Francesco Casantini | Università degli Studi "La Sapienza" di Roma (original) (raw)
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Drafts by Francesco Casantini
This contribution chooses to trace the outlines of a deepened hermeneutical structure of meaning-... more This contribution chooses to trace the outlines of a deepened hermeneutical structure of meaning-giving starting from some semantically noteworthy passages of GA40. The structure of this hermeneutical semantics has to be explored on the background of both the phenomenological horizon of a mean-ing-ful being-in-the-world, through the as-structure of interpretation, and of the de-struction of a traditionally construed referential account of language in general. This task is mainly to be conducted through the unfolding of a historical Sinn-Bedeutung relation around the pivotal notions of the "how" and potentiality, instead of the derivative "whatness" to be found in otherwise established semantic relations and semiosic-models. Crucial to this attempt should be the confrontation with some contemporary questioning, mainly on the subject of hermeneutic/apophantic truth and pragmatical conditions of normativity in language.
Nel saggio Che cosa significa orientarsi nel pensiero pubblicato nell'ottobre del 1786, Kant desc... more Nel saggio Che cosa significa orientarsi nel pensiero pubblicato nell'ottobre del 1786, Kant descrive il fenomeno dell'orientamento in questi termini: orientarsi significa: determinare a partire da una certa regione del mondo (una delle quattro in cui suddividiamo l'orizzonte) le altre, in particolare l'oriente. Se vedo il sole alto nel cielo e so che è mezzogiorno, sono in grado di determinare il sud, l'ovest, il nord e l'est. A questo scopo bisogna tuttavia che io senta una differenza nel mio stesso soggetto, quella fra mano destra e sinistra. Lo chiamo sentimento, poiché esteriormente, nell'intuizione, i due lati non presentano alcuna differenza percettibile 1. Il criterio dell'orientamento a carattere soggettivo della differenza tra destra e sinistra trova chiaramente applicazione tanto nell'orientamento in senso geografico, quanto in qualsivoglia applicazione dell'orientamento in senso spaziale. Anche se per esempio, in una stanza a me nota, oscura, si fosse spostato ciò che vi era a sinistra a destra e viceversa, sarei in grado di riconoscere chiaramente dove mi trovo, a partire dall'incontro con l'ente stesso che ho potuto toccare e riconoscere per primo. Interviene in ciò un criterio determinato razionalmente quanto alla sua validità, che si trova a poter essere determinato come sentimento, mancando appunto la possibilità di distinguere i due lati. Nel paragrafo 23 di Essere e tempo, Martin Heidegger torna sulla questione rilevando l'insufficienza del criterio soggettivo della distinzione tra destra e sinistra, rivendicando per il riferimento all'ente stesso e al suo incontro, un più immediato e fondamentale carattere. Si tratta qui di comprendere il carattere di immediatezza di questo riferimento all'incontro con l'ente nella sua importanza fondamentale per la determinazione della struttura dell'essere dell'esserci umano finito, per come essa è analizzata nell'ontologia fondamentale.
Come condizione di possibilità dell'universalizzazione in senso ontologico dell'esperienza ermene... more Come condizione di possibilità dell'universalizzazione in senso ontologico dell'esperienza ermeneutica, oltre al riconoscimento del carattere di evento proprio del venirci incontro di una verità (tanto nell'espressione del dato storico o nella rappresentazione dell'opera d'arte quanto nel più ampio senso del «venire ad espressione»), sta il fondamentale fatto della legittimazione della pretesa di verità di una esperienza del mondo, e di una coerente maniera della formazione del concetto, che tenga presente, nell'impossibilità di prescinderne, la costituzione linguistica del mondo. Nella terza e ultima parte di Verità e metodo, emerge infatti chiaramente il punto dell'esigenza di legittimità per un'esperienza di questo tipo. Essa può in definitiva dirsi linguistica sulla base del fatto che il mondo, per come e dal momento che esso stesso si offre alla comprensione, si struttura nella parola: ha la sua verità nella struttura o totalità di senso in cui consiste ciò che si dà nel «venire all'espressione» proprio del linguaggio. Si comprende d'altronde in questa direzione anche l'excursus di Gadamer sulla storia della filosofia del linguaggio, in particolare sui momenti di essa in cui la riflessione segue il manifestarsi della forza creativa del nominare, la potenza ontologica del linguaggio. Attraverso la disamina del concetto greco di λόγος e della sua evoluzione (nel suo significato più vivo e altro dalla riduzione obiettivante operata dal logocentrismo moderno) con la possibilità di essere collegato al concetto del bello (καλόν), nel suo significare platonicamente la «parousia dell'eidos», la luminosità dell'apparire di ciò che è non-nascosto (ἀλήθεια), fino al congiungimento con la dottrina cristiana della Parola, appare non solo la caratteristica di mediazione per cui il linguaggio congiunge espropriandoli soggetto e oggetto (vale qui il richiamo alla speculatività del linguaggio per come essa è in opera ad esempio nella dialettica), ma anche la capacità di svelamento della parola.
