinare una sorta di (non dichiarato) federalismo eclettico.

Research paper thumbnail of Fonti, criteri e modalità per l’individuazione del perimetro urbano ai sensi della 65/2014

Italiano La Regione Toscana con la L.R. 65/2014 rende necessario, per i comuni, di specificare ne... more Italiano La Regione Toscana con la L.R. 65/2014 rende necessario, per i comuni, di specificare nei propri atti di programmazione e di sviluppo del territorio il perimetro del territorio urbanizzato. Il piano di indirizzo territoriale (PIT) con valenza di piano paesaggistico approvato nel 2015 si appoggia a questa distinzione per l'individuazione sia dei morfotipi urbani che delle invarianti. Ma tecnicamente quali fonti, quali criteri e quali modalità possono aiutare l'individuazione di questo perimetro? Partendo dai dati cartografici messi a disposizione dalla Regione Toscana e dal PIT con valenza di Piano Paesaggistico, opportunamente interpolati con la cartografia dei piani comunali, ci si accorge come i diversi perimetri di partenza siano diversi tra loro e spesso in contraddizione. In occasione di una ricerca sperimentale riguardante la variante al Piano Strutturale del Comune di Roccastrada, come DidaLab di Regional Design, è stata messa a punto una metodologia utile per la perimentrazione del territorio urbanizzato. Quest'ultima è sia coerente a quanto previsto ai sensi della L.R. 65/2014, che innovativa negli strumenti usati, infatti ci si è avvalsi di una piattaforma collaborativa, Giscake, messa a pinto dallo SpinOff accademico dell'Università di Firenze chiamato Artù.

Research paper thumbnail of Pianificazione regionale cooperativa

Introduzione 9 GOVERNANCE COOPERATIVA: UNA DEFINIZIONE DEL CAMPO 15 1.1 La governance tra interaz... more Introduzione 9 GOVERNANCE COOPERATIVA: UNA DEFINIZIONE DEL CAMPO 15 1.1 La governance tra interazione, coordinamento e cooperazione 15 1.2 Teorie di piano e approccio cooperativo: genesi di un connubio 19 1.3 Il ruolo dell'attore pubblico 24 1.4 Gli impulsi alla cooperazione territoriale provenienti dall'Unione Europea 29 1.5 Crisi e cooperazione: forme istituzionali e cambiamenti in atto 39 GOVERNANCE E PIANIFICAZIONE REGIONALE 45 2.1 Quale regione? Il territorio istituzionale e il suo governo 45 2.2 Il sistema della cooperazione interistituzionale francese e il ruolo delle regioni 48 2.3 Alti e bassi della pianificazione regionale in Gran Bretagna 64 2.4 Pianificazione regionale e cooperazione in un sistema federale: il caso tedesco 73 2.5 Quale governance a livello regionale? Uno sguardo al contesto europeo 80 GOVERNO DEL TERRITORIO E COOPERAZIONE IN ITALIA 87 3.1 Forme di interazione nella pianificazione di sistema 87 3.2 Rapporti istituzionali gerarchici in seno al piano tradizionale 92 3.3 Forme di interazione istituzionale allargata, dai comprensori alla pianificazione operativa 96 3.4 Governo del territorio e pianificazione consensuale 101 3.5 Stato ed enti locali tra cooperazione e liberismo 108 8 INTERAZIONE E INTEGRAZIONE TERRITORIALE IN PIEMONTE 8.1 Vecchie e nuove forme di interazione nella pianificazione regionale piemontese 8.2 Il nuovo PTR: natura, forma, rapporti di cooperazione orizzontale e verticale 8.3 La pianificazione interregionale: quale dialogo con il PTR? 8.4 Il livello intermedio: dalla pianificazione comprensoriale agli Ambiti di Integrazione Territoriale 8.5 Spazi cooperativi di area vasta: una sfida per la pianificazione regionale 9 VERSO IL PIANO REGIONALE COOPERATIVO 9.1 Il piano territoriale regionale come processo cooperativo 9.2 Chi coopera? Gli interessi a scala regionale 9.3 L'ambito territoriale di riferimento 9.4 Come cooperare? Tra uguaglianza e gerarchia 9.5 Gli esiti della cooperazione: responsabilità e stabilità del piano regionale 9.6 Prospettive Bibliografia Ringraziamenti Il libro è frutto di un lavoro molto lungo che ha preso avvio durate il programma di ricerca Forme plurime della pianificazione regionale, ammesso a finanziamento dal Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica nel dicembre 2005, sotto il coordinamento del prof.

