Giovanni Assereto | University of Genova (original) (raw)
Papers by Giovanni Assereto
Flavio BARONCELLI, Alfabeto. Con scritti e testimonianze, 2011
Un ricordo di Flavio Baroncelli e della mia lunga amicizia con lui
"Il Giornale", 1995
Si consolino i massoni che da alcuni anni sono sotto il tiro della magistratura e vengono accusat... more Si consolino i massoni che da alcuni anni sono sotto il tiro della magistratura e vengono accusati d'ogni nefandezza: due secoli e mezzo fa non se la sarebbero passata meglio. Nel 1738 papa Clemente XII fulminava contro di loro la scomunica; pochi anni dopo in Italia, Francia e Portogallo la polizia e l'Inquisizione facevano a gara nel perseguitarli, con qualche buona ragione. Importata dalla Gran Bretagna negli anni 1730, la massoneria aveva diffuso nel continente alcune diavolerie che inquietavano le chiese e i governi assolutistici: tolleranza religiosa, libertà d'opinione, comunanza fra individui di ceto diverso, e soprattutto una pratica "costituzionale" all'interno delle logge-con libere elezioni e parità di diritti-troppo simile a quel regime parlamentare inglese che, agli occhi d'ogni europeo timorato di Dio e del proprio sovrano, rappresentava una deprecabile sovversione. A dire il vero un uomo di buon senso come Ludovico Antonio Muratori aveva subito invitato a non preoccuparsi di quella ch'era solo «un'invenzione di darsi bel tempo con riti ridicolosi sostenuti con gran gravità». Ma tant'è, l'ottusità di burocrati e prelati avrebbe continuato a demonizzare la massoneria, col risultato di renderla attraente a chi cercava il brivido della trasgressione e di fornirle uno spessore che di per sé non possedeva. Così si sarebbe via via caricata di connotati positivi sino ad incarnare, agli occhi delle generazioni successive, le forze del progresso contro quelle dell'oscurantismo: una sorta di Compagnia di Gesù al servizio della «Chiesa della Ragione», come la definì Benedetto Croce. Su quest'apertura di credito la massoneria ha campato a lungo, e c'è voluta tutta la cattiva volontà di alcuni dei massoni d'oggi per dilapidare-fra trame golpiste e affarismo di bassa lega-un patrimonio secolare. Ma a rinverdire gli antichi fasti ci pensa un libro dell'americana Margaret Jacob (Massoneria illuminata. Politica e cultura nell'Europa del Settecento, Einaudi 1995) che, pur con tutto il suo rigore scientifico, pare sponsorizzato da un Maestro Venerabile in crisi d'identità o nei guai con la giustizia, tanto è prodigo di lodi per i Liberi Muratori. «La società civile è un frutto della massoneria»: da quest'intuizione di Lessing, ripresa ai giorni nostri dal sociologo Jürgen Habermas, parte la Jacob per dimostrare come le logge fossero forme d'una nuova socialità, «scuole di governo costituzionale», laboratori in cui si sperimentarono e si misero a punto le strutture politiche dell'Occidente moderno. Accenna anche a quel filone di pensiero che parte dall'abate Barruel (Mémoires pour servir à l'histoire du jacobinisme, 1797) e attraverso il cattolico integralista Augustin Cochin (1876-1916) approda a nouveaux historiens di grido come François Furet e Pierre Chaunu, i quali individuano una continuità tra il complotto massonico, il giacobinismo, Lenin e Pol Pot. Ma liquida con disprezzo queste fantasie ultras, stando ferma a un'interpretazione della massoneria tutta liberaldemocratica e felicemente progressista. Benché il suo libro non sia un capolavoro di chiarezza, è difficile dar torto alla Jacob. In un volume assai più ricco e sfaccettato (Massoneria e illuminismo nell'Europa del Settecento, Marsilio 1994) Giuseppe Giarrizzo spiega quanto tortuoso sia stato il percorso delle logge nell'età dei lumi, e quanto spazio vi abbiano occupato fenomeni come l'occultismo e la cabala, o personaggi come Mesmer o Cagliostro. Eppure, l'impronta illuministica della società dei Liberi Muratori sembra innegabile. Basterebbe mettere in fila alcuni dei confratelli più illustri (da Voltaire a Condorcet, da Montesquieu a Franklin), o ricordare con Daniel Roche (Franc-Maçonnerie et lumières, 1964) che un buon 10% degli autori francesi del secolo XVIII era di appartenenza massonica. Ma fino a che punto la
Paralleli, Aug 1992
Nel 1831 Victor Hugo aveva scritto: «Già sento il suono cupo della rivoluzione, ancora nelle prof... more Nel 1831 Victor Hugo aveva scritto: «Già sento il suono cupo della rivoluzione, ancora nelle profondità della terra, che scava le sue gallerie sotterranee sotto tutti i regni d'Europa, partendo dal pozzo centrale della miniera, che è Parigi». Era un'ottima profezia del Quarantotto, ma con un dettaglio sbagliato, perché la prima scintilla del grande incendio europeo si sarebbe accesa non nella capitale culturale del continente, ma in una periferia arretrata: fu a Palermo, il 12 gennaio, che scoppiò la prima rivolta dell'anno mirabile, e si trattò di un moto arcaico, che si richiamava sì al «progresso del secolo», ma in realtà riprendeva antiche tendenze del separatismo siciliano. Tuttavia l'agitazione si diffuse rapidissima in tutto il Regno delle Due Sicilie, e già il 29 gennaio re Ferdinando II, gran campione della reazione europea, fu costretto a concedere ai propri sudditi una costituzione. Sul suo esempio, tutti gli altri sovrani della penisola nel giro di poco tempo dovettero fare altrettanto, sconvolgendo così il sistema politico di uno scacchiere come quello italiano, assai delicato e importante per gli equilibri europei di allora. Parigi si mosse più tardi, il 23 febbraio, ma con una progressione rapidissima ed entusiasmante o terrificante, a seconda dei punti di vista. In un attimo le strade furono piene di barricate, su cui sventolava una prima bandiera rossa. Il giorno dopo la città era già in mano agli insorti: re Luigi Filippo dovette abdicare e subito venne proclamata la repubblica. Nel governo provvisorio entrarono l'intellettuale socialista Louis Blanc e l'operaio Alexandre Martin detto Albert, la questione operaia balzò in primo piano, si decretarono la riduzione della giornata lavorativa, il diritto al lavoro, l'apertura degli ateliers nationaux finanziati dallo Stato per garantire a tutti un'occupazione. Prendevano corpo, insomma, i fantasmi che già da tempo agitavano i sonni dei conservatori; e sembrava affermarsi-secondo le parole di papa Pio IX nell'enciclica Qui pluribus del 1846-«quella nefasta dottrina del cosiddetto comunismo sommamente contraria allo stesso diritto naturale, la quale, una volta ammessa, porterebbe al radicale sovvertimento dei diritti, delle cose, della proprietà di tutti e della stessa società umana». Dalla Francia l'incendio si propagò al resto d'Europa in tempi brevissimi. A Vienna, cuore legittimista d'Europa, una serie di manifestazioni e rivendicazioni provocò, il 14 marzo, le dimissioni del principe di Metternich, l'uomo che per oltre trent'anni aveva messo in riga le diplomazie di tutto il continente; e due giorni dopo Sua Maestà Apostolica Ferdinando I si vide costretto ad annunciare la concessione di una «costituzione imperiale». La crisi politica viennese diede la stura a una lunga serie di proteste e sommosse nel vasto impero asburgico: si rivoltarono Budapest, Praga, Lubiana e Zagabria; boemi e ungheresi proclamarono la loro autonomia dall'Austria; a Milano l'insurrezione delle Cinque Giornate costrinse il maresciallo Radetzky a far fagotto insieme con le sue truppe; a Venezia vennero cacciati i soldati austriaci e restaurata la Repubblica di San Marco. Il 18 marzo anche Berlino, capitale del Regno di Prussia, alzò le barricate e costrinse Federico Guglielmo IV a promulgare la costituzione e a convocare un'assemblea degli Stati tedeschi, mentre l'entusiasmo rivoluzionario si impadroniva di tutta la Germania, dalla Baviera alle città anseatiche e dal Württemberg alla Turingia. Sempre in marzo scoppiò una grave sommossa a Glasgow, seguita da altre nei principali centri industriali dell'Inghilterra-Manchester, Newcastle, Birmingham, Nottingham-nonché in Irlanda; mentre a Londra si intensificavano le manifestazioni del partito cartista, che chiedeva il suffragio universale. In Olanda le dimostrazioni dei liberali costrinsero re Guglielmo II a una sterzata riformatrice. E si rivoltarono i polacchi della Poznania e di Cracovia, i Serbi del Banato, le comunità magiare e rumene della Transilvania, la Valacchia ancora soggetta all'Impero Ottomano.
