Silvio G. Vacca e La Uerra noscia (La Guerra nostra, 1915). Fra Grande Patria e 'impaesamento (original) (raw)
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L'IDOMENEO Idomeneo (2018), n. 26, 179-222 ISSN 2038-0313 , 2018
F.A. D'Amelio and G. De Dominicis were the 'tutelary deities' in Salento area and their dialectal poetry was enriched by the poet's creations Silvio G. Vacca (1893-1937) from Surbo, near Lecce the capital of Terra d'Otranto. Vacca thought it was necessary to redesign ideological solicitations, collective emotions and lyrical suggestions, between village and nation, between his Terra d'Otranto and the young Italy. On the eve of the first World War, he wrote an extraordinary little poem, La Uerra noscia (Our War, 1915). In this poem he tried to awaken sentimental memories and love for his country, blocked by the general disappointment of political scandals; he considered the war as the final act of the Risorgimento: the first World War was a 'Great' War, because it was the fourth War of Independence. So the wealthy of his cultural background, his young enthusiasm and his civil and 'national' engagement brought Vacca to a powerful poetry, with colloquial and popular verses, according to authentic feelings and deep mood. These were also the characteristics of his following dialectal lyrics. Riassunto-Sulla scia dei 'numi tutelari' F.A. D'Amelio e di G. De Dominicis, la lirica dialettale salentina si arricchì delle creazioni poetiche di Silvio G. Vacca (1893-1937) di Surbo. Vacca rielaborò sollecitazioni ideologiche, emozioni e suggestioni, fra borgo e nazione, fra la sua Terra d'Otranto e la 'giovane' Italia, dinanzi alla Guerra del 1915 e scrisse un poemetto straordinario La Uerra noscia (La Guerra nostra, 1915). Egli tendeva a risvegliare un amor di patria sopito con le delusioni di una politica di scandali e compromessi, per indicare la guerra come ultimo atto di un Risorgimento finalmente completato: era una guerra 'Grande', anche perché 'quarta' guerra di indipendenza. Così il ricco retroterra della sua formazione culturale, il fermento giovanile e l'orizzonte d'impegno civile e 'nazionale' spinsero Vacca alla sintesi in poesia, in una versificazione coinvolgente, affabile, secondo una misura colloquiale, dai toni popolareggianti, ma nutrita di attese e umori autentici. Erano le caratteristiche anche della sua lirica dialettale successiva. - *Docente di Letteratura italiana presso l'Università di Bari, emilio.filieri@uniba.it
2018
Guerra del ' di Giani Stuparich è un diario che documenta i giorni dal giugno all' agosto e che racconta il primo approccio dei fratelli Stuparich con l'insensata brutalità della guerra sul fronte di Monfalcone. Modulate su una scrittura lineare e attente alla realtà circostante, le pagine di Stuparich sono quindi l'antiretorica cronaca quotidiana della "fatica" bellica, temperata solo dal fortissimo desiderio di poter rivedere Trieste-di ritornare cioè, come Ulisse, alla propria "Itaca"-e di potersi ricongiungere con la madre, con gli affetti familiari e con quella patria civile e morale di cui il capoluogo giuliano è simbolo e metafora. . Introduzione Al principio c'è un taccuino « tutto sporco di rosso terriccio del Carso », che accompagna per settanta giorni, nella tasca della giubba, la vita di un soldato del I°R eggimento Granatieri sul fronte di Monfalcone, nelle prime sanguinose battaglie della Grande Guerra. Sono annotazioni "scheletriche", un supporto alla memoria, una testimonianza dell'esserci ancora, nel quotidiano confronto con la morte. Nascono dalla matita di un giovane di ventiquattro anni, triestino, che si è laureato in Lettere a Firenze prima di arruolarsi volontario sotto la bandiera italiana, disertando dall'esercito dell'Impero austro-ungarico di cui è suddito.
rec. a G. Stuparich, Guerra del '15, a cura di G. Sandrini, Quodlibet, Macerata 2015
in «L'ospite ingrato. Rivista online del Centro Interdipartimentale di Ricerca Franco Fortini», 1, gennaio-giugno 2017, pp. 167-70.
Giani Stuparich, Guerra del '15, a cura e con un saggio di G. Sandrini, Macerata, Quodlibet, 2015.
«IL MALE SI TACE». CESARE ANGELINI E LA GRANDE GUERRA Con alcune lettere inedite «C redo che abbia ragione De Robertis; quando reclama per sé e per tutti noi il diritto di fare della letteratura, malgrado la guerra» 1 . Il celebre incipit dell'Esame di coscienza di un letterato scritto da Renato Serra nel marzo del 1915, quattro mesi prima di morire al fronte, sembra attagliarsi benissimo anche al pensiero di chi, del letterato cesenate, fu ammiratore, "discepolo" e amico fedele (anche nella memoria, protratta e rinnovata nei decenni), ossia Cesare Angelini. Come cercherò di mostrare, infatti, dalla lettura del poco che il sacerdote pavese scrisse nel corso della Grande Guerra (quasi esclusivamente epistole, a dire il vero) pare di potersi ricavare l'impressione che egli abbia sfruttato appieno quel «diritto di fare della letteratura» durante e anzi in mezzo alla guerra, che non lo vide però semplice spettatore in borghese, bensì direttamente impegnato al fronte in qualità di cappellano militare.
