Finco, R., & Zecca Castel, R. (2023). Fo.R.Me di un’etnografia della cura. I particolari del margine. AM. Rivista della Società Italiana di Antropologia Medica, 24(55), pp. 271-306. (original) (raw)
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L’Uomo, vol. IX, n. 1, pp. 95-118, (1° fascicolo digitale del 2019), La Sapienza Università Editrice: 2465-1761, 2019
La cartella etnografica è uno strumento pratico e metodologico introdotto dall'ambulatorio Migrazioni e Salute dell'Ospedale Amedeo di Savoia di Torino utile a fornire attenzione medica a pazienti stranieri. Tale strumento è stato ideato per limitare l'atto di potere insito nel riduzionismo biomedico che esclude la corporeità vissuta dall'indagine della malattia, privilegiando le dimensioni biologiche e individuali nell'approccio medico alla diagnosi e alla cura. Si trat-ta, in sostanza, di un approfondimento etnografico ispirato alla McGill Illness Narrative Interview (Groleau, Young & Kirmayer 2006), da includere nella cartella clinica del paziente. La sintesi del vissuto di malattia diviene dunque strumento operativo in grado di collocare i dati della cartella clinica in un oriz-zonte di senso maggiormente attento alle variabili storiche, sociali e culturali. La sua inclusione nella pratica ambulatoriale consente peraltro di evitare di ridurre le incomprensioni, o la mancata aderenza ai trattamenti terapeutici, a mere carenze comunicative tra medico e paziente, permettendo di collocare nella giusta dimensione le variabili culturali che plasmano l'esperienza di malattia facendo emergere ciò che realmente importa nella vita del paziente. Rendere udibile la voce dei pazienti dà inoltre la possibilità di comprendere se aspetti sociali e politi-ci rilevanti siano costitutivamente coinvolti nella sofferenza espressa nei vissuti di malattia e di impegnarsi, di conseguenza, in una presa in carico maggiormente consapevole ed efficace. Parole chiave: cartella etnografica, antropologia medica, narrazioni di malattia, migranti. The ethnographic file is a practical and methodological tool which has introduced in the Migration and Health surgery of the Amedeo di Savoia Hospital in Turin, to assist the medical care of foreign patients. This tool has been created to limit the power action inherent in biomedical reductionism, which leaves out the bodily experience of the investigation of the illness, by focusing on the biological and individual aspect of the medical approach in diagnosis and cure. This essentially amounts to an ethnographic extension inspired by the McGill Illness Narrative Interview (Groleau, Young & Kirmayer 2006), to be enclosed in the patient’s clinical file. The summing up of the illness there becomes an operative tool for fitting in the data from the clinical file in a broader perspective, which devotes greater attention to the historical social and cultural dimensions. The inclusion of these aspects in surgery practice also enables staff to avoid reducing misunderstandings, or lack of adherence to therapeutic treatments,to simple communication deficiencies between doctor and patient. This enables staff to properly assess the cultural factors which condition the experience of illness, and to see what really matters in the life of a patient. Allowing patients to have a voice also allows staff to understand if significant social and political aspects are involved –as a constituent component- in the suffering endured in the experience of illness, and therefore to enable staff to in a more conscious and effective manner. Key words: ethnographic file, medical anthropology, illness narratives, migrants.
Oltre l’ambivalenza del “care”. Indicazioni analitiche sull’antropologia del prendersi cura
AM. Rivista della Società Italiana di Antropologia Medica, 2021
Numerose ambivalenze, conflitti interpretativi e problemi di traduzione culturale sorgono quando si usa il concetto di care. Per l’antropologia medica, esso ha offerto la possibilità di criticare forme di riduzionismo bio-medico della cura. Allo sviluppo di questa visione morale ha contribuito l’aumento di malattie croniche per cui non esiste “cura”, nel senso di guarigione – cure. Allo stesso tempo, il lavoro di cura informale ha assunto un’importanza strategica nello scenario di ristrutturazione dei servizi pubblici di assistenza. In questo senso, la visione morale del “prendersi cura” è stata accusata di distogliere l’attenzione dalle forme di diseguaglianza sociale che si riproducono nell’ambiente domestico e familiare attraverso la cura stessa. Attraverso il racconto etnografico di un convegno di antropologia medica a Edimburgo e un’ulteriore riflessione su una ricerca fra un servizio territoriale di assistenza ad anziani e caregiver in Emilia-Romagna, questo articolo offre alcune indicazioni analitiche sull’antropologia del prendersi cura. Sostengo che la distinzione fra “cura” e “prendersi cura” non rispecchi fino in fondo ciò che c’è davvero in gioco nelle pratiche di assistenza. Per superare le ambivalenze che derivano dallo stesso linguaggio morale che adotta, è necessario che l’antropologia del prendersi cura sposti l’attenzione sui modi in cui è classificata la relazione fra l’accudimento nella sfera domestica e il sistema istituzionale dei servizi di assistenza. Altrimenti, il rischio è quello di perdere di vista la questione di come, in quali circostanze e con quale sostegno pubblico, vengono assegnate le responsabilità di assistenza. Parole chiave: caregiving, ambivalenza, morale, assistenza, invecchiamento