Emanuela Rossi | Università degli Studi di Firenze (University of Florence) (original) (raw)
Papers by Emanuela Rossi
Archivio antropologico mediterraneo
Persone, musei e la retorica del tempo: considerazioni sulla formazione della collezione del muse... more Persone, musei e la retorica del tempo: considerazioni sulla formazione della collezione del museo di Antropologia di Vancouver Emanuela Rossi I want to consider the ways in which anthropology, particularly through its museums, structures the ways we think about other cultures (Ames 1992: 49)
I propose taking a closer look at the anthropological, classificatory and exhibitionary principle... more I propose taking a closer look at the anthropological, classificatory and exhibitionary principles on which a Canadian digital repatriation project (GRASAC) was built. The process of dematerialisation and subsequent reinsertion into a new ‘concretion’ (the digital database) has lent the objects a new status within a certain organisational structure. This kind of products, once created, take on a life and history of their own, separate from that of the objects themselves. Digital files of physical objects are more than just simple reproductions or copies, and can be read as a further phase of the ‘objects’ biography’. Summary 1 Foreword. – 2 How to Repatriate and to Whom?. – 3 Digital Technologies and Source Communities. – 4 GRASAC. – 5 Digital Biographies.
Archivio antropologico mediterraneo, 2022
Persone, musei e la retorica del tempo: considerazioni sulla formazione della collezione del muse... more Persone, musei e la retorica del tempo: considerazioni sulla formazione della collezione del museo di Antropologia di Vancouver Emanuela Rossi I want to consider the ways in which anthropology, particularly through its museums, structures the ways we think about other cultures (Ames 1992: 49)
Forme di Antropologia. Il Museo nazionale di Antropologia e Etnologia di Firenze, 2014
E' ORA DI ANDARE. DIALOGHI NELL'ASSENZA IN ONORE DI ALBERTO SOBRERO, 2022
Prefacio de Alberto Sobrero al libro Un paese che cambia. Saggi antropologici sull'Uruguay. Tra m... more Prefacio de Alberto Sobrero al libro Un paese che cambia. Saggi antropologici sull'Uruguay. Tra memoria e attualità, C.
With the patronage of : Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici, Società Italian... more With the patronage of : Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici, Società Italiana per la Museografia e i Beni DemoEtnoAntropologici
La Palazzina dei Servi a Firenze Da residenza vescovile a sede universitaria, 2014
Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire solo a segui... more Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto dall'editore. Photocopies for reader's personal use are limited to 15% of every book/issue of periodicaland with payment to SIAE of the compensation foreseen in art.
Antropologia Museale, 2018
Questo inizio di XXI secolo sta mostrando un Canada allo stesso tempo vitale ed inquieto sul pian... more Questo inizio di XXI secolo sta mostrando un Canada allo stesso tempo vitale ed inquieto sul piano museal-expografico. Sono stati aperti in varie parti del paese molti centri culturali indigeni con i loro spazi museali autonomi. Quei “musei tribali” di cui Clifford alla fine degli anni ‘90 aveva offerto un assaggio sono dunque esplosi e i grandi “musei maggioritari” stanno manifestando grande inquietudine, cambiando nome ad esempio, ma anche più radicalmente impianti narrativi ed expografici. I più importanti musei d’arte del paese hanno iniziato ad includere nei loro spazi e nelle loro cornici retorico/narrative manufatti indigeni di epoca storica. Nel testo propongo di osservare l'inclusione di manufatti etnografici, ricategorizzati come opere d’arte, nella National Gallery of Canada alla luce del concetto di artificazione. Questo è a mio avviso da leggere come una delle forme che ha assunto il processo di decolonizzazione, avviato a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, degli spazi museali nei contesti post-coloniali. In particolare propongo di leggere i processi di spostamento e ricategorizzazione di materiali etnografici come una delle forme che ha assunto il più vasto processo di restituzione (della proprietà delle terre, delle storie, dei diritti di pesca e caccia, di repatriation degli oggetti e così via) alle comunità indigene.
LARES, 2007
Le panchine commemorative di un parco pubblico della città di Vancouver vengono analizzate come u... more Le panchine commemorative di un parco pubblico della città di Vancouver vengono analizzate come un modo per ricordare i Lari familiari.
Cultural Heritage. Scenarios 2015-2017, 2017
I propose taking a closer look at the anthropological, classificatory and exhibitionary principle... more I propose taking a closer look at the anthropological, classificatory and exhibitionary principles on which a Canadian digital repatriation project (GRASAC) was built. The process of de-materialisation and subsequent reinsertion into a new 'concretion' (the digital database) has lent the objects a new status within a certain organisational structure. This kind of products, once created, take on a life and history of their own, separate from that of the objects themselves. Digital files of physical objects are more than just simple reproductions or copies, and can be read as a further phase of the 'objects' biography'.