Research paper thumbnail of L’approccio italiano alla pianificazione regionale cooperativa: il Tavolo Interregionale per l’Area Padano-Alpino-Marittima

L'evoluzione del concetto di cooperazione nel sistema della pianificazione regionale italiana, le... more L'evoluzione del concetto di cooperazione nel sistema della pianificazione regionale italiana, letta attraverso i cambiamenti delle modalità di interazione tra i soggetti che intervengono nel processo di pianificazione, nonché la loro esplicitazione nelle pratiche di pianificazione territoriale regionale, è una delle più interessanti innovazioni che si possono osservare nelle pratiche regionali nell'ultimo decennio. Tra queste sperimentazioni, una è particolarmente innovativa, perché non si esplicita all'interno dei confini regionali istituzionali, ma all'esterno. Infatti, il Tavolo Interregionale della macro area padano-alpino-marittima rappresenta il primo tentativo in Italia di pianificazione cooperativa di livello interregionale, con una doppia finalità: la redazione congiunta di una vision condivisa che impronti i piani territoriali di tutte le regioni coinvolte; e la formazione di strategie di cooperazione comuni tali da fare "massa critica" nel sistema della competitività europea. Il contributo, ripercorrendo il percorso del Tavolo, analizza il concetto di cooperazione in un ambito specifico, quello regionale, e in relazione alle pratiche di pianificazione territoriale (regional spatial planning), con focus su un particolare tipo di cooperazione, quella di tipo orizzontale, interregionale.

Research paper thumbnail of L’uso del Bes nella pianificazione strategica. Prove di sperimentazione nel Piano Strategico Metropolitano di Firenze

Research paper thumbnail of Pianificazione regionale cooperativa: i nodi dell’approccio italiano alle macro-regioni - Cooperative regional planning: the Italian approach to Macro-regional issues

The paper focuses on the process of collaborative governance affecting the development of the Pad... more The paper focuses on the process of collaborative governance affecting the development of the Padano-Alpine-Maritime Macro Region in Northern Italy and on its potential of exploitation in the wider European panorama of territorial cooperation practices. The North Italy macro-region was created in 2007 as a technical working community, firstly aimed to build a shared cognitive framework within developing strategies for sustainable development of the so called "Adria Po Valley". The cooperative table has progressively grown up with the adhesion of other regions and has conveyed to the recent Patto interregionale per lo sviluppo sostenibile (Interregional Agreement for sustainable development). The authors propose a critical reflection on the concept of macro region applied to this experience and on its consequences in terms of multilevel governance and strengthen of competitiveness. In order to achieve better coordination in dealing with spatial development across Italian regions, the current focus on cognitive territorial dynamics in the Northern Italy area might not be the right solution to the current situation, if not supported by a reflection on territorial governance and organizational structures. Firstly, it seems quite evident that, in this case, the "macro region" concept has been used as a category of interpretation that does not correspond neither to the profile of the Macro regions as applied at the EU level (see the Baltic Sea Region and the Danube Strategy), nor to the Global City Region, in which urban policy expands to a territorial dimension (see the Dutch Randstad or the Catalonia). Instead, it seems to represents an intermediate level, in which interregional dynamics require a supra-local shared vision closer to the concept of Euroregion, even if only involving Italian actors. Nevertheless, the rhetoric of a Northern Italy macro-region is clearly oriented to achieve a critical mass in the framework of the next European Cohesion Policy (2014-2020), where macro-regions should become a means of delivering significant EU funding. However, the progressive enlargement of the partnership, as well as the changes of its name, from Adria-Po Valley (2007) to Padano-Alpine Macro Region (2009) to the recent addiction of the term Maritime (2010), are indicators of a feeble identity and of a cooperative attitude that is still not clear in its presupposes and in its territorialisation. Moreover, it intersects with stronger partnerships of scope as the Alpine Region or the Adriatic-Ionic Euroregion.