Sociabilità aristocratica in età moderna. Il caso genovese: paradigmi, interpretazioni e confronti a cura di R. BIZZOCCHI e A. PACINI, Pisa, Ediz. Plus, 2008
Le poche pagine del mio intervento hanno una funzione puramente introduttiva, senza alcuna pretes... more Le poche pagine del mio intervento hanno una funzione puramente introduttiva, senza alcuna pretesa di originalità. Dirò cose tratte in buona parte proprio dagli scritti dei colleghi genovesi presenti a questo seminario, ma in compenso cercherò di non invadere il campo loro assegnato. Pertanto non parlerò espressamente di socialità aristocratica, né di salotti o di cicisbei: mi limiterò ad accennare a certi connotati dei patrizi genovesi del Settecentodal punto di vista socioeconomico, politico, culturaleche credo possano contribuire a spiegare i modi in cui essi organizzavano la loro vita associativa. L'ipotesi da cui parto è che l'aristocrazia genovese abbia tratti piuttosto peculiari rispetto ad altre, tanto italiane quanto europee, a dispetto di un'apparente omogeneità degli stili di vita, delle mode, delle strategie matrimoniali, dell'immagine privata e pubblica. Si tratta, va da sé, di un patriziato repubblicano, il che lo distingue non solo dalle nobiltà degli Stati monarchici, ma anche da quelle delle città italiane (Milano, Firenze,
Prato. Storia di una città, vol. 2, Un microcosmo in movimento (1494-1815) a cura di E. FASANO GUARINI, Firenze, Le Monnier, pp. 759-824., 1986
"Materiali per una storia della cultura giuridica", 2002
La Liguria (Storia d'Italia. Le regioni dall'Unità a oggi) a cura di A. GIBELLI e P. RUGAFIORI, Torino, Einaudi,1994, pp. 159-215, 1994
The political and economic events of Genoa and Liguria between the end of the aristocratic republ... more The political and economic events of Genoa and Liguria between the end of the aristocratic republic and the Unification of Italy.
Il primo paese al mondo a conoscere il culto della natura e a sviluppare una parvenza di ciò che ... more Il primo paese al mondo a conoscere il culto della natura e a sviluppare una parvenza di ciò che oggi chiamiamo "coscienza ecologica" fu l'Inghilterra, patria della rivoluzione industriale. Lì già nell'Ottocento, appunto per reazione all'industrialismo, si diffuse l'amore per gli alberi, nacque una Società Reale per la prevenzione della crudeltà verso gli animali, ci si entusiasmò per le selve e le montagne fino allora considerate «escrescenze mostruose della terra». Poi il fenomeno andò allargandosi a sempre nuove nazioni, man mano che queste venivano raggiunte dalla medesima rivoluzione industriale e tramontava al loro interno la vecchia civiltà agricola e pastorale. Questo paradigma, opportunamente rovesciato, lo si può applicare ad alcune aree che negli ultimi decenni hanno conosciuto un processo di deindustrializzazione, come è il caso di Savona e del suo comprensorio. Qui l'industria, almeno nelle forme in cui la si era conosciuta durante la sua fase "classica", sembra un mondo perduto e l'umanità che ci lavorava dentro appare una specie in via di estinzione, meritevole di protezione. Ebbene, finché le ciminiere fumavano e le sirene delle fabbriche suonavano, gli intellettuali savonesi non pensavano che vi si dovesse prestare troppa attenzione e gli storici locali si disinteressavano di quell'età contemporanea che aveva conosciutoin un triangolo compreso tra Finale, Varazze e la val Bormidaun robusto sviluppo del modello industriale e della civiltà operaia. Ora invece, da alcuni anni, escono libri dedicati a quel periodo, nei quali la ricostruzione storica non di rado si colora di rimpianto e di nostalgia per un passato chementre procede lo smantellamento di vecchi stabilimenti e i reperti archeologici dell'antica industrializzazione diventano sempre più rariappare irripetibile. Andrea Zanini, studioso anagraficamente giovane e non savonese, qualche anno fa ha ricostruito con cura il profilo dell'industria chimica savonese dall'Unità d'Italia alla fine del XX secolo. Oggi ci presenta, in un saggio agile quanto accurato, un panorama completo della storia economica del comprensorio tra la fine dell'Ottocento e i giorni nostri, e nel delinearlo ha potuto valersi appunto di una produzione storiografica recente che ha manifestato forte interesse per i tempi più vicini a noi e per le trasformazioni industriali che in essi si sono verificate. Così questo libro, mentre segna una tappa importante per quanto riguarda la conoscenza del nostro territorio, rispecchia anche una nuova consapevolezza, una diversa attenzione dei Savonesi per il proprio passato. Quantunque lo sguardo dell'Autore percorra tutte le attività economiche, è indubbio che a farla da protagonista è proprio la vicenda industriale, quel settore secondario che nel Savonese è stato fondamentale per centocinquant'anni tra Otto e Novecento, ma che aveva alle spalle una storia di lungo periodo, una plurisecolare protoindustria (del vetro, del ferro, dei laterizi, della ceramica, del cuoio, del sapone), sviluppatasi a partire da alcuni fattori ambientali: l'esistenza di un porto naturale, di certe materie prime, di combustibile in abbondanza, di terreni a basso costo. Per esempio i Vada Sabatia, le aree acquitrinose intorno a Vado Ligure, che presto si sarebbero riempite di opifici; o più tardi la val Bormida di Cengio, di San Giuseppe, di Ferrania, spazi di scarso valore improvvisamente
"Il Giornale", 1995
Breve profilo biografico di Emilia Morelli
ITALIANO: Profilo biografico di Cornelio Desimoni: gli esordi come funzionario di Pubblica sicure... more ITALIANO: Profilo biografico di Cornelio Desimoni: gli esordi come funzionario di Pubblica sicurezza, la partecipazione alla fondazione della Societa Ligure di Storia Patria, la carriera all’interno dell’amministrazione degli archivi, le ricerche erudite e i molteplici interessi storiografici, la presenza in numerose e prestigiose istituzioni culturali, l’aggregazione all’Universita di Genova. / ENGLISH: A biographical Profile of Cornelio Desimoni: his beginnings as an officer of Public safety, his participation in the foundation of the Societa Ligure di Storia Patria, his career in the administration of archives, his scholarly researches and the multiple historiographical interests, his presence in many prestigious cultural institutions, his aggregation at the University of Genoa.
