Immagini, descrizioni, visioni: le città (in) visibili (original) (raw)

Città (in)visibili: soggetti, sguardi. Le metropoli e il punto di vista

a cura di Giorgio de Marchis e Maria Paola Guarducci “La fotografia non è ciò che è stato fotografato, è qualcos’altro. È piuttosto una trasformazione”, affermava il fotografo statunitense Garry Winogrand, citato in un articolo a proposito di un altro fotografo – René Burri – da Teju Cole, il quale aggiunge: “L’immagine fotografica è un racconto creato dalla combinazione di obiettivo, macchina, pellicola, grana, colore (o assenza di colore), momento del giorno, stagione” (Cole 2015). Consapevole che una fotografia è sempre una miscela di prontezza, opportunità e mistero, Teju Cole, a sua volta fotografo e scrittore, attraversa San Paolo (Brasile) alla ricerca del punto di vista di un suggestivo scatto di Burri datato 1960, Men on a Rooftop, per concludere, dopo molta fatica, che “una volta scoperto tutto quello che possiamo sapere su un’opera d’arte, quello che non possiamo conoscere assume ancora più valore. Arriviamo sulla cima e non riusciamo ad andare oltre” (ibid.). Il punto di vista, il ‘taglio’ di una rappresentazione, sembra dire Cole giunto nel luogo esatto da cui Burri scattò Men on a Rooftop, non è dunque solo una questione di angolazione: nemmeno nella fotografia, che “sembra avere con la realtà visibile un rapporto più puro, e quindi più preciso di altri oggetti mimetici” (Sontag 1978). L’immagine della città nelle arti - scrittura, arti visive, musica, multimedialità – è, quindi, una narrazione che acquista senso e fisionomia a partire dal punto di vista di chi narra. Lo sguardo che osserva la città informa la peculiarità del ritratto della metropoli che propone, della quale delinea, al contempo, tratti nascosti e caratteristiche palesi; note private, intime ed esclusive ma anche aspetti di rilevanza collettiva perché così sono stati architettati o così li ha resi, appropriandosene più o meno consapevolmente, chi ne fruisce. La città, che è per sua stessa natura spazio definito da una pianificazione precisa e ‘realistica’, è comunque anche luogo utopico e distopico, mutante e aperto, minaccioso e accogliente, familiare e indecifrabile. Lo spazio urbano – a differenza delle città spettrali, delle rovine urbane dell’antichità o delle fake cities dell’estremo contemporaneo – è di per sé molteplice e inafferrabile perché attraversato e modificato dal tempo, metamorfico, patchwork scomposto di gentrificazioni e abbandoni, riqualificazioni e nuove incurie, omologazioni e caratterizzazioni estreme. Tuttavia, o proprio in virtù della sua contraddittorietà e versatilità, la città è un topos privilegiato dell’arte che però, riteniamo, si carica di rinnovata pregnanza se posto sotto lo scrutinio critico di quest’epoca. Inoltre, spesso pensata al femminile come territorio di conquista, esplorazione, appropriazione, la città è uno spazio originariamente pianificato soprattutto da uomini, ‘naturalmente’ a beneficio del soggetto maschile o, comunque, di un’identità collettiva astratta codificata secondo categorie normative che tendono ad escludere le minoranze (siano queste numeriche, culturali o politiche). Scopo di questo numero di de genere è raccogliere una serie di interventi il più possibile eterogenei e interdisciplinari sul rapporto tra punto di vista e città, in cui la cifra di tale relazione sia data dalla commistione di una o più connotazioni dello ‘sguardo’ quali gender, classe sociale, status economico e/o giuridico, età, ecc. Si chiede perciò di esplorare quanto la polisemia delle metropoli - a qualunque latitudine e longitudine e in qualsiasi epoca storica - le renda, nella loro rappresentazione, luogo di integrazione o disintegrazione (o entrambi), di significati stabili o instabili (o entrambi); le definisca come territori di potere, desiderio, paura, scoperta, affettività, crescita, perdizione, anonimato, appartenenza, esclusione, successo o tragedia. Si invitano gli/le interessati/e a sottoporre abstract a partire da diversi ambiti disciplinari e anche in chiave comparata che analizzino lo spazio urbano in qualunque sua declinazione ma partendo sempre da specifici punti di vista, impliciti o dichiarati, privilegiando i temi che seguono (o temi affini), nella letteratura così come in altre forme artistiche: - spazi pubblici e spazi privati: sottrazioni, appropriazioni, occupazioni - la città attraversata - la poetica della città - la politica della città - città coloniali/postcoloniali/neocoloniali/decoloniali - immobilismi e mobilità - coesione e coabitazione: urbanità inclusiva e off limits - la città delle donne / degli uomini - la polisemia dello spazio urbano - multiculturalismi e monoculturalismi urbani - sconfinamenti urbani - radicamenti e sradicamenti - città vive e città morte Per inviare proposte o richiedere informazioni scrivere a: degenere.journal@gmail.com Scadenza per le proposte: 5 aprile 2017. Scadenza per gli articoli: 30 giugno 2017. Consulta le linee guida alla nostra pagina per l'invio delle proposte.