Rubbettino e 12,00 Carlo Pisacane fu l'eroe romantico per eccellenza. Dopo una lunga serie di avventure tra l'Europa e l'Africa diventò un militante di primo piano della rivoluzione risorgimentale e poi per convinta scelta un martire del nazionalismo italiano. Filippo Pisacane fu un fedele sostenitore della dinastia borbonica, ma anche un leale amico della famiglia del re, disponibile a condividere con i reduci della vecchia patria napoletana, la resistenza all'Unificazione scegliendo prima il nostalgico esilio a Roma e poi il ritiro in Francia. I Pisacane, dunque, incarnarono scelte di campo opposte nella battaglia politica meridionale e italiana, senza rinunciare, però, a una profonda solidarietà familiare. I documenti presentati nel presente volume consentono di esplorare questo singolare sdoppiamento che nasce, cresce e si evolve in un frammento del lungo conflitto civile meridionale. La relazione tra i due propone allora una nuova prospettiva interpretativa che, sviluppando i caratteri privati delle biografie, è capace di spiegare in che modo le due ideologie in competizione nel Mezzogiorno preunitario potessero convivere, o di converso creare antagonismi e attivare opposte ambizioni, anche nel campo protetto degli affetti. Le sue linee di ricerca si concentrano sui conflitti civili mediterranei e latino americani nel XIX secolo, sulla guerra nell'Ottocento italiano e sui sistemi politici del XX secolo.
Galliera Veneta, grazie all’ospitalità della famiglia De Micheli, accolse nella Villa Imperiale fin dal 1916 l’Ospedale della Croce Rossa Italiana n.ro 072, con quasi mille posti letto, e fu tra i più grandi nosocomi a ridosso del fronte sul Grappa. A seguito dei fatti di Caporetto, il paese assunse ancor di più un ruolo strategico e ospitò gli alleati francesi che nei locali della Fondazione scolastica “Imperatrice Maria Anna di Savoia” allestirono anche l’Hôpital d’évacuation n.ro 38, nel quale morì il 5 gennaio del 1918 il generale Lucien Zacharie Marie Lizè. Nel 1918, dal 10 aprile al 20 dicembre, il gen. Giardino scelse la Villa quale sede del Comando supremo della 4a Armata, denominata in seguito da lui stesso, Armata del Grappa. A conflitto terminato Galliera rientra anche nelle prime cerimonie realizzate a livello nazionale nel 1920, quando il Comitato nazionale organizzò tre eventi: il 31 luglio alla “colonna romana” di Solagna, limite estremo dell’avanzata degli eserciti imperiali, il primo agosto il conferimento della Croce di guerra alla Città di Bassano e il due con l’inaugurazione del monumento Agli Eroi del Grappa nel Parco della Villa.
Prefazione & Sommario de "Il Vercellese e la Grande Guerra"
Il Vercellese e la Grande Guerra
"Il Vercellese e la Grande Guerra", editor Giovanni Ferraris. is published by the Società Storica Vercellese. Here the Preface, that summarizes the contributions of 18 authors, and the Summary is reported. For further information please contact ferrarisgi@libero.it
Galliera Veneta, grazie all’ospitalità della famiglia De Micheli, accolse nella Villa Imperiale fin dal 1916 l’Ospedale della Croce Rossa Italiana n.ro 072, con quasi mille posti letto, e fu tra i più grandi nosocomi a ridosso del fronte sul Grappa. A seguito dei fatti di Caporetto, il paese assunse ancor di più un ruolo strategico e ospitò gli alleati francesi che nei locali della Fondazione scolastica “Imperatrice Maria Anna di Savoia” allestirono anche l’Hôpital d’évacuation n.ro 38, nel quale morì il 5 gennaio del 1918 il generale Lucien Zacharie Marie Lizè. Nel 1918, dal 10 aprile al 20 dicembre, il gen. Giardino scelse la Villa quale sede del Comando supremo della 4a Armata, denominata in seguito da lui stesso, Armata del Grappa. A conflitto terminato Galliera rientra anche nelle prime cerimonie realizzate a livello nazionale nel 1920, quando il Comitato nazionale organizzò tre eventi: il 31 luglio alla “colonna romana” di Solagna, limite estremo dell’avanzata degli eserciti imperiali, il primo agosto il conferimento della Croce di guerra alla Città di Bassano e il due con l’inaugurazione del monumento Agli Eroi del Grappa nel Parco della Villa.