Luciano Consolati | Università degli Studi Guglielmo Marconi (original) (raw)
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Distretti Industriali e Internazionalizzazione
Small Business Act and the network
I contratti di rete Rassegna dei principali risultati quantitativi Il monitoraggio di Unioncamere... more I contratti di rete Rassegna dei principali risultati quantitativi Il monitoraggio di Unioncamere sui Contratti di rete, su dati Infocamere, mette in luce che al 31 dicembre 2014 si è arrivati a 1.884 Contratti e il numero dei soggetti coinvolti si sta avvicinando alle 10.000 unità. Di seguito un'analisi quantitativa dei dati sui Contratti.
Mercato del Lavoro News n. 122 Riavviare la contrattazione integrativa di secondo livello per sos... more Mercato del Lavoro News n. 122 Riavviare la contrattazione integrativa di secondo livello per sostenere crescita, potere d'acquisto delle retribuzioni e occupazione.
Mercato del Lavoro News-n. 45 La contrattazione aziendale di secondo livello e il welfare azienda... more Mercato del Lavoro News-n. 45 La contrattazione aziendale di secondo livello e il welfare aziendale: luci ed ombre di un nuovo modello contrattuale.
Mercato del Lavoro News n. 64 Perché la diffusione della contrattazione Integrativa di 2° livello... more Mercato del Lavoro News n. 64 Perché la diffusione della contrattazione Integrativa di 2° livello è frenata da alcune interpretazioni normative. In questi mesi chi si occupa di contrattazione integrativa, basata sul Premio di Risultato e di conseguenza anche di Piani di Welfare ad essa collegati, vive in una condizione di incertezza che sembrava essere stata finalmente superata con la legge di stabilità del 2016 e seguenti. La detassazione del PdR al 10% e la possibile conversione dello stesso in servizi di welfare, pareva aver raggiunto lo status di condizione strutturale nel panorama delle relazioni industriali, a fronte del rispetto di una serie di parametri che ne decretavano l'idoneità, come ad esempio la totale variabilità , l'incrementalità degli indicatori rispetto al periodo di misurazione definito "congruo" etc…. .
In un precedente articolo riportato nel n° 45 di MdL News della Fondazione avevamo evidenziato al... more In un precedente articolo riportato nel n° 45 di MdL News della Fondazione avevamo evidenziato alcuni punti di riflessione, che derivavano dall'analisi dei dati del report del Ministero del Lavoro sul deposito dei contratti di secondo livello a febbraio 2019 e che recitavano come segue: -in primo luogo, emerge la forte concentrazione territoriale di questo modello contrattuale.
Gli strumenti giuridici per il coordinamento tra imprese e alternativi (o preesistenti) al contra... more Gli strumenti giuridici per il coordinamento tra imprese e alternativi (o preesistenti) al contratto di rete sono di tre tipi: 1. contratti plurilaterali (consorzi con attività interna e associazioni temporanee di imprese -Ati); 2. contratti bilaterali collegati; 3. gli enti -come i consorzi con attività esterna -utilizzati come reti per rafforzare la gestione del coordinamento attraverso la delega agli organi amministrativi di un notevole grado di discrezionalità 2 .
NORTH 65.69 % workers • MIDDLE 27.91 % workers • SOUTH 6.40 % workers
Introduzione La scelta dello studio di caso focalizza l'attenzione sulle nuove modalità di relazi... more Introduzione La scelta dello studio di caso focalizza l'attenzione sulle nuove modalità di relazione all'interno dell'azione collettiva, in un sistema produttivo locale, dei soggetti pubblici e privati nelle esperienze di un'agenzia di animazione di un distretto industriale di eccellenza. L'obiettivo di una prima riflessione sul tema è quello di verificare come la cooperazione tra operatori pubblici e privati presenti nel sistema-distretto, in termini di performances nelle competenze e nei rapporti di fiducia e di affidabilità incrociata, attraverso gli strumenti di programmazione condivisa dello sviluppo, a base locale, sia riuscita ad attenuare i tradizionali comportamenti opportunistici presenti nell'ambito di osservazione e quali meccanismi (procedurali, decisionali, compensativi) siano stati capaci ad allargare la partecipazione all'attività di analisi, proposta, progettazione e gestione coordinata del sistema produttivo, nel suo complesso. La ricostruzione del caso, tenendo ferme le acquisizioni conoscitive già maturate sui caratteri dello sviluppo dei distretti industriali italiani, pratica una rilettura di parte della letteratura esistente essenzialmente orientata allo studio dei processi di interazione nei contesti di aggregazione produttiva, osservando attentamente le modalità di costruzione di politiche regolative dello sviluppo locale e gli specifici processi che hanno legato istituzioni, reti fiduciarie territorializzate, forme e meccanismi delle politiche economiche locali, in un contesto definito dalla presenza di comportamenti strategici delle imprese. Gli elementi di interesse emersi nella ricostruzione del caso possono essere riassunti in tre punti problematici, che necessitano di ulteriore lavoro e analisi sul campo per arrivare a risposte più esaurienti sul piano interpretativo.
