Fiumi e canali in Umbria (secc. XVI-XIX). Ingegneri, comunità, Stato di fronte al controllo delle acque, tesi di dottorato di ricerca in «Storia urbana e rurale» (IV ciclo), discussa nel 1992. (original) (raw)

PARTE I-UN ASSETTO IMMUTABILE? LE ACQUE NEL PAESAGGIO UMBRO ORTI E MULINI NELLE CITTÀ' ___________________ Un assetto immutabile? ___________________ _________________________ Le acque nel paesaggio umbro _________________________ mesi morti 11. Ma lo sviluppo completo di questa rete si poteva trovare raramente nella Valle Umbra: il drenaggio dei terreni veniva curato solo in piano, mentre ai piedi dei rilievi ci si affidava alla naturale pendenza e permeabilità del suolo 12. In cifre, il quadro dei terreni irrigui per i centri principali è il seguente: Perugia 116 ettari; Rieti 225; Spoleto 900 (di cui 500 a Trevi); Foligno 3.000; Terni 1.000; Norcia 90. Altre piccole realtà poco quantificabili erano sparse sulle montagne. Colpisce quindi il contrasto tra l'esistente e il progettato, che l'ottimismo degli ingegneri postunitari portava ad elencare assieme: per il Tevere si proponeva un bacino di raccolta nel suo tratto superiore, a monte di Città di Castello, da impiegare d'estate; questo bacino avrebbe consentito anche di alimentare due canali da derivarsi a ponte Valle Ceppi e dopo la confluenza del Chiascio sulla destra del fiume, per rendere irrigua la pianura sotto Perugia e fino a Montecastello 13. Per la Valle Umbra i progetti erano considerevoli: quattro canali, due dal Tescio e due dal Chiascio, con l'indispensabile supporto di bacini di ritenuta, avrebbero consentito l'irrigazione di tutta la Valle Umbra inferiore. Presso Spoleto sarebbe stato possibile creare dei bacini montani (come è poi avvenuto in tempi piuttosto recenti), e convertire a scopi irrigui le riserve dei mulini in decadenza. Altri progetti riguardavano Rieti 14 , Terni 15 , Orvieto. UN UTILIZZO PREVALENTEMENTE PROTOINDUSTRIALE Gli usi irrigui, principale oggetto dell'indagine postunitaria della Carta idrografica, appaiono tanto antichi (spesso vi si possono ritrovare origini romane) quanto limitati: le cipolle di Cannara o i sedani di Trevi, annaffiati a mano dai contadini ancora nel nostro secolo, sono 11 C. PONI, Fossi e cavedagne benedicon le campagne, Bologna 1982. 12 F. FRANCOLINI, La valle Spoletina e le sue condizioni economiche-agricole, studio di economia rurale, Savona 1908, p. 22. Le case coloniche erano servite da pozzi che attingevano a vene situate alla profondità di 5-15 metri. Nella valle si contavano infatti tre tipi di acque: freatiche (non potabili), polle sorgive, artesiane (abbondanti). Solo l'impiego di impianti elettrici avrebbe dato un consistente impulso all'irrigazione, fino allora priva di regolazione, rudimentale e primitiva (i sedani annaffiati a mano) permettendo di pensare non solo ai pozzi artesiani ma ad acque di superficie come il Clitunno, F. FRANCOLINI, L'irrigazione della Valle Spoletina, "It. Agr." 1925, pp. 559-566. Le esigenze irrigue portarono ad ottimi studi geografici riguardanti la Valle Umbra, come G. BALDACCINI, Contributo alla storia fisica della valle spoletana e folignate (pianura umbra) in rapporto all'irrigazione, Foligno 1903, cui è debitore ancora Desplanques per la spiegazione della genesi del bacino, le vicende della soglia di Torgiano, l'elevazione degli alvei fluviali originata dall'artificiale e anticipata interruzione del processo di colmaggio naturale. Soprattutto, venne individuata nella interazione tra la montagna carsica e i piani alluvionali argillosi l'origine di molti fenomeni: I pozzi attingevano comunemente ad acque superficiali, poco igieniche; la falda freatica infatti è più profonda nella zona ghiaiosa (i pozzi di Foligno a mt. 14-17), mentre nei bacini del Teverone e dell'Ose sale a mt. 1,5-2, e nello spellano si confonde con le acque superficiali, mentre nelle altre località si