Pensieri a partire da "The project of autonomy", February 2015 (original) (raw)

Le Autorità indipendenti e l’autonomia privata

In cosa la regolazione delle autorità amministrative indipendenti è diversa (ammesso che lo sia) “da una normale attività autoritativa di una pubblica amministrazione classificabile secondo le categorie elaborate de Otto Mayer, da Zanobini o riassuntivamente elencate nelle vecchie edizioni del Landi e Potenza”. E, soprattutto, per i civilisti, la domanda da farsi è: in che modo tale differenza (sempre ammesso che ci sia) incide sul rapporto fra regolazione e contratto? Alcuni studiosi hanno ritenuto che la differenza fra la regolazione precedente e quella delle A.I. fosse da rinvenire principalmente nei fini ultimi perseguiti. E cioè, mentre la vecchia egolazione si sarebbe mossa dentro il paradigma dell’intervento pubblico nell’economia, la nuova regolazione avrebbe sposato un modello pro-concorrenziale e comunque un modello che – come è stato detto - mirerebbe “a garantire le condizioni di esercizio dell’iniziativa economica privata e della libertà contrattuale”. Di qui l’idea secondo la quale la riserva di legge di cui all’art. 41 Cost. non opererebbe davanti agli interventi delle Autorità. In altre parole, secondo alcuni autori, proprio perché il nuovo tipo di regolazione, a differenza di quanto avveniva in passato, avrebbe sposato un modello pro concorrenziale, e comunque volto a garantire le condizioni di esercizio dell’iniziativa economica privata e della libertà contrattuale, la limitazione dell’autonomia privata che ne discenderebbe non risulterebbe coperta dalla riserva di legge e le Autorità indipendenti potrebbero per tanto liberamente regolamentare le attività dei privati. Il tipo di problema segnalato è oggetto di importanti prese di posizione sia da parte della dottrina civilistica sia da parte delle Corti. (Tratto da Programma del corso omonimo coordinato dalla Prof.ssa M.R. Maugeri per la Scuola Superiore di Catania)

L'autonomia e le sue esigenze

Giuffrè, 2018

Il volume propone una risignificazione del concetto di autonomia a partire dal rifiuto della sua accezione in termini di indipendenza in considerazione dell'inevitabile interdipendenza tra le differenti posizioni autonome. Tale ripensamento di una categoria così classica eppure tanto ambigua consente di cogliere i tratti salienti comuni ad ogni tipo di posizione autonoma, da quella dell'autodeterminazione personale a quella dei soggetti collettivi privati e pubblici fino alle autonomie territoriali e alle 'nuove' forme di autonomia. Il potere di 'darsi' e 'farsi' ordinamento nella consapevolezza dell'interdipendenza che accomuna tutti i tipi d autonomia consente una 'rilettura' dell'art. 5 Cost.

L'autonomizzarsi del Capitale e le sue conseguenze pratiche

2005

"Oggi il lavoro immediato, cioè fornito in proporzione al numero di operai occupati (dominio formale del Capitale sul lavoro), non è più la modalità di produzione del plusvalore come non lo è più il mero scambio tra salario e prestazione d'opera. L'ossessione del Capitale giunto alla sua fase suprema è la produttività del ciclo globale di valorizzazione (dominio reale del Capitale sul lavoro). Aumentando a dismisura la produzione per addetto, esso si autocostringe a diffondere il plusvalore nell'intera società. Perciò ai suoi organi di comando la società non appare più come un insieme di classi ben delimitate ma come una massa indistinta, da sfruttare ad arbitrio, senza regole imposte da leggi economiche o da lotte rivendicative. Di fatto perde il controllo delle basi su cui è fondata la sua stessa esistenza, distrugge valore (plusvalore + salario). Così l'apparenza di una valorizzazione globale che si rende autonoma dal ciclo produttivo vero e proprio getta il suo sistema sociale in un limbo curioso, una società bastarda che non è più capitalismo e non è ancora qualcos'altro. Questa insensatezza logica dell'intero sistema, che è in fondo una debolezza da malato terminale, rende estremamente violenti i poteri esecutivi, veri gendarmi elevati a sua difesa, come i governi all'interno delle nazioni e gli Stati Uniti a livello globale. Nello stesso tempo, proietta sulla scena storica i primi germogli del piano sociale, del controllo dei flussi di valore; gli stessi che un giorno, tolto il valore, saranno semplici flussi di pure qualità d'uso, beni, materie, conoscenze utili all'uomo. Il cervello della specie, ormai da tempo non più corrispondente alla mera somma delle scatole craniche degli uomini, si è reso autonomo man mano che si rendeva autonomo il valore, e quindi il Capitale. In tale contesto, molto più visibilmente che ai tempi di Marx, il proletariato non può più essere un semplice erogatore di forza-lavoro da cui estrarre plusvalore. Esso viene elevato alla funzione di classe distruttrice di vecchi rapporti in quanto già strumento di affermazione dei nuovi. Non nel senso che deve conquistare via via spazi maggiori all'interno del capitalismo, come scioccamente propone l'immediatismo gramsciano, operaista o sindacalista, ma, all'opposto, che non gli resta che abbandonare al suo destino la vecchia società, e abbattere ogni barriera che si opponga all'affermarsi di quella nuova. Spazi non ce ne sono più. Questa società non può che esplodere e permettere all'uomo di balzare in un'altra."

Discussioni sul percorso dell'autonomia verso lo Statuto della Regione

Il lungo e faticoso percorso verso l'autonomia regionale sarda, 2016

La fine del Fascismo, la nuova forma dello Stato ed il lungo e faticoso percorso dell'autonomia Sarda Il secondo dopoguerra: politica e autonomia sarda-Liberata Roma nel 1944 venne eletto il secondo governo Badoglio che accoglieva i rappresentanti dei partiti politici che andavano via via ricostituendosi su base locale a seguito della liberazione dei territori occupati dai nazisti. Fu riformato quindi il primo governo composto da tecnici e militari ed integrato con i rappresentanti dei partiti. In questo periodo tornarono in Sardegna anche gli esiliati politici come Emilio Lussu e Velio Spano, per riorganizzare una politica rivolta interamente ad ottenere l'autonomia regionale in uno Stato federalista. Questa forma di governo del quale si parlava come unica soluzione fece comprendere nei programmi politici dei partiti anche l'essenzialità dell'autonomia della Sardegna. Successivamente queste posizioni vennero lette come una sorta di trasformismo che più tardi emerse in senso negativo 1. In Sardegna venne