Recensione a Ilaria Muoio, "Capuana e il modernismo", Ospedaletto (Pisa), Pacini Editore, 2023 (original) (raw)

2023, Oblio 48, XIII, Dicembre 2023

Per citare il titolo di una recente raccolta di saggi di Alessandro Baricco, il volume di Ilaria Muoio è letteralmente «quel che stavamo cercando» (e aspettando) da molto tempo. Capuana e il modernismo è infatti il primo studio organico e sistematico sull'ultimo Capuana, quello spesso ignorato o indebitamente sottovalutato da molti studiosi. Frutto della rielaborazione e dello sviluppo della tesi di dottorato discussa all'Università di Pisa nel 2020 (L'ultimo Capuana e la modernità letteraria) e della risistemazione di alcuni saggi già editi, l'indagine di Muoio si contestualizza invero in una recente fioritura di attenti studi critici sull'autore siciliano. Si pensi, ad esempio, ai contributi di Edwige Comoy Fusaro, Lara Michelacci e Brian Zuccala, curatore della raccolta di saggi Luigi Capuana. Experimental Fiction and Cultural Mediation in Post-Risorgimento Italy (Firenze, Firenze University Press, 2019) e autore di A Self-Reflexive Verista. Metareference and Autofiction in Luigi Capuana's Narrative (Venezia, Edizioni Ca' Foscari, 2020), due volumi fondamentali per la rivalutazione e lo svecchiamento dell'opera capuaniana. Operazione, questa, definitivamente (e finalmente) messa a punto da Muoio nel suo saggio, in cui l'autrice approfondisce le ultime prove narrative di Capuana nell'ottica del modernismo. Un «ismo» che probabilmente non sarebbe piaciuto allo strenuo avversario delle etichette in letteratura (si veda la raccolta di saggi Gli "ismi" contemporanei, 1898), ma che è categoria critica necessaria per leggere lo sperimentalismo capuaniano primonovecentesco. Nell'interpretare l'ultimo Capuana alla luce delle forme e dei temi del modernismo italiano, codificati nell'ultimo ventennio da studiosi del calibro di Luperini, Tortora, Castellana e Donnarumma, Muoio si prefigge un duplice intento, la cui urgenza è ben evidenziata dal «Concilio militante» che chiude il volume e in cui l'autrice polemicamente «domanda la parola» a lettori e addetti ai lavori (Domando la parola! è l'accusatorio titolo di matrice zoliana di un articolo capuaniano del 1898): non solo spazzare via un'annosa e superficiale vulgata critica (Croce, Russo) che vede in Capuana un modesto scrittore verista vissuto all'ombra di Verga e mestamente involutosi col tempo, ma anche "sensibilizzare" sulla necessità di emanciparlo da un'immeritata condizione di marginalità nel canone letterario. Leggendo il volume, emerge come questi scopi siano stati brillantemente raggiunti. Capuana e il modernismo è infatti un saggio rigoroso e, soprattutto, convincente: nell'argomentazione, nella struttura e nelle tesi che l'autrice intende sostenere e dimostrare con l'ausilio di dati empirici, quasi applicando quel metodo positivo che per l'ultimo Capuana ha ormai del tutto perso efficacia epistemologica. L'analisi condotta da Muoio sulla produzione narrativa dello scrittore dal 1893-94 al 1915 (e oltre) non è infatti di taglio esclusivamente interpretativo, ma altresì narratologico e filologico. La scelta di adottare un approccio "scientifico" ai testi si rivela non solo riuscita, ma anche essenziale per corroborarne la lettura in chiave sperimentale e, per la maggior parte dei casi, appunto modernista. L'utile periodizzazione storico-estetica proposta (p. 11) consente infatti di seguire l'evoluzione artistica di Capuana nel corso degli anni. Ad un primo Capuana, fondatore, teorico e punta di diamante (con Verga) del verismo, segue dopo il 1893-94-anno della cosiddetta «cesura» con le raccolte di novelle Appassionate e Paesane (pp. 25-29)-un autore profondamente mutato nelle scelte tematiche, estetiche e stilistiche. Lo «stallo creativo» (p. 30) di un triennio che precede la