Verres tardifs de Rome (original) (raw)
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and via our website www.oxbowbooks.com Frontcover and backcover: Acroterio dal santuario di Cannicella a Orvieto; vista anteriore e posteriore (Stopponi, figg. 10-11)
resti patriarcale. Georges Minois scrive dei vecchi di Roma: "la République fut leur âge d'or: sous ce régime aristocratique, la vieillesse, qui concentre richesse et autorité, fait la loi, dans la fameille comme dans l'État". 24 Per arrivare a una risposta al quesito sul potere, dobbiamo preliminarmente rispondere ad altre domande: quanti erano i vecchi nell'antica Roma? Erano davvero così pochi come scrive Cicerone nel De Senectute? 25 Cosa si intendeva per vecchiaia? A che età si diventava vecchi? Quanto durava una vita? Per il momento teniamo per buono quello che disse Solone a Creso: "io considero il limite della vita umana pressapoco sui settanta anni"; Aristotele, pur tenendosi più sul vago, era d'accordo, ma preferiva che l'attività procreativa si fermasse a cinquantacinque. 26 Ma non dimentichiamo neppure queste parole di Megadorus, un personaggio dell'Aulularia plautina: "Post mediam aetatem qui media ducit uxorem domum, si eam senex unum praegnantem fortuito fecerit, quid dubitas, quin sit paratum nomen puero Postumus?" 27 Qui viene detta vecchia persino una coppia in grado di avere figli. Macrobio scrive di Giulia, la figlia scostumata di Augusto: "Annum agebat tricesimum et octavum, tempus aetatis, si mens sana superesset, vergentis in senium". 28 Quando si parla di un nemico, si è autorizzati a farlo invecchiare prima del tempo: Ottaviano, arringando i soldati contro Antonio, che pure era fisicamente assai prestante, afferma: "chi e in che cosa potrebbe temerlo? Per il suo vigore fisico? Ma è ormai invecchiato e ha trascorso una vita effeminata!" 29 Siamo alla vigilia della battaglia di Azio, e Marco Antonio ha cinquantadue anni. 24 V. G. Minois, Histoire de la vieillesse, cit., p 133. 25 "… Nec cum aequalibus solum qui pauci admodum restant; … non solo con i miei coetanei [sessantenni] dei quali mi restano ben pochi". V. Cicerone, De Senectute, 46. 26 V. Erodoto, Storie, I, 32. 27 "Se uno è nel mezzo del cammin di nostra vita e si porta a casa una moglie della stessa età, se vecchio com'è impregna per combinazione la sua vecchia, hai da faticare a capire che nome andrà affibbiato al ragazzino? Che altro potrà essere se non Postumo?" V. Plauto, Aulularia, Atto II, 162-164 (trad. it. E. Paratore). 28 "Aveva trentotto anni, un'età che doveva indurla a pensare alla vecchiaia, se fosse stata savia". V. Macrobio, Saturnales, I, b, 5, 2 (trad. it. N. Marinone). 29 V. Cassio Dione, Storia Romana, L, 27, 6 (trad. it.G. Norcio). 40 "Nella vecchiaia conservò l'amicizia da parte del principe più in forma apparente che sostanziale". V. ibidem, III, 30, 3 (trad. it. P. Soverini). 41 "Per un destino che raramente prolunga senza limiti il potere" (v. ibidem). Resta da stabilire se il potere scivoli via perché così fa sempre, o a causa della vecchiaia. 42 "Sordida e violenta". V. ibidem, III, 48, 2. 43 "Si coprì di ridicolo, dal momento che ne avrebbe ricavato, vecchio com'era, soltanto il disonore di una spudoratissima adulazione". V. ibidem, III, 57, 2. Il punto, però, è che non si è mai abbastanza vecchi per rinunciare all'adulazione, ma se ridono di te chiamandoti adulatore ciò significa che hai perso il tuo potere: dei potenti non ride nessuno. 44 "La loro vecchiaia trascorra nella quiete dopo aver sopportato le fatiche". V. Codice Teodosiano, VII, 20, 2. L'anno è il 320. i Giudei, prediletto da Dio-ebbe a vivere centoventicinque anni; e poiché si lagnava di morire ancor giovane, gli fu risposto, a quanto si narra, da un dio-non si sa bene quale-che nessuno sarebbe mai vissuto più a lungo".