Research paper thumbnail of Arcipelago mediterraneo. Strategie di riqualificazione e sviluppo nelle città-porto delle isole

Strategie di riqualificazione e sviluppo nelle città-porto delle isole Le nuove sfide competitive... more Strategie di riqualificazione e sviluppo nelle città-porto delle isole Le nuove sfide competitive del mercato globalizzato da un lato rendono pressante l'esigenza di modernizzazione dei porti, dall'altro tendono a comprime le esigenze urbane e acuire il conflitto tra tessuto insediativo e area portuale. Il tema, generalmente declinato come rigenerazione del waterfront, negli ultimi anni è stato elevato a rappresentare uno dei campi più stimolanti per la sperimentazione di nuove politiche di sviluppo urbano, in un contesto che volge sempre più verso dinamiche competitive globali. La Cooperazione al cuore del Mediterraneo La Coopération au coer de la Méditerranée territorio, pianificazione, ambiente / 4 © copyright alinea editrice s.r.l.-firenze 2012 50144 firenze, via pierluigi da palestrina, 17/19 rosso tel.

Research paper thumbnail of Progettualità patchwork nel Piano territoriale metropolitano fiorentino: l’effetto “pendolo” tra strategie locali e strategie metropolitane

La pubblicazione è resa disponibile sotto le norme e i termini della licenza di deposito, secondo... more La pubblicazione è resa disponibile sotto le norme e i termini della licenza di deposito, secondo quanto stabilito dalla Policy per l'accesso aperto dell'Università degli Studi di Firenze (https://www.sba.unifi.it/upload/policy-oa-2016-1.pdf)

Research paper thumbnail of Raccontare il futuro. L’uso dei concepts spaziali e delle metafore nella rappresentazione delle vision strategiche

Le rappresentazioni cartografiche costituiscono un elemento integrante nei processi di pianificaz... more Le rappresentazioni cartografiche costituiscono un elemento integrante nei processi di pianificazione spaziale per comunicare e supportare politiche e progetti. In particolare nell'ambito della pianificazione strategica, declinata secondo l'approccio del regional design, le rappresentazioni sono impiegate esaltandone la versatilità dinamica e polisemica: le immagini, oltre a essere presentate come risultato finale di un processo decisionale, sono adoperate come strumenti interattivi attraverso cui condividere, discutere e definire nuove narrazioni progettuali. Ogni singolo segno rappresentato su carta (e quindi rappresentativo del territorio) ha qualità sia denotative sia connotative che possono a seconda del lettore produrre consenso o conflitti, le rappresentazioni spaziali assumono un'importanza rilevante per la capacità di rendere il futuro visibile e oggetto di discussione. Le rappresentazioni divengono visioni: immagini dalla natura metaforica, racconto disegnato (complesso e sintetico) entro cui delineare strategie e azioni di lungo periodo esito di un accordo fondato sulla convergenza tra gli attori coinvolti. L'elaborazione di immagini di futuro (vision) richiede l'uso di tecniche di rappresentazione e linguaggi che si muovono tra figurativo e astratto, andando a sollecitare strati di senso differenti. Dato che queste devono essere diagrammatiche e comunicative è privilegiato un linguaggio sintetico facendo ricorso a dispositivi di narrazione quali concepts spaziali e metafore, trasposizioni simboliche dal forte potere evocativo. Il campo applicativo della ricerca è stato il tavolo tecnico che ha portato alla proposta del Piano Strategico della Città Metropolitana di Firenze-approvato definitivamente ad aprile 2017-che presenta visioni di lungo periodo verbo/disegnate, e che ben si presta a spiegare il ruolo dei concepts spaziali e delle metafore quali elementi di lettura, narrazione e progetto per i territori della contemporaneità.

