La spesa a pizzo zero. Consumo critico e agricoltura libera: le nuove frontiere della lotta alla mafia. (original) (raw)

Nuove questioni agrarie nel capitalismo maturo: intermediazione illecita di manodopera e 'nuova schiavitù' nelle campagne italiane

2017

Come altrove nel mondo, la ristrutturazione del settore agricolo italiano, avviatasi agli inizi degli anni Ottanta, ha assistito all'espansione della produzione export-oriented e all'emergere dell'organizzazione produttiva in filiere, in linea con la dottrina neoliberista che enfatizza l'integrazione nel mercato mondiale come mezzo e fine dello sviluppo di un paese. Un nuovo modo di produrre e fornire cibo che, combinato con le specificità locali, quali la struttura del capitale agrario in Italia, ha creato lo spazio per 'nuove' forme di sfruttamento, quali quelle basate sul lavoro migrante stagionale attraverso la pratica dell'intermediazione illecita di manodopera. Queste forme di sfruttamento sono lungi dall'essere un'eccezione, un'anomalia. Sebbene spesso associate ad isolati comportamenti delinquenziali, se non direttamente ad infiltrazioni di tipo mafioso nel comparto agricolo, la presente ricerca ha riscontrato, al contrario, che lo sfr...

CRESCITA DELLA POVERTÀ E POLITICHE DI CONTRASTO di Achille Flora

Amministrazione dello sviluppo ed economia e finanza sociale. A cura di Lucio Iannotta -IPE, 2018

L’analisi svolta evidenzia l’attualità e la gravità delle crescenti diseguaglianze che caratterizzano lo sviluppo economico, anche là dove la crescita si presenta robusta e sostenuta. Le politiche di contrasto alle disuguaglianze e alle vecchie e nuove povertà, richiedono sia politiche economiche e sociali mirate alla riduzione delle diseguaglianze, sia un rafforzamento della coscienza sociale e disponibilità alla solidarietà nei confronti dei più deboli, la cui base poggia dentro i livelli di coesione sociale. Essendo la povertà un fenomeno complesso e multidimensionale, le politiche di contrasto sono, a loro volta, complesse abbracciando aspetti economici, lavorativi, territoriali e sociali. La guida di queste politiche, la loro efficienza ed efficacia, è funzione, a sua volta, del grado di efficienza ed efficacia delle Istituzioni preposte.

Il «minimo vitale», lo stato di necessità e la lotta alla povertà

Persona y Derecho, 2016

Lo stato di bisogno non coincide con lo stato di necessità. Il primo attiene allo status civitatis il secondo lede il «minimo vitale», infrange la soglia di povertà e non distingue il cittadino dallo straniero. Il legislatore ordinario non ha il potere di negare alla persona il contenuto essenziale dei diritti inviolabili dell'uomo; il contrasto alla povertà e all'esclusione sociale non distingue il cittadino dallo straniero, l'apolide dal rifugiato, l'abile dall'inabile al lavoro. Il primum vivere deinde philosophari riconosce primazia alla ragion pratica della vita. L'immigrato irregolare abile al lavoro e indigente per stato di necessità, né profugo né destinatario di protezione sussidiaria, beneficia delle prerogative dello status personae. Lo statuto riconosciuto alla persona umana richiede per l'immigrato irregolare l'insorgenza dei doveri giuridici di integrazione sociale. Tra essi l'avvio al lavoro, all'istruzione, alle cure, al vitto e ricetto.

SIMONE BUDELLI SERVIZI PUBBLICI LOCALI: VERSO UNA NUOVA ECONOMIA SOCIALE DI «QUASI-MERCATO» 1. Libertà e uguaglianza

Studi in onore di Claudio Rossano , 2013

Assicurare ai cittadini libertà e uguaglianza nella gestione dei servizi pubblici è questione cruciale per garantire sviluppo economico, coesione sociale e democrazia. E’ necessario pertanto sforzarsi di costruire nuove forme di “governace” per superare sia le asimmetrie informative, sia la schizofrenia ipertrofica della normativa in materia di servizi pubblici locali, nonché per riscattare la subalternità dell’utente rispetto sia allo Stato che al Mercato.

