Alessandro Natucci | Università di Verona (original) (raw)
Papers by Alessandro Natucci
Nuova giurisprudenza civile commentata, 2015
La dottrina e la giurisprudenza dominanti ritengono unanimemente che l’azione di rivendica necess... more La dottrina e la giurisprudenza dominanti ritengono unanimemente che l’azione di rivendica necessiti, per essere accolta, della prova di un titolo originario d’acquisto (ad es., l’usucapione), poiché la proprietà, efficace erga omnes, dovrebbe essere provata appunto nei confronti di tutti.
Ma tale opinione estremamente severa nei confronti del proprietario rivendicante, per quanto temperata da molte “facilitazioni”, si basa a nostro avviso su un equivoco. Si confonde cioè l’assolutezza della proprietà, la sua validità ed efficacia erga omnes, con l’efficacia relativa che ogni processo ha per sua propria natura; l’azione di rivendica si svolge non contro chiunque (o tutti), ma contro un soggetto determinato, il possessore o detentore, che non vanta, in quanto tale, alcun titolo d’acquisto. E la verità (o verosimiglianza) processuale si stabilisce nel corso del processo tra attore e convenuto, prevalendo quello tra i due che avrà offerto al giudice la prova più attendibile del proprio diritto.
Nuova giurisprudenza civile commentata, 2013
Premesse alcune nozioni generali sulla simulazione, l’A. affronta il problema del negozio dissimu... more Premesse alcune nozioni generali sulla simulazione, l’A. affronta il problema del negozio dissimulato, accogliendo, l’interpretazione generale, del resto chiarissima, secondo la quale la donazione esige la forma scritta notarile, impedendo in tal modo la conclusione di donazioni dissimulate e proteggendo, in ultima analisi, i diritti dei legittimari, in modo analogo a quanto dispone il codice civile tedesco.
QUADRIMESTRE RIVISTA DI DIRITTO PRIVATO, 1986
Si afferma giustamente che nelle servitù è essenziale l’utlitas rei, ossia un vantaggio per il fo... more Si afferma giustamente che nelle servitù è essenziale l’utlitas rei, ossia un vantaggio per il fondo dominante, che provenga dal fondo servente (v. l’art. 1027 c. c). Questo è certamente vero. Ma tutti i diritti sono tali in quanto arrechino un vantaggio ad un soggetto, non ad una cosa. Nelle servitù si ha questo di particolare, che l’utilità per il proprietario del fondo dominante deve provenire, indirettamente, dal fondo servente. Illustriamo questo (ovvio) concetto con fattispecie tratte dal diritto attuale e da ipotesi (che oggi chiameremmo di servitù industriali) tratte dal diritto romano.
Marco Tullio Cicerone, Pro Caecina, 2014
La Pro Caecina tratta una causa di diritto civile, riguardante il possesso di un fondo, denominat... more La Pro Caecina tratta una causa di diritto civile, riguardante il possesso di un fondo, denominato Fulciniano, conteso tra un esponente dell'aristocrazia etrusca, Aulo Cecina, difeso da Cicerone, e il suo avversario, Sesto Ebuzio, di origine italica. Nell'abile e incisiva ricostruzione degli eventi, che hanno portato alla causa, si ricompone, per rapide campiture, il quadro complesso di un ambito territoriale già travagliato, sotto il profilo sociale ed economico dalla guerra civile tra Mario e Silla. Dai problemi giuridici relativi alla causa possessoria, l'analisi di Cicerone prende lo spunto per affermare la preminenza della ratio legis nell'interpretazione del diritto, e per illustrare, con ricchezza di argomentazioni e con autentica passione, il valore del diritto civile, quale fondamento dell'ordine sociale e degli interessi essenziali di ogni cittadino. Nel capitolo XXVI, facente parte della Refutatio, hanno particolare rilievo le affermazioni di Cicerone, che riguardano la difesa appassionata del diritto di proprietà, fondamento dell'ordine sociale, la condanna della violenza, la peggior nemica del diritto, e soprattutto la lode del diritto civilegaranzia dell'interesse generaledel quale Cicerone tesse, secondo le parole del Pothier, uno splendido elogio. Il quale costituisce non certo l'ultimo dei motivi, che rendono così avvincente e così attuale, l'orazione ciceroniana in difesa di Cecina.