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Since 1995, the date of the first Italian census published on "Archeologa Medievale", XXII, the discussion on glass lamps never stopped and provided more ideas for new approaches to the topic. At the same time the number of findings has increased greatly, so that an update of the attestation table is very difficult, as well as a systematization of the typology. It is presented a small list of new finds, limited to Northern Italy, which offer us no known forms or specimens with few comparisons.
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Le volte tardogotiche dipinte nelle chiese sarde
La documentazione dell’architettura è la base imprescindibile del restauro in quanto non è possibile salvaguardare e quindi recuperare, restaurare o riqualificare un bene che non si conosce. Il territorio italiano è ricco di edifici storici, la maggior parte dei quali ancora completamente sconosciuti, soprattutto se si considerano i contesti di provincia. Studiare i casi meno importanti apre la conoscenza ad infinite casistiche che arricchiscono il panorama culturale e portano talvolta alla ridefinizione di uno stile o filone architettonico. In Sardegna questo fenomeno è molto frequente in quanto l’architettura è quasi sempre frutto della commistione di diverse culture, stili e saperi e ogni piccola realtà indagata aggiunge un tassello fondamentale alla conoscenza di una complessità di espressioni e forme. Nell’ambito dello studio sulla architettura tardo gotica nell’isola, ed in particolare delle chiese dei centri minori, si è notato che in numerosi edifici è presente la decorazione pittorica delle volte a crociera del presbiterio o delle cappelle laterali. Tali dipinti, molto probabilmente, non risalgono all’epoca della costruzione della chiesa, in quanto non era prassi nell’architettura gotica, anche tarda, decorare le volte generalmente lasciate in pietra a vista. La pratica di dipingere o affrescare le volte si è diffusa successivamente, quando con il mutamento del gusto architettonico si è sentita l’esigenza di un cambiamento. Vista la vastissima produzione architettonica di epoca spagnola in gran parte del territorio sardo, soprattutto nei centri più piccoli era improbabile pensare ,anche a causa degli elevati costi, ad un rifacimento dell’intero edificio religioso o comunque ad un intervento importante sulla sua struttura, per modificarne i principali caratteri costruttivi. Per cui è probabile che i costruttori dell’epoca abbiano “modernizzato” secondo il proprio gusto gli edifici esistenti attraverso l’uso del colore di alcune parti di esso. Le tracce più antiche di questa prassi decorativa si trovano nella volta della capilla mayor nella chiesa di Nostra Signora d’Itria a Orani che viene datata 1678. Questo pratica si diffonde sul territorio regionale in diverse forme e prosegue nel tempo fino primi decenni del novecento. Lo studio mira a definire una casistica finalizzata alla creazione di una base scientifica di conoscenze da cui partire nei futuri interventi di restauro. Non esiste infatti al momento uno studio sistematico su tale argomento e questo contributo può costituirne l’avvio ponendo le basi per futuri approfondimenti. L’analisi riguarda individuazione delle tipologie decorative, la distribuzione geografica, le tecniche utilizzate e i cromatismi più ricorrenti. Vengono presi in considerazione vari esempi, tra cui le chiese di Santa Croce a Mammoiada, San Pietro a Nuraminis, San Sperate nell’omonimo paese, in cui i dipinti impreziosiscono l’intradosso delle volte. In alcuni casi come a San Giorgio di Ovodda, oltre all’ornamento pittorico viene inserito un elemento in stucco a completare la decorazione. In altri casi vengono dipinti i costoloni e le gemme come in Sant’Antonio Abate a Decimomannu o nella Vergine Assunta a Villaspeciosa. Spesso gli elementi decorativi e il colore vengono utilizzati per dare maggiore profondità alla volta e farla sembrare così più alta. Il dipinto diventa quindi elemento architettonico e l’uso del colore assume un nuovo significato prettamente funzionale.