Dalla Poetica alla Fenomenologia dello Spazio in Gaston Bachelard/Lezione di Dottorato di Filosofia dell'interno architettonico/Università degli Studi di Napoli Federico II/ 26/05/2015 (original) (raw)
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Figura discussa e controversa del panorama filosofico contemporaneo, quella di Gaston Bachelard è ancora oggi, una personalità molto accattivante. La sua opera, come il suo pensiero sono stati mira di lunghe critiche rispetto le quali la scissione fra epistemologia e poetica appare indispensabile. Volendo, invece, seguire le orme degli ultimi studi e delle nuove aperture rispetto a una lettura e a uno studio più omogeni di quest’autore, vale la pena soffermarsi sulla congruità complessiva dei suoi studi e delle sue ricerche. Benché la sua opera si divida in due versanti : quello epistemologico e scientifico e quello poetico e delle immagini, si può risalire a un metodo utilizzato dal filosofo basato sul costruttivismo e sulla sistematicità. Vedremo, infatti, come Bachelard concepisce il mondo delle scienze. Come la realtà oggettiva si sviluppa rispetto a un continuo scetticismo rispetto al quale si costruisce la razionalità e come le immagini degli elementi naturali si auto-organizzano in sistemi logici e formali.
negli studi danteschi va ricordata come esemplare la valorizzazione della dimensione simbolica dello spazio offerta da Ezio Raimondi in alcuni saggi sui primi canti purgatoriali, attraverso l'individuazione e l'analisi di un vero e proprio «paesaggio liturgico». 2 Sul piano simbolico la collocazione centrale di un luogo ne indica l'importanza, la sacralità, la funzione fondamentale nella storia. Non è allora un caso che secondo un dato condiviso nella cultura medievale, al centro dell'emisfero delle terre emerse si trovi Gerusalemme. Il dato è già biblico: «Haec dicit Dominus Deus: ista est Ierusalem: In medio gentium posui eam et in circuitu eius terras» (Ez 5, 5). E Gerusalemme è definita «umbilicus terrae» (Ez 38, 12). 3 ture pensanti (1966), trad. it., Venezia, Marsilio, 1985, p. 90; J. le goff, L'immaginario medievale, trad. it., Roma-Bari, Laterza, 1985; P. ZumThor, La misura del mondo. La rappresentazione dello spazio nel Medio Evo, trad. it., Bologna, Il Mulino, 1995; B. WesTphal, Geocritica. Reale Finzione Spazio, trad. it., Roma, Armando, 2009, specialmente pp. 7-14. 2 Cfr. E. raimondi, Rito e storia nel I canto del «Purgatorio» e Semantica del canto IX del «Purgatorio», in id., Metafora e storia. Studi su Dante e Petrarca, Torino, Einaudi, 1970, pp. 65-94 e 95-122 (nuova ed., Torino, Aragno, 2008, pp. 98-132 e133-162). Cfr. inoltre, per sviluppi più recenti di queste prospettive, A. pegoreTTi, Dal «lito diserto» al giardino. La costruzione del paesaggio nel «Purgatorio» di Dante, Bologna, Bononia University Press, 2007. Più in generale, su Dante e le tradizione del simbolismo medievale, cfr. Z.G. barański, Dante e i segni. Saggi per una storia intellettuale di Dante Alighieri, Napoli, Liguori, 2000; S. CrisTaldi, Paesaggi tra realismo e allegorismo, in La poesia della natura nella «Divina Commedia». Atti del Convegno internazionale di Studi (Ravenna, 10 novembre 2007), a cura di G. Ledda, Ravenna, Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali, 2009, pp. 35-91. 3 Su questo dato nella cultura medievale e nella Commedia cfr. F.-R. hausmann, Dantes Kosmographie -Jerusalem als Nabel der Welt, «Deutsches Dante-Jahrbuch», LXIII, 1988, pp. 7-46. Cfr. inoltre J. le goff, La nascita del Purgatorio, trad. it., Torino, Einaudi, 1982. Più in generale, sul trattamento dantesco di Gerusalemme nella Commedia, cfr. C.E. honess, The City of Jerusalem in the LA POESIA DELLO SPAZIO DELLA COMMEDIA DI DANTE