Città visibili

Pólis/Cosmópolis: identidades globais & locais

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Saticola, città visibile e nascosta

2019

Il saggio "Saticola, città visibile e nascosta" è un'indagine sull’ antica città dei Sanniti, che sfrutta l’archeologia ed i segni del paesaggio per individuarne lo spazio urbano e indicare una tutela sostenibile. La ricerca fa riferimento a discipline come la Sismografia storica, la Poliorcetica e la Toponomastica per definire le forme urbane ed architettoniche di Sant'Agata de Goti, borgo nato nel Medioevo dall’ espansione di Saticola. Partendo dalla connessione tra la morfologia dei luoghi, le datazioni, le testimonianze storiche e le tracce archeologiche ufficialmente schedate come reperti sannito-romani del IV-I secolo a.C., si cerca di ‘visualizzare’ Saticola nel moderno territorio. Un aiuto importante proviene anche dal confronto con altre città della stessa natura, studiate dagli archeologi negli anni. Ricostruendo la città-tipo dei Sanniti con le sue aree funzionali, si giunge ad un’ipotesi finale sul non-luogo dove sorgeva Saticola nel IV secolo a.C. Saticola, infatti, diventò vera e propria area urbana solo con la conquista dei Romani, nel 313 a.C., che la trasformarono in Colonia di Diritto Latino. L’ipotesi è che, dopo quella data, gli abitanti sopravvissuti allo scontro ottennero uno spazio abitativo e religioso su un'altura di Tufo protetta da due fiumi, al margine della valle occupata dalle centurie dei soldati Veterani. Le centurie si trasformarono, entro qualche secolo, in grandi proprietà terriere dei Senatori Romani. Nel 42 a.C però, Ottaviano Augusto, tornato vittorioso da Filippi e Azio, distribuì queste proprietà ai suoi soldati, arruolati in Oriente, costruendo sulla rocca tufacea un castrum militare. Il castrum fu la prima cellula urbana razionalmente organizzata in uno spazio urbano agricolo abitato solo nei vici. Nel Tardo Impero, con Diocleziano, la rocca del castrum fu fortificata secondo le norme militari bizantine, conservando oggi la cinta difensiva intatta. Tra il VII e il IX secolo, sotto i Longobardi, il nucleo arroccato diventò borgo medievale, col nome di Sant’ Agata. I vici sparsi nel territorio assunsero la fisionomia di masserie fortificate all'interno di Curtis. Oggi si identificano con le contrade all’ interno del perimetro comunale. La città di Saticola si divise per due secoli tra il potere dei duchi longobardi e quello dei vescovi e dei dux bizantini. In essa si praticò sia il culto cristiano cattolico sia quello cristiano ortodosso. Nel IX secolo la dipendenza economica dal Principato di Salerno e quella politica dal Ducato di Benevento divennero conflittuali. La città aveva una posizione geografica strategica sul territorio, al confine fra Campania e Samnium. Era dotata di una vasta area rurale con pianure e colline, corsi d'acqua e sorgenti, molti edifici ecclesiali sparsi nel territorio, frutto di un sincretismo cultuale senza precedenti, che ha lasciato segni architettonici singolari. Dalla Curia episcopale e dal castello Ducale si esercitavano i due poteri, in piena indipendenza politica rispetto alle Leggi dell’Imperatore. In questa forma, nel X secolo, l'antica Saticola, intitolata a Sant’Agata dopo l’arrivo di reliquie da Costantinopoli, diventò Diocesi ed entrò a far parte del Sacro Romano Impero. Rosanna Biscardi