mantiene a mt. 3-7 (ibid., p. 26). Determinante appariva dalle trivellazioni effettuate il ruolo dello spesso strato di argilla che, rivestendo il fondo dell'antico bacino lacustre, manteneva in superficie la falda e si manifestava in numerose sorgenti. Più che ai grandi bacini di ritenuta-di moda allora anche fra i relatori della Carta idrografica-era a queste acque che Baldaccini rivolgeva la sua attenzione perché, elevate con vari sistemi, fornissero le irrigazioni necessarie. Anche per PREZIOTTI, Le acque sotterranee della valle folignate in rapporto all'irrigazione, "Gior. Geol. pratica", VII (1909), pp. 69-132, il problema irriguo si sarebbe dovuto risolvere più con acque sorgive che con derivazioni fluviali, per le quali oltretutto solo il Topino era utilizzabile, dati i vincoli sulle acque posti al Timia dai comuni di Bevagna e Cannara per gli impieghi energetici dei loro mulini. A differenza di Baldaccini però puntava più che sulle acque di superficie sui pozzi artesiani, che avrebbero eliminato il problema del sollevamento dell'acqua. L'autore affinava il quadro tracciato da Baldaccini con indagini idrologiche: anche l'Abisso vicino Bevagna, ad esempio, sarebbe stata una risorgenza del bacino carsico del Menotre e non del letto del Timia o del Topino. 13 M. BONELLI, Progetti di canali, Perugia 1897. Bonelli caldeggiava i progetti di canali sul lato destro della valle tra Perugia e Todi già illustrati da Viappiani nella Carta Idrografica: a favore dell'impresa giocava un grosso ruolo l'elevato tasso di appoderamento della piana e quindi la capacità di sfruttare realmente le risorse irrigue, una volta che queste si fossero rese disponibili. Quanto alla valutazione delle risorse stesse, appariva chiaro quanto un calcolo della portata non potesse prescindere dall'esistenza dei mulini e delle relative chiuse, e che in definitiva per saperne qualcosa di più preciso l'ingegnere doveva andare a chiedere informazioni ai molinari, o almeno confrontare i dati delle rilevazioni strumentali con l'esperienza di questi: "La portata media estiva del Tevere sopra ponte San Giovanni non si può determinare che con molte difficoltà, anche pel fatto che i molini i quali si trovano lungo il fiume lavorano a bottacciate" (p. 8). Viappiani aveva stimato la portata media estiva a 1.500/1.600 lt./sec., mentre dopo la confluenza col Chiagio essa saliva a 6.500 lt./sec., giustificando pienamente la derivazione di un secondo canale che si sarebbe riunito al primo sotto Papiano. Un successivo canale sotto Monte Molino, dalla diga del mulino esistente, avrebbe poi fornito forza motrice per produrre energia elettrica a beneficio della città di Todi per illuminazione, fornitura di acqua potabile, piccoli opifici. In sostanza il progetto era imperniato sulla tenuta della Casalina, e si contava sulla possibilità di un intervento diretto dello Stato dopo che con l'incameramento dei beni conventuali il MAIC (Ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio) ne era divenuto proprietario, coinvolgendo ed allargando il Consorzio Deruta-Amministrazione di San Pietro. 14 Le proposte comprendevano: rettificazione e arginature di Velino e Turano con nuova inalveazione di questo; bonifica per colmata delle paludi; deviazione delle sorgenti del Santa Susanna, da inalveare fino al Velino o in galleria fino a Piediluco; canale di colmata dal Velino ai laghi Lungo, Stretto, Votace; appoderamento. 15 Cfr. F. FRANCOLINI, Le grandi possibilità agricole della conca ternana, "Rass. mensile del comm. di Terni", 1935. Si tengano presenti anche altri fattori: nonostante la disponibilità di acqua, la produzione dell'area era ancora nel nostro secolo lungi dall'orientarsi verso foraggere e allevamento selezionato, o colture orto-frutticole. 8 ___________________ Un assetto immutabile? ___________________ 10 ___________________ Un assetto immutabile? ___________________ 42 A. STEUCO,