Mai la merce sfamera' l'uomo (CXX) -Prospetto introduttivo alla questione agraria

1953

Gli ultimi feudali e i primi borghesi sono ancora per la teoria che dà ragione alla natura, alla terra come fonti sole della ricchezza. La scuola capitalista classica dichiarerà fonte di ogni ricchezza il lavoro. E' noto e indiscutibile che il marxismo si pone dalla parte dei secondi: ed infatti la teoria di Marx ci condurrà al risultato che la rendita fondiaria non è un dono della natura al proprietario, connesso alla sua occupazione di un quantum del suolo, ma soltanto una frazione del plusvalore, ossia il lavoro reso dagli agricoli ma non pagato con la loro remunerazione in denaro, o salario. Ma qui va chiarito il solito equivoco sulla portata della teoria del valore. Essa non è una fredda spiegazione dell'economia moderna, ma una dimostrazione della sua insostenibilità storica, della sua impossibilità di raggiungere un "regime di stabile equilibrio". Essa è la dimostrazione della necessità dell'avvento del comunismo, ma non una descrizione dell'economia comunista, se non per dialettico effetto; non già nel senso che tolto il plusvalore e lasciato il valore la nostra richiesta sarà riempita. Nell'economia degli uomini a lavoro associato non vi sono più valori e non vi sono ricchezze; e perde senso il poggiarne l'origine sulla natura o sull'umano sforzo. Se un campo, senza essere arato e senza altre operazioni, ciclicamente producesse pane, come il famoso albero tropicale, ecco che avremmo una rendita della natura. Ma Lenin nel maltrattare Bulgakov si arrabbia contro queste favole, che sono alla base del famoso teorema di produttività decrescente. Non si è mai mangiato senza che si fosse lavorato: "Che l'uomo primitivo ottenesse il necessario come libero dono della natura è una favola sciocca (...). Nel passato non è mai esistita nessuna età dell'oro, e l'uomo primitivo era completamente schiacciato dalle difficoltà dell'esistenza, dalle difficoltà della lotta con la natura".

Tassan M., 2017, Cibo “naturale” e food activism. Il consumo critico in due Gruppi di Acquisto Solidale nell’area milanese, Archivio Antropologico Mediterraneo 19(1), pp. 23-31

5 Gabriella D'Agostino, Del cibo e di altri demoni 7 Franca Bimbi, Luca Rimoldi, Cibo e vino. Tra illusioni di memorie condivise e ricerca della qualità 9 Luca Rimoldi, Ristoratori e social media. La costruzione sociale della qualità nelle Botteghe Storiche di Milano 17 Silvia Segalla, Fatto in casa. Definizioni e ridefinizioni della qualità a tavola 23 Manuela Tassan, Cibo "naturale" e food activism. Il consumo critico in due Gruppi di Acquisto Solidale nell'area milanese 33 Alice Brombin, Ripensare la dieta mediterranea. Pratiche alimentari tra sobrietà e autosufficienza in alcuni ecovillaggi italiani 41 Michela Badii, Tra patrimonio e sostenibilità. Processi di costruzione della qualità nelle vitivinicolture del Chianti Classico 51 Paolo Gusmeroli, Patrimonializzazione e distinzione del vino. Uno studio di caso in Veneto 59 Giulia Storato, Bambine e bambini tra bigoli della nonna e pizza al curry. Narrazioni e racconti sul cibo a scuola 65 Franca Bimbi, Malate di sazietà, prigioniere dell'abbondanza? Una dieta autogestita, tra malattia cronica e ridefinizione biografica F. Dei, Terrore suicida. Religione, politica e violenza nelle culture del martirio (Donzelli 2016); G. scanDurra, Tifo estremo. Storie degli ultras del Bologna (Manifestolibri 2016); F. Fava, In campo aperto. L'antropologo nei legami del mondo (Meltemi 2017). Indice 87 Abstracts 79 Leggere -Vedere -Ascoltare Cibo e vino. Tra illusioni di memorie condivise e ricerca della qualita' Editoriale In copertina: Imparare dal locale, Calcutta, settembre 2016 (Summer School Università degli Studi di Milano Bicocca) © Elena Madiai