" Le città invisibili " con gli occhi dei bambini

Nel seguente lavoro si può notare come la stessa narrazione,in questo caso tratta da " Le città invisibili " (Italo Calvino-1972),può far nascere diversi scenari nell'immaginario di un bambino. Ho letto di VALDRADA (L a città e gli occhi 1.) ad : OLIMPIA-5 ANNI ALESSIO-7 ANNI GIADA-10 ANNI Dopo aver adattato la narrazione secondo le varie fasce d'età,ho proposto loro di creare un disegno che rappresentasse proprio Valdrada. Ad ognuno ho chiesto, inoltre, cosa l'avesse colpito maggiormente e dove fosse rappresentato all'interno del disegno stesso.

Le città invisibili sulle mappe del mondo. Una ricognizione

Enthymema, 2020

Le città invisibili di Calvino dal 1974 – anno delle prime edizioni straniere – a oggi sono state tradotte in 42 lingue e pubblicate in 46 paesi. Questo contributo approfondisce i casi dei Paesi che sono più rappresentativi e contraddistinguono le peculiarità della ricezione delle Città invisibili, esplorandone la fortuna internazionale per permettere di analizzare lo statuto di classico del Novecento dell'opera e il modo attraverso cui è riuscita a inserirsi all'interno del canone letterario del secolo scorso. Tra i vari elementi presi in esame ci sono le tempistiche delle edizioni, la pubblicazione in determinate collane, il peso assunto da editori e traduttori e il riconoscimento della critica estera.

VisibileInvisibile: percepire la città tra descrizioni e omissioni (VI Congresso AISU: Catania, 12-14 settembre 2013), a cura di S. Adorno, G. Cristina, A. Rotondo, Scrimm Edizioni 2014, pp. 2287 [ebook]

Per capire una città bisogna conoscere e studiare ciò che mostra e ciò che nasconde, ciò che è evidente e ciò che è opaco, ciò che è visibile e ciò che è invisibile. La città risponde allo sguardo interno dei suoi abitanti – già vario per condizioni socioeconomiche e culturali – e a quello esterno di chi la visita per turismo, dei pendolari per lavoro o per studio, dei city users, degli immigrati. Una pluralità di soggetti seleziona punti di vista diversi sui modi di utilizzare gli spazi della città, di fruire dei suoi servizi, di partecipare alla sua vita sociale, e definisce diverse modalità di valutarla, immaginarla, se si vuole di amarla. Ciò che è visibile allo sguardo di alcuni è escluso dall’orizzonte di quello di altri: c’è una città invisibile per molti e non tutti vedono la città allo stesso modo.

Uno sguardo sulle città: spazi, rappresentazioni e tecniche

2016

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Capitale simbolico (in)visibile

All’interno del contesto Termale Euganeo, dove le città di questo bacino aspirano a consolidare e accrescere il loro potere attrattivo e la propria capacità creativa, valorizzare la propria storia e la propria cultura significa aumentare il proprio capitale simbolico definendo quindi la propria unicità.