Génova y la Monarquía Hispánica (1528-1713) Coordinadores Manuel Herrero Sánchez - Yasmina Rocío Ben Yessef Garfia Carlo Bitossi - Dino Puncuh
Nell’officina dei lumi. Studi in onore di Gianni Francioni a cura di G. Cospito ed E. Mazza, Como-Pavia, Ibis, 2021, pp. 321-336, 2021
in copertina: Jean-louis-ernest meissonier, Giovane con un libro, 1860 (San Pietroburgo, museo de... more in copertina: Jean-louis-ernest meissonier, Giovane con un libro, 1860 (San Pietroburgo, museo dell'ermitage). Volume realizzato grazie al contributo del dipartimento di Studi umanistici dell'università degli Studi di Pavia, fondi faR. © ibis, como -Pavia, 2021 Prima edizione: marzo 2021 www.ibisedizioni.it iSBn 978-88-7164-636-7 Nell'officina dei Lumi 7 Premessa 19 Bibliografia settecentesca di Gianni Francioni 23 Cesare CuttiCa, democrazia e oclocrazia in inghilterra alla metà del Seicento 43 FranCo GiudiCe, l'ottica politica di Hobbes 57 Lidia de MiCheLis, Strategie narrative e pragmatica del rischio in Due Preparations for the Plague di daniel defoe 73 Lia Guerra, la Scozia vista da vicino: prospettive settecentesche 91 Lorenzo BianChi, Tradurre nel XViii secolo e tradurre Voltaire. note sulle traduzioni settecentesche italiane di Candide 107 antonio Gurrado, dai Mélanges all'hackaton. Tre secoli di strategia editoriale voltairiana 125 GiroLaMo iMBruGLia, Salus populi suprema lex esto. una polemica illuminista sul sacrificio e la politica (1755-1770) 143 FranCesCo toto, «lo Stato ha bisogno che tu muoia». il criminale come cittadino e come nemico pubblico nel Contratto sociale 163 PhiLiPPe audeGean, utilitarismo e umanitarismo di cesare Beccaria 179 GaBrieLLa siLvestrini, Beccaria: il «Rousseau degli italiani»? Tradizioni e appropriazioni 6 195 GiusePPe CosPito, «un affare di temperamento e di calcolo». Sulle vicende di un celebre argomento contro la tortura 217 eMiLio Mazza, «l'esercizio del giorno e la meditazione della notte». Beccaria e la metafisica di Hume 249 sara rosini, eMiLio Mazza e GianLuCa Mori, alessandro Verri, david Hume e il «grand'essere» 271 serena FeLoj, Ricercare la grazia. il dualismo estetico di Winckelmann come fonte di alessandro Verri 285 GianMarCo GasPari, filologia delle figure. due rebus iconografici nella cerchia del «caffè» 307 aLessandro Peroni, un milanese in america: osservazioni del giovane castiglioni sul «politico nascimento d'una Repubblica» 321 Giovanni assereto, Gli anni del rimpianto. Genova dopo la perdita della corsica 337 siLvia Granata, la Natural History di Gilbert White: idealizzazioni, interpretazioni, riscritture 353 LuCa Fonnesu, Ragion pratica e politica in Kant 371 FaBio Frosini, assuefazione, immaginazione, felicità: una traccia settecentesca nel «Parini» leopardiano 393 GiusePPe invernizzi, la critica di nietzsche alla compassione fra Rousseau e Schopenhauer 413 GiorGio Panizza, lontani dal Parnaso: un dialogo tra dionisotti e Venturi 431 Indice dei nomi
«Le ghiacciaie e le neviere son luoghi artistamente scavati in un terreno asciutto per chiudervi ... more «Le ghiacciaie e le neviere son luoghi artistamente scavati in un terreno asciutto per chiudervi nell'inverno ghiaccio o neve, a fine di servirsene nell'estate» 1 . A partire dal 1830 vennero fatti numerosi tentativi di produrre macchine refrigeranti, nelle quali il raffreddamento si otteneva mediante l'espansione di aria compressa o con l'evaporazione di sostanze volatili come l'ammoniaca; e negli anni settanta dell'Ottocento l'ingegnere tedesco Carl Paul Gottfried von Linde -gettando le basi dell'attuale teoria e tecnica del freddo -mise a punto i primi efficienti impianti industriali per la produzione del ghiaccio, che sarebbero rimasti in voga per almeno mezzo secolo 2 . Prima di allora, però, la raccolta invernale della neve o del ghiaccio e la loro conservazione in apposite struttureattività praticate sin dall'antichità -furono gli unici mezzi per dar vita a una "industria del freddo" destinata a soddisfare, nei secoli dell'età moderna, una domanda abbastanza sostenuta e variegata, riguardante sia la conservazione dei cibi, sia la confezione di bevande ghiacciate, gelati e sorbetti, sia anche alcuni usi di natura medica. Come ci ricorda un manuale Hoepli di inizio Novecento, «si producono notevoli abbassamenti della temperatura col semplice uso di un miscuglio di ghiaccio o di neve con sali deliquescenti e con acidi», il più consueto dei quali prevede l'uso del cloruro di sodio, capace di portare la temperatura fino a 18 o 20 gradi centigradi sotto zero 3 . Peraltro va ricordato che la conservazione della neve e del ghiaccio naturale andò avantinonostante la presenza abbastanza capillare delle fabbriche del ghiacciofino al secondo dopoguerra, quando fu definitivamente soppiantata dalla diffusione dei frigoriferi 4 .
«Atti della Accademia ligure di scienze e lettere», 2019
The text outlines how the Vienna Congress achieved a new European order, and highlights the posit... more The text outlines how the Vienna Congress achieved a new European
order, and highlights the positive and negative aspects of the deliberations taken in that forum.
Giovanni ASSERETO, Introduzione a Luciana GATTI-Furio CICILIOT, Costruttori e navi. Maestri d'asc... more Giovanni ASSERETO, Introduzione a Luciana GATTI-Furio CICILIOT, Costruttori e navi. Maestri d'ascia e navi di Varazze al tempo della Repubblica di Genova (secoli XVI-XVIII), Savona, Elio Ferraris Editore, 2004, pp. 7-11. L'accumularsi degli indizi finisce per costituire una prova, e di indizi ormai ce ne sono parecchi: nel 1999, l'apparizione di una Storia di Varazze a più mani; nel 2001, l'edizione degli Statuti di Varazze a cura di Ausilia Roccatagliata; nel 2002, un incontro di studio sul tema Un archivio per Varazze, organizzato dal Comune e dalla Soprintendenza archivistica della Liguria in occasione d'un avviato riordino dell'archivio storico comunale; nel 2003, la bella mostra Le navi di Varazze e le conferenze che le hanno fatto da contorno. È quanto basta per sospettare che ci troviamo di fronte a una piccola "rivoluzione storiografica": i Varazzini sembrano animati da una nuova, forte volontà di esplorare e conoscere il proprio passato, con orgoglio municipale ma anche con un'adeguata strumentazione documentaria e con spirito critico. Tuttavia proprio il tema delle costruzioni navali -il più celebrato e fin mitizzato nelle vecchie storie locali -finora era rimasto un po' in ombra: l'enfasi retorica sulla millenaria attività cantieristica di Varazze aveva fatto trascurare un'effettiva ricostruzione delle vicende salienti di quell'attività nei secoli dell'età moderna, quando essa era stata più fiorente e più degna di interesse. Ebbene, il libro che il lettore ha tra le mani rappresenta appunto un serio sforzo di colmare quella lacuna, per opera di due studiosi che -sia pure con competenze e con storie professionali diverse -da parecchi anni stanno indagando la materia e possiedono quindi i requisiti per venire a capo dell'impresa. Lo hanno fatto con uno scavo archivistico minuzioso e intelligente, consegnandoci un prodotto di qualità, interessante e utile a vari livelli di fruizione: articolato com'è per schede relative alle famiglie dei costruttori e ai tipi di imbarcazioni, il volume ha infatti da un lato una struttura molto "accademica" e specialistica, ma d'altro lato è godibilissimo per chiunque grazie alle belle storie familiari e personali che emergono dai documenti esaminati, alle curiosità d'ogni genere, ai mille dettagli di un universo umano e di una cultura materiale tanto affascinanti quanto lontani da noi. Qui tuttavia non intendo rivolgere agli autori elogi che -pur meritati -apparirebbero di circostanza, bensì indicare alcune caratteristiche che, a mio avviso, collocano quest'opera su un piano ben diverso da quello della semplice storia locale.