Nuova Giurisprudenza civile commentata, 2011
Il principio del numero chiuso dei diritti reali, che una dogmatica tradizione progressista vuole... more Il principio del numero chiuso dei diritti reali, che una dogmatica tradizione progressista vuole ristretto agli ordinamenti continentali, è invece proprio anche dei diritti anglosassoni. Ne danno una brillante dimostrazione, condotta riguardo ad un bene mobile e del punto di vista dell’analisi economica del diritto, T. W. Merril e H. E. Smith.
Pubblicato in Quadrimestre. Rivista di diritto privato, Giuffré editore, Milano, 1989, pagg. 463-491, 1989
Secondo la concezione dominante, risalente al diritto romano, il possesso consta di due elementi,... more Secondo la concezione dominante, risalente al diritto romano, il possesso consta di due elementi, l’animus possidendi, inteso come l’intenzione del possessore di comportarsi quale proprietario, e la materiale detenzione della cosa.
L’autore sostiene invece che, di regola, il possesso richiede non tanto l’animus possidendi, ma piuttosto un titolo corrispondente ad un diritto reale.
L’animus possidendi, desumibile dal comportamento oggettivo del possessore, è però necessario in mancanza di un titolo o nelle ipotesi cosiddette di interversione del possesso (art. 1141 cod. civ.).
Rivista Di Diritto Civile, 2010
LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA, 2018
Note sull'origine e sul significato di ius SOMMARIO: 1. Introduzione.-2. Cenni storico-archeologi... more Note sull'origine e sul significato di ius SOMMARIO: 1. Introduzione.-2. Cenni storico-archeologici sull'origine di Roma.-3. F. Bopp: le prime interpretazioni di jus secondo la filologia indoeuropea.-4. M. Béars: derivazione dal sanscrito jos e dall'avestico jaoz-da.-5. Th. Benfey: la parentela tra jus e jubeo.-6. G. Devoto: formula mistica di jos e giuridica di jus.-7. Cenni sulla religione mazdea: jaos e ius.-8. G. Dumézil: derivazione di ius da yaoŽ-dâ. Comparazione dei riti funerari mazdei e romani.-9. E. Benveniste: ius e iurare.-10. O. Szémerenyi: derivazione di ius da *yewos-*yeu.-11. Relativa mancanza di dati storici e documentali per una sicura identificazione dell'origine di ius.-12. Ius come comando e disposizione giuridica.-13. A. Willi: il significato di iubēre e il suo rapporto con ius.-14. Ius e iustum.-15. Ius nella letteratura giuridica.-16. L. Palmer: ius e jeudh.-17. Spunti interpretativi dagli studi filologici di G.W. Leibniz.-18. Conclusione: un richiamo a Virgilio. 1. Introduzione. Nell'ambito delle parole che costituiscono il vocabolario giuridico romano, fondamentale anche per il diritto moderno, proprio la più importante e significativa di esse, ius, ha un'origine e un'etimologia assai dibattute e incerte. Fino all'inizio del secolo scorso non solo i dizionari più comuni e diffusi, ma anche le opere più ampie e complesse, come ad es. il Lexicon del Forcellini 1 , non esitavano a collegare la voce ius con il verbo iubere (comandare). Ma da quando la teoria dell'indoeuropeo, quale lingua madre dei popoli d'Europa e di buona parte dei popoli asiatici, si è quasi unanimemente affermata tra i cultori della filologia, gli stessi dizionari (ad es. il Georges-Calonghi) che prima seguivano l'opinione tradizionale 2 , non fanno più riferimento all'antico rapporto etimologico tra ius e iubeo. Fin dai primi del Novecento si è consolidata infatti presso la maggior parte dei filologi 3 l'idea che la parola ius dei Romani deriverebbe dalla parola sanscrita yos, che suona
