Enrico Meneghelli | Università Ca' Foscari Venezia (original) (raw)
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Enrico Meneghelli RIFLESSIONI SU IL PROCESSO di ORSON WELLES INTRODUZIONE Orson Welles, nei panni... more Enrico Meneghelli RIFLESSIONI SU IL PROCESSO di ORSON WELLES INTRODUZIONE Orson Welles, nei panni dell'avvocato Albert Hastler nel film Il Processo (1962), pronuncia queste parole: "Non è obbligatorio credere che tutto sia vero ma solo che tutto è necessario". Sono parole non recitate da un semplice personaggio, ma da Orson Welles che in questo film ricopre tre ruoli: regista, narratore extradiegetico e personaggio. Inoltre vengono pronunciate in un momento di forte esteticità: il personaggio K. è in un salone, adibito a sala cinematografica, dietro di lui vi è uno schermo dove vengono proiettate dall'avvocato le immagini del prologo del film. Tali immagini proiettate investono Joseph K., la sua ombra si staglia sullo schermo alle sue spalle. Le parole dell'avvocato (personaggio) ricalcano e si sovrappongono a quelle pronunciate dal narratore extradiegetico nella prefazione, i suoi gesti (il cambiare le diapositive) creano un montaggio interno al film come ne fosse il regista. La scena sembra ibridare i tre ruoli. Orson Welles è nello stesso tempo regista, narratore e personaggio, le sue parole si prestano a più piani di lettura, sono interne ed esterne alla narrazione; sembrano ragionare sulla natura del linguaggio cinematografico. La scena appena descritta è un sottile gioco metalettico che possiamo analizzare grazie alla narratologia genettiana. La mia analisi si propone di approfondire proprio questo linguaggio e il modo in cui il cinema ci parla, di effettuare un'analisi narratologica che guarda al significante, al rapporto tra discorso del film e discorso del racconto. Analizzerò alcuni aspetti di questo linguaggio nel film Il Processo di Orson Welles. Mi concentrerò soprattutto sul film, con qualche accenno al romanzo. Molti critici, all'uscita della pellicola, criticarono la sua scarsa fedeltà al romanzo, non considerando che la riscrittura di un'opera crea una nuova opera. Guido Fink proprio a questo proposito ricorda: "Il cinema è una cosa e la letteratura un'altra, ognuno dei due mezzi ha un suo tipico linguaggio" 1 ; " Il Processo non è più Kafka, e non risulta nemmeno un'opera autonoma." 2 Quest'aspetto è dimostrato proprio dalla scena appena descritta: l'episodio è tratto dal libro ma rielaborato a tal punto da perdere tutti i suoi significati originali e alla fine sembra parlarci d'altro. Il cinema è "menzogna elevata a principio universale", usando le parole di K.
CORPI IBRIDI -Viaggio nel corpo cinematografico di Shinya Tsukamoto-INTRODUZIONE Nella tradizione... more CORPI IBRIDI -Viaggio nel corpo cinematografico di Shinya Tsukamoto-INTRODUZIONE Nella tradizione letteraria Giapponese esiste un filone narrativo che va sotto il nome di "Storie di obake (esseri che si trasformano)" 1 , entità preposte a scendere sulla terra e sconvolgere l'ordine noto. La notte di Capodanno del 1960 nasce Shinya Tsukamoto uomo che, con il suo cinema e con le sue storie, sconvolgerà il nostro ordine noto. Chi non ha mai visto un film di Tsukamoto probabilmente fa fatica a capire, ma chi ha avuto modo di conoscere il suo cinema sa bene che i suoi film non sono semplici visioni, non vi partecipa solo lo sguardo, l'intero corpo è coinvolto: il cuore corre all'impazzata dietro al ritmo frenetico della sua poesia; suoni, immagini esplodono sullo schermo per detonare nel nostro stomaco, per contorcerci le budella; lamine di ferro stridenti bucano i nostri timpani per alienarci nella metamorfosi in atto. Tom Mes scrive: "Ero come Alex in Arancia Meccanica: inesplicabilmente legato ad uno schermo nel quale venivano proiettate splendide atrocità, (…) stavo per avere una delle più indimenticabili esperienze cinematografiche. Il film attraversò i miei occhi, invase il mio corpo e infettò ogni singola cellula. Ero piacevolmente violentato e divenni tutt'uno con il film." 2 Il regista giapponese crea opere dall'impatto emotivo gigantesco e dall'interesse filosofico e semiologico ancora più grande. Tsukamoto è considerato da Matteo Boscarol uno dei più importanti creatori di immagini che abitino il panorama cinematografico contemporaneo. 3 È cineasta indipendente, un artigiano del cinema che, con le proprie mani, crea interi film; cura personalmente regia, soggetto, sceneggiatura, scenografia,