Thesis Chapters by Francesco Casantini
La centralità del problema e del termine «trascendenza» negli scritti heideggeriani pare essere s... more La centralità del problema e del termine «trascendenza» negli scritti heideggeriani pare essere stata finora non troppo riconosciuta. Certo è che a ciò può aver contribuito già il solo fatto della mancanza di una diffusa e chiara trattazione del concetto in Sein und Zeit. Tuttavia, proprio negli anni immediatamente successivi a quest’opera, soprattutto da quanto si evince dai corsi di lezioni, il problema pare assumere un ruolo determinante. Ciò che questo termine indica non è semplicemente, nello sviluppo dell’opera e del pensiero heideggeriani, un rinvio a un al-di-là ontologico in vista di cui è possibile qualcosa come l’intenzionalità; non solo la trascendenza è condizione di possibilità dell’incontro dell’ente in generale, né tanto meno essa può essere semplicisticamente ridotta alla netta determinazione decisiva per la differenza ontologica. Tuttavia, pure entro questa mancanza di determinabilità, si deve leggere necessariamente l’interrogativo circa il rifiuto, successivo alla Kehre, della trascendenza medesima, palesato nei Beiträge. La possibilità, sul piano esplicito da lì in poi inespressa, di intendere il Dasein stesso in quanto trascendenza con ciò che questa concezione comporterebbe, spinge in certo modo proprio a riconsiderare tale possibilità nella sospensione della sua negazione. Che può esserne della struttura di una comprensione dell’essere in quanto convenire di Dasein e mondo? Che possibilità rappresenterebbe, negli effetti, una simile considerazione della trascendenza se letta nella chiave proprio dell’apertura comprensiva di un mondo in quanto sua immediata articolazione semantica e quindi anche pratica? Che ne è, in altri termini, del dialogo che sembra poter instaurarsi, nei corsi sulla «filosofia della trascendenza», immediatamente precedenti la Kehre stessa, tra essere umano e mondo soprattutto sul piano della mondità significativa del mondo stesso, pur senza che si possa parlare espressamente di una oggettività dello spirito come articolazione del senso (Sinn)? Come può comunque spiegarsi il fatto che la trascendenza rimanga per certi versi ospite nascosto, in una chiarificazione che Heidegger assai più tardi diede del senso della sua grande opera, Sein und Zeit, per cui il Dasein sarebbe praticamente solo «l’estatico»? Se le opere pubblicate rappresentano una fonte a tratti incompleta e in generale difficilmente sufficiente allo scopo di una elucidazione il più possibile compiuta del problema, appare chiaramente giustificabile la necessità del ricorso integrante al più ricco e utile materiale offerto dai corsi di lezioni.
Papers by Francesco Casantini
ANNUARIO FILOSOFICO, 2021
Purpose of this article will be to illustrate the intimate relationship of transcendence and mean... more Purpose of this article will be to illustrate the intimate relationship of transcendence and meaning in Heidegger’s lecture courses between mid to late 1920s. Pivotal importance will be given to the examination of his 1925-26 course on Logik.Die Frage nach der Wahrheit, in an attempt of reading it as anticipating the 1929 work on Kant. Expounding Heidegger’s new meaning of the term, transcendence will be seen as grounding a phenomenological symbolic relationship, and its subsequent signification, in reality itself. By contrast with more traditional pragmatist or phenomenological readings, this grounding will then be shown to imply the meaning-defining structure of the “hermeneutical as” as preceding both perceptivity and agency. Aspects entailed by the insertion of transcendence as the condition of such an immediate human-world symbolic relation will then be examined. Particular attention will be devoted to the development of a circular historicity of signification, between understanding and interpreting, as potentially redefining the structure of Selbstheit and tradition, and thus, as opening a variety of hermeneutical reading solutions for Heidegger’s earlier thought.