Antropologia museale, 2018
Questo inizio di XXI secolo sta mostrando un Canada allo stesso tempo vitale ed inquieto sul pian... more Questo inizio di XXI secolo sta mostrando un Canada allo stesso tempo vitale ed inquieto sul piano museal-expografico. Sono stati aperti in varie parti del paese molti centri culturali indigeni con i loro spazi museali autonomi. Quei “musei tribali” di cui Clifford alla fine degli anni ‘90 aveva offerto un assaggio sono dunque esplosi e i grandi “musei maggioritari” stanno manifestando grande inquietudine, cambiando nome ad esempio, ma anche più radicalmente impianti narrativi ed expografici. I più importanti musei d’arte del paese hanno iniziato ad includere nei loro spazi e nelle loro cornici retorico/narrative manufatti indigeni di epoca storica. Nel testo propongo di osservare l'inclusione di manufatti etnografici, ricategorizzati come opere d’arte, nella National Gallery of Canada alla luce del concetto di artificazione. Questo è a mio avviso da leggere come una delle forme che ha assunto il processo di decolonizzazione, avviato a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, degli spazi museali nei contesti post-coloniali. In particolare propongo di leggere i processi di spostamento e ricategorizzazione di materiali etnografici come una delle forme che ha assunto il più vasto processo di restituzione (della proprietà delle terre, delle storie, dei diritti di pesca e caccia, di repatriation degli oggetti e così via) alle comunità indigene.
At the beginning of the 21st century, Canada is showing itself to be both vital and restless with respect to museology and museum exhibitions. Many indigenous cultural centers have opened autonomous museum spaces in various parts of the country.. Those "tribal museums" of which Clifford had offered a glimpse at the end of the 1990s have therefore “exploded” and the important "majority museums" are showing great unease, changing names, for example, but also more radically, their narratives and displays. The most important art museums in the country have begun to include historical indigenous artifacts in their narratives and galleries. In this article I propose to analyze the inclusion of ethnographic artifacts, re-categorized as works of art, in the National Gallery of Canada in the light of the concept of “artification”. This process, in my opinion, has to be read as one of the forms of the decolonization of museum spaces in post-colonial contexts, begun in the 1990s. In particular I propose to interpret the displacement and re-categorization of ethnographic materials as one of the forms of the broader restitution process to indigenous communities, a process which includes land ownership, stories, rights to fishing and hunting, repatriation of objects, etc.
LARES, 2019
Partendo da una indagine etnografica in un’area umida a Quarrata in provincia di Pistoia, chiamat... more Partendo da una indagine etnografica in un’area umida a Quarrata in provincia di Pistoia, chiamata «La Querciola», e sul gruppo di persone che intorno a questa gravita, ho preso in esame quelle che definisco «tecnologie patrimoniali »: una collezione di oggetti del mondo contadino, un museo, una mappa di comunità, forme di rievocazione di vecchi mestieri etc. Queste tecnologie, che implicano gesti, azioni, attività, vengono esaminate come strumenti utilizzati da un gruppo di persone dai confini sfumati per costruire, ricostruire e negoziare un senso di luogo, di identità, di comunità che molto hanno a che fare con come si desidera e immagina il futuro. Nel corso del tempo mi sono progressivamente spostata ad osservare ciò che un gruppo di persone faceva di quelle tecnologie in vista di un proprio progetto di ‘mondo migliore’. In altre parole, la piccola comunità, che sto seguendo, fa quello che fa perché aspira ad un mondo se non migliore, sicuramente diverso, da quello in cui si trova. L’area della Querciola, in questo senso, diventa lo spazio (ed anche il tempo) del desiderio, del sogno, dell’aspirazione.
Starting with ethnographic research on a humid area called «La Querciola», in Quarrata (in the province of Pistoia) and the group of people who revolve around it, I examined what I define as «heritage technologies»: a collection of objects connected to the rural world, a museum, a parish map, reenactments of old crafts and so forth. These technologies, which provide insights into gestures, actions and activities, were examined as the tools used by this group of people characterized by soft borders, to construct, reconstruct and negotiate a sense of place, identity and community, strongly connected to how they desire and imagine their future. During the course of time, my research progressively led me to observe how this group of people applied these technologies to an actual project for a ‘better world. In other words, the small community I am researching, does what it does because it aspires to a world, if not better, different to that in which it lives. The Querciola area, in this sense, becomes the place (and also the time) of desires, dreams and aspirations.
