Il Ricupero di waterfronts per usi culturali : ancora sul waterfront (original) (raw)

Riciclare i margini della città contemporanea. Il caso studio di Hackney Wick e Fish Islands.

Il paper, a partire dal tema dei rischi di una crescita illimitata delle città, ha l'obiettivo di evidenziare le opportunità offerte dai margini della città contemporanea, spazi liminali ed in-between che bisogna re-interpretare in maniera flessibile nella rigenerazione della città in declino. Un esempio interessante è fornito dalle aree incluse nella 'fringe area' dell'Olympic Park, margine della città consolidata per il quale sono stati previsti programmi di rigenerazione urbana che percorrono differenti scale di progettazione. Queste pratiche mostrano un'occasione colta a partire da un'interpretazione creativa di un contesto post-industriale, costruendo su una modalità di sviluppo alternativa che mette a sistema da un lato la risonanza fornita dalla catalizzazione di risorse, attenzione e competenze, associata all'evento olimpico e dall'altra l'esistente rete di attori e creatività urbane, in un processo combinatorio di dati immanenti ed effimeri, in grado di apprendere dal territorio e dalle sue forze sociali ed economiche e di attrarre nuova vitalità. Parole chiave Margine, riciclo, multiscalare. Crescita urbana liminale Le città contemporanee crescono spazialmente e temporalmente, ogni giorno in competizione le une con le altre per il superamento dei propri limiti spaziali e concettuali. Neil Smith sottolinea l'esistenza di «a shift from an urban scale defined according to the conditions of social reproduction to one in which the investment of productive capital holds definitive precedence […] We are also seeing a broad redefinition of the urban scale» (Smith, 2002: 423-430). La scala metropolitana domina anche quella regionale: nel mondo globale, i limiti si dissolvono. Durante l'ultima parte del XX secolo, nuove tecniche ed organizzazione dei sistemi di produzione, insieme con cambiamenti dei comportamenti individuali e collettivi, hanno contribuito al crescere di fenomeni di urban sprawl e di tensione verso forme di vita suburbana. In questo senso, le aree di margine divengono una parte importante per il funzionamento della città: non vi sono, come nell'Ottocento, solo le attività espulse dal centro cittadino, ma anche le aree residenziali manifestano ora incompatibilità con lo svilupparsi nei centri cittadini di attività terziarie diurne e di estese night life per l'intrattenimento delle classi dirigenti 1. Inoltre, sin dagli anni Sessanta, nei margini delle grandi città, col procedere della post-industrializzazione e la perdita di significati ed usi dei vecchi insediamenti industriali, è emerso il volto sospeso e in attesa degli spazi in disuso, drosscapes della città contemporanea. La città un tempo in espansione, inizia a contrarsi su stessa (Oswalt, 2006) e sui suoi stessi limiti, disvelandone il significato: i limiti muovono dall'essere concepiti come linee di separazione tra la città e l'extra urbano, a divenire spazi in between, sospesi tra condizioni divergenti: «the in-between landscapes of the horizontal city are liminal because they remain at the margins […] awaiting a societal desire to inscribe them with value and status» (Berger, 2006: p. 29). La liminalità è un concetto psicologico dell'antropologo Victor Turner (Turner, 1982) e si riferisce ad uno stato mentale dei partecipanti ad un rito di passaggio. La dimensione liminale delle città è un frammento della sua trasformazione durante il quale gli spazi sono sospesi. Gli spazi liminali sono come soglie: non sono più parte del centro città, ma non confluiscono ancora nell'extra-urbano. Sono spazi di transizione tra l'interno e l'esterno della città 1 Cfr. Tallon A. (2010), Urban regeneration in the UK, Routledge, London, pp. 222-249.