Riammessi i nobili alla partecipazione alla vita politica, dalla quale erano precedentemente escl... more Riammessi i nobili alla partecipazione alla vita politica, dalla quale erano precedentemente esclusi in forza degli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella, del 1293, anche a Dante fu possibile prendere parte, nella sua giovinezza, alla democrazia fiorentina; era stato nominato Priore nel 1300 (dal 15 giugno al 15 agosto), la carica più prestigiosa nell'ordinamento della vita cittadina. In tale occasione fu preso, pare per suo consiglio, il provvedimento di bandire da Firenze i capi dei Bianchi e dei Neri, in seguito a disordini scoppiati tra le due fazioni guelfe; tra i Bianchi figurava anche Guido Cavalcanti, il grande poeta e «filosofo naturale», come lo chiama il Boccaccio, e suo «primo» amico, secondo quanto afferma lo stesso Dante nella Vita Nuova. L'Alighieri aveva partecipato ad alcuni Consigli del Comune: tra gli altri, a quello del 19 giugno 1301, in cui si oppose alla concessione di cento cavalieri che il cardinale Matteo d'Acquasparta, a nome di Bonifacio VIII, chiedeva ai Fiorentini per partecipare ad un'impresa in Maremma contro Margherita Aldobrandeschi. Il suo parere non venne accolto, ma Dante ebbe però l'occasione di dichiarare apertamente la sua opposizione all'ingerenza politica in Toscana del Pontefice. E il suo comportamento gli valse, nell'ottobre del 1301, il conferimento della carica di ambasciatore del Comune, insieme ad altri due personaggi di non grande rilievo, con il compito di trattare con il Papa la questione riguardante la nomina, da parte del Pontefice, di Carlo di Valois all'ufficio di «paciaro». Mediante tale nomina il Pontefice sollecitava, apparentemente, il condottiero francese a portare ordine tra le fazioni che si combattevano a Firenze; in realtà intendeva inserirsi, sia pure indirettamente, nel governo del Comune fiorentino. Non si sa molto di preciso riguardo a tale ambasceria, ma risulta chiaro dalla franche e vive parole del cronista Dino Compagni il modo tenuto dal pontefice nel trattare con gli ambasciatori fiorentini. Non ebbe luogo in effetti alcuna trattativa, ma Bonifacio VIII si rivolse ai suoi interlocutori con un comportamento oltracotante, che si risolse in un vero e proprio Diktat; 1 con l'aggravante che alla prepotenza si aggiunse il tono mellifluo e insidioso di chi vuole raggiungere il proprio fine, senza suscitare reazione alcuna.
Nuova giurisprudenza civile commentata, 2015
La dottrina e la giurisprudenza dominanti ritengono unanimemente che l’azione di rivendica necess... more La dottrina e la giurisprudenza dominanti ritengono unanimemente che l’azione di rivendica necessiti, per essere accolta, della prova di un titolo originario d’acquisto (ad es., l’usucapione), poiché la proprietà, efficace erga omnes, dovrebbe essere provata appunto nei confronti di tutti.
Ma tale opinione estremamente severa nei confronti del proprietario rivendicante, per quanto temperata da molte “facilitazioni”, si basa a nostro avviso su un equivoco. Si confonde cioè l’assolutezza della proprietà, la sua validità ed efficacia erga omnes, con l’efficacia relativa che ogni processo ha per sua propria natura; l’azione di rivendica si svolge non contro chiunque (o tutti), ma contro un soggetto determinato, il possessore o detentore, che non vanta, in quanto tale, alcun titolo d’acquisto. E la verità (o verosimiglianza) processuale si stabilisce nel corso del processo tra attore e convenuto, prevalendo quello tra i due che avrà offerto al giudice la prova più attendibile del proprio diritto.
Nuova giurisprudenza civile commentata, 2013
Premesse alcune nozioni generali sulla simulazione, l’A. affronta il problema del negozio dissimu... more Premesse alcune nozioni generali sulla simulazione, l’A. affronta il problema del negozio dissimulato, accogliendo, l’interpretazione generale, del resto chiarissima, secondo la quale la donazione esige la forma scritta notarile, impedendo in tal modo la conclusione di donazioni dissimulate e proteggendo, in ultima analisi, i diritti dei legittimari, in modo analogo a quanto dispone il codice civile tedesco.