Research paper thumbnail of EVOLUTION IN REGIONAL PLANNING: The ITALIAN PATH

Iconarp International Journal of Architecture and Planning, Feb 8, 2015

Focus of the paper are the models and practices of regional spatial planning activated in Italy i... more Focus of the paper are the models and practices of regional spatial planning activated in Italy in the most recent years, in order to evidence the innovation occurred and the challenges that regional planning institutions are facing. Compared to a theoretical and legislative framework that tends to separate the different types of regional planning (spatial, landscape, development planning), the experimental framework is characterized by pluralistic approaches in which a balance between a normative and a strategic nature of the territorial plan is searched, in order to introduce perspectives of economic and social development. In a continuous process of institutional reflexivity and learning, the regional institutions have now achieved that the notion of 'region' has become more about social interaction than geographical location. For that, interesting experiences of intraregional and interregional

Research paper thumbnail of Le eredità di Giovanni Astengo

sto sul "prestigio del progettista". Con il piano di Assisi (1958) e lo sviluppo più maturo del p... more sto sul "prestigio del progettista". Con il piano di Assisi (1958) e lo sviluppo più maturo del piano di Bergamo (1969) sperimenta, in modo quasi isolato nel panorama italiano, una ipotesi di lavoro secondo cui l'immagine della società futura poteva essere interpretata attraverso il passaggio delle fasi del "conoscere", del "comprendere", del "giudicare" e del "intervenire". Il piano di Assisi, ed in particolare il suo apparato di analisi, che ha stupito allora, come in molti casi anche oggi, non può essere letto semplicemente come la conseguenza di una cultura razionalista forse un po' naif, ma piuttosto si deve leggere nel tentativo di introdurre il tema della sostenibilità dello sviluppo locale; si pensi solo allo sforzo interpretativo del sistema agrario e dell'indagine sociale. L'interpretazione che vede nel lavoro di Astengo l'affermazione dell'autonomia dell'analisi, e a sopravvalutare il ruolo dell'urbanista, sembra oggi superata e legata a lontani dibattiti accademici interni allo Iuav conseguenti l'istituzione del corso di laurea in Urbanistica. Lo stretto rapporto fra analisi e piano è stata una componente inscindibile della sua opera: la certezza che la realtà possa e debba essere studiata con attenzione, utilizzando i mezzi più nuovi e più sofisticati che gli studi e le tecnologie mettono a disposizione dei professionisti e degli amministratori non è fondamento solo nella ricerca di precisi punti di riferimento all'interpretazione, ma anche nella sollecitazione di immagini e suggestioni nello sviluppo delle capacità di dare forma al cambiamento e di proporre soluzioni per il futuro. Lo stretto rapporto con i metodi e le tecniche della conoscenza può essere letto anche come la volontà di Astengo di imporre l'uso di strumenti capaci di promuovere la partecipazione e la trasparenza nel governo del territorio. Questa tensione ha connotato un risvolto importante del suo essere amministratore oltre che urbanista: «produrre, con l'aiuto di strumenti idonei, elementi conoscitivi quantificati, comunicabili, verificabili e metterli a disposizione di tutti aveva nella sua logica lo scopo di mettere amministratori, tecnici, politici, associazioni, singoli cittadini nelle condizioni di valutare quanto viene proposto e quanto viene fatto, di confrontare l'efficacia dei risultati con l'ambizione delle promesse» 5. Il rapporto progettista-amministrazione Per Astengo il mandato della formazione del piano regolatore comunale non si configura come un puro e semplice mandato professionale in quanto «il piano regolatore non è un rapporto soltanto tra professionista e il committente Comune, ma è un accordo che coinvolge responsabilità più vaste» 6. Queste convinzioni emergono chiaramente anche dalla posizione assunta nel dibattito sul riconoscimento delle competenze professionali dei laureati in urbanistica. In queste occasioni ribadisce, infatti, che «l'urbanista ha il compito delicato di consulente e interprete, sia pure con autonomia e responsabilità proprie, del mandato pubblico ricevuto». La regolazione dei rapporti tra pubblico e privato è cruciale per Astengo, in una disciplina che si giustifica con l'obiettivo di comporre l'interesse generale con quello individuale. È questo il presupposto per attribuire carattere etico e di necessità all'urbanistica e ai suoi strumenti: «La fondamentale moralità della disciplina si esprime anche in questo processo (...) che si confronta con una dimensione decisionale, progettuale e normativa» 7. «Scopo della pianificazione è di concordare la creazione e la distribuzione di quei beni di consumo collettivo (...) attrezzature e servizi, strade e parchi, che la civiltà moderna pone in quantità sempre maggiore a disposizione dei consumatori, e di coordinare di conseguenza, ai fini del benessere collettivo, quanto in questo campo viene sottratto alla libera azione dei singoli (...). Il piano urbanistico appare in definitiva come l'elemento equilibratore delle due sfere di attività pubblica e privata per quanto riguarda l'occupazione e l'uso del terreno, e, come tale, lungi dall'essere impossibile, inutile e dannoso, diventa lo strumento indispensabile per le amministrazioni centrali e locali» 8. Astengo ribadisce quindi la natura essenzialmente pubblica del lavoro dell'urbanista. Il piano è l'unica sede nella quale può essere