News by Emanuela Rossi
Tuesday, February 1, 2022–3:00 PM American Academy in Rome, Lecture Room
Archivio antropologico mediterraneo
Persone, musei e la retorica del tempo: considerazioni sulla formazione della collezione del muse... more Persone, musei e la retorica del tempo: considerazioni sulla formazione della collezione del museo di Antropologia di Vancouver Emanuela Rossi I want to consider the ways in which anthropology, particularly through its museums, structures the ways we think about other cultures (Ames 1992: 49)
I propose taking a closer look at the anthropological, classificatory and exhibitionary principle... more I propose taking a closer look at the anthropological, classificatory and exhibitionary principles on which a Canadian digital repatriation project (GRASAC) was built. The process of dematerialisation and subsequent reinsertion into a new ‘concretion’ (the digital database) has lent the objects a new status within a certain organisational structure. This kind of products, once created, take on a life and history of their own, separate from that of the objects themselves. Digital files of physical objects are more than just simple reproductions or copies, and can be read as a further phase of the ‘objects’ biography’. Summary 1 Foreword. – 2 How to Repatriate and to Whom?. – 3 Digital Technologies and Source Communities. – 4 GRASAC. – 5 Digital Biographies.
Archivio antropologico mediterraneo, 2022
Persone, musei e la retorica del tempo: considerazioni sulla formazione della collezione del muse... more Persone, musei e la retorica del tempo: considerazioni sulla formazione della collezione del museo di Antropologia di Vancouver Emanuela Rossi I want to consider the ways in which anthropology, particularly through its museums, structures the ways we think about other cultures (Ames 1992: 49)
Forme di Antropologia. Il Museo nazionale di Antropologia e Etnologia di Firenze, 2014
E' ORA DI ANDARE. DIALOGHI NELL'ASSENZA IN ONORE DI ALBERTO SOBRERO, 2022
Prefacio de Alberto Sobrero al libro Un paese che cambia. Saggi antropologici sull'Uruguay. Tra m... more Prefacio de Alberto Sobrero al libro Un paese che cambia. Saggi antropologici sull'Uruguay. Tra memoria e attualità, C.
With the patronage of : Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici, Società Italian... more With the patronage of : Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici, Società Italiana per la Museografia e i Beni DemoEtnoAntropologici
La Palazzina dei Servi a Firenze Da residenza vescovile a sede universitaria, 2014
Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire solo a segui... more Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dagli aventi diritto dall'editore. Photocopies for reader's personal use are limited to 15% of every book/issue of periodicaland with payment to SIAE of the compensation foreseen in art.
Antropologia Museale, 2018
Questo inizio di XXI secolo sta mostrando un Canada allo stesso tempo vitale ed inquieto sul pian... more Questo inizio di XXI secolo sta mostrando un Canada allo stesso tempo vitale ed inquieto sul piano museal-expografico. Sono stati aperti in varie parti del paese molti centri culturali indigeni con i loro spazi museali autonomi. Quei “musei tribali” di cui Clifford alla fine degli anni ‘90 aveva offerto un assaggio sono dunque esplosi e i grandi “musei maggioritari” stanno manifestando grande inquietudine, cambiando nome ad esempio, ma anche più radicalmente impianti narrativi ed expografici. I più importanti musei d’arte del paese hanno iniziato ad includere nei loro spazi e nelle loro cornici retorico/narrative manufatti indigeni di epoca storica. Nel testo propongo di osservare l'inclusione di manufatti etnografici, ricategorizzati come opere d’arte, nella National Gallery of Canada alla luce del concetto di artificazione. Questo è a mio avviso da leggere come una delle forme che ha assunto il processo di decolonizzazione, avviato a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, degli spazi museali nei contesti post-coloniali. In particolare propongo di leggere i processi di spostamento e ricategorizzazione di materiali etnografici come una delle forme che ha assunto il più vasto processo di restituzione (della proprietà delle terre, delle storie, dei diritti di pesca e caccia, di repatriation degli oggetti e così via) alle comunità indigene.
LARES, 2007
Le panchine commemorative di un parco pubblico della città di Vancouver vengono analizzate come u... more Le panchine commemorative di un parco pubblico della città di Vancouver vengono analizzate come un modo per ricordare i Lari familiari.
Cultural Heritage. Scenarios 2015-2017, 2017
I propose taking a closer look at the anthropological, classificatory and exhibitionary principle... more I propose taking a closer look at the anthropological, classificatory and exhibitionary principles on which a Canadian digital repatriation project (GRASAC) was built. The process of de-materialisation and subsequent reinsertion into a new 'concretion' (the digital database) has lent the objects a new status within a certain organisational structure. This kind of products, once created, take on a life and history of their own, separate from that of the objects themselves. Digital files of physical objects are more than just simple reproductions or copies, and can be read as a further phase of the 'objects' biography'.
