“Naturalia”, “mirabilia” e "acheropita". Il Sacro Catino del Duomo di Genova tra “humana arte” e “divina virtute” nella ‘Chronica Civitatis Ianuensis’ di Iacopo da Varazze (original) (raw)

La gemma di Dio: il Sacro Catino di Genova tra "mirabilia" e "racio

Imago & mirabilia: les formes del prodigi a la Mediterrània medieval, 2020, ISBN 978-84-490-9341-8, págs. 287-296, 2020

Al Catino in vetro smeraldino conservato nel Tesoro del Duomo di Genova non sono mai stati attribuiti miracoli, né sono state riconosciute virtù soprannaturali-come alle autentiche reliquie, o ai resti di esseri fantastici custoditi nei tesori europei. Dalle origini della sua storia nota, le fonti ne fanno quasi lo specchio dei mirabilia medievali: prima come inestimabile smeraldo intagliato ed esotica preda dell'esercito genovese alla prima crociata; poi-da fine xIII secolo-come reliquia gerosolimitana della Coena Domini. Se nella «memoria» dell'oggetto è assente il riferimento alla contrapposizione religiosa verso l'Islam, il suo status di reliquia cristologica verrà discusso da Iacopo da Varazze, che nella Chronica Civitatis Ianuensis lo accosterà al «Sangraal», divulgandolo piuttosto come «non arte humana factum, sed divina virtute productum». Rarissimo per opere non iconiche ma più consono alla sua formazione, il concetto di acheropito poteva servire a sottrarre il Catino alla competizione con altri vasi, da tempo propagandati come il «vero» piatto dell'Ultima Cena, facendone quasi un unicum nell'ecumene cristiana; e, allo stesso tempo, a giocare un ruolo nella lunga rivalità con Venezia, che nel tesoro di San Marco poteva vantare una «schutela» iranica detta di vero turchese, forse preda dalla quarta crociata e più tardi legata a un'origine divina.

High cultures e low cultures visualizzate: le metamorfosi del “Sacro Catino” di Genova tra temi cavallereschi e miti di fondazione

Eikon / Imago

Il “Sacro Catino”, oggetto esotico giunto a Genova intorno al 1100, riceve diverse identificazioni tra XII e XIII secolo: da manufatto meraviglioso a santo Graal, reliquia della Passione. Analizzando le identificazioni del catino alla luce del dialogo con il mondo letterario, questo saggio indaga la trasformazione di temi esclusivi e complessi in elementi della memoria cittadina. L’articolo si concentra dapprima sull’appropriazione del motivo del Graal, e mostra come proprio il trattamento visuale che il tema riceve nei romanzi arturiani fa di questa letteratura il veicolo ideale per identificare il catino con il Graal e visualizzare così dogmi e misteri eucaristici. La seconda parte prende in esame il luogo in cui l’associazione catino-Graal viene fissata, la Chronicadell’arcivescovo di Genova Jacopo da Varagine, e descrive come quest’opera sia all’origine della costruzione di una scenografia monumentale dedicata ai miti di fondazione genovesi che trova posto nella cattedrale e all...

Santi in pace e santi in guerra nelle opere di Iacopo da Varazze, predicatore e arcivescovo

Santi in pace e santi in guerra nelle opere di Iacopo da Varazze, predicatore e arcivescovo Con questo lavoro si vorrebbe trattare di alcune figure agiografiche viste in un contesto particolare (la pace e la guerra, appunto), secondo la narrazione e la raffigurazione proposte nelle opere di Iacopo da Varazze e, in particolare, nella cosiddetta Legenda aurea e nelle raccolte dei Sermones dell'arcivescovo genovese. Sarà però necessario tener conto fin da subito della particolare natura di queste opere, che sono strumenti di lavoro composti da domenicani perché fungessero da modello o da repertorio per i predicatori. Si parlerà di santi in pace e in guerra, quindi, ma se ne parlerà in un ottica particolare, limitandoci ai modelli agiografici che venivano proposti ai confratelli domenicani e agli altri predicatori da parte di un autore che era arrivato pressoché ai massimi vertici dell'ordine. Non rientra negli angusti limiti di questa relazione lo studio di quale effettivo uso dei modelli proposti venisse fatto nella predicazione popolare, ovvero lo studio della declinazione volgare di quei paradigmi originariamente scritti in lingua latina 1 .

PAOLO VERONESE, “San Girolamo penitente”; GIOVANNI FRANCESCO CAROTO, “Madonna con il Bambino nel paesaggio con, sullo sfondo, i santi Cristoforo e Giovanni Battista”; DOMENICO BRUSASORZI, “Ritratto d’uomo in armatura”; DOMENICO CAMPAGNOLA, “Pietà tra i santi Michele Arcangelo e Cristoforo”; GIROLAMO TESSARI DETTO DAL SANTO, “Ritratto del cardinale Pietro Bembo, nelle vesti di Pietro Diacono”; ALESSANDRO BONVICINO DETTO MORETTO, Ritratto d'uomo; BERNARDINO LICINIO, “Ritratto di dama in abito rosso con petrarchino”; CIMA DA CONEGLIANO, “San Giovanni Evangelista”; MICHELE BONO DETTO GIAMBONO, “Velo della Veronica”; SCUOLA VENETA, METÀ DEL XVI SEColo, “Ritratto di vecchio”; PITTORE VENETO, PRIMA METÀ DEL XVI SECOLO, “Ritratto d’uomo (un podestà veneziano?)”; PITTORE VENETO, QUARTO-QUINTO DECENNIO DEL XVI SECOLO, “Concerto campestre”; BOTTEGA DI BONIFACIO VERONESE, “Continenza di Scipione”; PITTORE VENETO, METÀ DEL XVI SECOLO, “La maga Circe che dà da bere ai compagni di Ulisse”; PITTORE VENETO, PRIMA METÀ DEL XVI SECOLO, “Sacra Famiglia con san Giovannino”; PITTORE VENETO DEL SECOLO XVII, “Il senatore e la cortigiana”; DERIVAZIONE DA JACOPO BASSANO, “Adorazione dei pastori”; COPIA DA GIOVANNI BELLINI, “Circoncisione di Cristo”; GIOVANNI MANSUETI, “Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Battista, Caterina d’Alessandria e due committenti”; PITTORE VENETO, PRIMO DECENNIO DEL XVI SECOLO, “Madonna con il Bambino in trono tra le sante Maria Maddalena e Caterina d’Alessandria”; PITTORE VENETO, SECONDA METÀ DEL XVI SECOLO, “Redentore”; PITTORE VENETO-FIAMMINGO, SECONDA METÀ DEL XVI SECOLO, “Paesaggio con andata ad Emmaus”, in La Pinacotaca Malaspina, a cura di Susanna Zatti, Milano, 2011, [22 schede di catalogo].