Indirizzi e strategie per la riqualificazione dei waterfront delle città siciliane

2009

Dal 2001 il Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro (CRPR) della Regione Siciliana ha avviato la campagna di produzione della "Carta del Rischio del patrimonio culturale, dei territori culturali e dei paesaggi siciliani". All'interno di questo vasto progetto che riguarda i rischi naturali e le pericolosità da fatti antropici, il Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro ha focalizzato la sua attenzione sul fatto che molte delle città siciliane sono oggi oggetto di trasformazioni, in particolare in aree costiere, potenzialmente rischiose per le sensibilità storiche e culturali che si trovano sui waterfront storici. In modo particolare, centrando l'attenzione sulle aree storiche (centri storici e borgate marinare) di Catania, Messina, Palermo, Siracusa e Trapani, il CRPR ha commissionato a chi scrive, insieme ad Alessandra Badami 1 e con il coordinamento scientifico di Maurizio Carta il lavoro di produzione di una prima importante elaborazione della Carta del Rischio Locale delle cinque città su menzionate. Obiettivo di questa fase di lavoro è stata la definizione degli indirizzi e delle strategie necessarie alla produzione di nuova qualità urbana a partire dalla presenza di notevoli risorse culturali, naturali, paesaggistiche ed identitarie che caratterizzano le aree di waterfront delle cinque città oggetto dell'incarico. Si è trattato, quindi, di re-interpretare i rischi e le azioni di trasformazione già attivate alla luce del valore attivo del patrimonio culturale, delle identità culturali e della domanda di cultura espressa dalle cinque città.

La rigenerazione del waterfront nelle città marittimo-portuali. L’esperienza di Salerno

The waterfront in sea-port cities is a symbolic “place”, a geographical area full of cultural stratifications, relationships and resources. The great potential of these fluid spaces, an edge between land and sea, makes it a privileged field of research in order to imagine the future of the city and to identify sustainable paths of urban regeneration. The present paper, through the analysis of a specific case study, illustrates the contribution that the geographical approach can offer to academic thinking and administrative planning on this topic, in terms of contextual knowledge of intervention areas and identification of resources and local needs.

