Tempio di Giove Capitolino (original) (raw)

From: G. CIFANI, L'architettura romana arcaica. Edilizia e società tra Monarchia e Repubblica, Roma: L'Erma di Bretschneider, 2008, pages 80 -109. 80 182 Sintesi schematica sul monumento, con riferimenti alle fonti letterarie, epigrafiche e numismatiche: TAGLIAMONTE 1996 e DE ANGELI 1996 con bibl.; per una rassegna completa delle fonti letterarie: (L. Da Riva) FONTES VI.2, pp. 274-344. FONTES VI.2, pp. 274-344. FONTES 183 Sull'argomento vedi: PALOMBI 1997 b. 30. TEMPIO DI GIOVE CAPITOLINO Il tempio di Giove Capitolino è l'edificio più importante del periodo arcaico e, insieme alle mura urbane, l'opera di maggior impegno dell'età dei Tarquini; la sua memoria si è trasmessa inalterata dall'antichità all'epoca moderna 182 . Di seguito vengono riportate separatamente le fonti letterarie da quelle archeologiche su cui vengono basati i modelli ricostruttivi. -Le fonti letterarie Il voto della costruzione del tempio viene attribuito in maniera pressoché concorde dalla tradizione letteraria a Tarquinio Prisco all'epoca della guerra contro i Sabini (Cic. rep. II.20.36; Liv. I.38.7; I.55.2; Dion. Hal. III.69.1; IV.59.1; Plut. Publ. XIV.1; Tac. hist. III.72). Nell'area capitolina destinata al cantiere insistevano già: templa (Serv. Aen. 9.446), arae (Varro ling. V.74), fana sacellaque deorum (Liv. I.55.2; Fest. 160 L; Lact. inst. I.20.38) relative a culti più antichi, alcuni dei quali risalenti a Tito Tazio e a Numa (Varr. Ling. V.74; Aug. civ. 4.23). La loro exauguratio sarebbe stata effettuata dall'augure Attus Navius (Dion. Hal. III. 70.1); solo i culti di Terminus, Iuventas e Mars avrebbero rifiutato di cedere loco (Aug. civ. 4.23) e furono quindi inglobati nel tempio della triade capitolina (Dion. Hal. III.69.5; Aug. Civ. 4.23). Tarquinio Prisco avrebbe quindi dato inizio ai lavori che si sarebbero svolti negli ultimi quattro anni del suo regno (583-579) e avrebbero comportato la realizzazione di un terrapieno cinto da un grande muro di sostruzione, su cui si sarebbero impostate le fondamenta (Dion. Hal. III.69.1-2; IV.53.1; Liv. I.38.7; Tac., hist. III.72; Eutr. I, 6); lo stesso monarca avrebbe commissionato la statua di culto al coroplasta veiente Vulca (Varro in Plin. N.H. XXXV.45.157). La costruzione del tempio venne ripresa però solo da Tarquinio il Superbo che, per finanziare il cantiere, utilizzò il bottino frutto del saccheggio delle città latine di Suessa Pometia, e Apiolae, mentre la manodopera sarebbe stata reclutata in parte a Roma (Liv. I.56.1) e verosimilmente nel Lazio, come rivela una fonte tarda sull'impiego di un contingente di fabri coacti dalla città di Cora (Gloss. ps. Plac. f5) f5) f 183 , nonchè dall'Etruria, per gli artisti e gli artigiani specializzati nella decorazione coroplastica (Liv. I.56.1; Plut. Publ. XIII.1; Fest 342 L; Serv. Aen. VII. 188). Il costo dell'operazione, finanziata ex manubiis, viene quantificato dallo storico L. Calpurnio Pisone (fr. 16 P) in 40.000 talenti di argento e, più verosimilmente da Fabio Pittore (fr. 10 J ) in 400 talenti equivalenti a 40.000 libbre, secondo una stima preferita anche da Livio (I.55.88-89) e poi ripresa da Dionisio di Alicarnasso (Dion. Hal. IV.50.4-5) e da Plutarco (Plut. Publ, XV.3). L'inaugurazione del tempio sarebbe avvenuta nel 509 a.C. ad opera del primo console della repubblica: M. Horatius Pulvillus (Polyb. III.22.1; Cic. dom. XLIV. 139; Liv. II.8.6; VII.3.8; Dion. Hal. V.35.3; Plut., Publ. XIV.2 ; Cass.Dio III, fr. 13.3-4; Tac. Hist. III.72) Secondo una preziosa testimonianza di Dionsio di Alicarnasso (Dion. Hal. IV. 61. il tempio aveva un perimetro di 800 piedi, con ogni lato di quasi 200 piedi, una differenza tra lunghezza e larghezza di soli 15 piedi, un triplo ordine di colonne sulla facciata, tre celle di cui quella centrale era dedicata a Giove (Dion. Hal. IV.61.4), quella destra a Minerva (Liv. VII.3.5), quella sinistra a Giunone (C.I.L. VI, 32329.9).