CONFINE TRA MONDI INTRODUZIONE Il mio studio si propone di analizzare approfonditamente un'opera:... more CONFINE TRA MONDI INTRODUZIONE Il mio studio si propone di analizzare approfonditamente un'opera: π -Faith in Chaos (USA,1998) di Darren Aronofsky. Cercherò di descriverla come "OPERA di CONFINE". Il 1998 è l'anno che precede quella che David N. Rodowick definisce "la stagione della paranoia digitale"; stagione in un certo senso anticipata proprio dal film indipendente in questione. Π è un'opera di fantascienza ibrida che attinge dalla letteratura americana ma che nello stesso tempo guarda altrove. Il mio obiettivo sarà quindi quello di delineare questi confini, che non sono netti e distinti ma liquidi, ineffabili, difficili da collocare in categorie prestabilite. Nel primo capitolo analizzerò il film secondo un'ottica narratologica e semiotica. Mi soffermerò sui CONFINI LIQUIDI tra i diversi livelli diegetici e sulle tecniche usate per confondere le "realtà" coinvolte. Nel secondo capitolo cambierò approccio: il CONFINE è quello di GENERE. Π, infatti, è un'opera ibrida, in cui confluiscono diversi tipi di fantascienza. Aronofsky in questo film è stato in grado di fondere la fantascienza di Philip K. Dick con l'estetica d'avanguardia di Shin'ya Tsukamoto. Nel terzo capitolo il CONFINE sarà quello tra ANALOGICO e DIGITALE. Π si colloca tra due ere proprio nel momento in cui si assiste alla "fine" dell'analogico soppiantato dal digitale. Questo tipo di analisi vuole dare alcune chiavi di lettura ad un'opera aperta a molte interpretazioni.
Con questa tesi cercherò di raccontare la nascita di un autore, un regista che, in dieci anni, ha... more Con questa tesi cercherò di raccontare la nascita di un autore, un regista che, in dieci anni, ha conquistato la stima di critici di tutto il mondo e le cui opere hanno ottenuto grandissimi riconoscimenti. Non un semplice regista, quindi, ma un autore indipendente, dotato di un linguaggio personale, contraddistinto da una filosofia che non sembra ancora studiata approfonditamente. Non ho trovato nessun libro monografico sul suo cinema e credo di aver capito il perché: Aronofsky non è contemporaneo, ma è presente, e il presente non c'è nei libri, ma nella cronaca.
Enrico Meneghelli RIFLESSIONI SU IL PROCESSO di ORSON WELLES INTRODUZIONE Orson Welles, nei panni... more Enrico Meneghelli RIFLESSIONI SU IL PROCESSO di ORSON WELLES INTRODUZIONE Orson Welles, nei panni dell'avvocato Albert Hastler nel film Il Processo (1962), pronuncia queste parole: "Non è obbligatorio credere che tutto sia vero ma solo che tutto è necessario". Sono parole non recitate da un semplice personaggio, ma da Orson Welles che in questo film ricopre tre ruoli: regista, narratore extradiegetico e personaggio. Inoltre vengono pronunciate in un momento di forte esteticità: il personaggio K. è in un salone, adibito a sala cinematografica, dietro di lui vi è uno schermo dove vengono proiettate dall'avvocato le immagini del prologo del film. Tali immagini proiettate investono Joseph K., la sua ombra si staglia sullo schermo alle sue spalle. Le parole dell'avvocato (personaggio) ricalcano e si sovrappongono a quelle pronunciate dal narratore extradiegetico nella prefazione, i suoi gesti (il cambiare le diapositive) creano un montaggio interno al film come ne fosse il regista. La scena sembra ibridare i tre ruoli. Orson Welles è nello stesso tempo regista, narratore e personaggio, le sue parole si prestano a più piani di lettura, sono interne ed esterne alla narrazione; sembrano ragionare sulla natura del linguaggio cinematografico. La scena appena descritta è un sottile gioco metalettico che possiamo analizzare grazie alla narratologia genettiana. La mia analisi si propone di approfondire proprio questo linguaggio e il modo in cui il cinema ci parla, di effettuare un'analisi narratologica che guarda al significante, al rapporto tra discorso del film e discorso del racconto. Analizzerò alcuni aspetti di questo linguaggio nel film Il Processo di Orson Welles. Mi concentrerò soprattutto sul film, con qualche accenno al romanzo. Molti critici, all'uscita della pellicola, criticarono la sua scarsa fedeltà al romanzo, non considerando che la riscrittura di un'opera crea una nuova opera. Guido Fink proprio a questo proposito ricorda: "Il cinema è una cosa e la letteratura un'altra, ognuno dei due mezzi ha un suo tipico linguaggio" 1 ; " Il Processo non è più Kafka, e non risulta nemmeno un'opera autonoma." 2 Quest'aspetto è dimostrato proprio dalla scena appena descritta: l'episodio è tratto dal libro ma rielaborato a tal punto da perdere tutti i suoi significati originali e alla fine sembra parlarci d'altro. Il cinema è "menzogna elevata a principio universale", usando le parole di K.
