La metafisica dell’odio nella canzone dantesca Io son venuto al punto della rota (original) (raw)
Related papers
Annotazioni astronomiche sulla canzone Io son venuto al punto della rota
Il problema della cronologia dantesca è quanto mai spinoso, soprattutto per chi come me non è specialista in nessuna delle discipline che caratterizzano gli esperti dell'opera di Dante. Così poche sono le informazioni biografiche sicure a noi note, che pochissime date relative alla vita o alle opere del Poeta possono dirsi scevre da dubbi. Se però un testo contiene un riferimento astronomico, una determinazione cronologica potrebbe essere possibile perché, contrariamente ai fatti storici, le configurazioni celesti sono databili in maniera certa se (e non si tratta di un " se " trascurabile) esse sono descritte con sufficiente dettaglio e accuratezza. Da qui il mio interesse per la canzone dantesca Io son venuto al punto della rota, la nona tra le quindici canzoni distese della tradizione che risale al Boccaccio.
La canzone di Dante: IO SON VENUTO AL PUNTO DELLA ROTA
al 1304-1305. 4 Tra molti altri, l'esempio dei due studiosi mostra quale sia la questione di fondo, che fa sì che anche la nuova rigorosa perizia, auspicata da Carrai, continuerebbe, probabilmente, a non essere risolutiva. Il senso esatto dei versi di Dante, infatti, può essere tirato da una parte o dall'altra senza che sia possibile decidere in maniera definitiva. Nel caso appena visto, in virtù di una lunga tradizione, si è in genere preferito vedere Saturno: soluzione certamente ragionevole alla luce delle preponderanti attestazioni in tal senso e probabilmente giusta. Ma ci si può giurare? 5 Circa la costellazione dei Gemelli, essa caratterizza il cielo invernale e qui, nei versi di Dante, il suo divenire visibile, al tramonto, sull'orizzonte orientale, è forse l'unica cosa certa, ma non ne deriva che il Sole si trovi necessariamente in Capricorno. 6 Sùbito dopo anche i versi 4-6 riferiti a Venere lasciano qualche dubbio. Tenendo fermo che Venere è specialmente visibile quando è più lontana dal sole, e che qui non è per nulla visibile, occorre intendere «remota» (v. 4) non come 'lontana', ma piuttosto 'sottratta alla vista', e ricorrere a una qualche forzatura per interpretare quel «la 'nforca / sì di traverso» (v. 6) come 'la sovrasta da ogni parte con i suoi raggi', trascurando il fatto che «di traverso» preso in senso normale sembra non corrispondere all'ipotesi corrente della congiunzione, che si ha quando Venere, rispetto alla Terra, è allineata al Sole. Sul punto, s'aggiunga che Angelitti prende in considerazione solo la congiunzione superiore, durante la quale Venere sparisce, ai nostri occhi, 'dietro' il Sole, mentre per il sistema geocentrico di Dante, ovviamente, esiste solo la congiunzione inferiore, o 'transito' (Venere passa 'davanti' al Sole), essendo il cielo di Venere collocato in una sfera inferiore a quella del Sole, come spiega Cv. II III 6: congiunzione inferiore che si ebbe solo due volte durante la vita di Dante, nel maggio del 1275 e del 1283. Ma poi, si tratta davvero di 'congiunzione', come pure s'è convenuto di dover intendere? O non invece di una semplice vicinanza 'laterale' di Venere al Sole che dia ragione della sua invisibilità e insieme giustifichi un «di traverso» che s'oppone all'ipotesi dell'allineamento e corrisponde forse meglio all'immagine sia dell''inforcare' che del «raggio» che «fa velo» (v. 5-6)? 7 E ancora, l'ultimo LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE elemento del quadro è il «grand'arco / nel qual ciascun d'i sette fa poc'ombra» (vv. 8-9). È riuscito naturale intenderlo come il Tropico del Cancro, dato che per noi abitanti dell'emisfero settentrionale il Sole descrive nel cielo l'arco più alto quando arriva al solstizio d'estate e cioè è salito alla massima distanza dall'equatore, sino al Tropico del Cancro, donde, sempre relativamente a questo emisfero, «ciascun di sette fa poca ombra», essendo allora i pianeti, come lo è il Sole al solstizio, allo zenit per le ragioni che sono al 23°½ di latitudine Nord (vd. Cv. III V 14). Ma anche in questo caso non esiste una certezza assoluta: per uno studioso come Pézard, infatti, non c'è alcun dubbio che si tratti dell'equatore. 8
Metafora e mitopoietica nella concezione musicale romantica
2009
Sintesi. L'immaginazione musicale ed il riemergere nella coscienza dell'artista del patrimonio eidetico sono aspetti di quella particolare concezione che si può definire "metafora" della musica romantica. Accanto ad una visione metafisica dell'Assoluto musicale esiste un pensiero poetico-filosofico sulla musica che si avvale di Weltanschauungen soggettive. L'elemento del tempo, e quindi, della memoria, della nostalgia, della malinconia, assumono le valenze della mitopoietica nei singoli stili degli artisti, laddove, metaforicamente, la vita si immedesima nell'arte e nelle sue forme sublimando la realtà esistenziale ed i suoi significati nella realizzazione estetica. Nella creazione e fusione di generi e di stilemi, appaiono spesso anche evocazioni sinestetiche la cui natura non sempre si rivela chiaramente all'analisi tra rimembranze artistiche, storiche, popolari, religiose, ma che si fondono nella visione d'insieme del musicista e si distinguono nella creazione delle singole opere. Parole chiave. Creazione-immaginazione musicale-intuizione-metafisicametafora-mitopoietica-simbolo-scrittura cifrata-memoria-tempo-formegeneri-stilemi.
Musica, valori, identità. Il riflesso dell'odio nello specchio dei suoni
Odio della musica? cura e prefazione di Valerio Magrelli, Università degli Studi di Cassino, 2014
È davvero possibile odiare la musica? Probabilmente sì, vista la sua capacità di esercitare un peso dirompente sulla sfera dell’affettività umana. Prima di esaminare qualche caso specifico occorre interrogarsi sulla natura di questo sentimento e sulle dinamiche che lo determinano: si tratta di un odio di tipo “endogeno”, legato alla predisposizione di un soggetto che vive l’esperienza di ascolto della musica come una delle tante, possibili molle scatenanti di un senti- mento che già dimora – in forma latente e indifferenziata – nel suo orizzonte affettivo? O si tratta piuttosto di un odio di tipo “reattivo”, che nasce in risposta a una precisa e ben definita minaccia sonora che ci mette all’angolo, suscitando un profondo senso di frustrazione1? In altre parole, la musica è solo una miccia, un coefficiente di attivazione (se non addirittura un pretesto) in grado di innescare il sentimento dell’odio o può diventare essa stessa – in quanto oggetto- musica – il bersaglio di un odio viscerale e profondo?
Dante. La metafisica dell'amore
R. Pinto DANTE. LA METAFISICA DELL'AMORE Indice .1. La seconda poetica del disdegno e il Liber de causis in Amor che movi tua vertù dal cielo. p. 2 .2. Io sento sì d'amor la gran possanza: la verifica fallimentare di una ipotesi metafisica. p. 29 .3. Paradiso I p. .4. Paradiso XXVIII p. .5. Paradiso XXIX p.