The refused sherds: out of context pottery from the excavations of the Terme Milano I cocci rifiutati: ceramiche fuori contesto dagli scavi delle Terme Milano (original) (raw)

"Nuovo Mercato di Testaccio. Dallo scavo archeologico allo studio dei materiali. I reperti ceramici dell'ambiente I degli horrea", in A. Gallone, S. Zottis (a cura di), L’archeologia con gli occhi di Silvia. Catania, 2011, pp. 189-200

A. Gallone, S. Zottis (a cura di), L’archeologia con gli occhi di Silvia. Atti della giornata di studio per ricordare Valeria Silvia Mellace (Palazzo Massimo alle Terme, 7 marzo 2009, Roma), , Catania, 2011, pp. 189-200, 2011

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Ceramica dai contesti del santuario di età imperiale

Archeologia e storia del Monte Castelon di Marano di Valpolicella, Documenti di Archeologia 59, a cura di B. Bruno F. Falezza, 2015

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E. Venturelli, La collezione di ceramiche graffite di Carlo e Giano Loretz: storia accidentata di un’acquisizione, “Rassegna di Studi e Notizie, Civiche Raccolte d’Arte Applicata ed Incisioni del Castello Sforzesco di Milano" 2007-2008, pp. 185-220.

U n collezionista è spesso apprezzato per l'intuizione che lo spinge ad acquistare manufatti pregevoli quando sono ancora facilmente reperibili e poco costosi. La sua, per certi versi, è una scommessa sulla direzione che prenderà la cultura negli anni a venire; un azzardo che in seguito potrà riservare all'appassionato d'arte un doppio riconoscimento, intellettuale ed economico. A fronte però di numerosi casi in cui il collezionista gode in vita dell'esito felice della sua scommessa, in molti altri il riconoscimento sopraggiunge più tardi del previsto, quando, magari, la raccolta si è ormai dissolta nelle mani degli eredi. Ma può anche capitare che il riconoscimento intellettuale preceda di anni quello economico, che divenga cioè chiaro a tutti il valore storico e culturale della collezione, mentre le quotazioni dei manufatti, pur apprezzati, rimangono basse e deludenti. Quest'ultimo è il caso della collezione di ceramiche graffite di Carlo Loretz: una ragguardevole raccolta costituita soprattutto da frammenti di scavo, in gran parte rinvenuti tra Lombardia e Veneto negli ultimi tre decenni dell'Ottocento. Per quasi trent'anni Carlo Loretz raccolse e studiò tali reperti pressoché in solitudine e in controtendenza rispetto agli interessi del tempo. Solo al volgere del secolo la collezione cominciò ad attirare l'attenzione degli esperti; come si vedrà, fu premiata all'Esposizione di Lodi del 1901, e ne venne raccomandato l'acquisto ai musei. Tuttavia, il figlio, Giano Loretz, riuscì a cedere la collezione paterna al Museo Municipale del Castello Sforzesco solo nel 1917, dopo ben quattro tentativi di vendita andati a vuoto e un intero quindicennio speso a convincere commissioni e direttori del valore di quei manufatti. Carlo Loretz (1) , pittore lodigiano ma residente a Milano, cominciò a collezionare frammenti di ceramiche tra il 1871 e il 1872, mentre era al lavoro nella sua città d'origine, incaricato di decorare le dimore di alcune figure di spicco della società lodigiana. Uno dei committenti era Antonio Dossena (2) , proprietario della maggiore fab-