CORPI IBRIDI -Viaggio nel corpo cinematografico di Shinya Tsukamoto-INTRODUZIONE Nella tradizione... more CORPI IBRIDI -Viaggio nel corpo cinematografico di Shinya Tsukamoto-INTRODUZIONE Nella tradizione letteraria Giapponese esiste un filone narrativo che va sotto il nome di "Storie di obake (esseri che si trasformano)" 1 , entità preposte a scendere sulla terra e sconvolgere l'ordine noto. La notte di Capodanno del 1960 nasce Shinya Tsukamoto uomo che, con il suo cinema e con le sue storie, sconvolgerà il nostro ordine noto. Chi non ha mai visto un film di Tsukamoto probabilmente fa fatica a capire, ma chi ha avuto modo di conoscere il suo cinema sa bene che i suoi film non sono semplici visioni, non vi partecipa solo lo sguardo, l'intero corpo è coinvolto: il cuore corre all'impazzata dietro al ritmo frenetico della sua poesia; suoni, immagini esplodono sullo schermo per detonare nel nostro stomaco, per contorcerci le budella; lamine di ferro stridenti bucano i nostri timpani per alienarci nella metamorfosi in atto. Tom Mes scrive: "Ero come Alex in Arancia Meccanica: inesplicabilmente legato ad uno schermo nel quale venivano proiettate splendide atrocità, (…) stavo per avere una delle più indimenticabili esperienze cinematografiche. Il film attraversò i miei occhi, invase il mio corpo e infettò ogni singola cellula. Ero piacevolmente violentato e divenni tutt'uno con il film." 2 Il regista giapponese crea opere dall'impatto emotivo gigantesco e dall'interesse filosofico e semiologico ancora più grande. Tsukamoto è considerato da Matteo Boscarol uno dei più importanti creatori di immagini che abitino il panorama cinematografico contemporaneo. 3 È cineasta indipendente, un artigiano del cinema che, con le proprie mani, crea interi film; cura personalmente regia, soggetto, sceneggiatura, scenografia,
CONFINE TRA MONDI INTRODUZIONE Il mio studio si propone di analizzare approfonditamente un'opera:... more CONFINE TRA MONDI INTRODUZIONE Il mio studio si propone di analizzare approfonditamente un'opera: π -Faith in Chaos (USA,1998) di Darren Aronofsky. Cercherò di descriverla come "OPERA di CONFINE". Il 1998 è l'anno che precede quella che David N. Rodowick definisce "la stagione della paranoia digitale"; stagione in un certo senso anticipata proprio dal film indipendente in questione. Π è un'opera di fantascienza ibrida che attinge dalla letteratura americana ma che nello stesso tempo guarda altrove. Il mio obiettivo sarà quindi quello di delineare questi confini, che non sono netti e distinti ma liquidi, ineffabili, difficili da collocare in categorie prestabilite. Nel primo capitolo analizzerò il film secondo un'ottica narratologica e semiotica. Mi soffermerò sui CONFINI LIQUIDI tra i diversi livelli diegetici e sulle tecniche usate per confondere le "realtà" coinvolte. Nel secondo capitolo cambierò approccio: il CONFINE è quello di GENERE. Π, infatti, è un'opera ibrida, in cui confluiscono diversi tipi di fantascienza. Aronofsky in questo film è stato in grado di fondere la fantascienza di Philip K. Dick con l'estetica d'avanguardia di Shin'ya Tsukamoto. Nel terzo capitolo il CONFINE sarà quello tra ANALOGICO e DIGITALE. Π si colloca tra due ere proprio nel momento in cui si assiste alla "fine" dell'analogico soppiantato dal digitale. Questo tipo di analisi vuole dare alcune chiavi di lettura ad un'opera aperta a molte interpretazioni.
Con questa tesi cercherò di raccontare la nascita di un autore, un regista che, in dieci anni, ha... more Con questa tesi cercherò di raccontare la nascita di un autore, un regista che, in dieci anni, ha conquistato la stima di critici di tutto il mondo e le cui opere hanno ottenuto grandissimi riconoscimenti. Non un semplice regista, quindi, ma un autore indipendente, dotato di un linguaggio personale, contraddistinto da una filosofia che non sembra ancora studiata approfonditamente. Non ho trovato nessun libro monografico sul suo cinema e credo di aver capito il perché: Aronofsky non è contemporaneo, ma è presente, e il presente non c'è nei libri, ma nella cronaca.