Il desiderio nel medioevo, a cura di A. Palazzo (original) (raw)

Desiderio e conoscenza della verità nei dialoghi di Agostino, in Il desiderio nel Medioevo, a c. di A. Palazzo, Roma 2014, pp. 3-25.

Il saggio analizza il problema del rapporto tra voluntas e scientia nel pensiero di Agostino, con particolare riferimento ai dialoghi. Nel De beata vita Agostino indica infatti nel possesso di Dio (Deum habere) la condizione indispensabile per la felicità. L’impossibilità di tale possesso rischia però di porre la vita dell’uomo in una condizione di perenne, inevitabile infelicità. Agostino evidenzia, al contrario, la necessità per l’uomo di non combattere ma di assumere tale medietas della sua condizione e su tale consapevolezza indirizzare la propria esistenza: affiancare cioè al quaerere razionale che, pur non raggiungendo mai una scientia, aspira virtuosamente a una sempre più profonda intuizione di Dio, un velle che, conformandosi all’ordine imposto al creato dalla provvidenza divina, si orienti virtuosamente nel suo procedere morale.

"Vita di Moravia". La malattia del desiderio

atti del XIII congresso ADI, Foggia-Pugnochiuso, 16-19 set. 2009, Foggia, Edizioni del Rosone, pp. 123-136

Nel numero speciale di «Forum Italicum» del 1993 dedicato a Moravia come supplemento celebrativo, Mario Lunetta presentò un contributo dal titolo Le contraddizioni di un'intelligenza aggressiva e impaziente dove -con tono tutt'altro che encomiastico e con argomentazioni che avrebbero forse meritato una più opportuna congruità fra le parti -riprese quella che era stata una celebre formula continiana per sostenere che Moravia, mentre si era dichiarato o aveva aspirato ad essere da sempre un narratore realista, è risultato infine più che altro uno scrittore dalla penna surrealista o addirittura 'medianica'. 1 Lo stesso Alberto Moravia aveva messo in bocca al Dino della Noia le seguenti parole: «La contraddizione costituisce il fondo mobile e imprevedibile dell'animo umano». 2 Parole che fanno il pa-1 Cfr. M. LUNETTA, Le contraddizioni di un'intelligenza aggressiva e impaziente, in Homage to Moravia, «Forum Italicum» (Moravia supplement), V , 1993, pp. 113-124. P. 117: «Si sa, Moravia è stato sempre un narratore molto legato al plot, ha sempre lavorato per accumulo piuttosto che per sottrazione: eppure altre volte la sua forza è consistita proprio di questo, di questa sorta di brutale indigestione di fatti, di cose, di corpi, perfino di coups de théâtre resi con la sua caratteristica scrittura fredda, meccanica, quasi catastale, capace di produrre effetti anche straordinari di specie fortemente antinaturalistica (malgrado tutte le approssimative attribuzioni di "realismo critico"), e, anzi -vale la pena ripeterlometafisico, direi medianico». 2 A. MORAVIA, La noia, Milano, Bompiani, 2001, p. 325.

«Quanto sono gli uomini ciechi ne’ desideri loro!»: la “teoria del desiderio” in Machiavelli, in «Un’arte che non langue non trema e non s’offusca». Studi per Simona Costa, a cura di M. Dondero, C. Geddes da Filicaia, L. Melosi, M. Venturini, Firenze, Cesati, 2018, pp. 45-55.

«Un’arte che non langue non trema e non s’offusca». Studi per Simona Costa, a cura di M. Dondero, C. Geddes da Filicaia, L. Melosi, M. Venturini, Firenze, Cesati, 2018, pp. 45-55., 2018

Ripensare il desiderio. Società, desiderio e capitalismo ne L’anti-Edipo di Deleuze e Guattari - Enrico Demuro, Università Ca' Foscari, Venezia, Luglio 2016.

