Una veduta inedita del pittore milanese Giovanni Battista Lelli (1827-1887): Terza cantoniera al Monte Spluga (original) (raw)
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Ufficio stampa dp relazioni pubbliche, Milano Nessuna parre di quesro libro può essere riprodorra o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altrO senza l'autorizzazione scritta dei proprierari dei diritti e dell'edito re Leditore è a disposizione degli eventuali detentori di diritti che non sia stato possibile rintracciare
The archives of the monasteries eliminated during the Murat period are an important historic resource, as the main fonts of information on the agricultural landscapes of the territories once owned by these institutions. The monastery records contain documents of ownership for goods and rights of various kinds, including papal and episcopal bulls on parchment. These documents attest to the privileges and concessions in favor of the religious institutions, enacted from the 15th century onwards. Among the important documents of this type is the "Platea" of the Monastery St. Francesco at Folloni, in the municipality of Montella (Campania). It consists of two volumes (1740-1741), with descriptions and mapped representations of the lands. From these documents, we can develop estimates of the extents of the properties, their uses, and the cultivation practices applied, then comparing this information to that from Provisional Cadastre of 1807, as well as the current agricultural situation.
2020
Appunti sulla pittura “profana” di Cesare Vecellio (I), «Dolomiti», XXXIV (2011), 4, pp. 35-42.
Il termine cosiddetto "profano" riferito alla produzione di immagini apre un ventaglio ampio e complesso a cui appartengono vari ambiti e repertori di temi e soggetti, non appartenenti alla sfera del "sacro" (e cioè della religione e della devozione): offrono invece la rappresentazione privata della persona e del suo microcosmo (attraverso il ritratto), la rappresentazione della sua identità culturale e delle idealità, aspirazioni, passioni (dipinti storici, allegorici, mitologici), e anche la celebrazione del potere istituzionale e politico 1 .
Appunti sulla pittura “profana” di Cesare Vecellio (II), «Dolomiti», XXXIV (2011), 5, pp. 25-32.
A palazzo Piloni, insieme alla serie di ritratti, è attribuito a Cesare Vecellio un ciclo di affreschi raffigurante le quattro stagioni 1 che decora le pareti di una delle sale. Gli affreschi presentano scene di vita quotidiana, con lavori agricoli, occupazioni, paesaggi, ambienti interni ed esterni, unite a immagini allegoriche, il tutto associato al ciclo annuale delle stagioni. Di essi sono state fatte più volte accurate descrizioni, a partire dallo studio monografico di Virginio Doglioni nel 1937 in occasione di un restauro. Nella monografia del centenario non si è mancato di sottolineare il gusto per la narrazione e la raffigurazione dei costumi, e sono stati messi in risalto gli influssi derivati dalla grafica e dalle stampe nordiche e anche dalla pittura "pastorale" dei Bassano (come la serie dei dipinti con le Quattro stagioni della loro fiorente bottega), con i quali pittori (Jacopo, Francesco e Leandro) Cesare condivide un'analisi descrittiva della realtà. Sono evidenti i riscontri con l'arte fiamminga, nel racconto vivace dei molteplici aspetti della vita popolare e del lavoro quotidiano (le cosiddette "scene di genere") e nella predilezione per la raffigurazione del paesaggio naturale. Fu la massiccia circolazione di stampe e incisioni nordiche e i molteplici scambi culturali e commerciali tra la laguna e le città del Nord nel corso del Rinascimento a favorire la penetrazione a Venezia di queste tematiche "campestri", fin da subito apprezzate, in particolare proprio le stagioni rappresentate attraverso i lavori e il mutare della natura 2 ; è inoltre attestata la presenza di artisti nordici in laguna, anche presso Tiziano 3 . Nell'ultimo quarto del secolo sono attivi in Veneto Paolo Fiammingo e Ludovico Toeput, detto il Pozzoserrato. Questi affreschi si possono avvicinare anche alle straordinarie miniature di artista fiammingo con scene dei dodici mesi presenti nel Breviario Grimani (e da altri Libri delle Ore), che mettono in scena il mondo rustico contadino e che sicuramente stimolarono la fantasia di numerosi artisti. Sia in Cesare sia nel Breviario abbiamo un gusto nella resa dei dettagli e dei particolari, e una stessa attenzione alla realtà quotidiana e al paesaggio.
2014
L’articolo è destinato ad approfondire la stretta relazione tra il pittore Giovanni Ambrogio Besozzi (Milano, 1648 - 1706) e l’erudito Giovanni Giuseppe Vagliano (Milano, 1636 - Domo Valtravaglia, 1721). Forte delle sue abilità narrative e descrittive, il Vagliano si dimostrò capace di valorizzare la produzione artistica degli anni a lui coevi e, in particolare, si rivelò promotore dell’attività del Besozzi grazie alla sua qualità di scrittore d’arte, sino ad oggi non ancora indagata dagli studi. A questo proposito nell’articolo vengono analizzati alcuni scritti dell’erudito utili a documentarne il talento critico. Innanzitutto Le Rive del Verbano (1710), testo dal quale emerge un sottinteso elogio al tempestivo aggiornamento delle collezioni dei Borromeo sui risultati della pittura seicentesca milanese. In secondo luogo le Lettere Accademiche (1701-1720), dalle quali traspare la sua passione per il pittore Besozzi, espressa sia nella lunga epistola a lui dedicata e sia nella descrizione di un’impressionante serie di venti dipinti destinati a comporre un ideale “Museo” della produzione dell’artista milanese. In margine a questo risarcito rapporto tra il pittore e il suo mentore, vengono fatte conoscere alcune opere inedite del Besozzi, utili a documentare il dialogo costante del pittore con i migliori artisti attivi a Milano a cavallo tra Seicento e Settecento. Il nome di Besozzi dovrà, sempre più, essere ricordato accanto a quello dei pittori più noti, e di lui più dotati, quali Lanzani e Legnanino.
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