Alfieri's dramas in "Ultime lettere di Jacopo Ortis" (original) (raw)
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"Un vero personaggio nella posterità". Le Commedie e l'ultimo Alfieri
L'autore, studioso dell'Alfieri 'Comico' da vari decenni, ha contribuito a una 'riscoperta' di questa importante e spesso sottovalutata o no compresa produzione dell'ultimo Alfieri. In questo recente saggio discute alcune recenti acquisizioni su tale produzione e fornisce e discute nuovi materiali per illustrare l'ultima grande stagione poetica dell'Astigiano.
«La tragedia delle tragedie»: l’Alfieri di De Sanctis «un ideale altissimo di tragica perfezione»
È noto l’interesse di De Sanctis per Alfieri, in particolare per la sua produzione tragica. Il ritratto alfieriano offertoci dal critico irpino è quello di un letterato costantemente alla ricerca di se stesso, determinato a creare la « tragedia delle tragedie ». Alfieri si propone, attraverso un percorso complesso che De Sanctis riesce a tracciare con rara finezza interpretativa, un « ideale altissimo di tragica perfezione », che da un lato porti a compimento quanto in ambito tragico era stato fatto da chi lo aveva preceduto, dall’altro gli consenta di dar voce al suo tempo come al suo animo « tutto passione ». Leggendo Alfieri, De Sanctis prende posizione nei confronti di interpreti meno attrezzati e sensibili di lui e ci regala pagine sorprendentemente felici, che rivelano la grande sintonia fra tragediografo e critico e si mostrano disseminate di intuizioni che saranno poi riprese da lettori che, in tempi più recenti, guarderanno proprio a De Sanctis.
L'Agide di Alfieri e il mito degli ultimi re di Sparta
L'Agide di Alfieri e il mito degli ultimi re di Sparta, Luca Cristini Editore, Bookmoon, 2022
Gli ideali e la tragica fine di Agide IV, l’esilio e la vendetta di Leonida II, la virtù di Chilonide, la gloria e la caduta di Cleomene III, incontrarono l’apice del successo in termini di rielaborazione e di ricezione tra il XVII e il XVIII secolo, divenendo specchio degli eventi dell’età moderna sullo sfondo, rispettivamente, della Gloriosa Rivoluzione e della Rivoluzione Francese, attraverso chiavi d’interpretazione di stampo politico-sociale, culturale, morale. In particolare, Vittorio Alfieri – focus dell’indagine del volume – ebbe, nei confronti di Plutarco, che ne aveva tramandato la tragica vicenda, un rapporto in equilibro tra fedeltà, innovazione e reinterpretazione della fonte: nel 1784, il tragediografo rese protagonista della sua «quarta tragedia di libertà» Agide IV, il giovane re condannato a morte nel 241 a.C. per aver cercato di risollevare le sorti di Sparta in nome dell’eguaglianza, ripristinando le leggi di Licurgo.
Il Sublime: Vittorio Alfieri e Longino
Parallelamente al percorso che porta Alfieri ad affinarsi come tragediografo, questi sviluppa l'ideale del Sublime Scrittore, figura titanica nella quale s'identifica pienamente, contrapposta a quella del tiranno. Il concetto di Sublime costituisce la base di tutto il sistema di pensiero del poeta piemontese e coincide con l'espressione formalmente perfetta di un'idea di altissima levatura morale. Sicuramente Alfieri ebbe modo di studiare il trattato Del sublime (attribuito al filosofo greco Longino) poiché questo fu tradotto dal suo amico Francesco Gori, che lo fece stampare nel 1733. Dunque, si può affermare, senza dubbio, che lo Pseudo-Longino sia una delle fonti del pensiero dello scrittore astigiano, il quale rielabora, in modo personale, le teorie espresse nel suddetto scritto greco, facendone la base di tutta la propria produzione. Innanzitutto, colpisce il fatto che il filosofo greco affermi che "la scienza e il discernimento del vero sublime non sono cosa facile". 1 Infatti, per Alfieri il sublime non è una mera categoria estetica, ma l'essenza stessa dei propri pensieri ed, in ultima analisi, della propria esistenza. Come scrive Maria Pastore Passaro:
Il primo incontro di Giacomo Leopardi con la figura e l'opera di Vittorio Alfieri risale al periodo intorno al1817.In questa stagione della sua vita, dal suo tormentato esilio nella casa paterna, relegato nel suo "natlo borgo selvaggio", Leopardi ö portato inesorabilmente a prendere sempre pirl coscienza della sua solitudine intellethrale e del vuoto culturale di cui ä circondato. Finch6, in una involontaria quanto simbolica coincidenza di date (quasi a simboleggiare l'irrompere di una nuova primavera nel gelo della vita recanatese) il A marzo 1817 ebbe inizio la corrispondenza del giovane poeta con Pieno Giordani, destinata a diventare per entrambi un proficuo scambio di idee e di affetti.z Probabilmente sarä stato grazie all'influenza dello stesso Giordani, appassionato lettore di Alfieri,3 ma anche attraverso la lettura, di poco precedente, dell'autobiografia alfieriana se di li a poco Leopardi fece una profonda esperienza dell'opera alfieriana e soprattutto della Vita dell'Alfieri, che diverrä per lui maestro di atteggiammti ideali e poetici, fondamentali nella sua prospettiva pessimistico.eroica, quale si preciserä, nel 181Q nelle canzoni patriottiche.a Del resto, la decisione dell'adolescente poeta di approfondire la conoscenza del grande tragediografo piemontese presenta anche un Cfr. Binni 1994:5. tn realtä la famosa lettera del 27 mano 1817 non fu in assoluto la prima inviata dal giovane poeta allo stimato letteraüo. Giä un mese prima, il 21 febbraiq Leopardi aveva inviato alcune righe al Giordani, allegandovi la sua traduzione del secondo libto d,e11'Eneide ancora fresca di stampa (Miiano: G. Pirotta). A questa prirna lettera il Giordani aveva risposto con due missive: una, alquanto forinale, del 5 marzo e faltra del L2 dello stesso mese, in cui invitava il giovane contino a lasciare Recanati Per mtrare in contatto con l'ambiente artistico-letterario dei grandi centri e conoscere gli "uomini valenti" che lo aninuvano.