11 La struttura è inoltre transposizionale e trasferibile. La stessa struttura, fondata su specifici rapporti tra elementi formali che la compongono, e che può essere determinata, per così dire, da una certa formula algebrica, può essere applicata a differenti domini o ambiti del reale. 12 G. Deleuze, À quoi reconnaît-on le structuralisme?, in François Châtelet (dir.), Histoire de la philosophie, vol. VIII, "Le XXe siècle", Hachette, Paris 1973 tr. it. di S. Paolini, Lo strutturalismo, Rizzoli, Milano 1976, n. ed. SE, Milano 2004 Ivi, p. 17. 14 «I posti in uno spazio puramente strutturale sono primi rispetto alle cose e agli esseri reali che vengono a occuparli, e primi anche in rapporto ai ruoli e agli eventi sempre un po' imaginari che appaiono necessariamente quando essi sono occupati». (Ivi, p. 20). 15 La struttura, molteplicità di parti coesistenti e diffenziate, che si attualizza differenziandosi, può essere descritta, secondo Deleuze da questa formula: contro il Reale macchinico 23 . Il desiderio, inserito nel cuore della struttura, nella casella vuota, non è più un effetto o un prodotto della struttura -da quella d'Edipo, dal Fallo simbolico, dal Linguaggio ecc. -ma è esso stesso l'energia produttiva, affermativa e reale che produce ogni possibile struttura. È il campo intensivo del reale inorganizzato, immanente e trascendentale, a partire dal quale è possibile pensare ogni qualsivoglia struttura 24 .

Il desiderio messo in tavola. Recensione del libro di Gianfranco Marrone "Semiotica del gusto"

De gustibus. Fatto sociale, scelta etica o semplice sinestesia, il cibo ha le molteplici forme delle rappresentazioni di cui si compone. Gianfranco Marrone in «Semiotica del gusto» (Mimesis) ne percorre le fenditure sensibili Si intitola Semiotica del gusto (Mimesis, pp. 400, euro 28) il libro in cui Gianfranco Marrone, professore ordinario di Semiotica presso l'Università di Palermo, raccoglie i propri saggi pubblicati negli anni in diverse sedi. Il volume non è tuttavia una mera raccolta di articoli sulla gastronomia, bensì uno studio attento del gusto, senso profondo nell'essere umano come la visceralità e la motricità.

Il desiderio: precedenti storici e concettualizzazione platonica

Cercar di scoprire i precendenti storici dell’idea di desiderio sembra, per lo meno ad un primo sguardo, un compito non solo difficile ma addiritura impossibile, perché i termini greci di orexis e di hormé che, in qualche modo, potrebbero corrispondere al termine desiderio, appaiono concettualizzati tardivamente nella storia della filosofia greca. Infatti, il vocabolo di orexis, derivato dal verbo origo (‘tendere’) acquisisce il significato tecnico di appetito, ovvero desiderio, grazie alle riflessioni di Aristotele, mentre quello di hormé, derivato dal verbo hormáo (‘mettersi in moto’, ‘spingere’), anche se esisteva già con l’accezione di spinta e di movimento impulsivo, ricevette il suo significato tecnico di desiderio tramite la riflessione dei filosofi della Stoa. Ma, nonostante la molteplicità di termini impiegati dai primi pensatori greci per riferirsi al desiderio (thymós, kardia, eros, ecc., sono soltanto alcuni dei nomi più usati) e il loro ampliamento o restrizione di significato operata dai diversi pensatori, è possibile dimostrare che si stia facendo riferimento ad una medesima realtà, le cui note essenziali verranno alla luce nel corso di queste pagine, specialmente nella parte dedicata a Platone. L’obiettivo di questo studio, perciò, non è quello di stabilire i confini tra i diversi termini, perché ciò sarebbe piuttosto un lavoro filologico, bensì quello di mostrare come, al di là dei termini impiegati e del loro significato nelle differenti dottrine filosofiche, c’è una continuità di pensiero in tutti questi autori, derivata dal riferimento ad una realtà di cui tutti gli uomini hanno esperienza. La scelta della tesi platonica come nucleo di questo studio proviene dal fatto che, oltre ad essere una sintesi geniale delle intuizioni precedenti, essa tenta di risolvere gli importanti problemi d’indole antropologica ed etica messi in luce dall’analisi del desiderio, specialmente il rapporto tra i diversi desideri umani e la possibilità o meno di ridurli ad unità, cioè di integrarli armonicamente.