La collaborazione interdistrettuale transnazionale come uno degli strumenti per il rilancio dei d... more La collaborazione interdistrettuale transnazionale come uno degli strumenti per il rilancio dei distretti (Luciano Consolati). Negli ultimi anni i distretti produttivi sono stati protagonisti di una metamorfosi fin qui insospettata, dettata da una concomitanza di accadimenti che hanno chiamato in causa la validità stessa del modello distrettuale; una metamorfosi che ha inciso sulla rete dei rapporti orizzontali delle imprese per effetto soprattutto del processo di delocalizzazione produttiva, innescato dall'aggressiva concorrenza dei competitors asiatici, che ha spinto le imprese a ricercare condizioni sostenibili di competitività. Della delocalizzazione produttiva ne hanno fatto le spese soprattutto le imprese di sub-fornitura che, in alcuni casi, sono state costrette a subire passivamente le scelte delle imprese di maggiori dimensioni seguendole nella scelta di localizzare l'impianto all'estero. Il trasferimento di quote di produzione al di fuori dei confini del territorio distrettuale ha messo così a dura prova la tenuta complessiva del capitale relazionale che costituisce l'«architrave» dei distretti. A sfilacciare i rapporti di prossimità e le reti tra le imprese distrettuali hanno contribuito anche le nuove tecnologie informatiche che hanno agito da leva sul già fragile equilibrio tra forze centripete (ad es. le economie di scopo, il bacino della forza lavoro distrettuale) e forze centrifughe, riducendo l'importanza della contiguità territoriale. In questo quadro si registra l'irrompere delle crisi che ha colto i distretti in mezzo al guado. La crisi, somma dinamiche differenti: quella relativa in senso stretto alla finanza (aumento dei rischi di sistema, crescita del costo del denaro, credit crunch, minore disponibilità ad investire); quella relativa alla recessione (flessione dei consumi e degli investimenti, minore domanda, adattamenti conseguenti dell'offerta); quella legata al non ancora realizzato riposizionamento competitivo (nuovi prodotti, nuovi processi, nuovi mercati); quella che risponde invece a ragioni di insostenibilità della crescita nel lungo periodo (scarsità naturali, ambiente, perdita di senso, mancata valorizzazione dell'intelligenza collettiva e delle conoscenze come " beni comuni "). Tutto ciò ha conseguenze particolarmente rilevanti sul " territorio " ed ha avuto effetti particolarmente pesanti sulle dinamiche distrettuali che nel 2009 hanno visto crollare i valori dell'export mediamente di circa il 20-25%. Valori in recupero nel corso del 2010 e in parte nel 2011, che poi sono tornati a contrarsi nei primi mesi del 2012. La crisi, quindi, ha colto i distretti " in mezzo al guado " del loro percorso di riposizionamento che si articolava su due direttrici tra loro interdipendenti:
I distretti industriali in questi ultimi anni sono stati al centro del dibattito economico nazion... more I distretti industriali in questi ultimi anni sono stati al centro del dibattito economico nazionale e non solo nazionale, come modello in grado di coniugare flessibilità produttiva e coordinamento organizzativo, attraverso il territorio e le sue sedimentazioni storiche e sociali. Riscoperti sulla scia del filone di ricerca che partiva dalla "Terza Italia" ed in sostanza dalla rilettura dell'articolazione territoriale dello sviluppo economico degli anni settanta-ottanta ( vedi i lavori pionieristici di Beccattini, Garofoli, Brusco ed altri) sono stati via, via analizzati con diversi e molteplici approcci: da quello economico territoriale a quello economico industriale, a quello sociologico, a quello dell'economia della conoscenza. Nei primi anni in cui i lavori degli autori sopra citati avevano fatto uscire dalla "marginalità teorica" il modello dei distretti industriali, il dibattito e le ricerche si erano svolti soprattutto in ambito nazionale. Solo