Per un Atlante dell'Architettura Fortificata in Albania. I casi studio di Berat e Tepelene (original) (raw)
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Piani e progetti per l’Albania, connubio tra architettura razionalista e tradizione locale
A paper on the Italian presence in Albania during the twenties and thirties in urban planning field. The description of the Central Office for Housing and Urban Affairs, created in 1939. A study on the structure and organization of the office as well as on the guidelines for drawing up the plans. Finally, the reading and analysis of the plans of the city of Tirana, Durres, Vlora, Saranda, Elbasan, Berat etc.
Architetti e ingegneri italiani in Albania
2013
Sono gli atti del Convegno sull’architettura italiana in Albania negli anni 1920-1940, che si è svolto a Tirana il 5-6 dicembre 2011, organizzato dal Dipartimento di Architettura – disegno, storia, progetto della Facoltà di Architettura dell'Università di Firenze in collaborazione con il Dipartimento di Architettura e Urbanistica della Facoltà di Ingegneria Edile, parte dell'Università Politecnica di Tirana. La pubblicazione mette in luce alcuni aspetti importanti: l'importanza dei valori materiali e concettuali urbanistici e architettonici che la generazione degli architetti italiani degli anni 1920-1940 ha prodotto e consegnato al territorio albanese fino ai giorni nostri. Dopo oltre mezzo secolo, è necessaria a mente fredda la rivalutazione di questa architettura, prendendo in considerazione i pregi e le qualità di queste opere, ormai parte molto importante delle città albanesi e parte del patrimonio comune dei nostri popoli; L'importanza degli interventi e del materiale iconografico inedito ritrovato negli archivi dell'Istituto Luce, rendono la pubblicazione una pietra miliare nello studio dell'architettura albanese del Novecento.
Architettura moderna italiana per le città d Albania. Modelli e interpretazioni.pdf
Affrontare la questione architettonica in Albania e in particolar modo il progetto di Tirana, consente di leggere in maniera continua (in Italia non sempre possibile) il processo progettuale della costruzione di una città monumentale attraverso i suoi protagonisti. Formatisi in contesti culturali diversi i tre architetti che operarono a Tirana: Armando Brasini, Florestano Di Fausto e Gherardo Bosio si succedettero nel progetto della città, evidenziando una maniera di operare diversa, ma comunque in continuità con la tradizione italiana ed in particolare con quella romana . La comparazione con l’architettura nazionale è semplice ed immediata, il tema della costruzione di una città capitale fa guardare i tre architetti italiani a Roma, anzi a tre immagini di Roma: La città post-unitaria, la città del primo fascismo e la Roma imperiale dell’E42. Il rapporto tra l’Urbe Massima il foro Mussolini e l’E42 è sequenziale nel progetto di Tirana, il monumentale asse brasiniano con la sua idea di “centro longitudinale”, piazza Skanderbeg nella sua assolutezza metafisica e la purezza di linguaggio di piazza Littorio. Mi piace pensare a Tirana come una sezione trasversale dell’architettura italiana del primo Novecento, che interpreta nel solco della continuità con la tradizione, il processo di modernità dello stile architettonico. Un aspetto del tutto originale che connotava il progetto di Tirana era il tentativo di connubio tra istanze monumentali di rappresentanza e istanze di spontaneità del tessuto della città esistente. In particolar modo nel Piano Regolatore di Gherardo Bosio, del 1939, si sviluppa l’idea di un centro urbano formato da edifici rappresentativi inseriti in una maglia verde a grande scala, una serie di giardini monumentali in successione tra gli edifici, in cui il progettista regolava la posizione, l’altezza ed il tipo di alberi da impiantare, mentre nella periferia inseriva le residenze su un tessuto minuto, tipico delle città giardino, rinunciando all’informalità del sistema viario a favore di una maglia stradale ortogonale.