This contribution chooses to trace the outlines of a deepened hermeneutical structure of meaning-... more This contribution chooses to trace the outlines of a deepened hermeneutical structure of meaning-giving starting from some semantically noteworthy passages of GA40. The structure of this hermeneutical semantics has to be explored on the background of both the phenomenological horizon of a mean-ing-ful being-in-the-world, through the as-structure of interpretation, and of the de-struction of a traditionally construed referential account of language in general. This task is mainly to be conducted through the unfolding of a historical Sinn-Bedeutung relation around the pivotal notions of the "how" and potentiality, instead of the derivative "whatness" to be found in otherwise established semantic relations and semiosic-models. Crucial to this attempt should be the confrontation with some contemporary questioning, mainly on the subject of hermeneutic/apophantic truth and pragmatical conditions of normativity in language.
Nel saggio Che cosa significa orientarsi nel pensiero pubblicato nell'ottobre del 1786, Kant desc... more Nel saggio Che cosa significa orientarsi nel pensiero pubblicato nell'ottobre del 1786, Kant descrive il fenomeno dell'orientamento in questi termini: orientarsi significa: determinare a partire da una certa regione del mondo (una delle quattro in cui suddividiamo l'orizzonte) le altre, in particolare l'oriente. Se vedo il sole alto nel cielo e so che è mezzogiorno, sono in grado di determinare il sud, l'ovest, il nord e l'est. A questo scopo bisogna tuttavia che io senta una differenza nel mio stesso soggetto, quella fra mano destra e sinistra. Lo chiamo sentimento, poiché esteriormente, nell'intuizione, i due lati non presentano alcuna differenza percettibile 1. Il criterio dell'orientamento a carattere soggettivo della differenza tra destra e sinistra trova chiaramente applicazione tanto nell'orientamento in senso geografico, quanto in qualsivoglia applicazione dell'orientamento in senso spaziale. Anche se per esempio, in una stanza a me nota, oscura, si fosse spostato ciò che vi era a sinistra a destra e viceversa, sarei in grado di riconoscere chiaramente dove mi trovo, a partire dall'incontro con l'ente stesso che ho potuto toccare e riconoscere per primo. Interviene in ciò un criterio determinato razionalmente quanto alla sua validità, che si trova a poter essere determinato come sentimento, mancando appunto la possibilità di distinguere i due lati. Nel paragrafo 23 di Essere e tempo, Martin Heidegger torna sulla questione rilevando l'insufficienza del criterio soggettivo della distinzione tra destra e sinistra, rivendicando per il riferimento all'ente stesso e al suo incontro, un più immediato e fondamentale carattere. Si tratta qui di comprendere il carattere di immediatezza di questo riferimento all'incontro con l'ente nella sua importanza fondamentale per la determinazione della struttura dell'essere dell'esserci umano finito, per come essa è analizzata nell'ontologia fondamentale.
Come condizione di possibilità dell'universalizzazione in senso ontologico dell'esperienza ermene... more Come condizione di possibilità dell'universalizzazione in senso ontologico dell'esperienza ermeneutica, oltre al riconoscimento del carattere di evento proprio del venirci incontro di una verità (tanto nell'espressione del dato storico o nella rappresentazione dell'opera d'arte quanto nel più ampio senso del «venire ad espressione»), sta il fondamentale fatto della legittimazione della pretesa di verità di una esperienza del mondo, e di una coerente maniera della formazione del concetto, che tenga presente, nell'impossibilità di prescinderne, la costituzione linguistica del mondo. Nella terza e ultima parte di Verità e metodo, emerge infatti chiaramente il punto dell'esigenza di legittimità per un'esperienza di questo tipo. Essa può in definitiva dirsi linguistica sulla base del fatto che il mondo, per come e dal momento che esso stesso si offre alla comprensione, si struttura nella parola: ha la sua verità nella struttura o totalità di senso in cui consiste ciò che si dà nel «venire all'espressione» proprio del linguaggio. Si comprende d'altronde in questa direzione anche l'excursus di Gadamer sulla storia della filosofia del linguaggio, in particolare sui momenti di essa in cui la riflessione segue il manifestarsi della forza creativa del nominare, la potenza ontologica del linguaggio. Attraverso la disamina del concetto greco di λόγος e della sua evoluzione (nel suo significato più vivo e altro dalla riduzione obiettivante operata dal logocentrismo moderno) con la possibilità di essere collegato al concetto del bello (καλόν), nel suo significare platonicamente la «parousia dell'eidos», la luminosità dell'apparire di ciò che è non-nascosto (ἀλήθεια), fino al congiungimento con la dottrina cristiana della Parola, appare non solo la caratteristica di mediazione per cui il linguaggio congiunge espropriandoli soggetto e oggetto (vale qui il richiamo alla speculatività del linguaggio per come essa è in opera ad esempio nella dialettica), ma anche la capacità di svelamento della parola.