Dall'alto medioevo sino all'Ottocento, lungo le riviere liguri si viaggia per mare. Se si eccettu... more Dall'alto medioevo sino all'Ottocento, lungo le riviere liguri si viaggia per mare. Se si eccettuano alcuni spostamenti brevi, tra paesi molto vicini e non separati da promontori o monti, la via di terra è lunga, difficile, faticosa e non di rado impraticabile, per esempio quando c'è da attraversare un torrente in piena. Viceversa la comunicazione marittima è facile e, relativamente agli standard dell'epoca, veloce: per le persone e ancor più per le merci, che sulle imbarcazioni si possono trasportare in gran quantità. Se tutto il mondo preindustriale preferisce la via d'acqua, ciò è particolarmente evidente e ovvio per una regione come la Liguria, da un lato aperta su un golfo ben navigabile, d'altro lato caratterizzata da un territorio quanto mai impervio. Ma uomini e merci non si muovono solo lungo le coste, anzi i maggiori problemi di trasporto sono quelli che riguardano l'asse nord-sud, tra il mare e il retroterra lombardo, piemontese, monferrino, e di qui verso l'Europa continentale. D'altronde, a che servirebbero i collegamenti marittimi con i vari paesi mediterranei (il grande cabotaggio verso l'Italia meridionale, la Sicilia, la Sardegna, la Provenza, la Spagna, il Levante, il Maghreb) se poi le merci provenienti da quei luoghi non potessero transitare verso l'interno, e se quelle del continente non potessero raggiungere il litorale per dirigersi oltremare?
Ianuensis non nascitur sed fit. Studi per Dino Puncuh, 2019
Nel 1739 Francesco Stefano di Lorena, granduca di Toscana dal 1737, compie l’unico viaggio in que... more Nel 1739 Francesco Stefano di Lorena, granduca di Toscana dal 1737, compie l’unico viaggio in quel suo Stato e medita, ritornando a Vienna, di passare da Genova. La Repubblica deve allora disporre numerosi preparativi per riceverlo degnamente, e impegnarsi in una sottile schermaglia riguardante il cerimoniale e i titoli con cui rivolgersi a quel principe. Infine il passaggio da Genova non avrà luogo, ma vi saranno ugualmente significative conseguenze per quanto concerne le relazioni tra la Repubblica e il Granducato.
«Rivista storica italiana», 1997
A proposito del volume di Carlo Bitossi "«La Repubblica è vecchia». Patriziato e governo a Genova... more A proposito del volume di Carlo Bitossi "«La Repubblica è vecchia». Patriziato e governo a Genova nel secondo Settecento", Roma 1995.
Atti della Società ligure di storia patria, 2001
Flavio BARONCELLI, Alfabeto. Con scritti e testimonianze, 2011
Un ricordo di Flavio Baroncelli e della mia lunga amicizia con lui
"Il Giornale", 1995
Si consolino i massoni che da alcuni anni sono sotto il tiro della magistratura e vengono accusat... more Si consolino i massoni che da alcuni anni sono sotto il tiro della magistratura e vengono accusati d'ogni nefandezza: due secoli e mezzo fa non se la sarebbero passata meglio. Nel 1738 papa Clemente XII fulminava contro di loro la scomunica; pochi anni dopo in Italia, Francia e Portogallo la polizia e l'Inquisizione facevano a gara nel perseguitarli, con qualche buona ragione. Importata dalla Gran Bretagna negli anni 1730, la massoneria aveva diffuso nel continente alcune diavolerie che inquietavano le chiese e i governi assolutistici: tolleranza religiosa, libertà d'opinione, comunanza fra individui di ceto diverso, e soprattutto una pratica "costituzionale" all'interno delle logge-con libere elezioni e parità di diritti-troppo simile a quel regime parlamentare inglese che, agli occhi d'ogni europeo timorato di Dio e del proprio sovrano, rappresentava una deprecabile sovversione. A dire il vero un uomo di buon senso come Ludovico Antonio Muratori aveva subito invitato a non preoccuparsi di quella ch'era solo «un'invenzione di darsi bel tempo con riti ridicolosi sostenuti con gran gravità». Ma tant'è, l'ottusità di burocrati e prelati avrebbe continuato a demonizzare la massoneria, col risultato di renderla attraente a chi cercava il brivido della trasgressione e di fornirle uno spessore che di per sé non possedeva. Così si sarebbe via via caricata di connotati positivi sino ad incarnare, agli occhi delle generazioni successive, le forze del progresso contro quelle dell'oscurantismo: una sorta di Compagnia di Gesù al servizio della «Chiesa della Ragione», come la definì Benedetto Croce. Su quest'apertura di credito la massoneria ha campato a lungo, e c'è voluta tutta la cattiva volontà di alcuni dei massoni d'oggi per dilapidare-fra trame golpiste e affarismo di bassa lega-un patrimonio secolare. Ma a rinverdire gli antichi fasti ci pensa un libro dell'americana Margaret Jacob (Massoneria illuminata. Politica e cultura nell'Europa del Settecento, Einaudi 1995) che, pur con tutto il suo rigore scientifico, pare sponsorizzato da un Maestro Venerabile in crisi d'identità o nei guai con la giustizia, tanto è prodigo di lodi per i Liberi Muratori. «La società civile è un frutto della massoneria»: da quest'intuizione di Lessing, ripresa ai giorni nostri dal sociologo Jürgen Habermas, parte la Jacob per dimostrare come le logge fossero forme d'una nuova socialità, «scuole di governo costituzionale», laboratori in cui si sperimentarono e si misero a punto le strutture politiche dell'Occidente moderno. Accenna anche a quel filone di pensiero che parte dall'abate Barruel (Mémoires pour servir à l'histoire du jacobinisme, 1797) e attraverso il cattolico integralista Augustin Cochin (1876-1916) approda a nouveaux historiens di grido come François Furet e Pierre Chaunu, i quali individuano una continuità tra il complotto massonico, il giacobinismo, Lenin e Pol Pot. Ma liquida con disprezzo queste fantasie ultras, stando ferma a un'interpretazione della massoneria tutta liberaldemocratica e felicemente progressista. Benché il suo libro non sia un capolavoro di chiarezza, è difficile dar torto alla Jacob. In un volume assai più ricco e sfaccettato (Massoneria e illuminismo nell'Europa del Settecento, Marsilio 1994) Giuseppe Giarrizzo spiega quanto tortuoso sia stato il percorso delle logge nell'età dei lumi, e quanto spazio vi abbiano occupato fenomeni come l'occultismo e la cabala, o personaggi come Mesmer o Cagliostro. Eppure, l'impronta illuministica della società dei Liberi Muratori sembra innegabile. Basterebbe mettere in fila alcuni dei confratelli più illustri (da Voltaire a Condorcet, da Montesquieu a Franklin), o ricordare con Daniel Roche (Franc-Maçonnerie et lumières, 1964) che un buon 10% degli autori francesi del secolo XVIII era di appartenenza massonica. Ma fino a che punto la
Paralleli, Aug 1992
Nel 1831 Victor Hugo aveva scritto: «Già sento il suono cupo della rivoluzione, ancora nelle prof... more Nel 1831 Victor Hugo aveva scritto: «Già sento il suono cupo della rivoluzione, ancora nelle profondità della terra, che scava le sue gallerie sotterranee sotto tutti i regni d'Europa, partendo dal pozzo centrale della miniera, che è Parigi». Era un'ottima profezia del Quarantotto, ma con un dettaglio sbagliato, perché la prima scintilla del grande incendio europeo si sarebbe accesa non nella capitale culturale del continente, ma in una periferia arretrata: fu a Palermo, il 12 gennaio, che scoppiò la prima rivolta dell'anno mirabile, e si trattò di un moto arcaico, che si richiamava sì al «progresso del secolo», ma in realtà riprendeva antiche tendenze del separatismo siciliano. Tuttavia l'agitazione si diffuse rapidissima in tutto il Regno delle Due Sicilie, e già il 29 gennaio re Ferdinando II, gran campione della reazione europea, fu costretto a concedere ai propri sudditi una costituzione. Sul suo esempio, tutti gli altri sovrani della penisola nel giro di poco tempo dovettero fare altrettanto, sconvolgendo così il sistema politico di uno scacchiere come quello italiano, assai delicato e importante per gli equilibri europei di allora. Parigi si mosse più tardi, il 23 febbraio, ma con una progressione rapidissima ed entusiasmante o terrificante, a seconda dei punti di vista. In un attimo le strade furono piene di barricate, su cui sventolava una prima bandiera rossa. Il giorno dopo la città era già in mano agli insorti: re Luigi Filippo dovette abdicare e subito venne proclamata la repubblica. Nel governo provvisorio entrarono l'intellettuale socialista Louis Blanc e l'operaio Alexandre Martin detto Albert, la questione operaia balzò in primo piano, si decretarono la riduzione della giornata lavorativa, il diritto al lavoro, l'apertura degli ateliers nationaux finanziati dallo Stato per garantire a tutti