Una carriera diplomatica barocca: Cesare Monti arcivescovo di Milano e agente della politica papale (1632–1650), in "Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken" 94 (2014), pp. 252-291 (original) (raw)
The aim of this article is focusing a little known political and ecclesiastical baroque career: that of Cesare Monti, fi rst papal nuncio in Naples and Madrid (1628–1632) and then archbishop of Milan (1632–1650). He was a complex personality: legal studies, the activity as member of important Roman Congregations in the papal court, the frequentation of the Barberini circle and the political and diplomatic experience at the court of Madrid forged a considerable career, before being appointed archbishop of Milan and cardinal. The analysis of his correspondence with Francesco Barberini, cardinal nephew of Pope Urban VIII, shows how Monti, even aft er his entrance in Milan (1635), maintained a high-profi le political and diplomatic role. In the long and diffi cult years of war that involved the State of Milan he carried out a series of activities ranging from traditional management of relations with the Roman Congregations and the secular authorities (Governor, Senate of Milan etc.) to sending news about the war and political information to Rome. He was archbishop and, at the same time, political envoy, although informal, of the papacy for the State of Milan and the Swiss area, and also medium of papal propaganda. Monti played a role not easily defi ned, according to traditional categories that scholars use in analyzing the careers at the service of the Catholic Church and the Holy See (Archbishop/pastor, curial/offi cial, envoy/nuncio). In all his activities he was able to rely on his diplomatic experience and the wide network of personal and political relations both in Rome and at the court of Madrid.
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In anni in cui l'Impero Ottomano era stato costretto a ridimensionare i propri progetti espansionistici, il sultano Ahmet III e il suo visir Ibrahim Pacha inauguravano una stagione di pace, inviando per la prima volta a Pari-gi non un cortigiano di basso pro lo, ma un vero ambasciatore 1. Yirmisekiz Çelebi Mehmed Efendi era l'uomo prescelto. Figlio di militari, aveva ricevuto un'educazione a corte e aveva prestato con onore servizio nel corpo dei Gian-nizzeri. Aveva ricevuto incarichi di primo piano nell'amministrazione econo-mica e diplomatica e l'ambasciatore francese a Costantinopoli, il marchese de Bonnac, che lo conosceva, rassicurava il governo francese, poiché, oltre che avere il credito per negoziare, era un uomo educato e, proprio per questo, sensibile alla cultura occidentale. Mehmet Efendi aveva tenuto un diario della missione diplomatica in Francia, a cui pochi mesi dopo il rientro a Costantinopoli darà la forma di un resoconto minuzioso e appassionante. In quel diario, che aveva riscosso un immediato successo anche in Europa, nella traduzione francese di Julien-Claude Galland 2 , 1 Sulle ambascerie orientali nella Francia del XVI e XVII secolo si ricorda la recente mostra di Versailles e si rinvia al suo catalogo dove sono menzionate alcune delle ambasciate anche qui citate: Rondot B. (a cura di), Visiteurs de Versailles: Voyageurs, princes, ambassadeurs (1682-1789), catalogo. mostra, Versailles 2017, Gallimard, Paris 2017. 2 L'edizione francese del diario di Mehmed Efendi era stata sollecitata dall'ambasciatore francese a Costan-tinopoli, Bonnac, e tradotta da Julien-Claude Galland. La prima versione francese è del 1725, la seconda, emendata in alcune parti, del 1757; su richiesta di Bonnac, dal testo erano stati eleminati tutti i commenti che potevano irritare il governo francese, come quelli sul conte Dubois, con il quale l'ambasciatore turco aveva avuto dei rapporti molto tesi durante il soggiorno francese. Qui si fa riferimento all'edizione: Vein-stein G. (a cura di), Mehmed Efendi. Le paradis des in dèles, FM/La Découverte, Paris 1981.
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