Esperienza mistica e fede testimoniale nella teologia di Giovanni della Croce (original) (raw)

L’ESPERIENZA CANONICA PER L’AMMINISTRAZIONE DI UNA DIOCESI

L’ESPERIENZA CANONICA PER L’AMMINISTRAZIONE DI UNA DIOCESI, 2023

Péter Erdő L'ESPERIENZA CANONICA PER L'AMMINISTRAZIONE DI UNA DIOCESI* I. Premesse; II. Il diritto canonico come strumento ed espressione dell'unità della Chiesa, 1. Unità della fede e del messaggio di Cristo, 2. Unità nei sacramenti, 3. Unità nel governo ecclesiale, a. Unità nel governo pastorale, b. Unità nell'amministrazione dei beni, c. Unità nell'attività processuale e penale; III. Conclusione

Conoscenza di Dio ed esperienza mistica

Conoscenza di Dio ed esperienza mistica, 2011

AA. VV., Persona, Logos, Relazione, Scritti in onore di Angela Ales Bello, Città Nuova, Roma 2011, pp. 436-448. 1. La questione della mistica e il peso del razionalismo moderno. I mistici cristiani viventi nell'epoca moderna non sono stati inferiori a quelli fioriti in epoca medievale. Nonostante questa considerazione, non è facile allontanare il sospetto che la cultura e la teologia cristiane, tinte in vario modo di razionalismo o subendone la pressione, non abbiano fatto dall'epoca del Concilio di Trento il dovuto spazio alla mistica e ne abbiano lasciato in sordina il problema per un lungo periodo. Naturalmente esistono non secondarie eccezioni, quale il fiorire di studi a partire dagli anni 20 del secolo scorso sin verso la fine della seconda guerra mondiale, ma sembrano appunto eccezioni più che la regola. In quel periodo Pio XI pose san Giovanni della Croce tra i Dottori della Chiesa universale (1926), qualche anno prima vengono fondate in Francia "La Vie spirituelle", la "Revue d'ascétique et de mystique", e intorno al 1930 gli "Etudes Carmélitaines". Nel 1927 Ambroise Gardeil pubblica La structure de l'âme et l'expérience mystique, e Réginald Garrigou-Lagrange nel 1923 Perfezione cristiana e contemplazione secondo san Tommaso d'Aquino e san Giovanni della Croce e nel 1929 L'amore di Dio e la Croce di Gesù. Nel 1932 Jacques Maritain dà alle stampe Distinguere per unire. I gradi del sapere, con fondamentali capitoli sull'esperienza mistica. Seguirono le ricerche di Louis Massignon sulla mistica musulmana e nel 1937 gli Etudes sur la psicologie des mystiques (2 voll.) di Joseph Maréchal, gesuita. Nel 1930 nasce a Firenze la rivista "Vita cristiana" che nel 1975 muta il nome in "Rivista di Ascetica e Mistica". Prima e dopo il Concilio Vaticano II la situazione è rimasta in genere abbastanza statica e il Concilio stesso, che certo aveva altri intenti, non ha toccato il tema. La grande insistenza della Chiesa e della teologia moderne su quanto era considerato strettamente necessario alla vita cristiana e alla salvezza, in particolare l'elemento etico e i doveri, distinguendolo da quanto veniva ritenuto puramente facoltativo e supererogatorio, ha lasciato un poco in disparte la contemplazione e la via mistica. Sembrava ovvio che bastasse adempiere gli obblighi morali e che la via della sopramorale e della mistica evangelica fossero riservate a pochissimi, e così il richiamo alla perfezione e alla santità. La Chiesa del XX secolo e il Concilio hanno messo fine a questi equivoci, eppure un notevole cammino resta da compiere per superare ulteriormente la lunga separazione tra teologia dogmatica, teologia morale e teologia mistica, e per reintrodurre i riferimenti esistenziali basali alla grazia, alla virtù, all'esperienza mistica.

La mistica come metodo in filosofia. Jean Baruzi lettore di san Giovanni della Croce

