Fabio Pezzetti Tonion | Università degli Studi di Torino (original) (raw)
Papers by Fabio Pezzetti Tonion
Diego Cavallotti, Denis Lotti, Andrea Mariani, Scrivere la storia, costruire l'archivio. Note per una storiografia del cinema e dei media, 2021
Àngel Quintana, Jordi Pons (editors), La dona visible. Presècies de la feminitat a la pantalla. 1895-1920, Fundació Museu del Cinema-Col·lecció Tomàs Mallol/Ajuntament de Girona, Girona, 2020
Alberto Scandola, Nicola Pasqualicchio (a cura di), Francesco Rosi. Il cinema e oltre, ISBN: 9788857548791, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2019
Alessia Cervini, Giacomo Tagliani (a cura di), La forma cinematografica del reale. Teorie, pratiche, linguaggi: da Bazin a Netflix, 2020
Fata Morgana, 2017
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento Amédée Ayfre è stato protagonista del tentativo d... more Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento Amédée Ayfre è stato protagonista del tentativo di una critica spiritualista del cinema. Partendo da una dimensione legata alla fenomenologia, Ayfre pone in essere il tentativo di uno scavalcamento del reale in una dimensione in cui si dia come possibile una svolta teologica, dove l’immagine assume una costituzione sacra.
Il presente contributo vuole proporre una sistematizzazione del pensiero di Ayfre all’interno di un orizzonte problematico che ponga in essere le seguenti questioni: la dimensione fenomenologica del cinema può condurre verso il Reale? E, in caso affermativo, il Reale può assumere una doppia valenza di Trascendenza e Incarnazione del Sacro, problematizzando in questo ambiguo coesistere una possibilità di Coscienza del cinema?
Schermi, 2017
Eroticism, as well as the representation of sexuality and dynamics of intimacy in the lives of co... more Eroticism, as well as the representation of sexuality and dynamics of intimacy in the lives of couples, inhabited the cinema of Ingmar Bergman from his very first experiments in direction. With the passing of time they became a thematic key, through which we can perceive the desire to negotiate, through the cinematic medium, a conscious reflection on sex, intended moreover as a paradigm through which individuals relate to one another. Significantly, sex and eroticism are situated alongside major metaphysical meditations on the meaning of life, the difficulty of communication among humans, and the so-called silence of God. While the latter themes were immediately accepted and discussed by Italian critics from the moment, at the end of the Fifties, when the director’s films were distributed in Italy, becoming paradigmatic of a debate that went on to animate every response to Bergman’s cinema in the years to come, a more attentive analysis of the eroticism that permeates these works was nevertheless foregone, or at best implicit in an ancillary dimension.
Per lui le favole non sono alterazioni di storie reali né si riferiscono di necessità a individui... more Per lui le favole non sono alterazioni di storie reali né si riferiscono di necessità a individui reali, ma sono intrinsecamente verità storica, nella forma che la verità storica suol prendere nelle menti primitive.
In Tracce: documenti del cinema muto torinese nelle collezioni del Museo Nazionale del Cinema, a cura di Carla Ceresa e Donata Pesenti Campagnoni. - Milano : Il Castoro ; Torino : Museo Nazionale del Cinema, 2007.
in Angel Quintana, Jordi Pons, "Objectivitat i efectes de veritat. El cinema dels primers temps i la tradició realista", 2015
in Silvio Alovisio, Alberto Barbera, "Cabiria & Cabiria", Il Castoro, Milano 2006
Di indizi per capire quale sia il segreto dei Rolling Stones, che a più di quarant'anni dall'esor... more Di indizi per capire quale sia il segreto dei Rolling Stones, che a più di quarant'anni dall'esordio infiammano ancora la scena rock internazionale, il film di Scorsese ne fornisce a sufficienza e alla fine ci si domanda se sia davvero necessario cercare la formula di uno spettacolo di cui la cinepresa restituisce con scintillante evidenza l'intima e vibrante potenza.
Nella nostra epoca non esiste nessuna opera d'arte che venga osservata con tanta attenzione quant... more Nella nostra epoca non esiste nessuna opera d'arte che venga osservata con tanta attenzione quanto la propria fotografia, oppure la fotografia dei parenti prossimi e degli amici, dell'amata.
