Pittura veneta fra Tre e Quattrocento nelle Marche. Note in calce a una mostra. (original) (raw)

6 7 bria a Perugia 5 , o da esempi come il San Pietro (?), scomparto di polittico, esposto nella Pinacoteca Civica di Gubbio, saggio delle frequentazioni gentiliane di Zanino di Pietro 6 . In realtà la questione deve essere posta anche in questo caso avendo di fronte il quadro di una geografia di maggior respiro che inglobi l'intero orbe adriatico: la forza di infiltrazione interna di simili tavole devozionali o polittici è la stessa delle spedizioni cui attesero più tardi Lazzaro Bastiani a Matera o Cima da Conegliano a Miglionico, in Lucania 7 . Negli studi ha trovato non ovvia soluzione il problema dell'effettiva operosità degli artisti nei luoghi ove questi esportarono le loro opere. Ridotta ai minimi termini la quantità di dipinti murali di cultura realmente veneta tanto nelle Marche 8 quanto in Puglia, non si può comunque negare che i pittori abbiano compiuto viaggi occasionali per stringere contatti con i committenti, occuparsi dell'assemblaggio dei loro complessi ingabbiati in complicate carpenterie 9 , come è possibile che fece Jacobello di Bonomo nel 1385, quando, sistemando il suo polittico a Sant'Arcangelo di Romagna, poté sostare nella vicina Rimini per attendere ad alcuni affreschi nella chiesa dei Servi, che gli sono stati attribuiti 10 . Diverso è il caso della presunta attività di Zanino di Pietro, ovvero di Giovanni di Francia, quale frescante in Puglia, dovuta a un'indebita interpretazione di una notizia circa la presenza di una sua Crocifissione firmata e datata 1432 nella cripta del duomo di Trani, che poteva trattarsi di una tavola spedita, more solito, via mare 11 ; e ciò soprattutto tenuto conto del fatto che il sito oggi presenta affreschi di pertinenza affatto diversa, locale. Più sollecitante, anche se egualmente aleatoria, è l'attestazione di un Zanino di Francia che a Pesaro, nel dicembre 1423, presenziò, accanto a quattro cittadini del luogo, a un perugino, a un forlivese e a un uomo di Candelara, al testamento di Vennaruccio di Matteo del Boncio da Mombaroccio, località per il cui convento francescano Zanino realizzò in tempi non molto discosti un pentittico, el 1950, recensendo in questa rivista la mostra di Ancona sulla pittura veneta nelle Marche, Rodolfo Pallucchini accoglieva con entusiasmo la rassegna di dipinti dal Trecento al Settecento raccolta per l'occasione e presentata con uno scarno catalogo 1 , invero affatto essenziale di fronte ai volumi che, anche in presenza di un numero non inferiore di opere, vengono oggi allegati a eventi di proporzioni e ambizioni a paragone più modeste. Le Marche, e in generale l'intero mondo adriatico a sud di Venezia, sono ancora in attesa di un'iniziativa organica che alla carrellata di opere di artisti veneti lì operosi riesca ad unire un'indagine adeguata della peculiarità delle relazioni a doppio corso con la Dominante, delle dinamiche esecutive intorno agli invii e ai montaggi dei polittici in situ, dei rapporti tra le botteghe di pittori e intagliatori, fino alla comprensione della reale influenza esercitata caso per caso sugli esponenti dei singoli e differenziati contesti locali. La mostra allestita a Fermo e a Sant'Elpidio a Mare intorno ai dipinti veneti presenti nel territorio, da Paolo Veneziano a Palma il Giovane, offre il destro per alcune considerazioni e aggiunte relative a pittori la cui vocazione adriatica può contare su un discreto margine di chiarezza, oscillante a seconda delle personalità chiamate in causa 2 . È da tempo noto come tali invii penetrassero a fondo l'entroterra, valicando la cerniera appenninica e raggiungendo, come è il caso di Lorenzo Veneziano nel 1372 3 e quindi più tardi di Zanino di Pietro, il territorio oggi laziale. Nel 1832 una Madonna dell'Umiltà di Catarino, certamente quella oggi al Worcester Art Museum, era nella raccolta di Agostino Tini a Città di Castello, nella quale doveva trovarsi da qualche tempo 4 : la data così alta nel XIX secolo induce a pensare che non si tratti di una presenza conseguente alle rotte del collezionismo, ma che l'opera fosse ab antiquo destinata all'area umbra, come è del resto suggerito da altre tavole tre e quattrocentesche oggi nella stessa Città di Castello e nella Galleria Nazionale dell'Um-