un'occupazione. Prendevano corpo, insomma, i fantasmi che già da tempo agitavano i sonni dei conservatori; e sembrava affermarsi-secondo le parole di papa Pio IX nell'enciclica Qui pluribus del 1846-«quella nefasta dottrina del cosiddetto comunismo sommamente contraria allo stesso diritto naturale, la quale, una volta ammessa, porterebbe al radicale sovvertimento dei diritti, delle cose, della proprietà di tutti e della stessa società umana». Dalla Francia l'incendio si propagò al resto d'Europa in tempi brevissimi. A Vienna, cuore legittimista d'Europa, una serie di manifestazioni e rivendicazioni provocò, il 14 marzo, le dimissioni del principe di Metternich, l'uomo che per oltre trent'anni aveva messo in riga le diplomazie di tutto il continente; e due giorni dopo Sua Maestà Apostolica Ferdinando I si vide costretto ad annunciare la concessione di una «costituzione imperiale». La crisi politica viennese diede la stura a una lunga serie di proteste e sommosse nel vasto impero asburgico: si rivoltarono Budapest, Praga, Lubiana e Zagabria; boemi e ungheresi proclamarono la loro autonomia dall'Austria; a Milano l'insurrezione delle Cinque Giornate costrinse il maresciallo Radetzky a far fagotto insieme con le sue truppe; a Venezia vennero cacciati i soldati austriaci e restaurata la Repubblica di San Marco. Il 18 marzo anche Berlino, capitale del Regno di Prussia, alzò le barricate e costrinse Federico Guglielmo IV a promulgare la costituzione e a convocare un'assemblea degli Stati tedeschi, mentre l'entusiasmo rivoluzionario si impadroniva di tutta la Germania, dalla Baviera alle città anseatiche e dal Württemberg alla Turingia. Sempre in marzo scoppiò una grave sommossa a Glasgow, seguita da altre nei principali centri industriali dell'Inghilterra-Manchester, Newcastle, Birmingham, Nottingham-nonché in Irlanda; mentre a Londra si intensificavano le manifestazioni del partito cartista, che chiedeva il suffragio universale. In Olanda le dimostrazioni dei liberali costrinsero re Guglielmo II a una sterzata riformatrice. E si rivoltarono i polacchi della Poznania e di Cracovia, i Serbi del Banato, le comunità magiare e rumene della Transilvania, la Valacchia ancora soggetta all'Impero Ottomano.
Sociabilità aristocratica in età moderna. Il caso genovese: paradigmi, interpretazioni e confronti a cura di R. BIZZOCCHI e A. PACINI, Pisa, Ediz. Plus, 2008
Le poche pagine del mio intervento hanno una funzione puramente introduttiva, senza alcuna pretes... more Le poche pagine del mio intervento hanno una funzione puramente introduttiva, senza alcuna pretesa di originalità. Dirò cose tratte in buona parte proprio dagli scritti dei colleghi genovesi presenti a questo seminario, ma in compenso cercherò di non invadere il campo loro assegnato. Pertanto non parlerò espressamente di socialità aristocratica, né di salotti o di cicisbei: mi limiterò ad accennare a certi connotati dei patrizi genovesi del Settecentodal punto di vista socioeconomico, politico, culturaleche credo possano contribuire a spiegare i modi in cui essi organizzavano la loro vita associativa. L'ipotesi da cui parto è che l'aristocrazia genovese abbia tratti piuttosto peculiari rispetto ad altre, tanto italiane quanto europee, a dispetto di un'apparente omogeneità degli stili di vita, delle mode, delle strategie matrimoniali, dell'immagine privata e pubblica. Si tratta, va da sé, di un patriziato repubblicano, il che lo distingue non solo dalle nobiltà degli Stati monarchici, ma anche da quelle delle città italiane (Milano, Firenze,
Prato. Storia di una città, vol. 2, Un microcosmo in movimento (1494-1815) a cura di E. FASANO GUARINI, Firenze, Le Monnier, pp. 759-824., 1986
"Materiali per una storia della cultura giuridica", 2002
La Liguria (Storia d'Italia. Le regioni dall'Unità a oggi) a cura di A. GIBELLI e P. RUGAFIORI, Torino, Einaudi,1994, pp. 159-215, 1994
The political and economic events of Genoa and Liguria between the end of the aristocratic republ... more The political and economic events of Genoa and Liguria between the end of the aristocratic republic and the Unification of Italy.
Il primo paese al mondo a conoscere il culto della natura e a sviluppare una parvenza di ciò che ... more Il primo paese al mondo a conoscere il culto della natura e a sviluppare una parvenza di ciò che oggi chiamiamo "coscienza ecologica" fu l'Inghilterra, patria della rivoluzione industriale. Lì già nell'Ottocento, appunto per reazione all'industrialismo, si diffuse l'amore per gli alberi, nacque una Società Reale per la prevenzione della crudeltà verso gli animali, ci si entusiasmò per le selve e le montagne fino allora considerate «escrescenze mostruose della terra». Poi il fenomeno andò allargandosi a sempre nuove nazioni, man mano che queste venivano raggiunte dalla medesima rivoluzione industriale e tramontava al loro interno la vecchia civiltà agricola e pastorale. Questo paradigma, opportunamente rovesciato, lo si può applicare ad alcune aree che negli ultimi decenni hanno conosciuto un processo di deindustrializzazione, come è il caso di Savona e del suo comprensorio. Qui l'industria, almeno nelle forme in cui la si era conosciuta durante la sua fase "classica", sembra un mondo perduto e l'umanità che ci lavorava dentro appare una specie in via di estinzione, meritevole di protezione. Ebbene, finché le ciminiere fumavano e le sirene delle fabbriche suonavano, gli intellettuali savonesi non pensavano che vi si dovesse prestare troppa attenzione e gli storici locali si disinteressavano di quell'età contemporanea che aveva conosciutoin un triangolo compreso tra Finale, Varazze e la val Bormidaun robusto sviluppo del modello industriale e della civiltà operaia. Ora invece, da alcuni anni, escono libri dedicati a quel periodo, nei quali la ricostruzione storica non di rado si colora di rimpianto e di nostalgia per un passato chementre procede lo smantellamento di vecchi stabilimenti e i reperti archeologici dell'antica industrializzazione diventano sempre più rariappare irripetibile. Andrea Zanini, studioso anagraficamente giovane e non savonese, qualche anno fa ha ricostruito con cura il profilo dell'industria chimica savonese dall'Unità d'Italia alla fine del XX secolo. Oggi ci presenta, in un saggio agile quanto accurato, un panorama completo della storia economica del comprensorio tra la fine dell'Ottocento e i giorni nostri, e nel delinearlo ha potuto valersi appunto di una produzione storiografica recente che ha manifestato forte interesse per i tempi più vicini a noi e per le trasformazioni industriali che in essi si sono verificate. Così questo libro, mentre segna una tappa importante per quanto riguarda la conoscenza del nostro territorio, rispecchia anche una nuova consapevolezza, una diversa attenzione dei Savonesi per il proprio passato. Quantunque lo sguardo dell'Autore percorra tutte le attività economiche, è indubbio che a farla da protagonista è proprio la vicenda industriale, quel settore secondario che nel Savonese è stato fondamentale per centocinquant'anni tra Otto e Novecento, ma che aveva alle spalle una storia di lungo periodo, una plurisecolare protoindustria (del vetro, del ferro, dei laterizi, della ceramica, del cuoio, del sapone), sviluppatasi a partire da alcuni fattori ambientali: l'esistenza di un porto naturale, di certe materie prime, di combustibile in abbondanza, di terreni a basso costo. Per esempio i Vada Sabatia, le aree acquitrinose intorno a Vado Ligure, che presto si sarebbero riempite di opifici; o più tardi la val Bormida di Cengio, di San Giuseppe, di Ferrania, spazi di scarso valore improvvisamente
"Il Giornale", 1995
Breve profilo biografico di Emilia Morelli
ITALIANO: Profilo biografico di Cornelio Desimoni: gli esordi come funzionario di Pubblica sicure... more ITALIANO: Profilo biografico di Cornelio Desimoni: gli esordi come funzionario di Pubblica sicurezza, la partecipazione alla fondazione della Societa Ligure di Storia Patria, la carriera all’interno dell’amministrazione degli archivi, le ricerche erudite e i molteplici interessi storiografici, la presenza in numerose e prestigiose istituzioni culturali, l’aggregazione all’Universita di Genova. / ENGLISH: A biographical Profile of Cornelio Desimoni: his beginnings as an officer of Public safety, his participation in the foundation of the Societa Ligure di Storia Patria, his career in the administration of archives, his scholarly researches and the multiple historiographical interests, his presence in many prestigious cultural institutions, his aggregation at the University of Genoa.
