Amore che vieni, amore che vai. Note penalistiche sulla illegittimità costituzionale del controllo a vista della persona detenuta (a margine di Corte cost., 26 gennaio 2024, n. 10), in Arch. pen., 2/2024, 1-25 (original) (raw)

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE L'IMPRENDITORE ESTORTO " ACQUIESCENTE " TRA COAZIONE MORALE E LIBERTÀ DEL VOLERE Estratto

La varietà dei comportamenti che gli studi socio-criminologici individuano come peculiari dell’agire mafioso si riflette in maniera significativa sui modi di manifestazione delle tipologie di reato tradizionalmente proprie della criminalità organizzata di stampo mafioso, come le estorsioni. In questo ambito infatti, i contorni delle condotte di autori e vittime divengono talvolta tanto sfumati da complicarne l’inquadramento entro le categorie del diritto penale. Il saggio, valorizzando gli esiti di una ricerca multidisciplinare sulle dinamiche del fenomeno estorsivo di matrice mafiosa nel meridione di Italia, intende per l’appunto individuare i punti di “contatto” e i punti di “frizione” tra discorso giuridico e discorso sociologico sulla posizione delle vittime dell’estorsione mafiosa. In particolare, a partire dalla figura del c.d. “imprenditore acquiescente”, questo contributo: a) ricostruisce il tipo di interazione rinvenibile tra le condotte dei c.d. imprenditori “acquiescenti”, da un lato, ed il “metodo” utilizzato dalla mafia nell’attuazione della pretesa estorsiva, dall’altro lato; b) verifica la possibilità — ossia la “tenuta teorica”, alla stregua dei “dogmi penalistici” — di attribuire una qualche rilevanza penale ai “motivi” che determinano le scelte di comportamento delle vittime (o presunte tali); c) analizza la prospettiva di valorizzare il ruolo che i suddetti motivi svolgono ai fini di una diversa qualificazione penalistica della condotta dell’estorto, che potrebbe così passare dall’essere considerato “soggetto passivo” del reato di estorsione al venire addirittura eventualmente sanzionato.

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE IL PROBLEMATICO IMPIEGO DELLA SOSPENSIONE DELL'ESECUZIONE IN CHIAVE " ANTI-OVERCROWDING " . LA PAROLA ALLA CORTE COSTITUZIONALE Estratto

Estratto d) Giurisprudenza di merito TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI VENEZIA Ord. 13 febbraio 2013 Pres. Pavarin -Est. Bortolato Carcere e sistema penitenziario -Condizioni di detenzione -Sovraffollamento carcerario -Sospensione facoltativa dell'esecuzione della pena -Detenzione inumana o degradante ai sensi dell'art. 3 Cedu -Ipotesi non contemplata dall'art. 147 c.p. -Questione di legittimità costituzionale -Non manifesta infondatezza. (Cod. Pen., art. 147; Cost., artt. 2, 3, 27, comma 3 e 117, comma 1; Cedu, art. 3). È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 147 c.p. nella parte in cui non prevede l'ipotesi di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena quando questa debba svolgersi in condizioni contrarie al senso di umanità, per violazione degli artt.27, comma 3, 117, comma 1 (con riferimento all'art. 3 Cedu, così come interpretato dalla Corte Edu relativamente alla nozione di « trattamento inumano e degradante »), 2 e 3 Cost. (1). RITENUTO IN FATTO. -(Omissis), detenuto nella Casa circondariale di Padova, presentava al Magistrato di sorellanza in data 10.01

La Corte di giustizia al crocevia tra effettività del mandato d’arresto e inviolabilità dei diritti fondamentali. Nota a Corte di giustizia, cause riunite C‑404/15 e C‑659/15 PPU, Aranyosi e Căldăraru, Diritto penale e processo, n. 9/2016, pp. 1243-1252

Con la pronuncia in commento, la Corte di giustizia dell'Unione europea ammette deroghe al principio del mutuo riconoscimento al fine di garantire il rispetto del divieto di trattamenti inumani e degradanti. Per scongiurare il rischio che la consegna nello Stato di emissione di un mandato d'arresto europeo possa sottoporre il ricercato a condizioni detentive contrarie all'art. 3 CEDU e all'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali, i giudici di Lussemburgo elaborano un'inedita procedura di emergenza che, imponendo speciali obblighi di informazione al giudice dello Stato richiesto, giunge financo a riconoscere la facoltà di rifiutare l'esecuzione del mandato qualora un rischio siffatto non possa essere escluso in "tempi ragionevoli". Dopo aver ricostruito il contesto giurisprudenziale in cui tale sentenza si colloca, il contributo si sofferma sulle problematiche ricadute della decisione sul piano del diritto interno, evidenziando i più rilevanti dubbi interpretativi che essa solleva.