Il titolo di questa lezione è stato preso in prestito da Bruno Latour, filosofo francese contemporaneo che nel 2008 ha tenuto una conferenza al convegno organizzato alla Design History Society a Farmouth in Cornovaglia, intitolata Networks of Design - Un Prometeo cauto? Primi passi verso una filosofia del design. Nella sua conferenza, Latour riprende il motto: “Daseign ist Design” elaborato dal filosofo olandese Henk Oosterling, studioso di Peter Sloterdijk, grande pensatore tedesco e Professore di Estetica all’Accademia delle Belle Arti di Vienna. Il concetto di Dasein è fondamentale nell’ambito di una progettazione di realtà. L’esserci e l’essere al mondo sono due delle proposizioni fondamentali dell’ontologia heideggeriana. Latour rilancia il discorso su una consapevolezza dell’esistenza all’interno di ciò che i tedeschi definiscono come Gestaltung, cioè, la variabile che s’impone nel concetto di creazione, di formazione e di progettazione. Sloterdijk con molto anticipo ha colto la crescita in intensione ed estensione del concetto di design attraverso la proposizione heideggeriana del Dasein, ovvero dell’esserci.
Luigi Moretti è un architetto che ha fatto dello studio storico un fondamento non solo per l’elaborazione del suo percorso teorico e critico, ma anche delle sue architetture. Il suo pensiero teorico si esplicita nelle pagine della rivista “Spazio”, “rassegna delle arti e dell’architettura”, pubblicata in sette numeri tra il 1950 e il 1953. Nei suoi articoli Moretti sintetizza e sistematizza temi da lui già affrontati sull’architettura antica e sulla necessità di una nuova storiografia critica, sulle consonanze tra le diverse arti, sul linguaggio e la logica formale, sulla crisi della civiltà e dell’architettura moderna. Già nel primo articolo, dal titolo “Eclettismo e unità dei linguaggi”, Moretti esplicita il suo obbiettivo di dimostrare l’attualità dei valori strutturali e logici dell’architettura antica come fondamenti di “quel nuovo linguaggio” che nasce “da un ordinamento e una classificazione, in fondamentali e secondari, degli infiniti parametri della realtà e delle loro relazioni”. I suoi articoli pubblicati su “Spazio” costituiscono il punto di arrivo di un percorso di analisi iniziato già negli anni della formazione universitaria e mai interrotto. Nel saggio vengono analizzate le relazioni tra storia e progettazione che accompagnano le teorie di Moretti nel corso della sua carriera e che vengono esplicitate negli articoli della rivista “Spazio”. In particolare vengono analizzate le teorie di Moretti sul valore degli ordini architettonici e delle modanature, elementi da lui analizzati nella storia ma che si ritrovano poi in alcune sue opere degli anni ’50 e ’60: la Saracena, la palazzina di Monte Mario, ma anche il Watergate.
Affinché si riscontri la lettura di un logos architettonico nell’opera di Le Corbusier, è bene avvalersi di più punti di vista. 1) In primo luogo di quello estetico. Per lettura estetica intendiamo tutto ciò che appartiene all’illustrazione della realtà che proietta l’opera di Le Corbusier. 2) In secondo luogo di quello teoretico. Per lettura teoretica riteniamo tutto ciò che appartiene alla conoscenza dei costrutti che mettono in moto quest’illustrazione. 3) Infine volendo mettere l’accento su entrambe le posizioni, la scelta ricade su un terzo punto e cioè quello fenomenologico. La fenomenologia , riguarda la lettura del fenomeno inteso come ciò che accade in un’esperienza del vissuto. In questo caso una lettura fenomenologica riguarda gli aspetti iniziali del progetto architettonico e ciò che ne consegue da un punto di vista strutturale ed esperienziale. In questo modo la questione aperta di un umanesimo vacuo e superficiale diventa un terreno florido per svariate congetture sul rapporto che esiste da sempre, fra l’uomo e lo spazio.