La centralità del problema e del termine «trascendenza» negli scritti heideggeriani pare essere s... more La centralità del problema e del termine «trascendenza» negli scritti heideggeriani pare essere stata finora non troppo riconosciuta. Certo è che a ciò può aver contribuito già il solo fatto della mancanza di una diffusa e chiara trattazione del concetto in Sein und Zeit. Tuttavia, proprio negli anni immediatamente successivi a quest’opera, soprattutto da quanto si evince dai corsi di lezioni, il problema pare assumere un ruolo determinante. Ciò che questo termine indica non è semplicemente, nello sviluppo dell’opera e del pensiero heideggeriani, un rinvio a un al-di-là ontologico in vista di cui è possibile qualcosa come l’intenzionalità; non solo la trascendenza è condizione di possibilità dell’incontro dell’ente in generale, né tanto meno essa può essere semplicisticamente ridotta alla netta determinazione decisiva per la differenza ontologica. Tuttavia, pure entro questa mancanza di determinabilità, si deve leggere necessariamente l’interrogativo circa il rifiuto, successivo alla Kehre, della trascendenza medesima, palesato nei Beiträge. La possibilità, sul piano esplicito da lì in poi inespressa, di intendere il Dasein stesso in quanto trascendenza con ciò che questa concezione comporterebbe, spinge in certo modo proprio a riconsiderare tale possibilità nella sospensione della sua negazione. Che può esserne della struttura di una comprensione dell’essere in quanto convenire di Dasein e mondo? Che possibilità rappresenterebbe, negli effetti, una simile considerazione della trascendenza se letta nella chiave proprio dell’apertura comprensiva di un mondo in quanto sua immediata articolazione semantica e quindi anche pratica? Che ne è, in altri termini, del dialogo che sembra poter instaurarsi, nei corsi sulla «filosofia della trascendenza», immediatamente precedenti la Kehre stessa, tra essere umano e mondo soprattutto sul piano della mondità significativa del mondo stesso, pur senza che si possa parlare espressamente di una oggettività dello spirito come articolazione del senso (Sinn)? Come può comunque spiegarsi il fatto che la trascendenza rimanga per certi versi ospite nascosto, in una chiarificazione che Heidegger assai più tardi diede del senso della sua grande opera, Sein und Zeit, per cui il Dasein sarebbe praticamente solo «l’estatico»? Se le opere pubblicate rappresentano una fonte a tratti incompleta e in generale difficilmente sufficiente allo scopo di una elucidazione il più possibile compiuta del problema, appare chiaramente giustificabile la necessità del ricorso integrante al più ricco e utile materiale offerto dai corsi di lezioni.
ANNUARIO FILOSOFICO, 2021
Purpose of this article will be to illustrate the intimate relationship of transcendence and mean... more Purpose of this article will be to illustrate the intimate relationship of transcendence and meaning in Heidegger’s lecture courses between mid to late 1920s. Pivotal importance will be given to the examination of his 1925-26 course on Logik.Die Frage nach der Wahrheit, in an attempt of reading it as anticipating the 1929 work on Kant. Expounding Heidegger’s new meaning of the term, transcendence will be seen as grounding a phenomenological symbolic relationship, and its subsequent signification, in reality itself. By contrast with more traditional pragmatist or phenomenological readings, this grounding will then be shown to imply the meaning-defining structure of the “hermeneutical as” as preceding both perceptivity and agency. Aspects entailed by the insertion of transcendence as the condition of such an immediate human-world symbolic relation will then be examined. Particular attention will be devoted to the development of a circular historicity of signification, between understanding and interpreting, as potentially redefining the structure of Selbstheit and tradition, and thus, as opening a variety of hermeneutical reading solutions for Heidegger’s earlier thought.