Contro il pizzo cambia i consumi

Le estorsioni garantiscono a Cosa Nostra il flusso di liquidità per l'attività di base dell'organizzazione, e soprattutto, il capillare controllo del territorio. In Sicilia Occidentale gli anni dal '90-91 al 2003-2004 sono costellati di tentativi d'importazione di un modello preciso, l'associazionismo antiracket: imprenditori vittime del racket che si uniscono per denunciare e supportare le denunce antiracket dei colleghi. Controilpizzocambiaiconsumi (d'ora in avanti CIPCIC) parte dalla constatazione che a Palermo quel modello non ha mai attecchito. E interroga la città: se l'ambiente in cui gli imprenditori vivono resta indifferente alla piaga del pizzo, come poter pensare che essi denuncino i propri estorsori? Tre anni dopo, l'attenzione dei media per Controilpizzocambiaiconsumi non è scemata. Hanno contribuito anche una serie di fattori concomitanti: inchieste giornalistiche di un certo rilievo su mafia e pizzo e, soprattutto, una pressante azione investigativa e repressiva da parte di magistratura, forze dell'ordine e istituzioni di pubblica sicurezza. Un altro fattore da non trascurare è che la politica partitica (o anche altri movimenti civici) non aveva più mobilitato l'immaginario collettivo, lasciando un "vuoto simbolico", per esempio per le giovani generazioni che avevano imparato a riscoprire la città in chiave antimafia grazie a "La scuola adotta un monumento" a metà anni '90. E l'attivazione degli altri corpi sociali? Attorno a CIPCIC, per tutelare legalmente i dati personali delle migliaia di cittadini coinvolti, nacquero anche strutture organizzate, che pian piano ampliarono il proprio campo d'attività. A Palermo Addiopizzo s'è configurato come forza centripeta, sicché i vari protagonisti del circuito di consumo critico venivano in qualche modo considerati alla stregua di aderenti esterni di un comitato organizzatore. Non c'è stata perciò una vera e propria lettura di rete. Nella primavera 2005 primi contatti furono tentati, senza successo, con le grosse confederazioni di categoria delle imprese: non veniva accettato che dei consumatori si potessero dare autonomamente dei criteri per orientare il consumo su temi così scabrosi (il rischio di dividere il mondo in buoni e cattivi c'è). Le nomine in Camera di Commercio hanno continuato a esser fatte secondo vecchi criteri, portando a ruoli di responsabilità anche persone discusse o addirittura condannate per favoreggiamento al racket, e vertici di intere confederazioni sono lambiti da inchieste giudiziarie. Le acque iniziano a muoversi col cambio al vertice di Confindustria Sicilia, che nell'estate 2007 sceglie di sospendere dall'associazione gli imprenditori che non abbiano denunciato gli estorsori. A un anno di distanza, il bilancio è di una ventina di esclusioni. A 16 anni dall'omicidio di Libero Grassi, imprenditore lasciato solo di fronte al racket dopo le sue denunce pubbliche, ben diversa è stata la reazione della città all'incendio dei capannoni di vernici e ferramenta Guajana, uno che non pagava e non si piegava: dagli stessi giorni del rogo, a fine luglio 2007, messaggi di solidarietà di cittadini, attivazione del sindacato, pressione dal basso del movimento dei consumatori antiracket... e gli industriali prendono posizione. Nel giro di 3-4 mesi, a Guajana sono assegnati dalle istituzioni dei capannoni in disuso per riavviare la propria attività. Ma la primavera-estate 2007 stava già segnando una timida ripresa delle denunce per racket a Palermo, inizialmente singoli casi. Finalmente il muro iniziava a sgretolarsi, forse gli imprenditori vessati iniziavano a intravedere che c'era anche una possibile via d'uscita. A meno di un anno dalla costituzione della prima associazione antiracket palermitana costituita da imprenditori, oggi a Palermo, di fronte alla quarantina di casi di estorsione acclarata da evidenze probatorie, quasi la metà degli estorti conferma in aula le accuse o collabora con la giustizia, mentre in passato, di fronte all'evidenza di prove, libri mastri, pizzini, la quasi totalità degli imprenditori coinvolti continuava a negare. Può esser utile guardare più da vicino come si è articolato l'esperimento parzialmente realizzato con CIPCIC a Palermo, a Catania e, per un periodo, a Napoli.

Cooperazione, coordinamento, opportunismo. La filiera del Moscato d'Asti, scritto con D. Donatiello, Meridiana, 93, numero monografico “Agricolture e cibo” a cura di A. Corrado, M. Lo Cascio e D. Perrotta, ISBN: 9788867289288

This paper is focused on the regulation and distribution of value along the agri-food chain of the Moscato grapes in Piedmont region, where two among the most important Italian Docg (Controlled and Guaranteed Denomination of Origin) wines (in terms of exports) are produced. On the one hand, the Docg certification guarantees the territorial rootedness of this agri-food chain, delimiting the production and transformation of the Moscato grape in a specific area. On the other hand, as a strategic instrument for quality certification at a commercial level, it contributes to expose this area to the influence of external actors. This article contends that the action of some global players in the beverage sector – oriented towards industrialized production and large-scale retail trade – has induced a reconfiguration of the relationships among different actors involved in this agri-food chain and a redefinition of their economic bargaining practices. These processes resulted in a more unequal distribution of the value compared to the past. The article explores in particular the agreements defining the purchase of grapes between farmers and processors, highlighting the progressive transition from the cooperation between local actors to the need of a coordination, which is brokered by opportunist actors. Keywords: Agri-food chain; Viticulture; Wine production; Food regime analysis