Tracce di un rituale: la libagione come nutrimento dei morti (original) (raw)

Il dolore per la morte è oggi, come in antico, un momento di forte angoscia. Nel mondo antico la perdita di un membro della comunità destabilizzata la tranquillità, introduceva un senso di paura per la sua ineluttabilità. Il phóbos faceva sì che l'idea della morte non fosse più nascosta all'uomo, anzi, rendeva coscienti della fine ultima di tutti gli individui. Le espressioni artistiche che vanno dal Geometrico al Tardo Classico ci restituiscono molto bene questo stato di angoscia che pervade l'essere umano. Attraverso un'analisi dei principali reperti (in questa sede si fa una scelta dei più significativi, quelli che ci aiutano maggiormente a comprendere il dolore per la morte) che siano vasi dipinti, rilievi o sculture a tuttotondo, si cerca di comprendere, innanzitutto, se esistono dei mutamenti nei riti legati alla morte ad esempio come la próthesis che è una delle fasi iniziali del rito funerario, l'ekphorá che invece possiamo definirla come fase intermedia, insieme alla sepoltura vera e propria, in ultimo il banchetto che è a tutti gli effetti la fase finale. I periodi analizzati sono suddivisi in Geometrico (900-700 a.C.), Orientalizzante (700-600 a.C.), Arcaico (620-480 a.C.), Classico (480-380 a.C.) e Tardo Classico (380-323 a.C.) seguendo dunque le suddivisioni standard del mondo greco antico; volutamente si esclude il periodo Ellenistico, che come si sa, rivoluziona il mondo greco e lo trasforma. Ove possibile, oltre a reperti archeologici/artistici, si affiancano le fonti letterarie, preziose per avere un duplice riscontro della realtà del rito funerario. Lo studio dei gesti, della mimica facciale, della posizione dei corpi, dell'abbigliamento, sono utili a comprendere il significato antropologico intrinseco del rito funerario, cercando di capire come effettivamente fosse sentito il dolore per la morte nella Grecia antica.