Il Progetto di Architettura nei centri storici degradati: il caso studio di Taranto
Questo contributo punta a definire il ruolo del progetto di architettura in un contesto urbano degradato per attuare una strategia sperimentale in cuiconvergono approcci conoscitivi teorici ed esperienziali. Scenario L'isola che ospita il centro storico di Taranto si trova a vivere in condizioni di marginalità, degrado, esclusione sociale, povertà e carenza cronica di servizi e infrastrutture. Lo stato di necrosi del tessuto prova drammaticamente l'inadeguatezza dei numerosi piani di recupero proposti e parzialmente attuati nel corso di quasi un secolo. Recentemente alcuni progettisti, in accordo con l'amministrazione comunale, hanno recepito lo spirito dalla nuova legislazione regionale per il recupero e la rigenerazione dei centri storici, e per la promozione dell'iniziativa giovanile. Contestualmente al riuso di alcuni edifici pubblici sono stati avviati dei laboratori urbani ed attuati una serie di interventi sperimentali di tipo relazionale e partecipativo. Stato della ricerca La dinamica delle trasformazioni in atto e la peculiarità del contesto di studio hanno portato all'esigenza di mettere ordine tra i dati provenienti dall'analisi pre-progettuale approfondita e quelli emersi dalle esperienze informali e partecipative. L'obiettivo è quello di far emergere aspetti della complessità urbana fondamentali per la formulazione di una strategia di intervento architettonico che miri a frenare i meccanismi di esclusione sociale, intervenire sul rafforzamento dell'identità, innescare processi virtuosi per arginare la disoccupazione e favorire la formazione. Strategia Per la comparazione dei livelli di analisi sistematica degli aspetti storici, sociali, economici, e d'uso è stato formulato un metodo specifico su base grafica con cui rappresentare gli elementi di criticità che caratterizzano la Città Vecchia. Una volta fissati gli elementi negativi, operando un ribaltamento della visione, se ne propone la rivalutazione come risorse potenziali per creare usi e nuove relazioni spaziali. Utilizzando queste risorse, la strategia prevede la messa a sistema di una rete diffusa di servizi e spazi pubblici al fine di riattivare strutture e percorsi preclusi e di aumentare la permeabilità e la fruizione del tessuto. Implementando la dotazione di servizi attraverso l’uso di edifici pubblici abbandonati diffusi sul territorio e posti in posizioni strategiche, il quartiere e l'intera città si riappropriano di spazi fondamentali per la collettività. In questo modo si affronta la complessità della struttura urbana nel suo insieme, andando oltre la logica dell' intervento per comparti. Progetto Gli interventi analizzati e proposti sono specificamente rivolti alla ricucitura delle strutture abbandonate e dei vuoti urbani prodotti da diradamenti e crolli. La casistica comprende sia azioni performative e temporanee che proposte progettuali definitive. Nel primo caso sono stati realizzati dei laboratori di autocostruzione in grado di rigenerare legami tra le persone e rivitalizzare il tessuto connettivo che lega il cittadino al territorio. I contesti abbandonati diventano spazi riconoscibili che stimolano il senso di appartenza e di identità. Nel secondo caso la strategia si attua attraverso un progetto architettonico definitivo che propone un polo di servizi e strutture culturali per il quartiere in un'area attualmente inaccessibile. Le scelte formali mirano a definire un sistema di spazi pubblici in connessione a cavallo del salto di quota che divide in due l'isola.L'accento viene posto sulla relazione tra spazio interno ed esterno all'edificio, sulla permeabilità visiva, sugli attraversamenti e sul rapporto con il mare. L'ibridazione tra i due approcci è costituita da un intervento in corso di approvazione legato ad un finanziamento statale per l'incremento della sicurezza urbana. La progettazione di una piazza pubblica e di officine artigianali, in continuità con i laboratori realizzati in passato, prevede, nella fase esecutiva, il coinvolgimento dei residenti in qualità di formatori di stagisti e co-progettisti.
Note da un intervento alla “Marina di libri 2016” di Tiziana Campisi , autrice di Bagni e Terme di Sicilia, caratteri di un architettura specialistica, Ed.40due,2015,pp.528. Attento e minuzioso studio sugli stabilimenti termali della Sicilia, con elementi inediti, frutto di accurate ricerche archivistiche.