Génova y la Monarquía Hispánica (1528-1713) Coordinadores Manuel Herrero Sánchez - Yasmina Rocío Ben Yessef Garfia Carlo Bitossi - Dino Puncuh
Nell’officina dei lumi. Studi in onore di Gianni Francioni a cura di G. Cospito ed E. Mazza, Como-Pavia, Ibis, 2021, pp. 321-336, 2021
in copertina: Jean-louis-ernest meissonier, Giovane con un libro, 1860 (San Pietroburgo, museo de... more in copertina: Jean-louis-ernest meissonier, Giovane con un libro, 1860 (San Pietroburgo, museo dell'ermitage). Volume realizzato grazie al contributo del dipartimento di Studi umanistici dell'università degli Studi di Pavia, fondi faR. © ibis, como -Pavia, 2021 Prima edizione: marzo 2021 www.ibisedizioni.it iSBn 978-88-7164-636-7 Nell'officina dei Lumi 7 Premessa 19 Bibliografia settecentesca di Gianni Francioni 23 Cesare CuttiCa, democrazia e oclocrazia in inghilterra alla metà del Seicento 43 FranCo GiudiCe, l'ottica politica di Hobbes 57 Lidia de MiCheLis, Strategie narrative e pragmatica del rischio in Due Preparations for the Plague di daniel defoe 73 Lia Guerra, la Scozia vista da vicino: prospettive settecentesche 91 Lorenzo BianChi, Tradurre nel XViii secolo e tradurre Voltaire. note sulle traduzioni settecentesche italiane di Candide 107 antonio Gurrado, dai Mélanges all'hackaton. Tre secoli di strategia editoriale voltairiana 125 GiroLaMo iMBruGLia, Salus populi suprema lex esto. una polemica illuminista sul sacrificio e la politica (1755-1770) 143 FranCesCo toto, «lo Stato ha bisogno che tu muoia». il criminale come cittadino e come nemico pubblico nel Contratto sociale 163 PhiLiPPe audeGean, utilitarismo e umanitarismo di cesare Beccaria 179 GaBrieLLa siLvestrini, Beccaria: il «Rousseau degli italiani»? Tradizioni e appropriazioni 6 195 GiusePPe CosPito, «un affare di temperamento e di calcolo». Sulle vicende di un celebre argomento contro la tortura 217 eMiLio Mazza, «l'esercizio del giorno e la meditazione della notte». Beccaria e la metafisica di Hume 249 sara rosini, eMiLio Mazza e GianLuCa Mori, alessandro Verri, david Hume e il «grand'essere» 271 serena FeLoj, Ricercare la grazia. il dualismo estetico di Winckelmann come fonte di alessandro Verri 285 GianMarCo GasPari, filologia delle figure. due rebus iconografici nella cerchia del «caffè» 307 aLessandro Peroni, un milanese in america: osservazioni del giovane castiglioni sul «politico nascimento d'una Repubblica» 321 Giovanni assereto, Gli anni del rimpianto. Genova dopo la perdita della corsica 337 siLvia Granata, la Natural History di Gilbert White: idealizzazioni, interpretazioni, riscritture 353 LuCa Fonnesu, Ragion pratica e politica in Kant 371 FaBio Frosini, assuefazione, immaginazione, felicità: una traccia settecentesca nel «Parini» leopardiano 393 GiusePPe invernizzi, la critica di nietzsche alla compassione fra Rousseau e Schopenhauer 413 GiorGio Panizza, lontani dal Parnaso: un dialogo tra dionisotti e Venturi 431 Indice dei nomi
«Le ghiacciaie e le neviere son luoghi artistamente scavati in un terreno asciutto per chiudervi ... more «Le ghiacciaie e le neviere son luoghi artistamente scavati in un terreno asciutto per chiudervi nell'inverno ghiaccio o neve, a fine di servirsene nell'estate» 1 . A partire dal 1830 vennero fatti numerosi tentativi di produrre macchine refrigeranti, nelle quali il raffreddamento si otteneva mediante l'espansione di aria compressa o con l'evaporazione di sostanze volatili come l'ammoniaca; e negli anni settanta dell'Ottocento l'ingegnere tedesco Carl Paul Gottfried von Linde -gettando le basi dell'attuale teoria e tecnica del freddo -mise a punto i primi efficienti impianti industriali per la produzione del ghiaccio, che sarebbero rimasti in voga per almeno mezzo secolo 2 . Prima di allora, però, la raccolta invernale della neve o del ghiaccio e la loro conservazione in apposite struttureattività praticate sin dall'antichità -furono gli unici mezzi per dar vita a una "industria del freddo" destinata a soddisfare, nei secoli dell'età moderna, una domanda abbastanza sostenuta e variegata, riguardante sia la conservazione dei cibi, sia la confezione di bevande ghiacciate, gelati e sorbetti, sia anche alcuni usi di natura medica. Come ci ricorda un manuale Hoepli di inizio Novecento, «si producono notevoli abbassamenti della temperatura col semplice uso di un miscuglio di ghiaccio o di neve con sali deliquescenti e con acidi», il più consueto dei quali prevede l'uso del cloruro di sodio, capace di portare la temperatura fino a 18 o 20 gradi centigradi sotto zero 3 . Peraltro va ricordato che la conservazione della neve e del ghiaccio naturale andò avantinonostante la presenza abbastanza capillare delle fabbriche del ghiacciofino al secondo dopoguerra, quando fu definitivamente soppiantata dalla diffusione dei frigoriferi 4 .
«Atti della Accademia ligure di scienze e lettere», 2019
The text outlines how the Vienna Congress achieved a new European order, and highlights the posit... more The text outlines how the Vienna Congress achieved a new European
order, and highlights the positive and negative aspects of the deliberations taken in that forum.