più recentemente verso l'inizio degli anni novanta, grazie alla "scoperta" del modello distrettuale da parte di numerosi studiosi, economisti e policy-makers stranieri, tra cui va ricordato M. Porter, che introduce la categoria interpretativa dei clusters che incorpora gran parte delle caratteristiche distrettuali pur non esaurendole completamente, il modello dei distretti assume un rilievo internazionale e diventa quasi motivo di "cult" per molti Paesi che vedono in esso un importante fattore critico di successo per avviare e/o rilanciare politiche di sviluppo locale. Da allora gli studi, le ricerche, gli approfondimenti sul tema dei distretti si sprecano, si passa da una prima fase descrittiva del fenomeno, ad approcci che avanzano ipotesi interpretative, che partendo dalle discipline canoniche più diverse tentano di portare un contributo esaustivo alla comprensione del "fenomeno" distrettuale. I distretti vengono "radiografati" "vivisezionati", si sprecano definizioni e modelli di analisi, anche molto complessi, ma se ben guardiamo con un processo di semplificazione, che certamente non da conto dei numerosi e sofisticati contributi fin qui realizzati, la base "marshalliana" dell'analisi distrettuale non viene stravolta, ma soltanto affinata in modo incrementale. A questo riguardo è utile ripercorrere i principali fenomeni che hanno caratterizzato il dibattito sullo sviluppo dei distretti industriali degli ultimi anni.
Distretti Industriali e Internazionalizzazione
Small Business Act and the network
I contratti di rete Rassegna dei principali risultati quantitativi Il monitoraggio di Unioncamere... more I contratti di rete Rassegna dei principali risultati quantitativi Il monitoraggio di Unioncamere sui Contratti di rete, su dati Infocamere, mette in luce che al 31 dicembre 2014 si è arrivati a 1.884 Contratti e il numero dei soggetti coinvolti si sta avvicinando alle 10.000 unità. Di seguito un'analisi quantitativa dei dati sui Contratti.
Mercato del Lavoro News n. 122 Riavviare la contrattazione integrativa di secondo livello per sos... more Mercato del Lavoro News n. 122 Riavviare la contrattazione integrativa di secondo livello per sostenere crescita, potere d'acquisto delle retribuzioni e occupazione.
Mercato del Lavoro News-n. 45 La contrattazione aziendale di secondo livello e il welfare azienda... more Mercato del Lavoro News-n. 45 La contrattazione aziendale di secondo livello e il welfare aziendale: luci ed ombre di un nuovo modello contrattuale.
Mercato del Lavoro News n. 64 Perché la diffusione della contrattazione Integrativa di 2° livello... more Mercato del Lavoro News n. 64 Perché la diffusione della contrattazione Integrativa di 2° livello è frenata da alcune interpretazioni normative. In questi mesi chi si occupa di contrattazione integrativa, basata sul Premio di Risultato e di conseguenza anche di Piani di Welfare ad essa collegati, vive in una condizione di incertezza che sembrava essere stata finalmente superata con la legge di stabilità del 2016 e seguenti. La detassazione del PdR al 10% e la possibile conversione dello stesso in servizi di welfare, pareva aver raggiunto lo status di condizione strutturale nel panorama delle relazioni industriali, a fronte del rispetto di una serie di parametri che ne decretavano l'idoneità, come ad esempio la totale variabilità , l'incrementalità degli indicatori rispetto al periodo di misurazione definito "congruo" etc…. .
In un precedente articolo riportato nel n° 45 di MdL News della Fondazione avevamo evidenziato al... more In un precedente articolo riportato nel n° 45 di MdL News della Fondazione avevamo evidenziato alcuni punti di riflessione, che derivavano dall'analisi dei dati del report del Ministero del Lavoro sul deposito dei contratti di secondo livello a febbraio 2019 e che recitavano come segue: -in primo luogo, emerge la forte concentrazione territoriale di questo modello contrattuale.