Jean Douchet’s reflections on the concept of the «privileged instant» and Deleuze’s thesis that «... more Jean Douchet’s reflections on the concept of the «privileged instant» and Deleuze’s thesis that «the close-up is the face» are the starting points of this paper, which focuses on the relationship between photography and cinema in Ingmar Bergman’s films. In particular, the author points out how Swedish director’s concentration on facial close-ups led to the definition of complex forms of temporality arising from the friction, juxtaposition, and interaction between the photographic image and the filmic one. Within the mesh of mediating forms which characterize Bergman’s cinema, the photographic image – as both memory and document – assumes different forms that are often in contrast with each other: first, it works as a mark of reality in its phenomenological dimension. Later, it becomes a threshold giving access to a form of cinema that reworks out new ways of representing temporality in film. By relying on the methodological instruments offered by the philosophy of Henri Bergson (with particular reference to the concepts of «duration and simultaneity») and on Gilles Deleuze’s reflections on the time-image, the paper surveys the multilayered and multi-medial nature of Bergman’s works: the plurality of chronological time matches the self and its changeable incarnations, in which the individual is progressively and inevitably annihilated.
In Fratelli (1996), Abel Ferrara indaga il mondo chiuso e opprimente di una famiglia mafiosa ital... more In Fratelli (1996), Abel Ferrara indaga il mondo chiuso e opprimente di una famiglia mafiosa italo-americana degli anni Trenta del Novecento, i cui membri sono legati indissolubilmente al proprio retaggio e dove ogni possibile via di fuga conduce verso la morte. In questa moderna tragedia che interroga il libero arbitrio spinto «fino al delirio deistico del delitto» 1 , l'azione è ambientata nella lunga notte di veglia funebre che si tiene nella casa del maggiore dei fratelli Tempio, Ray. Qui la famiglia è riunita intorno al feretro di Johnny, il minore dei fratelli, ucciso davanti a un cinema da un giovane meccanico che voleva dargli una lezione. All'alba, dopo aver seppellito il cadavere del ragazzo che ha ucciso Johnny, Chez, il fratello di mezzo, torna a casa: appena entrato uccide i guardaspalle; poi spara al cadavere, uccide Ray e si spara un colpo in bocca.
Bergman’s cinema defines the possibilities of a perceptive horizon in which the experience of pas... more Bergman’s cinema defines the possibilities of a perceptive horizon in which the experience of passing time becomes tangible. On the basis that the analysis of themise-en-scene of time can be a useful field of research, this essay highlights the process through which Bergman defines a complex temporal horizon, in which the phenomenological dimension of the linear passage of time merges with, and often turns into, a subjective perception of passing time, creating a syncretic relationship between the quantitative time of the action and the qualitative time of the sensation.
Jag längtade alltid efter en kniv. En egg som skulle blottlägga mina inälvor, lösgör min hjärna o... more Jag längtade alltid efter en kniv. En egg som skulle blottlägga mina inälvor, lösgör min hjärna och mitt hjärta. Befria mig från mitt innehåll. Skära bort min tunga och mitt kön. Ett vasst knivblad som rensade ut all orenlighet. Och så skulle den så kallade anden höja sig ur detta meningslösa kadaver 1 .
Opera austera e rigorosa, Luci d'inverno (Nattvardsgästerna, 1963) marca una rottura radicale nel... more Opera austera e rigorosa, Luci d'inverno (Nattvardsgästerna, 1963) marca una rottura radicale nella pratica cinematografica di Ingmar Bergman: teso verso una concentrata perfezione stilistica che ruota intorno al polo estetico del realismo 1 , costretto nelle tre unità di tempo, luogo ed azione, il film si apre tuttavia a una dimensione di astrazione del reale fenomenologico che trova un particolare rilievo nella riflessione operata dal cineasta sull'utilizzo del primo piano e della temporalità ad esso connessa. Addirittura, anche quando la messa in scena nega il primo piano, esso è evocato dalla sua assenza, come accade nella lunga scena del ritrovamento del cadavere del suicida Jonas Persson, filmata con un campo lungo che -nella sua obiettività testimoniale e oggettiva -rende manifesta l'impossibilità della comunicazione tra gli individui. La negazione del primo piano del volto, piano affettivo per eccellenza, testimonia lo scacco morale e umano in cui si trova il pastore Tomas Ericsson e rende percepibile una durata che si fa insostenibile 2 . Di un film costruito al presente, in cui a contare è il momento vissuto e irripetibile dell'esperienza della solitudine esistenziale (evidenziata da una messa in scena dimessa, in cui il corpo attoriale è l'inevitabile centro di un piano che tende ad annullarsi nel vuoto), Michel Estève sottolinea come per i personaggi del film «il tempo sia dolore»: infatti, se l'utilizzo oggettivo dello spazio contribuisce alla creazione di un senso di isolamento, la percezione soggettiva del tempo mette in luce la crisi del presente, che è sofferenza e dubbio 3 .