esercitato il controllo democratico sulle scelte che determinano i destini della città. Per avviare il piano di una città, afferma al V Congresso Inu del 1954, ci vuole una premessa sola ma indispensabile, ed è la volontà di fare il piano e questa volontà non deve essere solo degli urbanisti, ma deve essere accettata e sentita da tutta l'amministrazione comunale. L'eredità di Astengo, sotto questo profilo, va intesa come capacità e determinazione nel cercare, affinare, adattare o meglio ancora produrre mezzi capaci di rispondere efficacemente alle esigenze dell'azione amministrativa del momento e praticarle dentro le istituzioni modificandole: «Ogni piano urbanistico esprime un progetto e una volontà. Il progetto può contenere maggiore o minore inventiva, lungimiranza e coerenza per le trasformazioni proposte e su queste caratteristiche si misura la capacità progettuale dell'urbanista nell'intuire le soluzioni più adatte, svilupparle tecnicamente e renderle tra loro coerenti e fattibili, senza perdere la carica inventiva che le deve sorreggere. La volontà è quella politica dell'Amministrazione committente, il cui compito è non solo quello di indicare prioritariamente gli obbiettivi generali di indirizzo per le trasformazioni da tradurre in progetto, ma anche certamente quello di seguire passo passo il processo analitico e progettuale, sempre laborioso, con facoltà di accoglierne i risultati, purché in un confronto aperto fra obbiettivi e scelte» 9. L'evoluzione disciplinare e la necessità della riforma urbanistica Minore attenzione è stata posta al lavoro degli ultimi anni di Astengo: la sua attività in Toscana, che lo vede impegnato nella seconda metà degli anni '80 nel piano di coordinamento dell'area metropolitana Firenze, Prato, Pistoia e nella revisione del Prg del Comune di Pisa, in quello di Firenze, e nella collaborazione al quello di Pistoia. È in queste esperienze che matura la lezione tenuta all'università di Reggio Calabria in occasione del conferimento della laurea ad Honorem "Cambiare le regole per innovare". Questo periodo pone infatti in evidenza uno spostamento di accento nel suo percorso di innovazione. Sostanzialmente conclusa l'esperienza universitaria e quella dell'impegno politico diretto, il suo lavoro si concentra verso una svolta di natura progettuale piuttosto che politico-gestionale. L'elaborazione di Astengo si concretizza verso due questioni, che sono ancora oggi al centro del dibattito urbanistico, e precisamente: la forma del piano e non solo le regole del piano (il dibattito sui due livelli del Prg che in qualche misura delinea e anticipa la legge Toscana); l'introduzione di specifici progetti urbani, partendo da "aree chiave" all'interno del piano regolatore superando così la suddivisione del territorio in zone omogenee. Astengo individua, forse per la prima volta, la necessità di provvedere ad innovare regole e metodi di progettazione prima ancora che di gestione: «l'origine di molti mali dei nostri insediamenti urbani va ricercata a monte della gestione e cioè proprio nei contenuti progettuali dei piani e dei programmi formati in questi ultimi trent'anni in ossequio ad una letterale interpretazione della legge urbanistica 1150 del '42 e soprattutto della circolare ministeriale 1444 del 1968. (...) Ricordiamo, per memoria storica, che questa circolare segue la frana di Agrigento, erano norme atte a far fronte alle aberrazioni dei piani e soprattutto dei programmi di fabbricazione allora vigenti. Che le norme dettate dall'emergenza dopo più di vent'anni si siano consolidate fino ad essere acriticamente assunte come norma corrente in quasi tutte le regioni, questo è del tutto inaccettabile» 10. «Che cosa sia in realtà successo (...) con la suddivisione del territorio in-zone omogenee-A, B, C, D e così via, è noto, ma vale la pena di ricordarlo brevemente. I centri storici, zone A, sono stati congelati dalla norma con effetti deleteri. Le zone B, cosiddette di completamente, si sono sempre più dilatate sul territorio, sfuggendo con le semplici norme regolamentari ad ogni assetto più razionale, diventando comode aree di franchigia. Le zone C, di espansione, si sono via via quantitativamente ridotte, a causa della rallentata dinamica espansiva, diventando spesso ininfluenti. Per le zone D, industriali, ci si è accontentati di una nominale blanda classificazione in sottozone. Risultato: la conferma, nella maggior parte dei casi, dello stato di fatto delle consuetudini ante piano, salvo una maggior attenzione per gli standards. Questo è l'unico effetto positivo della 765, ma anche questo, come è ben noto, solo con l'entrata in vigore dei nuovi piani e, quindi, con effetti paurosamente ritardati. (…). Chi dunque ancora si attarda, in sede legislativa e operativa, a mantenere in vita una normativa d'emergenza di oltre vent'anni fa, compie opera vana, antistorica e dannosa per il futuro» 11. Ancora una volta Astengo non si limita ad una diagnosi e denuncia dei mali dell'urbanistica, ma indica la strada per superarli, e così come nel 1977 scrive la legge del Piemonte, alla fine degli anni '80 definisce la necessità di una attenzione progettuale nella direzione del riordino del tessuto disaggregato, andando ad individuare nei vuoti e negli aggregati più deboli gli ambiti di trasformazione. «È possibile oggi, anzi doveroso, operare nel profondo degli insediamenti, con operazioni localizzate, anche complesse, formate da interventi multipli tra loro coordinati, atti a trasformare, innovare e irrobustire il tessuto insediativo, innervandolo su chiari e semplici telai infrastrutturali portanti. Queste le operazioni più urgenti e sensate per...