Gli strumenti giuridici per il coordinamento tra imprese e alternativi (o preesistenti) al contra... more Gli strumenti giuridici per il coordinamento tra imprese e alternativi (o preesistenti) al contratto di rete sono di tre tipi: 1. contratti plurilaterali (consorzi con attività interna e associazioni temporanee di imprese -Ati); 2. contratti bilaterali collegati; 3. gli enti -come i consorzi con attività esterna -utilizzati come reti per rafforzare la gestione del coordinamento attraverso la delega agli organi amministrativi di un notevole grado di discrezionalità 2 .
NORTH 65.69 % workers • MIDDLE 27.91 % workers • SOUTH 6.40 % workers
Introduzione La scelta dello studio di caso focalizza l'attenzione sulle nuove modalità di relazi... more Introduzione La scelta dello studio di caso focalizza l'attenzione sulle nuove modalità di relazione all'interno dell'azione collettiva, in un sistema produttivo locale, dei soggetti pubblici e privati nelle esperienze di un'agenzia di animazione di un distretto industriale di eccellenza. L'obiettivo di una prima riflessione sul tema è quello di verificare come la cooperazione tra operatori pubblici e privati presenti nel sistema-distretto, in termini di performances nelle competenze e nei rapporti di fiducia e di affidabilità incrociata, attraverso gli strumenti di programmazione condivisa dello sviluppo, a base locale, sia riuscita ad attenuare i tradizionali comportamenti opportunistici presenti nell'ambito di osservazione e quali meccanismi (procedurali, decisionali, compensativi) siano stati capaci ad allargare la partecipazione all'attività di analisi, proposta, progettazione e gestione coordinata del sistema produttivo, nel suo complesso. La ricostruzione del caso, tenendo ferme le acquisizioni conoscitive già maturate sui caratteri dello sviluppo dei distretti industriali italiani, pratica una rilettura di parte della letteratura esistente essenzialmente orientata allo studio dei processi di interazione nei contesti di aggregazione produttiva, osservando attentamente le modalità di costruzione di politiche regolative dello sviluppo locale e gli specifici processi che hanno legato istituzioni, reti fiduciarie territorializzate, forme e meccanismi delle politiche economiche locali, in un contesto definito dalla presenza di comportamenti strategici delle imprese. Gli elementi di interesse emersi nella ricostruzione del caso possono essere riassunti in tre punti problematici, che necessitano di ulteriore lavoro e analisi sul campo per arrivare a risposte più esaurienti sul piano interpretativo.
La collaborazione interdistrettuale transnazionale come uno degli strumenti per il rilancio dei d... more La collaborazione interdistrettuale transnazionale come uno degli strumenti per il rilancio dei distretti (Luciano Consolati). Negli ultimi anni i distretti produttivi sono stati protagonisti di una metamorfosi fin qui insospettata, dettata da una concomitanza di accadimenti che hanno chiamato in causa la validità stessa del modello distrettuale; una metamorfosi che ha inciso sulla rete dei rapporti orizzontali delle imprese per effetto soprattutto del processo di delocalizzazione produttiva, innescato dall'aggressiva concorrenza dei competitors asiatici, che ha spinto le imprese a ricercare condizioni sostenibili di competitività. Della delocalizzazione produttiva ne hanno fatto le spese soprattutto le imprese di sub-fornitura che, in alcuni casi, sono state costrette a subire passivamente le scelte delle imprese di maggiori dimensioni seguendole nella scelta di localizzare l'impianto all'estero. Il trasferimento di quote di produzione al di fuori dei confini del territorio distrettuale ha messo così a dura prova la tenuta complessiva del capitale relazionale che costituisce l'«architrave» dei distretti. A sfilacciare i rapporti di prossimità e le reti tra le imprese distrettuali hanno contribuito anche le nuove tecnologie informatiche che hanno agito da leva sul già fragile equilibrio tra forze centripete (ad es. le economie di scopo, il bacino della forza lavoro distrettuale) e forze centrifughe, riducendo l'importanza della contiguità territoriale. In questo quadro si registra l'irrompere delle crisi che ha colto i distretti in mezzo al guado. La crisi, somma dinamiche differenti: quella relativa in senso stretto alla finanza (aumento dei rischi