Convegno sul "De signis" di Filodemo, Roma, La Sapienza, 25-26 settembre 2024 (original) (raw)

Filodemo- De signis

Filodemo, De signis, Sui fenomeni e sulle inferenze semiotiche, 2023

Il De signis è il primo, il più importante e completo testo di semiotica che l’antichità classica ci ha lasciato. Riproduce uno dei papiri meglio conservati (il PHerc 1065) tra quelli che sono stati recuperati dallo scavo borbonico tra il 1752 e il 1754 nella cosiddetta Villa dei Papiri o dei Pisoni, in cui era situata ad Ercolano, prima dell’eruzione del Vesuvio nel 79 a. C., la scuola del filosofo epicureo Filodemo di Gadara, allievo dell’ottavo scolarca del Giardino, Zenone di Sidone. In esso viene riportato dettagliatamente il dibattito tra gli Epicurei e un gruppo di avversari, normalmente identificati come Stoici, circa il metodo dell’inferenza semiotica. Tre sono le importanti novità che emergono da questo testo. La prima consiste nel fatto che gli Epicurei sono stati i primi a proporre un vero e proprio “metodo” per costruire le inferenze da segni, basato sulla similarità tra un ente conosciuto e un’entità a cui l’inferenza deve permettere l’accesso; i loro avversari Stoici - e prima di loro Aristotele – avevano individuato, invece, soltanto un “test” in grado di valutare a posteriori la validità logica di una inferenza semiotica, ma non una procedura per costruirla. La seconda consiste nella chiara affinità tra la metodologia inferenziale epicurea e quella dei medici, soprattutto appartenenti alla scuola degli Empirici. La terza, messa in evidenza già dal primo editore del papiro, Theodor Gomperz nel 1865, ed in seguito più volte ribadita, è data dal fatto che l’inferenza semiotica epicurea può essere definita “induttiva”, con ciò anticipando di circa 16 secoli il metodo proposto da Galilei e Bacone.

Un trattato sui segni – Filodemo: Sui segni e le inferenze semiotiche

Il trattato De signis di Filodemo (40 a. C) gioca un ruolo fondamentale nella ricostruzione del pensiero semiotico dell'antichità, perché presenta un'ampia e sofisticata serie di riflessioni filosofiche concernenti l'inferenza da segni. Esso registra in quattro distinte sezioni (di cui qui è presentata la traduzione della prima) la polemica sorta tra gli epicurei e una scuola filosofica avversaria, che per alcuni è rappresentata dagli stoici. Gli epicurei consideravano l'inferenza da segni, o semeiosis, una procedura basata sulla similarità. La critica degli avversari era centrata sull'idea che un'inferenza deve essere basata non sulla similarità, ma sulla anaskeué ("eliminazione", talvolta interpretata come "inferenza alla migliore spiegazione", e considerata un "criterio", non un "metodo"). Replicando alla critica gli epicurei elaborarono un criterio di validità del condizionale definito "adianoesia" ("inconcepibilità").

Michele Lodone, I segni della fine. Storia di un predicatore nell’Italia del Rinascimento, Roma, Viella 2021

Il 18 dicembre 1513, dal pulpito di Santa Croce, il predicatore Francesco da Montepulciano profetizzò una serie di sciagure che avrebbero colpito Firenze. L’episodio impressionò i contemporanei, afflitti da guerre ed epidemie, ma è stato ridotto dalla critica a un’eco delle idee di Girolamo Savonarola. Grazie a una ricerca di prima mano su documenti e manoscritti, Michele Lodone mostra il peso di una tradizione diversa, e il rifiorire di attese apocalittiche coltivate per secoli ai margini dell’ordine francescano. Le varie emozioni di chi ascoltò la predica (paura, preoccupazione, scetticismo) consentono all’autore di illuminare in modo originale la parzialità e soggettività di ogni testimonianza. Seguendo le tracce di Francesco attraverso fonti disparate, il libro mostra l’evoluzione di un uomo che, prima di trasformarsi in profeta, era stato eremita e predicatore di pace, e aveva tentato, alla vigilia della Riforma che divise il mondo cristiano, di riformare almeno se stesso e i propri compagni.