QUADRIMESTRE RIVISTA DI DIRITTO PRIVATO, 1986
Si afferma giustamente che nelle servitù è essenziale l’utlitas rei, ossia un vantaggio per il fo... more Si afferma giustamente che nelle servitù è essenziale l’utlitas rei, ossia un vantaggio per il fondo dominante, che provenga dal fondo servente (v. l’art. 1027 c. c). Questo è certamente vero. Ma tutti i diritti sono tali in quanto arrechino un vantaggio ad un soggetto, non ad una cosa. Nelle servitù si ha questo di particolare, che l’utilità per il proprietario del fondo dominante deve provenire, indirettamente, dal fondo servente. Illustriamo questo (ovvio) concetto con fattispecie tratte dal diritto attuale e da ipotesi (che oggi chiameremmo di servitù industriali) tratte dal diritto romano.
Marco Tullio Cicerone, Pro Caecina, 2014
La Pro Caecina tratta una causa di diritto civile, riguardante il possesso di un fondo, denominat... more La Pro Caecina tratta una causa di diritto civile, riguardante il possesso di un fondo, denominato Fulciniano, conteso tra un esponente dell'aristocrazia etrusca, Aulo Cecina, difeso da Cicerone, e il suo avversario, Sesto Ebuzio, di origine italica. Nell'abile e incisiva ricostruzione degli eventi, che hanno portato alla causa, si ricompone, per rapide campiture, il quadro complesso di un ambito territoriale già travagliato, sotto il profilo sociale ed economico dalla guerra civile tra Mario e Silla. Dai problemi giuridici relativi alla causa possessoria, l'analisi di Cicerone prende lo spunto per affermare la preminenza della ratio legis nell'interpretazione del diritto, e per illustrare, con ricchezza di argomentazioni e con autentica passione, il valore del diritto civile, quale fondamento dell'ordine sociale e degli interessi essenziali di ogni cittadino. Nel capitolo XXVI, facente parte della Refutatio, hanno particolare rilievo le affermazioni di Cicerone, che riguardano la difesa appassionata del diritto di proprietà, fondamento dell'ordine sociale, la condanna della violenza, la peggior nemica del diritto, e soprattutto la lode del diritto civilegaranzia dell'interesse generaledel quale Cicerone tesse, secondo le parole del Pothier, uno splendido elogio. Il quale costituisce non certo l'ultimo dei motivi, che rendono così avvincente e così attuale, l'orazione ciceroniana in difesa di Cecina.
Nuova Giurisprudenza civile commentata, 2011
Il principio del numero chiuso dei diritti reali, che una dogmatica tradizione progressista vuole... more Il principio del numero chiuso dei diritti reali, che una dogmatica tradizione progressista vuole ristretto agli ordinamenti continentali, è invece proprio anche dei diritti anglosassoni. Ne danno una brillante dimostrazione, condotta riguardo ad un bene mobile e del punto di vista dell’analisi economica del diritto, T. W. Merril e H. E. Smith.
Pubblicato in Quadrimestre. Rivista di diritto privato, Giuffré editore, Milano, 1989, pagg. 463-491, 1989
Secondo la concezione dominante, risalente al diritto romano, il possesso consta di due elementi,... more Secondo la concezione dominante, risalente al diritto romano, il possesso consta di due elementi, l’animus possidendi, inteso come l’intenzione del possessore di comportarsi quale proprietario, e la materiale detenzione della cosa.
L’autore sostiene invece che, di regola, il possesso richiede non tanto l’animus possidendi, ma piuttosto un titolo corrispondente ad un diritto reale.
L’animus possidendi, desumibile dal comportamento oggettivo del possessore, è però necessario in mancanza di un titolo o nelle ipotesi cosiddette di interversione del possesso (art. 1141 cod. civ.).