di sistema, crescita del costo del denaro, credit crunch, minore disponibilità ad investire); quella relativa alla recessione (flessione dei consumi e degli investimenti, minore domanda, adattamenti conseguenti dell'offerta); quella legata al non ancora realizzato riposizionamento competitivo (nuovi prodotti, nuovi processi, nuovi mercati); quella che risponde invece a ragioni di insostenibilità della crescita nel lungo periodo (scarsità naturali, ambiente, perdita di senso, mancata valorizzazione dell'intelligenza collettiva e delle conoscenze come " beni comuni "). Tutto ciò ha conseguenze particolarmente rilevanti sul " territorio " ed ha avuto effetti particolarmente pesanti sulle dinamiche distrettuali che nel 2009 hanno visto crollare i valori dell'export mediamente di circa il 20-25%. Valori in recupero nel corso del 2010 e in parte nel 2011, che poi sono tornati a contrarsi nei primi mesi del 2012. La crisi, quindi, ha colto i distretti " in mezzo al guado " del loro percorso di riposizionamento che si articolava su due direttrici tra loro interdipendenti:
I distretti industriali in questi ultimi anni sono stati al centro del dibattito economico nazion... more I distretti industriali in questi ultimi anni sono stati al centro del dibattito economico nazionale e non solo nazionale, come modello in grado di coniugare flessibilità produttiva e coordinamento organizzativo, attraverso il territorio e le sue sedimentazioni storiche e sociali. Riscoperti sulla scia del filone di ricerca che partiva dalla "Terza Italia" ed in sostanza dalla rilettura dell'articolazione territoriale dello sviluppo economico degli anni settanta-ottanta ( vedi i lavori pionieristici di Beccattini, Garofoli, Brusco ed altri) sono stati via, via analizzati con diversi e molteplici approcci: da quello economico territoriale a quello economico industriale, a quello sociologico, a quello dell'economia della conoscenza. Nei primi anni in cui i lavori degli autori sopra citati avevano fatto uscire dalla "marginalità teorica" il modello dei distretti industriali, il dibattito e le ricerche si erano svolti soprattutto in ambito nazionale. Solo più recentemente verso l'inizio degli anni novanta, grazie alla "scoperta" del modello distrettuale da parte di numerosi studiosi, economisti e policy-makers stranieri, tra cui va ricordato M. Porter, che introduce la categoria interpretativa dei clusters che incorpora gran parte delle caratteristiche distrettuali pur non esaurendole completamente, il modello dei distretti assume un rilievo internazionale e diventa quasi motivo di "cult" per molti Paesi che vedono in esso un importante fattore critico di successo per avviare e/o rilanciare politiche di sviluppo locale. Da allora gli studi, le ricerche, gli approfondimenti sul tema dei distretti si sprecano, si passa da una prima fase descrittiva del fenomeno, ad approcci che avanzano ipotesi interpretative, che partendo dalle discipline canoniche più diverse tentano di portare un contributo esaustivo alla comprensione del "fenomeno" distrettuale. I distretti vengono "radiografati" "vivisezionati", si sprecano definizioni e modelli di analisi, anche molto complessi, ma se ben guardiamo con un processo di semplificazione, che certamente non da conto dei numerosi e sofisticati contributi fin qui realizzati, la base "marshalliana" dell'analisi distrettuale non viene stravolta, ma soltanto affinata in modo incrementale. A questo riguardo è utile ripercorrere i principali fenomeni che hanno caratterizzato il dibattito sullo sviluppo dei distretti industriali degli ultimi anni.
Nel precedente articolo riportato nel n° 45 del Mdl della Fondazione avevamo evidenziato alcuni p... more Nel precedente articolo riportato nel n° 45 del Mdl della Fondazione avevamo evidenziato alcuni punti di riflessione, che derivavano dall'analisi dei dati del report del Ministero del Lavoro sul deposito dei contratti di secondo livello a febbraio 2019 e che recitavano come segue: • in primo luogo, emerge la forte concentrazione territoriale di questo modello contrattuale. Quattro regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte) rappresentano il 67% degli accordi depositati, le regioni centrali dal 15 al 20 mentre una quota residuale va al Sud, peraltro rappresentata soprattutto da accordi di gruppi nazionali con impianti produttivi in tali regioni;