• Il Santo Soldato: l’iconografia di san Giorgio in un token dalla collezione Kloetzly, International conference: Civil Service and Foreign Missions: The Contribution of Italy to the Cultural Heritage of the Holy Land, University Of Molise, Campobasso (27th October 2014) (original) (raw)

In margine ad una placchetta dedicata a San Giorgio, in TRA SERVIZIO CIVILE E MISSIONI ESTERE: IL CONTRIBUTO DELL'ITALIA AI BENI CULTURALI DELLA TERRA SANTA, a cura di F. Ciliberto, pp. 45-59

Devotion to military saints, widespread in the Byzantine Empire, was often combined with specific cultural practices linked to the production of special sacred items. An example of these objects is a little bronze plaque dedicated to St. George which is part of the collections of the Archaeological Museum of the Studium Biblicum Franciscanum in Jerusalem. After reviewing the archival data, it was possible to examine the dynamics that led to the purchase of the artifact. Moreover, a detailed analysis of the epigraphic inscriptions showed interesting linguistic and phonetic outcomes. Finally, a deep investigation of the iconographic and literary sources has allowed me to identify the figurative patterns used by the artisan for the graphic rendering of St. George as well as the contextualization of the veneration of the saint in the ancient provinces of Palaestina and Arabia.

Turchetti, A. (2015), "Nutrimento, scambio e alleanza tra visibile e invisibile. La funzione simbolica del cibo nelle pratiche rituali degli Gnawa", Convegno Internazionale “Il Cibo e il Sacro. Tradizioni e simbologie”, Museo delle Religioni “Raffaele Pettazzoni”, Velletri (Italy), 07-11/07/2015.

Gli Gnawa formano un gruppo etnico composto principalmente dai discendenti degli schiavi neri giunti in Marocco dall'Africa sub-sahariana tra il XVI° e il XX° secolo. Alcuni di loro, prendendo a modello gli ordini sufi, hanno dato vita ad una confraternita religiosa che si dedica a pratiche rituali peculiari, tra le quali spicca la lila (letteralmente, la 'notte'), un rito sincretico in cui la fede islamica si combina con elementi tipici dei culti di origine sub-sahariana (come il ricorso alla trance e alla possessione spiritica). Nel corso del rituale notturno vengono infatti invocate sette 'famiglie di spiriti' (mhalate), ognuna delle quali è contraddistinta da una propria 'divisa musicale' (mlouk), da un determinato colore, da una particolare essenza e soprattutto da un alimento o una pietanza preferiti che vengono preparati e disposti con grande cura all'interno della mida (vassoio-altare sacro) e poi distribuiti, seguendo un preciso ordine liturgico (treq): alle famiglie dei 'Bianchi' (jilala) e dei 'Verdi' (rijallah) alle quali appartengono i santi dell'Islam, ad esempio, vengono riservati latte e datteri, 'cibi celesti' più volte citati nel Corano. Ai 'Neri', i pericolosi spiriti della foresta (rijal al ghaba), invece, vengono offerte carne e zamita, farina d'orzo abbrustolita, rigorosamente senza sale. In occasioni speciali, inoltre, per rafforzare il legame tra gli adepti del culto e i loro spiriti (djinn), viene servito agli iniziati l'halu, una pietanza a base di carne e zucchero in quanto si ritiene che lo zucchero, al contrario del sale, attiri gli spiriti. Nelle pratiche rituali degli Gnawa, dunque, il cibo si carica di simboli e significati pregnanti e si configura come uno strumento fondamentale per entrare in contatto con il mondo invisibile e per stabilire con esso una relazione di reciproco e proficuo scambio: nutrendo gli spiriti infatti si guadagna la loro protezione e benedizione (baraka).