Culture della rappresentazione e libri teatrali a Milano nel Settecento. La Raccolta copiosa d'intermedj (1723) (original) (raw)
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Fonti Musicali Italiane, 2018
Il saggio ricostruisce le vicende della gestione, dal 1642 al 1716, del teatro di Milano, che il Collegio delle Vergini Spagnole, che ne aveva la titolarità, affidava mediante un appalto a impresari. Fra questi si distinsero in particolare i Lonati, che lo tennero per buona parte del Seicento, e i Piantanida, cui si deve la ricostruzione del teatro a fine secolo. Accanto agli aspetti economici, dai proventi dei lotti e dei “giochi di fortuna”, collegati all’appalto, all’affitto delle sedie e dei palchetti, sono analizzate anche alcune caratteristiche particolari della gestione del teatro milanese, quali il particolare controllo esercitato del governatore. Più difficile appare invece la ricostruzione degli spazi destinati agli spettacoli, dal primo teatro a quello realizzato dai Piantanida, sempre all’interno del palazzo ducale, per la mancanza di documentazione seicentesca, ma l’indagine archivistica ha permesso di ritrovare un’importante descrizione di metà secolo e di chiarire meglio alcune fasi della loro storia. Da ultimo il ritrovamento del contratto con Antonio e Ascanio Lonati per la rappresentazione de La Floridea a Novara nel 1674, voluta dal governatore della città, conte di Melgar, consente di conoscere i vari aspetti organizzativi per la messa in scena dell’opera e i costi dell’allestimento, dal cast all’orchestra, dai costumi alle scene.
Teatro e critica teatrale a Milano in epoca napoleonica: il caso del Santa Redegonda
«Stratagemmi», 27 (settembre 2013)
Il saggio tratteggia la situazione teatrale in epoca napoleonica a Milano, con particolare riguardo al Santa Radegonda, teatro privato dalla programmazione varia (opere liriche, balli, prosa), adatta a un vasto pubblico. L'apparato iconografico è frutto delle ricerche presso l'Archivio di Stato, la Biblioteca Trivulziana e la Civica Raccolta di Stampe Bertarelli di Milano. L'articolo si sofferma poi sulla critica teatrale, riportando recensioni tratte dalle principale riviste culturali dell'epoca ("Il Corriere delle Dame" e "Il Poligrafo").
L’arte degli stampatori e dei librai e la contraffazione nella Venezia del Settecento
L. Braida and S. Tatti (eds), Il libro. Editoria e pratiche di lettura nel Settecento. Atti del Convegno annuale della Società italiana di studi sul secolo XVIII (Pisa, 26-28 maggio 2014), Rome, Edizioni di storia e letteratura, 2016, pp. 145-156., 2016
Istituita a metà Cinquecento, la corporazione degli stampatori e dei librai di Venezia non ebbe mai il monopolio della stampa e della vendita di libri in città, ma fu sempre affiancata da un numero di esterni che esercitavano il mestiere senza essere iscritti. Nel Settecento, ai piccoli venditori ambulanti che, fin dal secolo precedente, gettavano a terra illecitamente i libri o riempivano fagotti e ceste di stampe in cerca di qualche acquirente, si sommarono alcuni personaggi che riuscirono a realizzare traffici illegali di un certo rilievo. Alcuni si mossero nella clandestinità servendosi dell’appoggio di membri della corporazione; altri sfruttarono la propria autorità (nel caso di religiosi) per avere al proprio servizio stampatori o librai in difficoltà; altri ancora agirono pubblicamente sprezzanti delle leggi e consapevoli delle blande punizioni cui sarebbero incorsi in caso di controlli. Sebbene in queste reti illecite potessero finire anche libri proibiti, la maggior parte del materiale stampato e venduto consisteva in libretti di larga diffusione che garantivano un’entrata sicura.