Rivista Di Diritto Civile, 2010
LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA, 2018
Note sull'origine e sul significato di ius SOMMARIO: 1. Introduzione.-2. Cenni storico-archeologi... more Note sull'origine e sul significato di ius SOMMARIO: 1. Introduzione.-2. Cenni storico-archeologici sull'origine di Roma.-3. F. Bopp: le prime interpretazioni di jus secondo la filologia indoeuropea.-4. M. Béars: derivazione dal sanscrito jos e dall'avestico jaoz-da.-5. Th. Benfey: la parentela tra jus e jubeo.-6. G. Devoto: formula mistica di jos e giuridica di jus.-7. Cenni sulla religione mazdea: jaos e ius.-8. G. Dumézil: derivazione di ius da yaoŽ-dâ. Comparazione dei riti funerari mazdei e romani.-9. E. Benveniste: ius e iurare.-10. O. Szémerenyi: derivazione di ius da *yewos-*yeu.-11. Relativa mancanza di dati storici e documentali per una sicura identificazione dell'origine di ius.-12. Ius come comando e disposizione giuridica.-13. A. Willi: il significato di iubēre e il suo rapporto con ius.-14. Ius e iustum.-15. Ius nella letteratura giuridica.-16. L. Palmer: ius e jeudh.-17. Spunti interpretativi dagli studi filologici di G.W. Leibniz.-18. Conclusione: un richiamo a Virgilio. 1. Introduzione. Nell'ambito delle parole che costituiscono il vocabolario giuridico romano, fondamentale anche per il diritto moderno, proprio la più importante e significativa di esse, ius, ha un'origine e un'etimologia assai dibattute e incerte. Fino all'inizio del secolo scorso non solo i dizionari più comuni e diffusi, ma anche le opere più ampie e complesse, come ad es. il Lexicon del Forcellini 1 , non esitavano a collegare la voce ius con il verbo iubere (comandare). Ma da quando la teoria dell'indoeuropeo, quale lingua madre dei popoli d'Europa e di buona parte dei popoli asiatici, si è quasi unanimemente affermata tra i cultori della filologia, gli stessi dizionari (ad es. il Georges-Calonghi) che prima seguivano l'opinione tradizionale 2 , non fanno più riferimento all'antico rapporto etimologico tra ius e iubeo. Fin dai primi del Novecento si è consolidata infatti presso la maggior parte dei filologi 3 l'idea che la parola ius dei Romani deriverebbe dalla parola sanscrita yos, che suona
Riammessi i nobili alla partecipazione alla vita politica, dalla quale erano precedentemente escl... more Riammessi i nobili alla partecipazione alla vita politica, dalla quale erano precedentemente esclusi in forza degli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella, del 1293, anche a Dante fu possibile prendere parte, nella sua giovinezza, alla democrazia fiorentina; era stato nominato Priore nel 1300 (dal 15 giugno al 15 agosto), la carica più prestigiosa nell'ordinamento della vita cittadina. In tale occasione fu preso, pare per suo consiglio, il provvedimento di bandire da Firenze i capi dei Bianchi e dei Neri, in seguito a disordini scoppiati tra le due fazioni guelfe; tra i Bianchi figurava anche Guido Cavalcanti, il grande poeta e «filosofo naturale», come lo chiama il Boccaccio, e suo «primo» amico, secondo quanto afferma lo stesso Dante nella Vita Nuova. L'Alighieri aveva partecipato ad alcuni Consigli del Comune: tra gli altri, a quello del 19 giugno 1301, in cui si oppose alla concessione di cento cavalieri che il cardinale Matteo d'Acquasparta, a nome di Bonifacio VIII, chiedeva ai Fiorentini per partecipare ad un'impresa in Maremma contro Margherita Aldobrandeschi. Il suo parere non venne accolto, ma Dante ebbe però l'occasione di dichiarare apertamente la sua opposizione all'ingerenza politica in Toscana del Pontefice. E il suo comportamento gli valse, nell'ottobre del 1301, il conferimento della carica di ambasciatore del Comune, insieme ad altri due personaggi di non grande rilievo, con il compito di trattare con il Papa la questione riguardante la nomina, da parte del Pontefice, di Carlo di Valois all'ufficio di «paciaro». Mediante tale nomina il Pontefice sollecitava, apparentemente, il condottiero francese a portare ordine tra le fazioni che si combattevano a Firenze; in realtà intendeva inserirsi, sia pure indirettamente, nel governo del Comune fiorentino. Non si sa molto di preciso riguardo a tale ambasceria, ma risulta chiaro dalla franche e vive parole del cronista Dino Compagni il modo tenuto dal pontefice nel trattare con gli ambasciatori fiorentini. Non ebbe luogo in effetti alcuna trattativa, ma Bonifacio VIII si rivolse ai suoi interlocutori con un comportamento oltracotante, che si risolse in un vero e proprio Diktat; 1 con l'aggravante che alla prepotenza si aggiunse il tono mellifluo e insidioso di chi vuole raggiungere il proprio fine, senza suscitare reazione alcuna.