La diaspora e il cosmopolitismo secondo Filone di Alessandria (original) (raw)

Ricerche Storico Bibliche 35.1 (2023): 73-90., 2023

Abstract

Partendo dall’analisi di come la diaspora giudaica dovette apparire agli occhi di Filone, ci concentreremo in primo luogo sul significato filosofico e politico che le città di Alessandria, Gerusalemme e Roma assunsero metaforicamente nei suoi scritti. Se, da una parte, Alessandria è descritta come μεγαλόπολις (“grande città”) (Flacc. 163) e può essere vista come immagine del cosmo intero (Opif. 17-20), dall’altra Gerusalemme è la μητρόπολις (“madrepatria”) a cui – possiamo dire – si guarda con nostalgia (Flacc. 46). Da un’altra parte ancora, Roma assume potenzialmente i tratti della città ideale in cui Filone riversa tutta la sua speranza di veder cambiata la situazione della comunità ebraica alessandrina che egli va a rappresentare in qualità di ambasciatore. Filone parla di διασπορά prevalentemente nelle opere del Commentario allegorico in relazione alla “disseminazione” dei figli di Adamo di Deut 32,7-9 LXX (De posteritate Caini, De plantatione e De congressu) e a quella dei popoli dopo la confusione delle lingue di Gen 11,1-9 LXX (De confusione linguarum). Egli conferisce alla diaspora una valenza etico-simbolica e il διασπείρειν viene contrapposto allo σπείρειν: Dio semina nel mondo il bene perfetto mentre dissemina l’empietà e i modi ostili alla virtù (Conf. 196-198). La disseminazione dei figli di Adamo è vista come la dispersione dei temperamenti legati alla terra e, secondo Filone, essi rappresentano gli uomini apolidi che vengono contrapposti a Giacobbe “il quale abita una casa” (οἰκῶν οἰκίαν, Gen 25,27 LXX) (Congr. 56-62). Anche in un’opera della serie dell’Esposizione della Legge mosaica, in cui l’uso dell’allegoria è del tutto residuale, la diaspora mantiene un significato metaforico ed essa è da intendersi come la “dispersione dell’anima” (διασπορὰ ψυχική) che il vizio genera (Praem. 115). Dopo aver analizzato l’immagine della διασπορά che emerge negli scritti di Filone, chiuderemo la nostra analisi mettendo in luce le principali caratteristiche del cosmopolitismo filoniano, che rappresenta un’interpretazione ebraica del cosmopolitismo cinico-stoico. Filone, talaltro, è una delle principali fonti del cosmopolitismo greco, dal momento che molti passi delle sue opere sono stati inseriti nella raccolta degli Stoicorum veterum fragmenta a cura di H. von Arnim. Per il cinico Diogene di Sinope l’uomo era κοσμοπολίτης perché, non sentendosi a casa in nessuna città, il suo unico luogo di appartenenza era il cosmo intero, mentre per lo stoico Crisippo, che attribuisce una conformazione più “positiva” al cosmopolitismo cinico, l’uomo è “cittadino del mondo” perché convive nel cosmo con gli dei come se essi fossero in un’unica città, comune a entrambi. Filone parla di Adamo come il μόνος κοσμοπολίτης che abita il cosmo delle origini, accompagnato solo dai μεγαλοπολῖται che altro non sono se non gli astri e, come nello stoicismo, a suo avviso, il cosmo rappresenta la città in cui l’uomo può convivere con Dio (Opif. 142-143). La stessa figura di Filone, analizzata da un punto di vista storico, rappresenta un esempio di κοσμοπολίτης. Egli, nato ad Alessandria, ha nel cuore Gerusalemme e viaggia a Roma in difesa della comunità a cui appartiene. Non solo per l’influenza dello stoicismo, così presente nelle sue opere (soprattutto successive all’ambasceria), ma anche per il suo vissuto personale, l’immagine del κοσμοπολίτης diventa efficace per mostrare ai suoi lettori la sua idea di diaspora, quasi a voler suggerire un modo di sentirsi a casa nella grande città del mondo al di là dei particolarismi delle singole nazioni.

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