Opere morte Il waterfront come infrastruttura ambientale

Nel gergo nautico per opera morta si intende la parte fuori acqua dell'imbarcazione , mentre la parte sommersa, che rende possibile il suo galleggiamento è chiamata opera viva. La parte sopra la linea di galleggiamento è morta in quanto non contribuisce in modo diretto al mantenimento in emersione del natante (1). In realtà le cose non sono così nette, la forma e l'estensione della parte fuori acqua svolge una funzione importante per l'equilibrio e la sicurezza dell'imbarcazione. Tuttavia la distinzione tra le due parti coglie con immediatezza il ruolo attivo dello scafo sommerso, assegnando alla parte emersa una funzione non essenziale ai fini del galleggiamento. La distinzione può essere utilmente impiegata per tentare di interpretare il comportamento funzionale delle infrastrutture marittime e in particolare delle opere di difesa dei porti e delle coste. Se osserviamo una scogliera frangiflutti o un molo, anche qui troviamo una parte sommersa che svolge in modo determinante la funzione difensiva, di opposizione e dissipazione del moto ondoso e una parte in emersione la cui funzione statica è per così dire di complemento. Dighe, moli foranei, moli guardiani, barriere frangionde, dighe antemurali sono infrastrutture imponenti (2). Opere di recente costruzione, ma anche opere che nel tempo hanno incorporato e modificato strutture preesistenti (i porti di antica formazione sono come le città, crescono stratificandosi su un supporto dato). Ebbene queste grandi infrastrutture sono opere morte nel senso che realizzano una sola funzione, quella dominante di difesa. La settorialità del loro progetto ne condiziona la forma, ne limita l'uso, ostacola lo sviluppo di una funzionalità plurima, aperta alle esigenze della città e del contesto. La dimensione degli investimenti necessari alla loro realizzazione avrebbe potuto promuovere ricadute più articolate, più produttive, non solo nei confronti dell'economia portuale, ma anche del sistema urbano. Mentre nell'opera morta di una imbarcazione (si pensi ad uno yacht) si realizzano una molteplicità di interventi di rifinitura, di arredo, di impiantistica, di design, che ne aumentano il valore funzionale ed estetico, nelle opere morte portuali gli interventi aggiuntivi sono minimi. A parte le banchine di attracco delle navi, addossate lungo il lato interno dei moli foranei, è difficile trovare sulla sovrastruttura di un molo o di una barriera frangiflutti volumetrie per servizi e attività economiche o semplicemente percorsi attrezzati. La settorialità delle infrastrutture portuali, rigidamente difesa da norme per la sicurezza e dalla divisione delle competenze gestionali (le opere marittime sono di competenza a volte delle Autorità Portuali, a volte delle Regioni che possono delegare i comuni, a volte ancora del Ministero della difesa), è lo specchio di una condizione più generale che vede il sistema portuale come un corpo autonomo, separato dalla città e dal contesto ambientale costiero.Tale separazione, come abbiamo più volte ricordato (3), si realizza in Italia in una realtà peculiare dove i porti, anche quelli maggiori, di competenza delle Autorità Portuali, sono interni al sistema urbano, producendo una forte condizione di conflittualità e di congestione che fin'ora ha reso difficile la realizzazione di programmi di riqualificazione dei waterfront. Forse è giunto il momento di accettare fino in fondo questa condizione di conflitto, resa ancora più difficile dalla crisi finanziaria che frena sia gli investimenti infrastrutturali dei porti sia quelli di riqualificazione urbana. Forse dovremmo cambiare ottica: non partire da progetti urbani complessi nelle aree di sovrapposizione tra città e porto, ma dalle opere portuali esistenti, che come opere morte si aggrappano alla città e alla costa senza rapporti di continuità e di integrazione. Ma, a guardare bene, qualcosa accade sulla superficie inanimata delle infrastrutture portuali: la vita, in modo spontaneo, si introduce nelle opere morte, rivelando le loro potenzialità1. Forse dovremo forzare la loro energia repressa. 1

Salerno: il porto e le metamorfosi del waterfront

Proceedings e report, 2020

The port of Salerno, one of the largest on the Tyrrhenian coast, was implanted in the Middle Ages west of the city. Deteriorated over time due to neglect and serious problems of cover-up afflicting the area, it was replanted after the unification of Italy, creating a closed basin with the mouth turned to the east. The wrong orientation and the massive landfill phenomena supervening, led to the severe erosion of the eastern beach, on which it stood the city. In order to cope with the phenomena, in the last decades of the nineteenth and early twentieth centuries, multiple defense interventions were carried out by sheltered cliffs that filled the coast with the total metamorphosis of the coastal strip.

La riqualificazione del waterfront di Marsiglia, tra edifici-icona e Mediterraneo

In this paper I will discuss how the isomorphic trend of urban regeneration of waterfronts implies a modeling which is not free from critical points. If we focus on the growing use of art and culture as a tool, both in stable museum form both in ephemeral festival form, we must pair this tool with a local contextualization which requires a deep and multi-prospectic knowledge of the territory. In this context a view “from the sea” becomes fundamental when we think to renovate the identity of the port cities materially and, at the same time, symbolically. First a general introduction about the actual evolution of strategies for regeneration of coastal areas will be given. Then two fundamental specific case-studies in the regeneration of the city of Marseille will be discussed: Vieux Port and the Esplanade - Fort St-Jean. These areas, studied during my Ph. D. thesis, are meaningful for the connection generated between the local reality and the original project, based on a general purpose model. This paper will try to employ ethnographic methodology to examine which functions have been associated to renewed areas and how these acquired functions can be connected with project steps and with already observed results in other cities. A descriptive approach is predominant in this work; anyway a critical judgment cannot be avoided. This sort of judgment is not to be extended to all the other effects which cannot be directly observed within the case-study.