Diego Cavallotti, Denis Lotti, Andrea Mariani, Scrivere la storia, costruire l'archivio. Note per una storiografia del cinema e dei media, 2021
Àngel Quintana, Jordi Pons (editors), La dona visible. Presècies de la feminitat a la pantalla. 1895-1920, Fundació Museu del Cinema-Col·lecció Tomàs Mallol/Ajuntament de Girona, Girona, 2020
Alberto Scandola, Nicola Pasqualicchio (a cura di), Francesco Rosi. Il cinema e oltre, ISBN: 9788857548791, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2019
Alessia Cervini, Giacomo Tagliani (a cura di), La forma cinematografica del reale. Teorie, pratiche, linguaggi: da Bazin a Netflix, 2020
Fata Morgana, 2017
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento Amédée Ayfre è stato protagonista del tentativo d... more Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento Amédée Ayfre è stato protagonista del tentativo di una critica spiritualista del cinema. Partendo da una dimensione legata alla fenomenologia, Ayfre pone in essere il tentativo di uno scavalcamento del reale in una dimensione in cui si dia come possibile una svolta teologica, dove l’immagine assume una costituzione sacra.
Il presente contributo vuole proporre una sistematizzazione del pensiero di Ayfre all’interno di un orizzonte problematico che ponga in essere le seguenti questioni: la dimensione fenomenologica del cinema può condurre verso il Reale? E, in caso affermativo, il Reale può assumere una doppia valenza di Trascendenza e Incarnazione del Sacro, problematizzando in questo ambiguo coesistere una possibilità di Coscienza del cinema?
Schermi, 2017
Eroticism, as well as the representation of sexuality and dynamics of intimacy in the lives of co... more Eroticism, as well as the representation of sexuality and dynamics of intimacy in the lives of couples, inhabited the cinema of Ingmar Bergman from his very first experiments in direction. With the passing of time they became a thematic key, through which we can perceive the desire to negotiate, through the cinematic medium, a conscious reflection on sex, intended moreover as a paradigm through which individuals relate to one another. Significantly, sex and eroticism are situated alongside major metaphysical meditations on the meaning of life, the difficulty of communication among humans, and the so-called silence of God. While the latter themes were immediately accepted and discussed by Italian critics from the moment, at the end of the Fifties, when the director’s films were distributed in Italy, becoming paradigmatic of a debate that went on to animate every response to Bergman’s cinema in the years to come, a more attentive analysis of the eroticism that permeates these works was nevertheless foregone, or at best implicit in an ancillary dimension.
Per lui le favole non sono alterazioni di storie reali né si riferiscono di necessità a individui... more Per lui le favole non sono alterazioni di storie reali né si riferiscono di necessità a individui reali, ma sono intrinsecamente verità storica, nella forma che la verità storica suol prendere nelle menti primitive.
In Tracce: documenti del cinema muto torinese nelle collezioni del Museo Nazionale del Cinema, a cura di Carla Ceresa e Donata Pesenti Campagnoni. - Milano : Il Castoro ; Torino : Museo Nazionale del Cinema, 2007.
in Angel Quintana, Jordi Pons, "Objectivitat i efectes de veritat. El cinema dels primers temps i la tradició realista", 2015
in Silvio Alovisio, Alberto Barbera, "Cabiria & Cabiria", Il Castoro, Milano 2006
Di indizi per capire quale sia il segreto dei Rolling Stones, che a più di quarant'anni dall'esor... more Di indizi per capire quale sia il segreto dei Rolling Stones, che a più di quarant'anni dall'esordio infiammano ancora la scena rock internazionale, il film di Scorsese ne fornisce a sufficienza e alla fine ci si domanda se sia davvero necessario cercare la formula di uno spettacolo di cui la cinepresa restituisce con scintillante evidenza l'intima e vibrante potenza.
Nella nostra epoca non esiste nessuna opera d'arte che venga osservata con tanta attenzione quant... more Nella nostra epoca non esiste nessuna opera d'arte che venga osservata con tanta attenzione quanto la propria fotografia, oppure la fotografia dei parenti prossimi e degli amici, dell'amata.
