La censura ecclesiastica in Italia: volgarizzamenti biblici e letteratura all'Indice. Bilanzio degli studi e prospettive di ricerca (original) (raw)
2010, Studia Aurea: Revista de Literatura Española y Teoría Literaria del Renacimiento y Siglo de Oro
Dei molteplici settori culturali che vennero investiti nella prima età moderna dai rigori della censura ecclesiastica mi limiterò in questa sede a prenderne in considerazione soltanto due: la letteratura devozionale di contenuto biblico e la letteratura d'intrattenimento con particolare riguardo ai romanzi cavallereschi. Questa scelta può sembrare alquanto peregrina solo se non si tiene presente che si trattava dei settori trainanti della produzione editoriale italiana in volgare e che i divieti colpirono testi di larghissimo consumo da parte di uomini e donne di ogni condizione sociale che da secoli li avevano posseduti, letti, ascoltati, memorizzati, cantati e recitati. Diversamente dalle proibizioni concernenti opere filosofiche, scientifiche, teologiche, storiografiche, giuridiche, politiche, che si abbatterono, non senza gravi conseguenze, su una minoranza di uomini di cultura e di professionisti delle arti liberali, la rimozione di queste due categorie di libri che, grazie all'invenzione della stampa e al crescente uso del volgare, avevano favorito un avvicinamento alla parola scritta da parte di chi ne era stato a lungo estraneo, veniva a incidere su un pubblico di lettori e di uditori assai più vasto e a condizionare in maniera assai più estesa la cultura e la religiosità degli italiani. Appare, quindi, opportuno cominciare con l'esaminare i provvedimenti presi dagli organi censori romani nel corso della seconda metà del Cinquecento per ostacolare la circolazione e la fruizione di queste categorie di opere.