re di dom Odo Casel, dom Anselm Stoltz, Romano Guardini). Si discute inoltre dei caratteri possibili di una mistica germanica, esaltando da una parte il soggetto, dall'altra le specificità dell'esperienza religiosa di ciascun popolo. In entrambi i casi, è al particolare che si fa riferimento. In Francia, una diversa percezione della modernità porta al coinvolgimento del concetto di misticismo in movimenti di tipizzazione -classici della cultura francese; della modernità come «diritti universali», della piana égalité dei cittadini -del tutto opposti al particolarismo tedesco. Mysticisme nelle università francesi del tardo Ottocento era sinonimo di Fénelon e di M me Guyon. Il Novecento amplia di molto l'orizzonte di ricerca. La complessità aumenta. L'etnologia, l'idealismo hegeliano, la poesia simbolista, la psicanalisi: la varietà delle voci che cercano di dire l'oggetto mistico rende evidente il riduzionismo delle grandi sintesi ottocentesche. Il tono duro di Pierre Janet o di Georges Dumas si fa così più raro: si guarda meno alla mistica come a un mondo infantilmente magico, traumatizzato. Esistono dei mistici malati, ma si può per questo asserire che tutto il misticismo è malattia? «Dall'inizio del secolo le vocazioni d'esploratore si sono moltiplicate» 13 . Quattro nomi, secondo il professor Poulat, sono da ritenersi principali: Bergson, Loisy, Le Roy, Baruzi. Ma, dietro di loro, la lista è destinata a diventare molto lunga. Ci sono i compagni di Loisy, l'abbé Bremond (historien d'une absence 14 secondo de Certeau) e il barone Von Hügel («The mystical elements of Religion»: studio capitale su santa Caterina da Genova del 1908), inseparabili dalla storia del modernismo. C'è padre Teilhard de Chardin, amico di Le Roy e Luis Massignon (studi su al-Hallaj e sul lessico tecnico della mistica musulmana, 1922), amico di Baruzi. Henri Delacroix (ricerche su Eckhart, 1900, su santa Teresa, 1905, fino agli «Études d'histoire et de psychologie du mysticisme», 1908); e il suo successore al Collège, Maurice Pradines («L'association des idées et l'origine des idées mystiques», 1922). Émile Boutroux («Psychologie du mysticisme», 1902), vecchio professore di Blondel e di Bergson. Lévy-Bruhl («L'Expérience mystique et les symboles chez les primitifs», 1938) e Alexandre Koyré (studi su Böhme e sul misticismo illuminista); e ancora: Léon Brunschvicg, André Lalande; i giovani Henri Corbin e Jean

Speranza e teologia nel Canone della Ragion Pura

Il presente elaborato ripercorre l’argomentazione kantiana, contenuta nella sezione seconda del Canone della ragione pura, relativa a speranza e teologia morale, cercando di evidenziare il rapporto che intercorre tra questi due elementi.

«Mentre vediamo che un falso misticismo va dilagando». Esperienze mistiche e pratiche devozionali nei documenti della serie archivistica del Sant’Uffizio Devotiones variae (1912-1938)

Ricerche di storia sociale e religiosa, 2011

This essay illustrates the results of the complete rewiew of the archival series “Devotiones variae” (1912-1938), from the Holy Office’s collection of the Archives of the Congregation for the Doctrine of the Faith. The bulk of the documentation contained within the “Devotione variae” series provides significant insight into the devotional and mystical experiences investigated by the tribunal of the faith in the early twentieth century. The article focuses upon the practices and procedures that were followed by the Congregation of the Holy Office in pursuing its mission, as well as the recurrent interpretative criteria used within the evaluations issued by the councilliors and officers, beginning with the significant role played by the nosographic categories, a tool for discerning spirits that seems to have been permanently associated with the “claves” of mystical theology.

La fede nell esperienza di Elisabetta (R. Fornara)

