IL MITO E LA STORIA. MONDO ARCHETIPICO E DINAMICITÀ STORICA NEL GIUSEPPE E I SUOI FRATELLI DI THOMAS MANN (original) (raw)
Il rapporto dialettico del mito con la storia rappresentò un nodo centrale del ‘900, epoca in cui si è creduto di poter costituire nuove narrazioni mitologiche. L’esperienza intellettuale di Thomas Mann, che ha centrato la tetralogia biblica del "Giuseppe e i suoi fratelli" sul mito risulta, a tal proposito, oltremodo significativa. Quando, nel 1926, Mann iniziò a lavorare al romanzo biblico, erano già in azione, infatti, quelle forze motrici della storia che avrebbero condotto alla sua espulsione dalla Germania e all’esilio forzato durato quasi vent’anni. L’ascesa di Hitler al potere, la guerra disastrosa che vide la Germania come principale attrice fanno da sottofondo costante alla tetralogia, che pure sembra appartenere a una dimensione quasi fiabesca. Lo stesso discorso sul mito, oggetto costante di saggi e scambi epistolari – primo fra tutti, quello col mitologo e storico delle religioni Károly Kerényi-, si svolge tutto in contrasto all’abuso che del mito era stato fatto dalla propaganda nazista, in un tentativo di rifunzionalizzarlo in chiave umanistica e psicologica. Il mito apparterrebbe, infatti, a una dimensione sovra-storica: quando è autentico, esso è fondazione di vita, schema senza tempo, la cui creazione fu possibile in epoche “ingenue” della storia dell’uomo, epoche in cui l’Io incompleto, non formato, era naturalmente aperto verso il collettivo e il tipico. Il tentativo che il presente lavoro si ripropone è di ricostruire, attraverso l’analisi dell’opera manniana, il complesso rapporto che lega il mito, perno centrale del Giuseppe, alla storia tedesca ed europea. L’esperienza spirituale di Mann si costituì, infatti, radicandosi profondamente nella germanicità – di cui egli fu grande critico e poeta –, che ne definì i tratti di uomo e di artista.