La minaccia dei controlimiti e la promessa del dialogo: note all'ordinanza n. 24 del 2017 della Corte costituzionale in A. Bernardi, C. Cupelli (a cura di), Il caso Taricco e il dialogo tra le Corti. L’ordinanza 24/2017 della Corte costituzionale, Napoli, 2017, pp. 253-280

Con l'ordinanza n. 24 del 2017 i giudici costituzionali si pronunciano finalmente sulla controversa vicenda Taricco: la Consulta sceglie di non azionare i controlimiti, preferendo percorrere la strada del rinvio pregiudiziale. Pur facendo proprio un approccio complessivamente dialogico, il provvedimento in esame si contraddistingue anche per alcune nettissime (e per certi aspetti inedite) prese di posizione relative alla portata e al contenuto di garanzia del principio di legalità penale, elevato dalla Corte al rango di principio supremo dell'ordinamento costituzionale. Muovendo da queste premesse, il presente lavoro ripercorre i principali nuclei argomentativi che compongono la motivazione dell'ordinanza, ricavando l'impressione che la Consulta abbia lasciato aperto più di uno spiraglio a una possibile soluzione di compromesso. In particolare i giudici costituzionali sembrerebbero disposti ad ammettere una rinnovata interpretazione dell'art. 325 TFUE che, pur senza mettere in discussione il primato del diritto UE, consenta di fare salve alcune fondamentali esigenze di garanzia sottese alla legalità penale “nazionale”.

Con quattro pronunce dei primi mesi del 2019 la Corte costituzionale completa il suo rientro nel sistema "a rete" di tutela dei diritti in Europa, in Federalismi. Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, n. 13, 10 luglio 2019, pp. 1-28.

SOMMARIO: 1. Premessa: i casi di “doppia pregiudizialità” nella giurisprudenza costituzionale dei primi mesi del 2019 (sentenze nn. 20, 63 e 112 del 2019; ordinanza n. 117 del 2019). – 2. L’allargamento giurisprudenziale delle vie di accesso alla Corte costituzionale. – 3. Dalla conclusione della “saga Taricco”, la conferma dell’utilità dell’intervento della Corte costituzionale nel “dialogo tra le Corti” in tema di diritti fondamentali. – 4. Una svolta sì, ma rispetto all’ordinanza n. 536 del 1995, più che rispetto alla sentenza n. 170 del 1984. – 5. Le reazioni rispetto all’obiter dictum di cui alla sentenza n. 269 del 2017. – 6. Le precisazioni fornite dalle pronunce di inizio 2019: un quadro più definito e stabilizzato? – 7. I presupposti del nuovo quadro: un sistema “a rete”, in cui la prima parola è spesso quella più importante. – 8. Conclusioni: i riflessi sul ruolo della Corte di giustizia e sulla sua collocazione nel sistema “a rete”.

La libertà vigilata del liberato condizionalmente: un enclave sanzionatorio alternativo alla detenzione. A margine di Corte cost., sentenza n. 66/2023, in Osservatorio AIC, 6/2023, pp. 90-104

2023

In una recente pronuncia, la Corte costituzionale è ritornata a esprimersi sull'istituto della libertà vigilata, riconoscendone la piena funzione risocializzante ai sensi dell'art. 27, co. 3 Cost., anche quando questa consegua ope legis dall'ammissione del condannato alla liberazione condizionale. Il saggio analizza le questioni di legittimità costituzionale sottoposte all’attenzione della Corte e la posizione assunta da quest’ultima, offrendo brevi considerazioni critiche in chiusura. The Italian Constitutional Court has stated the legitimacy of the mandatory probation of the convicted who has been granted conditional release. It acknowledged that probation still has a rehabilitation function under Article 27, para. 3 of the Italian Constitution. This work analyses the issues of constitutional legitimacy submitted to the Court and the position taken by the latter, offering brief critical considerations at the end.

Il nemo tenetur se detegere nel labirinto delle fonti. Riflessioni a margine di Corte Cost., ord. n. 117 del 2019.

Diritto Penale Contemporaneto Rivista Trimestrale, 2020

Con l’ord. n. 117 del 2019 la nostra Corte Costituzionale ha vagliato l’applicabilità del diritto al silenzio anche ai procedimenti amministrativi funzionali all’irrogazione di sanzioni sostanzialmente punitive. In quest’occasione, in particolare, la Corte sembra aver sperimentato un’interpretazione del dettato costituzionale ‘integrata’ con le fonti sovranazionali, semanticamente rigenerando il concetto di “procedimento” rilevante ai sensi dell’art. 24 Cost. A partire da questa considerazione, l’Autore, esaminate le ricadute della pronuncia rispetto al rapporto con gli ordinamenti ‘altri’, analizza altresì la ‘nuova’ geometria costituzionale del diritto al silenzio, esplorando in particolare la possibilità di ampliare a tutto il diritto amministrativo - quale che sia la natura delle sanzioni in gioco - la garanzia in parola.