Giovanni ASSERETO, Introduzione a Luciana GATTI-Furio CICILIOT, Costruttori e navi. Maestri d'asc... more Giovanni ASSERETO, Introduzione a Luciana GATTI-Furio CICILIOT, Costruttori e navi. Maestri d'ascia e navi di Varazze al tempo della Repubblica di Genova (secoli XVI-XVIII), Savona, Elio Ferraris Editore, 2004, pp. 7-11. L'accumularsi degli indizi finisce per costituire una prova, e di indizi ormai ce ne sono parecchi: nel 1999, l'apparizione di una Storia di Varazze a più mani; nel 2001, l'edizione degli Statuti di Varazze a cura di Ausilia Roccatagliata; nel 2002, un incontro di studio sul tema Un archivio per Varazze, organizzato dal Comune e dalla Soprintendenza archivistica della Liguria in occasione d'un avviato riordino dell'archivio storico comunale; nel 2003, la bella mostra Le navi di Varazze e le conferenze che le hanno fatto da contorno. È quanto basta per sospettare che ci troviamo di fronte a una piccola "rivoluzione storiografica": i Varazzini sembrano animati da una nuova, forte volontà di esplorare e conoscere il proprio passato, con orgoglio municipale ma anche con un'adeguata strumentazione documentaria e con spirito critico. Tuttavia proprio il tema delle costruzioni navali -il più celebrato e fin mitizzato nelle vecchie storie locali -finora era rimasto un po' in ombra: l'enfasi retorica sulla millenaria attività cantieristica di Varazze aveva fatto trascurare un'effettiva ricostruzione delle vicende salienti di quell'attività nei secoli dell'età moderna, quando essa era stata più fiorente e più degna di interesse. Ebbene, il libro che il lettore ha tra le mani rappresenta appunto un serio sforzo di colmare quella lacuna, per opera di due studiosi che -sia pure con competenze e con storie professionali diverse -da parecchi anni stanno indagando la materia e possiedono quindi i requisiti per venire a capo dell'impresa. Lo hanno fatto con uno scavo archivistico minuzioso e intelligente, consegnandoci un prodotto di qualità, interessante e utile a vari livelli di fruizione: articolato com'è per schede relative alle famiglie dei costruttori e ai tipi di imbarcazioni, il volume ha infatti da un lato una struttura molto "accademica" e specialistica, ma d'altro lato è godibilissimo per chiunque grazie alle belle storie familiari e personali che emergono dai documenti esaminati, alle curiosità d'ogni genere, ai mille dettagli di un universo umano e di una cultura materiale tanto affascinanti quanto lontani da noi. Qui tuttavia non intendo rivolgere agli autori elogi che -pur meritati -apparirebbero di circostanza, bensì indicare alcune caratteristiche che, a mio avviso, collocano quest'opera su un piano ben diverso da quello della semplice storia locale.
Dall'alto medioevo sino all'Ottocento, lungo le riviere liguri si viaggia per mare. Se si eccettu... more Dall'alto medioevo sino all'Ottocento, lungo le riviere liguri si viaggia per mare. Se si eccettuano alcuni spostamenti brevi, tra paesi molto vicini e non separati da promontori o monti, la via di terra è lunga, difficile, faticosa e non di rado impraticabile, per esempio quando c'è da attraversare un torrente in piena. Viceversa la comunicazione marittima è facile e, relativamente agli standard dell'epoca, veloce: per le persone e ancor più per le merci, che sulle imbarcazioni si possono trasportare in gran quantità. Se tutto il mondo preindustriale preferisce la via d'acqua, ciò è particolarmente evidente e ovvio per una regione come la Liguria, da un lato aperta su un golfo ben navigabile, d'altro lato caratterizzata da un territorio quanto mai impervio. Ma uomini e merci non si muovono solo lungo le coste, anzi i maggiori problemi di trasporto sono quelli che riguardano l'asse nord-sud, tra il mare e il retroterra lombardo, piemontese, monferrino, e di qui verso l'Europa continentale. D'altronde, a che servirebbero i collegamenti marittimi con i vari paesi mediterranei (il grande cabotaggio verso l'Italia meridionale, la Sicilia, la Sardegna, la Provenza, la Spagna, il Levante, il Maghreb) se poi le merci provenienti da quei luoghi non potessero transitare verso l'interno, e se quelle del continente non potessero raggiungere il litorale per dirigersi oltremare?
Ianuensis non nascitur sed fit. Studi per Dino Puncuh, 2019
Nel 1739 Francesco Stefano di Lorena, granduca di Toscana dal 1737, compie l’unico viaggio in que... more Nel 1739 Francesco Stefano di Lorena, granduca di Toscana dal 1737, compie l’unico viaggio in quel suo Stato e medita, ritornando a Vienna, di passare da Genova. La Repubblica deve allora disporre numerosi preparativi per riceverlo degnamente, e impegnarsi in una sottile schermaglia riguardante il cerimoniale e i titoli con cui rivolgersi a quel principe. Infine il passaggio da Genova non avrà luogo, ma vi saranno ugualmente significative conseguenze per quanto concerne le relazioni tra la Repubblica e il Granducato.
«Rivista storica italiana», 1997
A proposito del volume di Carlo Bitossi "«La Repubblica è vecchia». Patriziato e governo a Genova... more A proposito del volume di Carlo Bitossi "«La Repubblica è vecchia». Patriziato e governo a Genova nel secondo Settecento", Roma 1995.
Atti della Società ligure di storia patria, 2001
Qualche considerazione sui programmi del 1990 per la scuola primaria
Conferenza tenuta il 26 maggio 2000 in occasione della presentazione del volume: "Genova crocevi... more Conferenza tenuta il 26 maggio 2000 in occasione della presentazione del volume: "Genova crocevia tra Svizzera e Italia. Il Consolato Generale di Svizzera a Genova 1799-1999" a cura di C. BOSSHART-PFLUGER, Frauenfeld-Stuttgart-Wien 2000
«Le ghiacciaie e le neviere son luoghi artistamente scavati in un terreno asciutto per chiudervi ... more «Le ghiacciaie e le neviere son luoghi artistamente scavati in un terreno asciutto per chiudervi nell'inverno ghiaccio o neve, a fine di servirsene nell'estate» 1 . A partire dal 1830 vennero fatti numerosi tentativi di produrre macchine refrigeranti, nelle quali il raffreddamento si otteneva mediante l'espansione di aria compressa o con l'evaporazione di sostanze volatili come l'ammoniaca; e negli anni settanta dell'Ottocento l'ingegnere tedesco Carl Paul Gottfried von Linde -gettando le basi dell'attuale teoria e tecnica del freddo -mise a punto i primi efficienti impianti industriali per la produzione del ghiaccio, che sarebbero rimasti in voga per almeno mezzo secolo 2 . Prima di allora, però, la raccolta invernale della neve o del ghiaccio e la loro conservazione in apposite struttureattività praticate sin dall'antichità -furono gli unici mezzi per dar vita a una "industria del freddo" destinata a soddisfare, nei secoli dell'età moderna, una domanda abbastanza sostenuta e variegata, riguardante sia la conservazione dei cibi, sia la confezione di bevande ghiacciate, gelati e sorbetti, sia anche alcuni usi di natura medica. Come ci ricorda un manuale Hoepli di inizio Novecento, «si producono notevoli abbassamenti della temperatura col semplice uso di un miscuglio di ghiaccio o di neve con sali deliquescenti e con acidi», il più consueto dei quali prevede l'uso del cloruro di sodio, capace di portare la temperatura fino a 18 o 20 gradi centigradi sotto zero 3 . Peraltro va ricordato che la conservazione della neve e del ghiaccio naturale andò avantinonostante la presenza abbastanza capillare delle fabbriche del ghiacciofino al secondo dopoguerra, quando fu definitivamente soppiantata dalla diffusione dei frigoriferi 4 .
Laissez faire, laissez passer: la ricetta inventata da Vincent de Gournay (1712-1759) è più che m... more Laissez faire, laissez passer: la ricetta inventata da Vincent de Gournay (1712-1759) è più che mai in auge. Il mercato è il feticcio da adorare, ha pienamente conquistato la Cina, avanza anche nei paesi islamici intransigenti. I principi liberisti sono dilagati a est con il crollo del socialismo reale e a ovest con la crisi delle ideologie comuniste. L'Occidente ha trionfato sulle filosofie che ne hanno messo in dubbio i valori e ha proclamato tali valori assoluti e definitivi.