Jean Douchet’s reflections on the concept of the «privileged instant» and Deleuze’s thesis that «... more Jean Douchet’s reflections on the concept of the «privileged instant» and Deleuze’s thesis that «the close-up is the face» are the starting points of this paper, which focuses on the relationship between photography and cinema in Ingmar Bergman’s films. In particular, the author points out how Swedish director’s concentration on facial close-ups led to the definition of complex forms of temporality arising from the friction, juxtaposition, and interaction between the photographic image and the filmic one. Within the mesh of mediating forms which characterize Bergman’s cinema, the photographic image – as both memory and document – assumes different forms that are often in contrast with each other: first, it works as a mark of reality in its phenomenological dimension. Later, it becomes a threshold giving access to a form of cinema that reworks out new ways of representing temporality in film. By relying on the methodological instruments offered by the philosophy of Henri Bergson (with particular reference to the concepts of «duration and simultaneity») and on Gilles Deleuze’s reflections on the time-image, the paper surveys the multilayered and multi-medial nature of Bergman’s works: the plurality of chronological time matches the self and its changeable incarnations, in which the individual is progressively and inevitably annihilated.
In Fratelli (1996), Abel Ferrara indaga il mondo chiuso e opprimente di una famiglia mafiosa ital... more In Fratelli (1996), Abel Ferrara indaga il mondo chiuso e opprimente di una famiglia mafiosa italo-americana degli anni Trenta del Novecento, i cui membri sono legati indissolubilmente al proprio retaggio e dove ogni possibile via di fuga conduce verso la morte. In questa moderna tragedia che interroga il libero arbitrio spinto «fino al delirio deistico del delitto» 1 , l'azione è ambientata nella lunga notte di veglia funebre che si tiene nella casa del maggiore dei fratelli Tempio, Ray. Qui la famiglia è riunita intorno al feretro di Johnny, il minore dei fratelli, ucciso davanti a un cinema da un giovane meccanico che voleva dargli una lezione. All'alba, dopo aver seppellito il cadavere del ragazzo che ha ucciso Johnny, Chez, il fratello di mezzo, torna a casa: appena entrato uccide i guardaspalle; poi spara al cadavere, uccide Ray e si spara un colpo in bocca.
Bergman’s cinema defines the possibilities of a perceptive horizon in which the experience of pas... more Bergman’s cinema defines the possibilities of a perceptive horizon in which the experience of passing time becomes tangible. On the basis that the analysis of themise-en-scene of time can be a useful field of research, this essay highlights the process through which Bergman defines a complex temporal horizon, in which the phenomenological dimension of the linear passage of time merges with, and often turns into, a subjective perception of passing time, creating a syncretic relationship between the quantitative time of the action and the qualitative time of the sensation.
Jag längtade alltid efter en kniv. En egg som skulle blottlägga mina inälvor, lösgör min hjärna o... more Jag längtade alltid efter en kniv. En egg som skulle blottlägga mina inälvor, lösgör min hjärna och mitt hjärta. Befria mig från mitt innehåll. Skära bort min tunga och mitt kön. Ett vasst knivblad som rensade ut all orenlighet. Och så skulle den så kallade anden höja sig ur detta meningslösa kadaver 1 .
Opera austera e rigorosa, Luci d'inverno (Nattvardsgästerna, 1963) marca una rottura radicale nel... more Opera austera e rigorosa, Luci d'inverno (Nattvardsgästerna, 1963) marca una rottura radicale nella pratica cinematografica di Ingmar Bergman: teso verso una concentrata perfezione stilistica che ruota intorno al polo estetico del realismo 1 , costretto nelle tre unità di tempo, luogo ed azione, il film si apre tuttavia a una dimensione di astrazione del reale fenomenologico che trova un particolare rilievo nella riflessione operata dal cineasta sull'utilizzo del primo piano e della temporalità ad esso connessa. Addirittura, anche quando la messa in scena nega il primo piano, esso è evocato dalla sua assenza, come accade nella lunga scena del ritrovamento del cadavere del suicida Jonas Persson, filmata con un campo lungo che -nella sua obiettività testimoniale e oggettiva -rende manifesta l'impossibilità della comunicazione tra gli individui. La negazione del primo piano del volto, piano affettivo per eccellenza, testimonia lo scacco morale e umano in cui si trova il pastore Tomas Ericsson e rende percepibile una durata che si fa insostenibile 2 . Di un film costruito al presente, in cui a contare è il momento vissuto e irripetibile dell'esperienza della solitudine esistenziale (evidenziata da una messa in scena dimessa, in cui il corpo attoriale è l'inevitabile centro di un piano che tende ad annullarsi nel vuoto), Michel Estève sottolinea come per i personaggi del film «il tempo sia dolore»: infatti, se l'utilizzo oggettivo dello spazio contribuisce alla creazione di un senso di isolamento, la percezione soggettiva del tempo mette in luce la crisi del presente, che è sofferenza e dubbio 3 .