Roberto Fornara La fede nell'esperienza della beata Elisabetta della Trinità Nell'agosto del 1901, quando Elisabetta Catez varca la soglia del monastero carmelitano di Digione, le viene consegnato-come ad ogni postulante-un questionario per conoscerne la personalità e la spiritualità 1. Alla domanda sulla virtù preferita, la giovane carmelitana indica la purezza, citando la beatitudine evangelica dei puri di cuore, che "vedranno Dio" (cf Mt 5,8). Rimanere sempre "sotto la grande visione"-secondo un'espressione forse mutuata dal p. Vallée-costituisce, del resto, una delle sue grandi aspirazioni al Carmelo 2 , come pure quella di "fissare senza sosta nella semplicità" 3 lo Sposo, sulle orme del profeta Elia, il "grande veggente" 4. Nulla di strano, sia per la sensibilità estetica e contemplativa della carmelitana francese (si rileggano ad esempio le sue descrizioni giovanili del lago di Annecy) 5 , sia perché la metafora visiva è una delle costanti più ricorrenti nel linguaggio mistico per parlare dell'esperienza di Dio. Non ci stupiamo, pertanto, di leggere in Elisabetta che-se il fatto di possedere Dio è già motivo di stupore-la possibilità che Egli si renda visibile lo è molto di più 6 , né di vederla citare spesso l'espressione del Sal 34,6: "guardate a lui e sarete raggianti" 7. Anzi, è più santo-afferma citando Ruusbroec, che ha da poco iniziato a leggere, nel giugno 1906-colui che guarda di più verso Dio 8. L'esperienza di "vedere Dio", in lei come nella Scrittura o nei mistici di ogni tempo, è caratterizzata da un'insistenza sull'ambiguità della visione: è un vedere senza vedere, una possibilità di intravvedere il Mistero rivelato, un'anticipazione della visione piena e definitiva. La copresenza dei due termini opposti dell'esperienza (visibilità e non-visibilità divina) permette agli autori biblici e ai mistici di sviluppare un linguaggio fortemente evocativo, che salvaguardi allo stesso tempo il realismo dell'esperienza e la trascendenza del Mistero 9. La mistica di Digione ricorre frequentemente a simili accorgimenti espressivi. Nelle sue lettere, ad esempio, descrive talvolta l'adorazione 1 NI 12. Citerò i testi di Elisabetta in una mia traduzione dall'edizione critica francese curata da C. De Meester (Oeuvres complètes, éd. Du Cerf, Paris 2002), indicando fra parentesi quadra-qualora vi sia corrispondenza-la citazione dell'edizione italiana degli Scritti (Postulazione Generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1967). Utilizzerò le sigle seguenti: B = Biglietti a persone diverse; CF = Il cielo nella fede; E = Elevazione alla SS.ma Trinità; GV = La grandezza della nostra vocazione; L = Lettere; NI = Note intime; P = Poesie; UR = Ultimo ritiro. 2 Cf L 107 [L 134]. 3 P 123. Cf anche CF 43 [CF 10,2]. In UR 16 [UR 6], Elisabetta ha presente anche la necessità di fissare di Dio con l'"occhio semplice" (chiaro) di cui parla Mt 6,22, che rende tutto il corpo luminoso. 4 P 94 [P 91]. 5 P 63 [P 63]. 6 P 90. 7 Si vedano in particolare la L 283 [B 16] e UR 17 [UR 7]. 8 Citato espressamente in L 288 [L 241]; cf anche L 293 [L 278]. 9 Ho tentato uno studio del fenomeno, limitatamente alla Bibbia ebraica, nel mio lavoro La visione contraddetta. La dialettica fra visibilità e non-visibilità divina nella Bibbia ebraica, Analecta Biblica 155, Roma 2004.

La prassi della fede oggi. Testimoniare nella cité secolarizzata

2019

Il titolo del presente elaborato può apparire riduttivo. Indicare la città come luogo privilegiato della prassi pastorale fa pensare ad una scelta di campo che esclude altre aree o forme di convivenza umana. Il riferimento va invece inteso secondo un altro significato: il lemma cité, nel francese, trascende il significato materiale del referente per indicare il convivere entro un plesso di relazioni, un fatto che, fin da Aristotele, rende ogni uomo naturaliter un essere sociale e un “cittadino”. L’intento del lavoro è così compreso, potremmo dire, nello spazio di un limite materiale e di due principi strutturali. Anzitutto è confinato all’indagine e alla proposizione di orientamenti pastorali per il contesto nord-occidentale del mondo, come bene evidenzierà la prima sezione del capitolo primo. Ciò non esclude altre utilità ma certamente ne limita la portata. In secondo luogo si inscrive trai battenti di due principi: da un lato si accosta all’esistenza umana nell’ordine della sua costitutiva storicità, sulla linea del pensiero dei teologi Duilio Albarello e Pierangelo Sequeri. “L’umano-che-è-comune” fa i conti con l’assetto storico del venire a coscienza dell’uomo; per una pastorale efficace occorrerà prima di tutto prendere sul serio la temporalità e saperne interpretare la sintomatologia, con uno sguardo particolare alle sue derive. Dall’altro, ed è il vero movente che emerge fin dal I capitolo del lavoro, la linea pastorale proposta rilegge il dato antropologico ispirandosi costantemente alla Rivelazione. Il principio cristologico mette in campo una forma originaria (e originale) di correlazione tra l’umano e il divino dai risvolti ancora troppo poco considerati dalla teologia pastorale. Svilupperemo integralmente nel II capitolo quanto questo assioma implichi per il dialogo e gli orientamenti ecclesiali nella nostra società. In particolare partendo dal ritorno ai caratteri originari dell’evento evangelico, cercheremo di fornire indicazioni concrete per l’adozione di un agire pastorale che sposi il modello della «fraternità mistica» (EG 92). La speranza è che le acquisizioni che andremo a sintetizzare nella Conclusione possano essere di aiuto in quest’epoca in cui lo scuotimento di molte certezze sorprende non solo la tradizione di pensiero ecclesiale ma ogni forma culturale.

I mirabilia Dei nell’esperienza mistica di Raimondo Lullo

Actes del Congrés d’Obertura de l’Any Llull,, 2017

T his article focuses on five key moments in the Lullian Ars, in which are adumbrated the many stages of a mystical experience, Christian in origin and of universal import. The figures which accompany the evolution of its doctrinal elaboration are reinterpreted in our times and transfigured in their intrinsic dimensionality in the light of deeper instances of their internal artistic system.