La chute de l'Empire en Italie du Nord 1 [Rélation présentée au séminaire Pascal Paoli, la Révolu... more La chute de l'Empire en Italie du Nord 1 [Rélation présentée au séminaire Pascal Paoli, la Révolution Corse et Napoléon Bonaparte : pour un projet scientifique et économique novateur, Université de Corse, 20-21 janvier 2015] La chute de l'Empire napoléonien a lieu formellement entre le 31 mars 1814, lorsque les coalisés pénètrent dans Paris, et le 6 avril suivant lorsque Napoléon est contraint d'abdiquer. Aux fins de notre discours, nous pouvons même ajouter une troisième date, celle du 30 mai 1814, lorsque le traité de Paris définit une organisation de l'Italie septentrionale qui sera ensuite précisée et ratifiée au congrès de Vienne. Cette organisation disons-le tout de suitereprésente une négation criante de ce principe de légitimité proclamé par les plénipotentiaires réunis dans la capitale autrichienne: en effet de très anciens états, comme la République de Venise et celle de Gênes, vont disparaître, et le Duché de Parme sera confisqué à ses souverains pour être concédé à Marie-Louise 1 Les évènements en cause dans ces pages sont connus depuis longtemps par les historiens. On peut dire, en règle générale, qu'un observateur contemporain tel que Carlo Botta (1766-1837) les avait racontés avec une remarquable précision dans sa Storia d'Italia dal 1789 al 1815, publiée pour la première fois en 1824. Le récit de Botta a été intégré ensuite, mais ni démenti ni radicalement modifié, dans diverses oeuvres: HELFERT Joseph Alexander von, La caduta della dominazione francese nell'alta Italia e la congiura militare bresciano-milanese nel 1814, Bologna, Zanichelli, 1894; WEIL Maurice Henri, Le prince Eugène et Murat: opérations militaires négociations diplomatiques, Paris, A. Fontemoing, 1902; LEMMI Francesco, La restaurazione austriaca a Milano nel 1814, Bologna, Zanichelli, 1902; LEMMI Francesco, Le origini del Risorgimento italiano (1789-1815), Milano, Hoepli, 1906, pp. 404-426; LEMMI Francesco, La Restaurazione in Italia nel 1814 nel diario del barone Von Hügel (9 dicembre 1813-25 maggio 1814), Roma, Società editrice Dante Alighieri, 1910; SPADONI Domenico, Milano e la congiura militare nel 1814 per l'indipendenza italiana, Modena, Società tipografica modenese, 1936-1937; SPELLANZON Cesare, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, vol. I, Dalle origini ai moti del 1820-21 e al Congresso di Verona, Milano, Rizzoli, 1951, pp. 510-580. Les auteurs qui se sont occupés par la suite plus ou moins directement de cette période ─ tels que, pour n'en citer que quelques-uns, Giorgio Candeloro, Livio Antonielli, Marco Meriggi, Franco Della Peruta, Antonino De Francesco ─ n'ont pas modifié, tout au moins d'un point de vue événementiel, le cadre établi par Botta et codifié par Lemmi.
Nel 1576 le Leges novae di Genova stabiliscono che due volte l’anno si sorteggino cinque patrizi ... more Nel 1576 le Leges novae di Genova stabiliscono che due volte l’anno si sorteggino cinque patrizi per rinnovare i Serenissimi Collegi, la massima carica di governo. Su quei cinque nomi naturalmente si scommette, e lo si fa secondo modalità che prefigurano il gioco del lotto. Dal 1644, quando la Repubblica autorizza le scommesse e ne appalta la gestione, la loro popolarità non fa che crescere in patria e nel resto d’Italia, al pari degli introiti per le casse pubbliche e private; cosicché altre città cercano di copiarne lo schema, e spesso dietro quei tentativi vi sono speculatori liguri, compresi gli stessi appaltatori.
Se l’origine genovese del lotto è nota da tempo, in questo libro si esaminano per la prima volta, sulla scorta della documentazione archivistica, i meccanismi primitivi del gioco, le modalità degli appalti, le manovre per riprodurlo al di fuori di Genova, le ricadute economiche e istituzionali che ne sono derivate, alcune delle quali decisamente curiose e inaspettate.
Per un secolo e mezzo, a partire da metà Ottocento, la storia di Savona è stata letta come una l... more Per un secolo e mezzo, a partire da metà Ottocento, la storia di Savona è stata letta come una lunga e cruenta lotta con Genova, che nel 1528 portò alla sottomissione violenta della prima città da parte della seconda, preludio a duecentosettant’anni di oppressione e decadenza. Accettata in maniera acritica e mai posta al vaglio di una seria ricerca, questa visione ha finito per radicarsi e per alimentare rancori campanilistici che ancora oggi non sono del tutto spenti.
Questo libro esamina alla luce della documentazione archivistica – e in una prospettiva di comparazione con altre realtà coeve – i rapporti tra Savona e Genova dal Cinquecento al Settecento: non per ribaltare i giudizi sulla decadenza della città, ma per analizzarne serenamente i meccanismi e le molteplici responsabilità, nonché per ascoltare le ragioni dei vincitori accanto a quelle dei vinti.
Debolissima dal punto di vista militare, priva di forti istituzioni, appetita da potenze quali la... more Debolissima dal punto di vista militare, priva di forti istituzioni, appetita da potenze quali la Francia, la Spagna, l'Impero e il Piemonte, retta da un patriziato affarista apparentemente poco ferrato nella scienza politica e poco attento agli interessi pubblici,
la Repubblica di Genova durò nondimeno per secoli, durante i quali mantenne un'orgogliosa autonomia e garantì ai propri sudditi decorose condizioni di vita economica e civile. E quando - per mano di Napoleone Bonaparte - cessò di esistere, il trapasso verso il nuovo regime ebbe luogo in modo relativamente indolore, mentre I'antica aristocrazia conservò molte leve di potere e una posizione di indubbia preminenza.
La classe dirigente genovese, protagonista dei saggi raccolti in questo volume, viene indagata sotto molti aspetti del suo agire politico ed economico, prima e dopo la tempesta rivoluzionaria, per metterne in luce alcune caratteristiche contraddittorie:
conservatorismo e duttilità, egoismo e senso dello Stato, capacità di trasformarsi rimanendo uguale a se stessa. Un impasto di grandezza e di grettezza che ha marcato in profondità, fin quasi ai giorni nostri, la società genovese nel suo complesso.
Il volume ripercorre le vicende della Repubblica Ligure nel periodo successivo al "triennio giaco... more Il volume ripercorre le vicende della Repubblica Ligure nel periodo successivo al "triennio giacobino", mettendo in luce la fondamentale incompatibilità tra le aspirazioni e gli interessi della classe dirigente genovese da un lato, le strategie francesi dall'altro. Questo contrasto vanifica via via tutte le ipotesi di collaborazione tra il governo ligure e la Francia, e porta infine alla decisione, da parte di Napoleone, di annettere il Genovesato. Genova perde così l'indipendenza (una perdita definitiva, nonostante la breve e illusoria restaurazione del 1814) ed entra in una crisi di identità nella quale resterà imprigionata per molti decenni.
Grande città portuale, aperta tanto ai traffici mediterranei e atlantici quanto alle comunicazion... more Grande città portuale, aperta tanto ai traffici mediterranei e atlantici quanto alle comunicazioni terrestri con la pianura padana e con l'Europa settentrionale, Genova ha dovuto ben presto fronteggiare il pericolo delle malattie contagiose - la peste anzitutto - che viaggiavano, con merci e persone, da un capo all'altro del Vecchio Continente. Per questo fin dal Quattrocento ha istituito un Magistrato di Sanità il quale, perfezionando nel corso dei secoli la propria normativa e i propri strumenti, è riuscito a difendere la Repubblica dal "pestifero morbo". Questo libro si propone di ricostruirne le vicende sulla base di un'ampia indagine documentaria, mirando a dar conto degli aspetti formali (leggi, regolamenti, proclami, organigramma del personale), a indagare l'effettivo funzionamento degli apparati preposti alla tutela della salute pubblica e a documentare l'influenza esercitata dalla Sanità su ambiti quali l'economia, i rapporti sociali, le relazioni diplomatiche, lo sviluppo delle istituzioni statali.
Savona, Marco Sabatelli Editore, 2022
Il volume ricostruisce la biografia del vescovo Agostino Maria De Mari e le vicende plurisecolari... more Il volume ricostruisce la biografia del vescovo Agostino Maria De Mari e le vicende plurisecolari della sua famiglia, una delle più importanti nell’ambito del patriziato genovese.
Se l'origine genovese del lotto è nota da tempo, in questo libro si esaminano per la prima volta ... more Se l'origine genovese del lotto è nota da tempo, in questo libro si esaminano per la prima volta i meccanismi primitivi del gioco, le modalità degli appalti, le manovre per riprodurlo al di fuori di Genova, le ricadute economiche e istituzionali che ne sono derivate, alcune delle quali decisamente curiose e inaspettate.