I waterfront in area storica: nuove prospettive di sviluppo compatibile per cinque città siciliane

Territori costieri, 2009

La rilevanza assunta negli ultimi anni dalle trasformazioni urbane in area di waterfront storici delle città ha aperto un nuovo scenario -e una conseguente sfida -per la ricerca sulle condizioni di rischio, sulle pressioni antropiche e sulle opportunità offerte dall'armatura storica e identitaria. Le dinamiche di trasformazione e le necessità di conservazione del patrimonio materiale e immateriale dei waterfront storici richiedono che le indagini e le sperimentazioni progettuali portati avanti dalla "Carta del Rischio a scala locale" puntino la loro attenzione cognitiva, interpretativa e diagnostica al delicato sistema urbano in cui la città di pietra e la città d'acqua si intersecano, producendo sinapsi feconde, ma anche delicate criticità. In quest'ottica agisce il progetto di ricerca promosso da Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro e condotto dal gruppo di ricerca "PlanDifferent", spin-off dell'Università degli Studi di Palermo 1 .

Il P.U.D.M. (Piano di Utilizzo del Demanio Marittimo) come occasione di progetto del waterfront urbano il caso di Sant’Agata di Militello (Me).

PORTUS PLUS, vol. 1, p. 1-10, ISSN: 2039-6422, 2011

La gestione delle aree costiere demaniali, ha sempre rappresentato nella disciplina del Progetto urbano un nodo irrisolto. I vecchi piani spi aggia cui era delegato il ruolo di normare tali aree, limitandosi a individuare le varie concessioni, non ricercavano alcuna connessione con le realtà urbane e territoriali a cui questi tratti di costa appartenevano. I nuovi Piani di utilizzo del Demanio marittimo (PUDM) possono rappresentare, in questo senso, un'importante occasione, non ancora appieno sfruttata, per la risoluzione di tale frattura. L'istituzione del Pudm, è stata accompagnata dalla emanazione di una serie di linee guida per la sua redazione che raccomandano come prioritaria l'attenzione nei confronti delle previsioni degli strumenti urbanistici sovraordinati, la compatibilità e reversibilità degli interventi e la ricerca di mixitè nella individuazione delle funzioni. La redazione di un PUDM richiede approfondimenti a scale e differenziate: da quella urbana a quella di dettaglio e in questa sua attitudine interscalare, si connota come uno strumento moderno che delega al progetto della scala intermedi a il ruolo di ricomposizione delle fratture tra i sistemi costieri e quelli urbani. Si ritiene che la stagione di redazione dei PUDM, che in Sicilia-per esempio-è stata solo recentemente e in minima parte avviata, rappresenti una fondamentale occasione per avviare un ragionamento complessivo sul rapporto tra costa e sistemi territoriali e urbani. Si presenta di seguito il caso studio del Pudm di Sant'Agata di Militello, ancora in corso di redazione, per la cui stesura è stata utilizzata una procedura innovativa e partecipata da tutte le istituzioni e che intende connotarsi come un vero e proprio progetto di waterfront.

Ancora sulla riproduzione di beni culturali

Un emendamento all'articolo 12 (12.102) del decreto Art Bonus (d.l. 83/2014), ora convertito in legge (l. 106/2014), ha escluso i materiali archivistici e bibliografici dalla liberalizzazione delle riproduzioni di beni culturali per finalità di studio. Questa improvvisa retromarcia sarebbe stata sollecitata dalla Direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d'autore. La prima motivazione: le società concessionarie di servizi di riproduzione forniscono infatti l'unica entrata di questi istituti non proveniente dal finanziamento annuale erogato dallo Stato. La seconda motivazione: la prescrizione che la riproduzione debba essere attuata con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene avrebbe escluso ex se l'applicazione al patrimonio cartaceo. Nell'articolo mostriamo che entrambe le motivazioni hanno un fondamento alquanto debole.