Il medioevo centrale e basso, in Storia del Friuli. Cuore d’Europa, a cura di M. Faleschini, C. Lorenzini, I. Portelli, Udine 2022, 121-161. (original) (raw)
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FIGURE PARLANTI, Pubblichiamo la prefazione al libro Con i piedi nel medioevo (Bologna, il Mulino, 2018, pagine 220, euro 25) di Virtus Zallot, studiosa di iconografia sacra che insegna Storia dell’arte medievale e Pedagogia e didattica dell’arte all’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia. «Nella società medievale — spiega l’autrice nella premessa al volume — piedi e calzature erano figure parlanti: caratterizzavano gruppi e personaggi, indicavano gerarchie, ruoli e interazioni, erano protagonisti di gesti ed eventi della quotidianità e del rito, nel consueto o nello straordinario. L’arte ha esplicitato tali valenze attribuendo loro ulteriori significati espressivi (...) raccontando storie e frammenti di storia».
The history of the relations between Friuli and Istria in the early modern age can be divided into two periods: in the first period both regions were subjected to the patriarchate of Aquileia, but there was a growth of Venetian influence on the Istrian coast (13th – 14th centuries); in the second period, starting with the year 1420, both regions belonged to the Republic of Venice. Neither the patriarchate nor the Republic of Venice committed themselves to encourage the traffic between the two areas in a coherent way. However, trade between Friuli and Istria developed in the 14th century thanks to the activity of some Tuscan merchants, and it was preserved during the 15th-18th centuries because of the common interest of the two provinces to exchange some basic products, especially Istrian oil and Friulian wheat. Also the migration of Friulian merchants and artisans to Istria was conspicuous, as well as the circulation of members of the clergy, school teachers, artists and musicians. The ideas of the Reformation were circulated between the two regions, mainly by the Bishop of Capodistria Pier Paolo Vergerio; and in both regions the same agrarian myths (i.e. the belief in the benandanti or kresniki) manifested themselves among the people.
Studiare le vicende di Cividale del Friuli nei secoli centrali del Medioevo è come cercare di ricollocare le tessere di un mosaico distrutto. I protagonisti sulla scena erano enti religiosi, tra loro complementari, ma spesso in conflitto: il capitolo, la prepositura, il monastero femminile di Santa Maria in Valle e, naturalmente, il patriarca di Aquileia. Quest'ultimo risiedeva spesso in questa ‘terra’, circondandosi di nobili castellani e, più tardi, anche cittadini. La documentazione conservata, anteriore al sec. XIII, è poca: si tratta di pergamene in cui il Comune fa la sua comparsa solo nel 1250. Nonostante questo, nel pieno Medioevo la vecchia 'Forum Iulii' – quella che poi sarebbe diventata 'Civitas Austriae' – manifesta una sua centralità nella regione. È sede di un polo scolastico superiore già citato in un capitolare dell’825 ed è la prima comunità nel territorio a ricevere il diritto di 'foro', concesso dal patriarca Pellegrino I (quindi tra 1131-1161). Non è una città nel senso pieno della parola, ma si impegna per sembrarlo e l’attrattività che eserciterà sui forestieri sarà immensa. A partire dal 1270 nel patriarcato arriveranno intere comitive di toscani e Cividale sarà una delle loro mete preferite.
Sotto l’ala del Leone di San Marco. Gli incisori della Patria del Friuli, 1420-1797, catalogo della mostra (Udine, 6 maggio-26 giugno 2022), a cura di Giuseppe Bergamini, Isabella Reale, Udine, Lithostampa, 2022
scheda nel catalogo della 40° Triennale Internazionale dell'Incisione, Udine
ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO MEDIOEVO
Fonti docuMentarie e scrittura storioGraFica nella seconda Metà dell'ottocento* Fu Pasquale Villari che nel 1868 -precorrendo una riflessione che, nel dibattito culturale dell'italia appena unificata, doveva ancora cominciare -propose all'opinione pubblica italiana (in realtà a un pubblico molto ristretto di eruditi e di uomini pubblici) i termini dell'inevitabile e ineliminabile, sempre aperta, tensione tra i due poli della erudizione e della narrazione, tra il lavoro sulle fonti e la scrittura storiografica. lo fece con un testo sul quale diversi studiosi (da ultimo Mauro Moretti, ma in precedenza già Garin e cacciatore) hanno da anni richiamato l'attenzione: si tratta dell'«importantissima prolusione» sull'insegnamento della storia, letta all'inaugurazione dell'anno accademico dell'istituto superiore di Firenze 1 . il testo fu pubblicato dai treves, gli «editori della Biblioteca utile», come dice il frontespizio, nella collana «la scienza del popolo -raccolta di letture scientifiche popolari fatte in italia», e la sede editoriale non è certo casuale, perché lascia intendere un nesso con quegli obiettivi di pedagogia civile che avrebbero ispirato con continuità l'attività del filosofo e storico di origine napoletana; così come non cessò la sua riflessione sul metodo storico. Basterà citare al riguardo il celebre intervento La storia è una scienza?, del 1891, che viene spesso considerato uno dei primi contributi italiani al Methodenstreit 2 .
2022
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