De Templi custodibus unus: la figura di Tiberio Alfarano nella Basilica di San Pietro sotto il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni (original) (raw)
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Per la storia della Basilica Vaticana nel'500: una nuova silloge di Tiberio Alfarano a Catania
ITALIA MEDIOEVALE E UMANISTICA, 2007
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Gli autori, durante questo lavoro, hanno contratto un debito di riconoscenza con un gran numero di persone. Ci teniamo a ringraziare: Don Alberto Cecca, Don Tommaso Di Stefano, Don Carlo Nastasio, Zaccaria Mari e Luchina Branciani. Un particolare ringraziamento lo rivolgiamo al prof. Pier Nicola Pagliara e al rev. dott. Jean Coste, per la loro squisita disponibilità.
Memoria di EMANUELE M. CIAMPINI * presentata dal Socio corrispondente ALESSANDRO ROCCATI nell'adunanza dell'8 marzo 2016 e approvata nell'adunanza del 10 maggio 2016 Riassunto. Edizione di un gruppo di otto iscrizioni geroglifi che del tempio di Arensnufi a File, datate al regno di Tiberio. Il gruppo di testi è iscritto su due pareti del muro di protezione del santuario, e fa parte dell'ultimo intervento decorativo dell'edifi cio. I primi tre qui presentati sono stati già editi nel 2011, mentre gli altri cinque testi sono inediti; si tratta di composizioni che non fanno parte del sistema di atti rituali, ma formano piuttosto un gruppo omogeneo incentrato sul ruolo di Arensnufi e Osiri nella dottrina del santuario. Sulla base del loro contenuto possono essere distinti in frame inscriptions (testi nn. 1, 4), didascalie delle fi gure divine (testi nn. 2, 5), inni (testo n. 3 = Arensnufi ; n. 6 = Osiri), dedica (testo n. 7) e canto celebrativo (testo n. 8). I testi sono presentati ed analizzati, tentando di ricostruirne il background dottrinale e ipotizzando un sistema di rimandi a chiasmo tra le due metà dell'edifi cio (sud-Arensnufi / nord-Osiri).
La cattedra eburnea dell’arcivescovo Alfano [2016]
Una Bibbia in avorio. Arte Mediterranea nella Salerno dell'XI secolo, a cura di Valentino Pace con schede di Serena La Mantia, Milano 2016, pp. 9-33., 2016
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Annuario dell'Archivio di Stato di Milano, 2016
L'articolo ricostruisce le vicende che portarono la marchesa Maura Ponti Dal Pozzo d’Annone a finanziare la realizzazione della nicchia, della statua di S. Ambrogio e degli stemmi viscontei dipinti sulla torre del Filarete del castello sforzesco di Milano. Luca Beltrami fu contattato dalla marchesa per una visita alla villa di Oleggio Castello, dove lei ed il primo marito Claudio Dal Pozzo avevano raccolto frammenti lapidei viscontei per abbellire la dimora che avevano ricostruito in stile gotico inglese. La nobildonna voleva donare un pezzo della collezione per contribuire all’opera benemerita intrapresa da Beltrami e dare un segno tangibile della partecipazione della famiglia Dal Pozzo in occasione del matrimonio del figlio Bonifacio con Antonietta Lurani Cernuschi. Beltrami rimase colpito da una testa che riconobbe come quella della statua quattrocentesca di S. Ambrogio che un tempo era posta sulla torre del Filarete, e la famiglia Dal Pozzo decise di offrirla per la torre «sia per ridonare alla torre un pezzo autentico, sia per fare cosa grata a Lei [Luca Beltrami], a cui, come tutti i milanesi, dobbiamo una riconoscenza illimitata». A seguito di una attenta riflessione, Beltrami preferì optare per un rifacimento e la marchesa Dal Pozzo si offrì di pagare interamente l’opera, costata 9500 lire. La documentazione relativa è conservata ancor oggi nell’Archivio Dal Pozzo d’Annone, comprese le ricevute delle maestranze che lavorarono: dallo scultore Luigi Secchi, al modellatore Carlo Campi, dalla fabbrica di arredi sacri Andreoni e Franceschini al pittore Ernesto Rusca.
L’articolo chiarisce la paternità di due dipinti conservati nella sagrestia Ottoboni della basilica vaticana, già variamente attribuiti negli studi pregressi. Le ipotesi errate nascevano da frammentarie e contraddittorie citazioni antiche mentre le tele sono opera del poco noto Domenico Fiorentini (1747-1820), non solo per la testimonianza dei documenti ma anche per i confronti stilistici con opere sicure dello stesso artista. I grandi quadri raffigurano i santi mansionari, cioè sagrestani, dell’antica basilica vaticana e furono commissionati dal Capitolo di San Pietro probabilmente per arredare i nuovi grandiosi locali della sagrestia di Carlo Marchionni. Tale commissione è inserita nel quadro di una contenuta ma interessante attività di mecenatismo artistico patrocinata dal Capitolo di San Pietro.