Antropologia museale, 2018
Questo inizio di XXI secolo sta mostrando un Canada allo stesso tempo vitale ed inquieto sul pian... more Questo inizio di XXI secolo sta mostrando un Canada allo stesso tempo vitale ed inquieto sul piano museal-expografico. Sono stati aperti in varie parti del paese molti centri culturali indigeni con i loro spazi museali autonomi. Quei “musei tribali” di cui Clifford alla fine degli anni ‘90 aveva offerto un assaggio sono dunque esplosi e i grandi “musei maggioritari” stanno manifestando grande inquietudine, cambiando nome ad esempio, ma anche più radicalmente impianti narrativi ed expografici. I più importanti musei d’arte del paese hanno iniziato ad includere nei loro spazi e nelle loro cornici retorico/narrative manufatti indigeni di epoca storica. Nel testo propongo di osservare l'inclusione di manufatti etnografici, ricategorizzati come opere d’arte, nella National Gallery of Canada alla luce del concetto di artificazione. Questo è a mio avviso da leggere come una delle forme che ha assunto il processo di decolonizzazione, avviato a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, degli spazi museali nei contesti post-coloniali. In particolare propongo di leggere i processi di spostamento e ricategorizzazione di materiali etnografici come una delle forme che ha assunto il più vasto processo di restituzione (della proprietà delle terre, delle storie, dei diritti di pesca e caccia, di repatriation degli oggetti e così via) alle comunità indigene.
At the beginning of the 21st century, Canada is showing itself to be both vital and restless with respect to museology and museum exhibitions. Many indigenous cultural centers have opened autonomous museum spaces in various parts of the country.. Those "tribal museums" of which Clifford had offered a glimpse at the end of the 1990s have therefore “exploded” and the important "majority museums" are showing great unease, changing names, for example, but also more radically, their narratives and displays. The most important art museums in the country have begun to include historical indigenous artifacts in their narratives and galleries. In this article I propose to analyze the inclusion of ethnographic artifacts, re-categorized as works of art, in the National Gallery of Canada in the light of the concept of “artification”. This process, in my opinion, has to be read as one of the forms of the decolonization of museum spaces in post-colonial contexts, begun in the 1990s. In particular I propose to interpret the displacement and re-categorization of ethnographic materials as one of the forms of the broader restitution process to indigenous communities, a process which includes land ownership, stories, rights to fishing and hunting, repatriation of objects, etc.
LARES, 2019
Partendo da una indagine etnografica in un’area umida a Quarrata in provincia di Pistoia, chiamat... more Partendo da una indagine etnografica in un’area umida a Quarrata in provincia di Pistoia, chiamata «La Querciola», e sul gruppo di persone che intorno a questa gravita, ho preso in esame quelle che definisco «tecnologie patrimoniali »: una collezione di oggetti del mondo contadino, un museo, una mappa di comunità, forme di rievocazione di vecchi mestieri etc. Queste tecnologie, che implicano gesti, azioni, attività, vengono esaminate come strumenti utilizzati da un gruppo di persone dai confini sfumati per costruire, ricostruire e negoziare un senso di luogo, di identità, di comunità che molto hanno a che fare con come si desidera e immagina il futuro. Nel corso del tempo mi sono progressivamente spostata ad osservare ciò che un gruppo di persone faceva di quelle tecnologie in vista di un proprio progetto di ‘mondo migliore’. In altre parole, la piccola comunità, che sto seguendo, fa quello che fa perché aspira ad un mondo se non migliore, sicuramente diverso, da quello in cui si trova. L’area della Querciola, in questo senso, diventa lo spazio (ed anche il tempo) del desiderio, del sogno, dell’aspirazione.
Starting with ethnographic research on a humid area called «La Querciola», in Quarrata (in the province of Pistoia) and the group of people who revolve around it, I examined what I define as «heritage technologies»: a collection of objects connected to the rural world, a museum, a parish map, reenactments of old crafts and so forth. These technologies, which provide insights into gestures, actions and activities, were examined as the tools used by this group of people characterized by soft borders, to construct, reconstruct and negotiate a sense of place, identity and community, strongly connected to how they desire and imagine their future. During the course of time, my research progressively led me to observe how this group of people applied these technologies to an actual project for a ‘better world. In other words, the small community I am researching, does what it does because it aspires to a world, if not better, different to that in which it lives. The Querciola area, in this sense, becomes the place (and also the time) of desires, dreams and aspirations.
Tuesday, February 1, 2022–3:00 PM American Academy in Rome, Lecture Room