Research paper thumbnail of La figura del "regionale" e la "questione" urbanistica in Italia

Luci e ombre della pianificazione regionale. Narrazioni e riflessioni di alcune esperienze, 2019

Il testo intende ragionare intorno ad una figura chiave per la politica urbanistica dell’Italia r... more Il testo intende ragionare intorno ad una figura chiave per la politica urbanistica dell’Italia repubblicana: “il regionale”, una delle principali innovazioni contenute nella Carta Costituzionale italiana del 1948 che, tuttavia, per motivi squisitamente di scontro politico tra i due grandi partiti popolari usciti vincenti dal conflitto mondiale ha di fatto molto rallentato la nascita di questa figura nell’apparato amministrativo italiano. Rallentamento cui non è stato estraneo il continuo rimando dell’aggiornamento delle disposizioni nazionali sul controllo e governo delle trasformazioni urbane, tanto da tramutare la materia urbanistica, da modalità ordinata di governo pubblico, a “questione” .
E' interessante questa prospettiva di lettura, perché chiude una serie di riflessione che il libro tratta: il percorso amministrativo di sei Regioni (Emilia-Romagna; Friuli Venezia-Giulia; Lazio; Liguria; Piemonte; e Veneto), raccontata da sette dirigenti regionali che, seppur con ritmi e modalità diverse tra loro, ripercorrono la storia dei profili dell’azione regionale nel suo costruirsi, dal quale emergere seppur in forma implicita il ruolo che “il regionale” ha avuto nell’indirizzare le politiche regionali, del contribuito che ogni singola Regione ha tentato di giocare regionalizzando alcune disposizioni nazionali, e di come questa azione non coordinata ha finito per determinare una sorta di (non dichiarato) federalismo eclettico.